Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36700 del 14/07/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 36700 Anno 2015
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: FIDELBO GIORGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Pasquale Valente, nato a Taurianova (RC) il 20.2.1962
avverso l’ordinanza del 24 dicembre 2014 emessa dal Tribunale di Reggio
Calabria;
visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso;
sentita la relazione del consigliere Giorgio Fidelbo;
udito il sostituto procuratore generale Francesco Mauro Iacoviello, che ha
concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza in epigrafe indicata il Tribunale di Reggio Calabria, in
sede di riesame, ha confermato la misura cautelare della custodia in carcere
disposta con il provvedimento emesso in data 4 dicembre 2014 dal G.i.p. dello
stesso Tribunale nei confronti di Pasquale Valente, indagato per il reato di

Data Udienza: 14/07/2015

associazione mafiosa denominata ‘ndrangheta, con il ruolo di partecipe del
locale di Giffone, in possesso della dote della “Santa”.

2. L’indagato ha proposto personalmente ricorso per cassazione.
Con il primo motivo denuncia la mancanza di motivazione in ordine alle
deduzioni difensive contenute nella memoria depositata in sede di udienza

rapporti pregressi con ambiti criminali; b) all’irrilevanza del rapporto di
parentela o di amicizia con alcune persone ritenute intranee all’organizzazione
criminosa; c) alla circostanza che il collaboratore Ieranò non lo ha indicato
come un affiliato; d) alla genericità dell’indicazione fornita da Giuseppe Puglisi
al figlio durante la conversazione intercettata il 5 dicembre; e) alla genericità
dell’indicazione fornita da Giovanni Puglisi nella conversazione intercettata 1’11
marzo 2014, in cui lo stesso si riferisce all’imputato che dovrebbe insegnargli
alcune “formule”; alla non univocità della conversazione del 23 marzo 2014.
Con il secondo motivo contesta la ritenuta sussistenza dei gravi indizi di
colpevolezza, rilevando come nelle riunioni organizzative che si sarebbero
tenute in Lombardia tra alcuni associati non è stata mai accertata la sua
presenza, precisando che non può costituire un indizio grave la circostanza
che in concomitanza con tali riunioni si fosse trovato al nord.
Con il terzo motivo censura l’ordinanza per aver ritenuto sussistenti le
esigenze cautelari.
CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile.

3.1. I primi due motivi dedotti riguardano questioni già esaminate
dettagliatamente dal Tribunale e ripropongono tematiche afferenti il merito
che, in quanto tali, non sono sindacabili in sede di legittimità se, come nel
caso in esame, il provvedimento ha offerto al riguardo una motivazione logica
e coerente.
In particolare, l’ordinanza impugnata ha ritenuto sussistenti i gravi indizi
di colpevolezza in ordine all’appartenenza dell’indagato all’associazione
mafiosa sulla base dei risultati di numerose intercettazioni. Da tali
conversazioni il Tribunale ha desunto una serie di elementi indiziari a

2

camerale davanti al tribunale del riesame, relative: a) alla assenza totale di

dimostrazione dell’intraneità del Valente al locale di Giffoni, con la dote della
“santa”. Si tratta di conversazioni che isolatamente considerate avrebbero uno
scarso peso probatorio, ma che unitariamente valutate i giudici hanno ritenuto
possedere quella gravità indiziaria necessaria per giustificare la misura
cautelare disposta: sono stati presi in esame i rapporti di parentela del
Valente con alcuni affiliati, tra cui il figlio Ivano Bartolomeo e i cugini

l’interessamento di Pasquale La Rosa, responsabile del locale di Giffone, per
risolvere un conflitto tra l’indagato ed il figlio; inoltre, viene attribuita
rilevanza alla conversazione tra il figlio dell’indagato con la moglie, in cui il
primo si lamenta del mancato riconoscimento della “dote” superiore a causa
dell’intervento del La Rosa che su sollecitazione del padre avrebbe rallentato
la sua “carriera” nell’associazione; peraltro in tale conversazione Ivano
Bartomeo Valente farebbe un esplicito riferimento alla “dote” del padre,
elemento questo particolarmente valorizzato dai giudici a riprova
dell’appartenenza dell’indagato alla cosca. Altre due conversazioni vengono
prese in considerazione a sostegno della tesi accusatoria: quella tra Giovanni
Puglisi e Marco Paviglianiti, in cui i due si riferiscono all’indagato come colui
che avrebbe potuto aiutarli a ricordare le formule per il conferimento delle
doti; l’altra tra lo stesso indagato e Giuseppe Puglisi, in cui il primo
rappresenta le modalità attraverso cui avrebbe agevolato il conferimento della
dote in favore di Ivano Valente.

3.2. Il motivo attinente alle esigenze cautelari è del tutto generico.

4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro
in favore della cassa delle ammende, che si ritiene equo determinare in euro
1.000,00.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1-ter
disp. att. c.p.p.

Giuseppe Puglisi, Salvatore Valente e Bartolomeo Mandaglio, nonché

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma

1-ter

Così deciso il 14 luglio 2015

Il Consigli re estensore

Il Presid nte

)

disp. att. c.p.p.

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