Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36733 del 19/12/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 36733 Anno 2015
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MOSELE ROBERTO, nato il 16/12/1958
avverso l’ordinanza n. 2816/2014 TRIBUNALE SORVEGLIANZA di
VENEZIA del 18/02/2014;

sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. Angela Tardio;
lette le conclusioni del Procuratore Generale dott. Roberto Aniello,
che ha chiesto annullarsi l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza di
Venezia in data 18 febbraio 2014 nei confronti del ricorrente, con
rinvio per nuovo esame allo stesso Tribunale.

Data Udienza: 19/12/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 18 febbraio 2014 il Tribunale di sorveglianza di Venezia
ha rigettato l’istanza di detenzione domiciliare avanzata, ai sensi dell’art.47-ter,
comma 1, lett. b), Ord. Pen., da Mosele Roberto, in atto detenuto presso la Casa
circondariale di Treviso, in relazione alla pena di cui al provvedimento di cumulo
del 9 settembre 2013 della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Treviso.

– l’istante aveva dedotto, a fondamento della sua richiesta, che doveva
occuparsi del figlio di tre anni essendo la compagna titolare di esercizio
commerciale che la occupava dalle ore 6.00 alle ore 21,00;
– la nota informativa dei Carabinieri di Susegana aveva riferito in ordine alla
idoneità dell’alloggio, confermato il lavoro della compagna e ritenuto l’istante
pericoloso sulla base dei suoi precedenti;
– dalla relazione di sintesi, che esprimeva parere favorevole, era emerso che
la compagna auspicava il rientro dell’istante per poter accudire il figlio, del quale
si occupava in atto la madre;

la norma invocata era interpretata dalla giurisprudenza costante di

legittimità nel senso che l’impegno lavorativo della madre non integrava l’assoluto
impedimento richiesto dalla stessa norma.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, con atto
personale, l’interessato Mosele, che ne chiede l’annullamento sulla base di due
motivi.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma
1, lett. b), cod. proc. pen., violazione ed erronea applicazione degli artt. 47-ter,
comma 1, e 47-quinquies, Ord. Pen. per avere il Tribunale illegittimamente
ritenuto insussistenti le condizioni soggettive per la concessione del beneficio,
omettendo di valorizzare le relazioni favorevoli dei Carabinieri di Susegana e dei
servizi sociali incaricati.
Secondo il ricorrente, che premette il richiamo all’ipotesi di detenzione
domiciliare prevista dall’art. 47-ter, comma 1-ter, Ord. Pen. come alternativa al
rinvio, obbligatorio o facoltativo, dell’esecuzione della pena ai sensi degli artt. 146
e 147 cd. pen., e all’ipotesi di detenzione domiciliare speciale prevista dall’art. 47quinquies Ord. Pen. e alla rado della sua introduzione con legge n. 40 del 2001, il
Tribunale di sorveglianza non ha considerato che la compagna è titolare di
esercizio di ristorazione, il cui orario è del tutto incompatibile con la possibilità di
assistere il minore, e che la grave malattia del padre della medesima, poi

2

Il Tribunale argomentava la decisione rilevando che:

deceduto, ha richiesto continua assistenza da parte della di lei madre,
impossibilitata ad aiutarla nell’assistenza del minore.
Dalla lettura di detta ultima norma emerge chiara la condizione soggettiva
richiesta per il padre condannato che richieda la detenzione domiciliare speciale,
rappresentata dalla valutazione in concreto, che vi è stata con esito positivo, della
insussistenza del pericolo di reiterazione del reato, oltre alla possibilità di
ristabilire la convivenza con il figlio, ed emerge altresì l’ampliamento delle attività,
strutturali e non più eccezionali, per cui è possibile l’allontanamento dal domicilio.

