Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36738 del 22/04/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 36738 Anno 2015
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: NOVIK ADET TONI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CASTALDO GIUSEPPE N. IL 15/07/1963
avverso l’ordinanza n. 2668/2014 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 03/06/2014

e >_.curc ej2‹:

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ADET TONI NOVIK;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. -) u/Qo et

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Uditi difensor Avv.;

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c),Ca

q4C°M-P

Data Udienza: 22/04/2015

RILEVATO IN FATTO
1. Con ordinanza emessa in data 36/2014, il Tribunale di sorveglianza di
Roma rigettava il reclamo proposto da Giuseppe Castaldo, sottoposto alla
liberazione condizionale in esecuzione del provvedimento di cumulo 27.7.2009
della Procura Generale della Corte di appello di Roma, avverso il provvedimento
del Magistrato di sorveglianza, che in data 10 luglio 2014 aveva concesso giorni
135 di liberazione anticipata in relazione ai semestri compresi fra il 17/5/2012 ed
il 17 11.013, implicitamente respingendo la richiesta di maggiore detrazione di

2. A ragione della decisione osservava che il Castaldo aveva ottenuto il
beneficio della liberazione condizionale, e che l’art. 4 cit., al comma 5,
prevedeva che la maggior riduzione di pena imputabile alla liberazione
anticipata non si applichi ai condannati ammessi all’affidamento in prova e alla
detenzione domiciliare con riguardo ai periodi trascorsi, anche solo in parte, in
esecuzione di dette misure alternative (nè ai condannati che siano stati
ammessi all’esecuzione della pena presso il domicilio o che si trovino agli arresti
domiciliari ai sensi dell’articolo 656, comma 10, del codice di procedura penale).
La ragione giustificativa di questa esclusione, ad avviso del tribunale di
sorveglianza, andava rinvenuta nella esigenza legislativa di incidere sul
fenomeno del sovraffollamento delle carceri e, come compensazione alla
maggior afflizione derivante dalle condizioni delle strutture di detenzione al fine
di conformarsi alle decisioni della Corte Europea (si cita la sentenza resa nel
caso Torreggiani). La diversità di situazione in cui si trovava il condannato
detenuto in carcere rispetto a colui che scontava la pena in una situazione di
libertà pur soggetta a vincoli, rendeva sensata, e non in contrasto con le norme
costituzionali, la scelta di escluderli dal maggior beneficio in questione (motivo
per cui venivano dichiarate manifestamente infondate e comunque non rilevanti
le questioni di legittimità costituzionale prospettate dalla difesa del ricorrente, in
relazione agli artt. 3 e 27 Cost.).

3. Risultavano, quindi, inconferenti le argomentazioni facenti leva su una
maggior meritevolezza a fruire del beneficio aggiuntivo da parte di coloro che
avevano ottenuto la liberazione condizionale, avendo rilievo esclusivamente la
partecipazione all’opera di rieducazione svolta nello stato di detenzione in
carcere.

4.

Ha proposto ricorso Castaldo a mezzo del difensore, avvocato Sante

Foresta, chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato.
1

pena per liberazione anticipata ai sensi dell’art. 4 d.l. 23.12.2013, n. 146.

4.1. Con un unico articolato motivo, qui sinteticamente riassunto in
conformità a quanto previsto dall’art. 173 disp. att. del codice di rito, lamenta
violazione o erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 4 D.L.
n. 146 del 2013 (anche nel testo convertito), 176 c.p., 47 e 54 ord. pen. e 16
nonies L. n. 82/91 e, in ogni caso, per violazione degli artt. 3 e 27 Cost. in
riferimento alle norme sopra richiamate.
4.2. Ad avviso del ricorrente, l’interpretazione adottata dal tribunale di
sorveglianza intesa ad escludere dall’applicazione della normativa di favore ai

