Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36702 del 15/07/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 36702 Anno 2013
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: CAPOZZI RAFFAELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VENZA VINCENZO N. IL 06/04/1975
avverso l’ordinanza n. 97/2013 TRIB. LIBERTA’ di TARANTO, del
13/03/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RAFFAELE CA, POZZI; h
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Data Udienza: 15/07/2013

N.18646/13-RUOLO N.36 C.C.P. (2314)

RITENUTO IN FATTO

1.Con ordinanza del 13 marzo 2013, il Tribunale di Taranto ha rigettato l’appello
proposto ex art. 310 cod. proc. pen. da VENZA Vincenzo avverso il
provvedimento del G.I.P. in sede, con il quale era stata rigettata la sua istanza
intesa ad ottenere la modifica del trattamento cautelare in atto (custodia
cautelare in carcere, disposta nei suoi confronti dal G.I.P. di Taranto con

gravemente indiziato del delitto di omicidio volontario di MARINELLI Alessio, da
lui attinto con più colpi d’arma da fuoco) per motivi di salute e perché inoltre non
sussistevano i presupposti di legge per il mantenimento della misura, non
ravvisandosi né pericolo di fuga, né rischio d’inquinamento probatorio.

2.11 Tribunale ha rilevato come il consulente medico legale da esso nominato, dr.
CATAPANO MINOTTI, a seguito di accurato esame disposto sulla persona
dell’appellante, aveva accertato che l’affezione cardiovascolare da cui il
medesimo era affetto ed il rischio di recidiva trombotica, collegato all’infarto da
cui era stato colpito, fronteggiato con angioplastica consistita nell’applicazione di
stent coronario, poteva essere validamente gestita in regime di detenzione e che
la terapia in atto fossero in linea con le riscontrate affezioni del detenuto; ha
pertanto ritenuto, difformemente da quanto sostenuto dal dr. ORLANDO,
cardiologo di fiducia dell’appellante, il basso profilo del rischio di recidiva e ciò
sia per effetto della terapia antiaggregante in atto, sia in considerazione della
distanza temporale dall’infarto occorso all’appellante, sia per l’adeguato
trattamento del deficit respiratorio notturno.
Ha poi ritenuto la permanenza delle elevate esigenze cautelari già in precedenza
evidenziate dal G.I.P. di Taranto in sede di emissione dell’ordinanza cautelare in
carcere e riferite alla gravità della condotta ascritta all’appellante ed alla
permanenza del rischio di inquinamento probatorio.

3.Avverso detto provvedimento del Tribunale del riesame di Taranto ricorre per
cassazione VENZA Vincenzo per il tramite del suo difensore, che con un unico ed
articolato motivo, deduce erronea applicazione della legge penale, in quanto,
secondo quanto rilevato dal proprio consulente medico di fiducia, il rischio di
trombosi intrastent, consistente in un fenomeno di improvvisa aggregazione
delle piastrine, pur fronteggiato con doppia terapia aggregante preventiva, era di
durata non preventivamente definibile e non era gestibile in ambiente carcerario,
anche per i gravi problemi respiratori dai quali era afflitto, si che in attuazione
1

ordinanza del 21 novembre 2012, confermata dal Tribunale del riesame, siccome

del principio di cui all’art. 32 della Costituzione, egli, sebbene detenuto, aveva
diritto ad avere erogate le più appropriate ed efficaci prestazioni di prevenzione e
cura, non potendo la legge in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto
della persona umana.
Non sussisteva poi il pericolo di reiterazione, da parte sua, di reati della stessa
specie, non essendo state individuate sue condotte concrete rivelatrici di tale
concreto pericolo.

1.11 ricorso proposto da VENZA Vincenzo è inammissibile siccome
manifestamente infondato.

2.Con esso il ricorrente lamenta che il Tribunale del riesame non ha
adeguatamente valutato le sue condizioni di salute nel respingere l’appello da lui
proposto avverso il provvedimento del G.I.P., che aveva respinto la sua istanza,
intesa ad ottenere la revoca della misura cautelare inframuraria alla quale era
sottoposta, essendo stata accertata la sussistenza di una sua grave patologia
cardiovascolare, che non avrebbe potuto essere adeguatamente curata in
ambiente carcerario.