comma 1, lett. e), cod. proc. pen., mancanza, contraddittorietà e manifesta
illogicità della motivazione.
Secondo il ricorrente, l’ordinanza è solo apparentemente motivata perché ha
richiamato, a sostegno della decisione di rigetto, un mero indirizzo
giurisprudenziale, alla cui stregua l’impegno lavorativo della madre non può
integrare l’assoluto impedimento richiesto dalla norma citata, senza esplicitare
l’iter logico della pronuncia negativa e omettendo completamente di considerare i
sicuri indici positivi evincibili in concreto dalle informative a lui favorevoli.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria
scritta, concludendo per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere accolto per la fondatezza del secondo motivo, che
enuncia ragioni coerenti con il contenuto della istanza originaria con la quale
Mosele Roberto aveva chiesto la concessione della detenzione domiciliare ex art.
47-ter Ord. Pen., deducendo di trovarsi nella condizione personale e familiare,
riconducibile alla previsione del suo primo comma, lett. b), mentre il primo motivo
attiene, dopo l’ampia deduzione della illegittimità del diniego del beneficio, al non
pertinente comma

1-ter dello stesso art. 47-ter Ord. Pen., che prevede la

detenzione domiciliare a termine in relazione a situazioni di infermità fisica, e al
non azionato istituto della detenzione domiciliare speciale di cui all’art. 47quinquies Ord. Pen.

2. Secondo la previsione normativa dell’art. 47-ter, comma 1, lett. b), Ord.
Pen., la pena della reclusione non superiore a quattro anni (anche se costituente
parte residua di maggiore pena) può essere espiata nella propria abitazione dal
padre, esercente la potestà, di prole di età inferiore ad anni dieci con lui
convivente, quando la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente
impossibilitata a darle assistenza.

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2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 606,

Questa Corte ha più volte affermato che l’attività lavorativa della madre di
prole infradecenne non determina, di per sé, quella assoluta impossibilità di
accudire alla prole che giustifica la concessione della detenzione domiciliare in
favore del padre, precisando, nell’enunciare tale principio, che l’esistenza di un
impedimento assoluto ad assistere la prole deve essere accertata in relazione alle
peculiari connotazioni delle singole situazioni, e, in particolare, attraverso la
verifica dell’esistenza di strutture di sostegno e di assistenza sociale, ovvero della
disponibilità all’assistenza di altri familiari che possano, all’occorrenza, sostituire la

e ribadendo che la valutazione del giudice di merito è discrezionale e insindacabile
in sede di legittimità se sorretta da adeguata motivazione (Sez. 1, n. 44910 del
28/10/2011, dep. 02/12/2011, Monti Condesnitt, Rv. 251480).
A ciò consegue che l’impedimento assoluto della madre ad assistere la prole
non può essere stabilito in via di generalizzata astrattezza, e che, pertanto, come
non è condivisibile il principio per cui l’attività lavorativa della madre non può mai
costituire impedimento grave, deve anche ritenersi inaccettabile la tesi che
individua nel lavoro della madre della prole la causa che fa scattare il diritto del
padre di ottenere la indicata misura alternativa.

3. Di tali condivisi principi il Tribunale di Sorveglianza ha fatto applicazione
solo formale, limitandosi a osservare che l’impegno lavorativo della madre del
figlio di tre anni non può integrare l’assoluto impedimento richiesto dalla norma
indicata, senza analizzare la fattispecie concreta, apprezzare il contenuto delle
note informative in atti e valutare la sussistenza di peculiari connotazioni della
situazione (personale, lavorativa, familiare) della predetta incidenti sulla sua
possibilità di assistenza del minore, ovvero verificare la disponibilità all’assistenza
sostituiva, ove necessario, di altri familiari o strutture esterne.

4. Il provvedimento impugnato va, di conseguenza, annullato con rinvio al
Tribunale di sorveglianza di Venezia, che procederà a nuovo esame tenendo
presenti i principi e i rilievi prima formulati.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di
sorveglianza di Venezia.
Così deciso in Roma il 19 dicembre 2014
Il Consigliere ester

POSIT

Pr side iìe

madre (Sez. 1, n. 13021 del 28/01/2009, dep. 25/03/2009, Parrino, Rv. 243550),

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