venivano ad essere esclusi coloro che, come Castaldo, ne erano più meritevoli, in
forza del “doppio ravvedimento” manifestato. Nella legge non vi era nessun
riferimento alla sentenza Torreggiani ed anzi l’interpretazione addotta contrastava
con il fatto che era stata introdotta una nuova forma risarcitoria e la legge non si
applicava ai condannati per i reati di cui all’art. 4, bis 0.P., che erano sottoposti a
regimi penitenziari ancor più restrittivi e disagevoli. Sostiene ancora che doveva
essere valorizzata la pregressa applicazione dell’art. 16 nonies L. n. 82/91 e che
erroneamente era stato invocato l’art. 77 Cost. dal momento che, avendo le
norme di diritto penitenziario un carattere sostanziale, doveva ritenersi legittimo
il principio secondo cui coloro i quali abbiano avanzato domanda al momento
della legge di conversione avevano già maturato il relativo diritto al
riconoscimento del beneficio in parola.
4.3. Premesso che l’ordinamento riconosce molti esempi di “duplicazione dei
benefici”, il ricorrente contesta ancora l’interpretazione formalistica data dal
giudicante alla norma senza aver considerato l’evoluzione del diritto e la
possibilità di una lettura costituzionalmente orientata della norma stessa ed evoca
i recenti approdi legislativi in materia, tra cui la possibilità di accesso alla
liberazione anticipata agli affidati in prova al servizio sociale, da cui è derivato il
riconoscimento giurisprudenziale della compatibilità della liberazione anticipata
con la liberazione condizionale.
4.4. Argomenta ancora che essendo la liberazione anticipata uno strumento
penitenziario alternativo alla detenzione, che postula la partecipazione all’opera di
rieducazione, “la discriminazione operata dal legislatore non trovava alcuna
ragionevole giustificazione ponendosi, anzi in contrasto assoluto con lo spirito
della norma premiale”.
4.5. Indica gli aspetti paradossali e l’irragionevole discriminazione che
derivano dal mancato riconoscimento al ricorrente, che ha dimostrato un
elevatissimo grado di ravvedimento, della riduzione di pena per la liberazione
anticipata speciale concessa invece in riferimento ad altri benefici penitenziari (a
chi si trovi in semilibertà fruisca di permessi premio).
2

condannati non ristretti in istituto appariva irragionevole, dal momento che

4.6. Nel caso in cui non si ritenesse possibile una interpretazione adeguatrice
ripropone l’eccezione di incostituzionalità in relazione al diverso trattamento tra
detenuti in carcere e detenuti nel domicilio, entrambi materialmente ristretti tra
le mura in relazione alla posizione del detenuto in permesso in semi libertà.
Richiama le sentenze costituzionali emesse in questa materia e l’indirizzo
legislativo che ha previsto misure alternative e premiali aventi come minimo
comune denominatore la perdurante esecuzione della pena. Non si ravvisavano
nessuna ragione per cui la liberazione anticipata speciale non dovesse essere

condizionale, era soggetto a significative e pregnanti prescrizione restrittive, di
varia natura e portata, rimanendo comunque vincolato fortemente nella libertà
personale.

5. Il Procuratore generale presso questa Corte nella sua requisitoria ha
chiesto il rigetto del ricorso.

6. Con memoria depositata il 25.2.2015, il difensore ha ulteriormente
sviluppato gli argomenti già enunciate, contestando le argomentazioni del
procuratore generale e instando per raccoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.

Osserva il Collegio che il ricorso non può ritenersi per alcun aspetto

fondato e deve essere respinto. Il Tribunale di sorveglianza ha affrontato e risolto
la questione sottopostagli in relazione alla particolare situazione in cui si trovava
il condannato, sottoposto alla misura della liberazione condizionale.
2.

Tutti i temi sollevati dal ricorrente sono stati affrontati e risolti da

questa Corte nelle sentenze Sez. 1, n. 34073 del 2014 (non massimata), Panno;
Sez. 1, n. 53781 del 2014, Ciriello; Sez. 1, n. 1650 del 2015, Giuliano, di seguito
richiamate.
2.1. La legge di conversione del D.L. 146/2013 prescrive: “5. Le
disposizioni di cui ai commi precedenti non si applicano ai condannati
ammessi all’affidamento in prova e alla detenzione domiciliare, relativamente
ai periodi trascorsi, in tutto o in parte, in esecuzione di tali misure
alternative, né ai condannati che siano stati ammessi all’esecuzione della
pena presso il domicilio o che si trovino agli arresti domiciliari ai sensi
dell’articolo 656, comma 10, del codice di procedura penale.»

