Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36707 del 17/07/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 1 Num. 36707 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
POZZI ACHILLE N. IL 17/11/1958
avverso l’ordinanza n. 400/2011 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
20/10/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERA MARIA
SEVERINA CAPRIOGLIO;
“„)„:9:1\ Ju.9
lette/site le conclusioni del PG De•tt.

4

C.~

Data Udienza: 17/07/2013

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza del 20.10.2011 la corte d’appello di Venezia, in veste di giudice
dell’esecuzione, rigettava l’istanza di applicazione del regime del reato continuato,
avanzata da POZZI Achille relativamente ai reati già ritenuti in continuazione fra loro
con ordinanza della corte d’appello di Venezia 17.2.2011 (commessi in un arco
temporale dal 1991 al 1998 in località del Veneto) ed i reati giudicati con sentenza

dello iato temporale tra i reati, della inclinazione a delinquere del Pozzi manifestata fin
dal 1978 e della professionalità acquisita nella consumazione di reati, cosicchè le
plurime azioni sono indicative non tanto di unicità nel delinquere , quanto di un generico
programma correlato al bisogno del denaro. In particolare, veniva evidenziato che i
reati di cui all’ultima sentenza citata erano stati commessi in luoghi diversi dai primi (Vo
Euganeo) e che il concorrente (tale Castelli Massimo) era diverso da coloro che
accompagnarono il Pozzi nelle altre intraprese criminali. Quanto alla tossicodipendenza,
la corte rilevava che non emergeva prova certa di persistente continuità di tale stato,
in grado di condizionare le scelte criminali del menzionato.

2.

Avverso tale pronuncia, ha interposto ricorso per cassazione la difesa del

prevenuto per dedurre, con unico motivo, erronea applicazione della legge processuale
e penale, nonché illogicità della motivazione: la corte avrebbe trascurato di valutare le
dichiarazioni del collaboratore Galletto Stefano che ebbe a parlare di sperimentata
strategia operativa; che con la precedente decisione vennero ritenuti unificabili reati
commessi in un arco superiore a sette anni e venne riconosciuta un disegno unitario già
deliberato ab origine nelle sue linee essenziali, mirato al profitto.

3.

Il Procuratore Generale ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.

Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile per difetto di specificità, considerato che sono stati
reiterati argomenti sui quali la corte territoriale aveva fornito adeguata riposta
motivazionale, facente leva sulla considerevole distanza temporale tra i fatti, sulla
mancanza di prova di ideazione complessiva fin dal 1991 che avesse delineato ancorchè
genericamente i singoli fatti delittuosi; veniva invece evidenziata una soggettiva
tendenza a delinquere, ancorchè focalizzata su uno specifico tipo di reato ed esplicata
con analoghe modalità. Con aderenza alle evidenze disponibili, la corte territoriale
aveva fatto riferimento al locus commissi delicti , al tempus commissi delicti, nonché alla

2

corte d’appello Venezia 29.3.2007, commessi nei primi mesi del 2004, in considerazione

mancanza di dati accreditanti nel periodo dal 1991 al 1998 precise attestanti della
asserita condizione di tossicodipendenza dell’istante, per disattendere l’istanza.
L’argomentare è assolutamente in linea con i principi normativi, così come
interpretati da questa Corte di legittimità, non potendo portare ad opinare diversamente
il semplice fatto che il pentito Stefano Galletto abbia parlato di sperimentata strategia
acquisita dal gruppo, considerato che l’istituto della continuazione non va confuso con il
diverso concetto dell’attuazione di uno stile di vita dedita al delitto ( Sez. II, 7.4.2004,

criminosa sia espressione di un programma di vita improntata al crimine e che dal
crimine intende trarre sostentamento , penalizzata da istituti quali la recidiva, l’abitualità,
la professionalità nel reato, secondo un diverso ed opposto parametro rispetto a quello
sotteso all’istituto della continuazione, preordinato al “favor rei” (Sez. V, 12.1,2012, n.
10917).
Si impone quindi la dichiarazione di inammissibilità del ricorso; a tale declaratoria,
riconducibile a colpa del ricorrente, consegue la sua condanna al pagamento delle spese
del procedimento e di somma che congruamente si determina in euro mille a favore
della cassa delle ammende , giusto il disposto dell’art. 616 cpp, così come deve essere
interpretato alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 186/2000 .
p.q.m.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al pagamento della somma di euro mille alla cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, addì 17 Luglio 2013.

n. 18037). Più recentemente è stato evidenziato come la reiterazione della condotta

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA