Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36730 del 15/07/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 36730 Anno 2015
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: MAGI RAFFAELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GIOVINAZZO PASQUALE N. IL 01/02/1949
avverso la sentenza n. 938/2013 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 11/02/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/07/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. C;xo 4.44 pe(t’Utg ,
che ha concluso per ,(2.4, AA-Q.A.A4…t.m.’t
e
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 15/07/2015

IN FATTO E IN DIRITTO
1. Con sentenza emessa in data 11 febbraio 2014 la Corte di Appello di Reggio
Calabria confermava i contenuti della decisione emessa in primo grado dal
Tribunale di Palmi nei confronti di Giovinazzo Pasquale con cui lo stesso era
stato ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 75 co.2 D.Lgs. n.159 del 2011
e condannato alla pena di mesi otto di reclusione.
La ritenuta violazione delle prescrizioni inerenti la sorveglianza speciale con
obbligo di soggiorno – per fatto del 29 marzo 2013 – consiste, in fatto, nella

dai carabinieri di Gioia Tauro.
La Corte di Appello, in motivazione, confermava la qualificazione giuridica del
fatto, come da contestazione (violazione delle prescrizioni e degli obblighi
correlati alla sottoposizione alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale
con obbligo di soggiorno, già incriminata dall’art. 9 co.2 della legge n.1423 del
1956) e riteneva infondate le doglianze relative all’assenza di dolo e al
trattamento sanzionatorio (minimo edittale, con la sola riduzione relativa alla
scelta del rito abbreviato).

2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione – a mezzo del
difensore – Giovinazzo Pasquale, deducendo vizio di motivazione relativamente
alla ricorrenza dell’elemento psicologico del reato (al primo motivo) nonchè in
riferimento alla entità del trattamento sanzionatorio e all’omesso riconoscimento
delle circostanze attenuanti generiche (al secondo motivo).

3. Il ricorso, al primo motivo, è di per sè infondato avendo la Corte territoriale
esposto senza vizi logici i motivi relativi alla ritenuta ricorrenza dell’elemento
psicologico. Nell’ambito di violazione formale, quale è quella contestata,
rappresentata dall’omessa esibizione della carta precettiva, non può dirsi
rilevante la prospettata «dimenticanza» della carta da parte del sottoposto,
stante la specifica informazione ricevuta in sede di sottoposizione alla misura di
prevenzione.
3.1 Va tuttavia osservato che a fronte di doglianze infondate – ma non
inammissibili – emerge l’erronea qualificazione giuridica del fatto contestato e
ritenuto in sentenza, rilevabile ex officio nella presente sede di legittimità anche
per il rilievo di tale inquadramento sulla entità del trattamento sanzionatorio (la
cui entità, sia pure con motivazioni diverse, è oggetto di doglianza al secondo
motivo di ricorso).

omessa esibizione della carta precettiva durante un controllo su strada operato

Si è ritenuto, infatti, in sede di merito che l’omessa esibizione della «carta
precettiva» da parte del sorvegliato speciale con obbligo di soggiorno andasse
qualificata come delitto ai sensi dell’art. 9 co.2 legge n.1423 del 1956 (attuale
art. 75 co.2 d.lgs. n.159 del 2011) .
Come è noto, sul tema sono di recente intervenute le Sezioni Unite di questa
Corte (sent. n. 32923 del 29.5.2014, rv 260019).
In detta decisione si è affermato che tale condotta non può ritenersi ricompresa
nel precetto contenuto nell’art. 9 legge 1423 del 1956 (norma che sanziona la

della stessa legge) ma va ritenuta «punibile» esclusivamente ai sensi dell’art.
650 cod.pen.
La decisione in parola muove, infatti, dalla considerazione per cui – ai sensi
dell’art. 5 co.6 1.n.1423/ 1 56 – la consegna al sorvegliato speciale della «carta di
permanenza» è configurata come obbligo dell’ Ufficio in sede di sottoposizione e
la correlata necessità di «portare con sè» la carta ed esibirla ad ogni richiesta
degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza non si ispira ad una ratio comune con
le «prescrizioni e gli obblighi» di cui ai commi precedenti del medesimo articolo 5
(finalizzati ad orientare le condotte del sottoposto in chiave di contenimento della
accertata pericolosità sociale) ma ha una finalità autonoma e diversa,
rappresentata dalla necessità di rendere più agevole l’operato delle forze di
polizia in sede di controllo.
Da qui la considerazione per cui l’accentuato disvalore delle violazioni «degli
obblighi o delle prescrizioni» espresso dall’art. 9 co.2 legge n.1423 del 1956 (nel
testo risultante dalle modifiche introdotte con d.l. n.144 del 27.7.2005)
comporta la ricostruzione di una voluntas legis tesa a reprimere le manifestazioni
di rinnovata pericolosità sociale del soggetto sottoposto (dunque la violazione di
obblighi o prescrizioni ricollegabili al contenuto tipico della misura di
prevenzione) e non l’inadempimento di una modalità accessoria alla condizione
di sorvegliato speciale avente, come si è detto, finalità meramente agevolatrice
dell’operato delle forze di polizia.
Tale condotta – unica contestata all’odierno ricorrente – va pertanto riqualificata
come semplice «inosservanza» di un provvedimento dell’autorità emesso
legalmente e per ragioni di sicurezza publica, rientrando nell’ambito applicativo
dell’art. 650 cod.pen. .
3.2 Ciò posto, va inoltre ribadito come rientri nei poteri della Corte di
Cassazione, ex art. 609 co. 2 cod.proc.pen., la corretta qualificazione giuridica
del fatto (tra le molte, Sez. H n. 3211 del 20.12.2013, rv 258538).
Nel caso in esame, peraltro, tale riqualificazione da un lato comporta effetti
esclusivamente favorevoli per il ricorrente (trattandosi di degradazione

violazione degli obblighi o delle prescrizioni previste in via generale dall’art. 5

dell’illecito da delitto a contravvenzione, con minore impatto della forbice
edittale) dall’altro risulta il portato della decisione emessa sul tema da questa
Corte – nell’ambito del suo organo regolatore dei conflitti interpretativi – in epoca
successiva alla decisione impugnata, il che consente l’applicazione del principio
ispiratore della disposizione di cui all’art. 609 co.2 cod.proc.pen. .
La riqualificazione del fatto nella diversa previsione incriminatrice comporta,
pertanto, la necessità di rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Reggio
Calabria per la mera quantificazione della pena (con assorbimento delle

primo motivo relativo alla intervenuta affermazione di responsabilità.

P.Q.M.

Riqualificato il fatto ai sensi dell’art. 650 cod.pen., rinvia ad altra sezione della
Corte di Appello di Reggio Calabria per la determinazione della pena .
Così deciso il 15 luglio 2015

Il Consigliere estensore

doglianze di cui al secondo motivo di ricorso), risultando in ogni caso infondato il

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