3

concessa anche al ricorrente che, trovandosi nello stato di liberazione

2.2. E’ dunque testuale la previsione di esclusione dalla fruizione della
liberazione anticipata speciale dei condannati per i periodi di espiazione
avvenuti al di fuori delle strutture carcerarie, grazie all’accesso alle misure
alternative indicate o comunque alla misura domiciliare esecutiva, prevista
dall’art. 656 cod. proc. pen., comma 10.
2.3. E’ quindi corretta l’interpretazione del Tribunale di Sorveglianza, che
ritiene che il detenuto libero condizionale non rientra nell’ambito applicativo
della norma che ha introdotto la disciplina di favore.

n. 146/2013 indica l’obiettivo di “ridurre con effetti immediati il sovraffollamento
carcerario” quale primaria esigenza dai caratteri di straordinaria necessità ed
urgenza, cui si è inteso far fronte attraverso “misure straordinarie e temporanee”
in tema di liberazione anticipata; nella Relazione al disegno di legge di
conversione del decreto, si evidenzia che “la modifica [rispetto alla
previsione originaria del Decreto Legge] si atteggia a rimedio compensativo,
secondo le indicazioni della Corte europea di Strasburgo della violazione dei
diritti dei detenuti in conseguenza della situazione di sovraffollamento
carcerario e, più in generale, del trattamento inumano e degradante che, per
carenze strutturali, possono essersi trovati a subire. Si tratta, pertanto, di
una misura, la cui adozione è indispensabile ai fini dell’adeguamento alle
indicazioni della già menzionata sentenza Torreggiani c/Italia della Corte
europea. Ed è questa la ragione che ha indotto ad individuare il termine di
efficacia nel 1 gennaio 2010, data in cui si è determinata la situazione di
emergenza detentiva”; nello stesso senso si esprime la Relazione Tecnica n.
34/2014 del Servizio del Bilancio del Senato preposto alla verifica degli
effetti finanziari dei testi di legge. Conferma testuale delle finalità deflattive e
compensative a vantaggio dei soli condannati ristretti in carcere si trae dalle
disposizioni che limitano la vigenza temporale della liberazione anticipata
speciale: sotto il primo profilo, viene in rilievo la decorrenza iniziale dal 1 gennaio
2010, ossia dal momento in cui interviene la prima condanna dell’Italia da parte
della Corte EDU per le condizioni detentive, considerate disumane e degradanti in
contrasto con i principi sanciti dalla Convenzione e del fenomeno le autorità
nazionali prendono atto quale stato di emergenza, apprestando i primi concreti
rimedi, nonché la fissazione alla data del 23 dicembre 2015 quale momento
finale, in cui si è presunto di conseguire il superamento dell’emergenza col
ripristino di una situazione di generale vivibilità negli istituti penitenziari,
compatibile con i diritti fondamentali dei detenuti. Né argomento in contrasto, è
rinvenibile nell’emanazione del d.p.r. 92/2014, trattandosi di intervento che
persegue un fine riparatorio e si affianca al D.L. 146.
4

2.4. Ogni dubbio sul punto è fugato dalla ratio legis. Il preambolo del D.L.

2.3. Va considerato che, dopo aver esteso in via di interpretazione la
liberazione anticipata “ordinaria” alla liberazione condizionale per una sostanziale
analogia tra questo istituto e le misure della detenzione domiciliare e
dell’affidamento in prova, sarebbe irragionevole, anche sul piano della
costituzionalità delle norme, riconoscere il beneficio dell’ulteriore riduzione di
pena alla detta liberazione condizionale, normativamente precluso all’affidato e al
detenuto nel domicilio.

Manifestamente infondata è l’eccezione di illegittimità costituzionale

articolata in relazione alla disparità di trattamento tra detenuti in carcere e non
ristretti. Si è osservato in proposito che “La disciplina normativa di cui si vede
rappresenta, per espressa previsione del legislatore, una disciplina “speciale” che
estende, salvo alcune eccezioni, i vantaggi conseguenti ad un beneficio
penitenziario già previsto e applicabile indistintamente a tutti i condannati. Non si
è, quindi, in presenza di una disposizione che vieta l’accesso del beneficio alla
persona condannata per taluno dei delitti elencata nella L. n. 354 del 1975, art. 4
bis, ma piuttosto di una norma che amplia, in presenza di certe condizioni, gli
effetti di favore, escludendo da essi i condannati per determinate tipologie di
reato, come quelle indicate dal suddetto art. 4 bis. Rispetto ad una disposizione
speciale di favore, può porsi un problema di irragionevole diversità di trattamento
solo qualora sia riservato un trattamento irragionevolmente diverso e deteriore
rispetto a situazioni del tutto omologhe”.
Non paragonabile é poi la situazione di chi si trova semilibero, che trascorre
parte del giorno fuori dall’istituto e può usufruire della liberazione anticipate
speciale, rispetto a chi si trovi in libertà vigilata che, pur soggetto a vincoli, é
fuori dal circuito carcerario. Radicalmente diversa é la situazione di chi, essendo
in corso la detenzione, fruisce di semplici permessi premio.