3.Secondo la giurisprudenza di questa Corte, qualora la richiesta di revoca o di
sostituzione della misura cautelare in carcere venga fondata, a norma dell’art.
299 comma 4 ter seconda parte cod. proc. pen., sull’esistenza di una grave
patologia, tale da rendere le condizioni di salute dell’istante incompatibili con lo
stato di detenzione, il giudice, se non accoglie la domanda sulla base degli atti,
ha l’obbligo di disporre adeguati accertamenti medici, da espletare con apposita
perizia nel contraddittorio delle parti, essendogli inibito rigettare la domanda
sulla sola preliminare prefigurazione di esigenze cautelari di eccezionale
rilevanza (cfr. Cass. Sez. 1 n. 16547 del 14/3/2010, Mulè, Rv. 246934; Cass.
Sez. 4 n.16524 del 15/2/2013, Mafrica, Rv. 254846).

4.Sul punto, il Tribunale del riesame di Taranto ha agito in modo conforme alla
norma di legge sopra descritta, avendo proceduto ad apposita perizia medica
sulla persona del ricorrente, espletata in contraddittorio con il consulente di
fiducia di quest’ultimo e, sulla base di detto specifico accertamento medico, ha
escluso che, allo stato, l’affezione cardiovascolare, da cui il medesimo era affetto,
fosse di tale grave entità da imporre la sostituzione della misura cautelare
inframuraria con altra meno afflittiva; ha in particolare ritenuto, con motivazione
incensurabile nella presente sede, siccome conforme ai canoni della logica e della
2

CONSIDERATO IN DIRMO

Trasmessa copia ex art. 23
n. 1 ter L. 8-8-95 n. 332

n /6 SET. 2013
non contraddizione, che il rischio di recidiva trombotica, cblIgàto all’infarto da
cui il ricorrente era stato colpito e che era stato fronteggiato con intervento di
angioplastica ed applicazione di stent coronario, poteva essere validamente
gestita in regime di detenzione e che la terapia in atto fosse in linea con le
riscontrate affezioni del detenuto.
Ha pertanto ritenuto, difformemente da quanto sostenuto dal dr. ORLANDO,
cardiologo di fiducia dell’appellante, che il paventato rischio di recidiva avesse un
profilo basso, sia per effetto della terapia antiaggregante in atto, sia in

l’adeguato trattamento del deficit respiratorio notturno del ricorrente.

5.11 ricorso proposto dal VENZA è altresì inammissibile siccome manifestamente
infondato nella parte i cui lamenta l’insussistenza di adeguate esigenze cautelari,
tali da giustificare la permanenza a suo carico della custodia inframuraria.
Al contrario il Tribunale del riesame ha richiamato quanto già ritenuto dal G.I.P.
con la sua precedente e recente ordinanza del 21 novembre 2012, confermata in
sede di riesame, con la quale era stata disposta nei suoi confronti la custodia
cautelare in carcere in ordine al delitto di omicidio per il quale si procedeva,
avendo in particolare fatto riferimento non solo all’obiettiva gravità del fatto
ascrittogli ed ai numerosi aspetti del medesimo rimasti ancora oscuri, ma altresì
al perdurante rischio di inquinamento probatorio, elementi questi che, valutati
nel loro assieme, rendevano la detenzione inframuraria più appropriata rispetto
ai chiesti arresti domiciliari.

6.11 ricorso proposto da VENZA Vincenzo va pertanto dichiarato inammissibile,
con sua condanna, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

7.Dovrà provvedersi all’adempimento di cui all’art. 94 comma 1 ter disp. att.
cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle
ammende.
Si provveda a norma dell’art. 94 comma 1 ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 15 luglio 2013.

considerazione della distanza temporale dall’infarto occorso all’appellante, sia per

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