4. Relativamente all’accenno contenuto nel ricorso sulla portata sostanziale
dell’art. 4 cit. e alla conseguente necessità, esposta nella memoria, di
applicazione della norma nella formulazione del decreto legge, osserva il Collegio
che questa Corte nelle decisioni richiamate ha evidenziato “che l’art. 77 Cost.,
comma 3 e u.c., mentre collega la mancata conversione in legge di un decreto
legge ad una vicenda di “ultrattività sincronica fra situazioni normative, in nessun
caso considera la norma dettata con decreto legge non convertito come norma in
vigore in un tratto tempo quale quello considerato; ed anzi, se interpretata sia in
riferimento al suo specifico precetto (privazione per il decreto legge non
convertito di ogni effetto sin dall’inizio) sia in riferimento al sistema in cui esso si
colloca (inspirato – come appare anche dagli altri due commi dell’art. 77 Cost. – a
5

3.

maggior rigore nella riserva al Parlamento della potestà legislativa) vieta di
considerarla tale”. Dunque, “indipendentemente da quello che possa ritenersi in
proposito della norma dettata con decreto legge non ancora convertibile, la
norma contenuta in un decreto legge non convertito non ha (…) attitudine, alla
stregua dell’art. 77 Cost., comma 3 e u.c. ad inserirsi in un fenomeno
successorio, quale quello descritto e regolato dall’art. 2 c.p., commi 2 e 3″,
ovverosia in un fenomeno successorio concernente norme penali sostanziali per le
quali vale il principio di irretroattività delle disposizioni di sfavore limitatamente

del decreto legge non convertito, e, quindi, alla sancita operatività della norma
penale sfavorevole, se in essa contenuta, relativamente ai fatti pregressi. Di
conseguenza, la disposizione contenuta nel D.L. n. 146 del 2013, art. 4, comma
4, (che consentiva, a determinate condizioni, l’applicabilità del beneficio della
liberazione anticipata speciale anche ai condannati per taluno dei delitti elencati
nella L. n. 354 del 1975, art. 4 bis e successive modifiche), non recepita dalla L.
n. 10 del 2014, non è suscettibile di avere vigore ultrattivo per i comportamenti
preg ressi.”.

5. Quanto alla natura della norma in questione, le Sezioni Unite di questa
Corte, con decisioni condivise dal Collegio, hanno stabilito che le disposizioni
concernenti l’esecuzione delle pene detentive e le misure alternative alla
detenzione, non riguardando l’accertamento del reato e l’irrogazione della pena,
ma soltanto le modalità esecutive della stessa, non hanno carattere di norme
penali sostanziali e pertanto (in assenza di una specifica disciplina transitoria)
soggiacciono al principio tempus regit actum, e non alle regole dettate in materia
di successione di norme penali nel tempo dall’art. 2 c.p., e dall’art. 25 della
Costituzione (Sez. U., n. 24561 del 30 maggio 2006; Sez. U, n. 20 del 13 luglio
1998). Principi analoghi sono stati affermati dalla Corte Costituzionale (ord. n. 10
del 1981; sent. n. 376 del 1997) e dalla Corte europea dei diritti dell’uomo
(sentenza Grande Camera del 21 ottobre 2013, Del Rio Prada c/Spagna;
decisione della Commissione del 15 gennaio 1997 nel caso L.C.R. c/ Svezia;
Monne c/ Francia dell’i aprile 2008; Giza c/Polonia del 23 ottobre 2012).

6. Il motivo nuovo sollevato con la memoria 25 febbraio 2015 con cui si
chiede lo scioglimento del cumulo per i reati non ostativi non può essere
esaminato perché non oggetto del reclamo davanti al Tribunale di
sorveglianza.

6

alla sancita applicabilità delle disposizioni di cui all’art. 2 c.p., commi 2 e 3 al caso

Per le considerazioni svolte, il ricorso va respinto con la conseguente
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma il giorno 22 aprile 2015

Il Consigliere estensore

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