Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36692 del 30/06/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 36692 Anno 2015
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: CARCANO DOMENICO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CASTILLO JAYA JUANA LASTENIA N. IL 15/11/1980
avverso la sentenza n. 93/2014 CORTE APPELLO di MILANO, del
15/04/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. DOMENICO
CARCANO;
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Data Udienza: 30/06/2015

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Ritenuto in fatto
1.La difesa di Castillo Jaya Juana Lastenia impugna la sentenza in
epigrafe indicata con la quale è stata dichiarata la sussistenza delle condizioni
richieste per raccoglimento della domanda 24 novembre 2014 di estradizione
presentata nei confronti di Castillo Jaya Juana Lastenia dal Governo della
Repubblica dell’Ecuador, previa adozione di mandato d’arresto dal Giudice dal

Il giudice delegato della Corte d’appello di Milano ha convalidato l’arresto
il 27 maggio 2014 e poi il 28 maggio il Ministro della giustizia ha richiesto il
mantenimento in carcere.
Lo Stato richiedente ha trasmesso, nei termini prescritti, la domanda dì
estradizione e la relativa documentazione dalla quale risulta che il 7 ottobre
2010 presso l’aeroporto di Marsical Sucre Di Quito è stato arrestato Marco Efren
Burgos il quale aveva già attivato la spedizione di diverse scatole verso Milano e
al controllo delle ventiquattro scatole, in appositi vani doppio fondo, si é
accertato che contenevano cocaina del peso lordo di grammi 1005,471.La merce
era destinata a Castillo Jaya Juana Lastenia.
Applicata la custodia cautelare in carcere e dato avvio alla procedura di
estradizione, Castillo Jaya Juana Lastenia nel corso del procedimento ha riferito
che la sostanza sequestrata avrebbe riguardato parte dei circa 18 chilogrammi
per il quale è stata già condannata con sentenza dalla Corte d’appello di Milano,
irrevocabile 1’11 dicembre 2012. Nel corso delle indagini, per il quale vi è stato
procedimento in Italia, sono stati individuati altri cittadini di origine
sudamericana, correi dell’attuale estradanda.
La Corte d’appello, dopo avere descritto quanto emerso nel procedimento
e indicato gli accertamenti compiuti circa il coinvolgimento dall’attuale
estradanda e degli altri correi, ritiene che trattasi di vicenda processuale diversa.
Per il giudice d’appello:
la domanda dì estradizione rispetta i requisiti previsti dall’art. 700
c.p.p., poiché corredata di tutta la documentazione utile per la verifica
della sussistenza delle condizioni alla quale l’estradizione è
subordinata;
la documentazione pervenuta attesta l’effettività della spedizione, il
sequestro della sostanza stupefacente e gli accertamenti compiuti per
verificare la qualità della sostanza e la destinataria della stessa, alla
quale erano state inviate le precedenti spedizioni;

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Tribunale dì Kochani per detenzione di sostanze stupefacenti.

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i fatti non riguardano il procedimento già svolto in Italia, in quanto
concernente sostanze sequestrate in Italia, mentre la sostanza,
oggetto del procedimento per il quale è stata richiesta l’estradizione,
è stata sequestrata in Quito e, per altro, verso, è la stessa imputata a
descrivere nel suo memoriale prodotto ai giudici italiani l’intera
vicenda;
ulteriore elemento che dà prova della diversità dei fatti è
all’individuazioni di corei differenti rispetto a quelli indicati nella

i termini di prescrizione del reato non sono decorsi, sia per quanto
previsto dalla legislazione italiana che per quella dello stato
richiedente e il presente procedimento non persegue obiettivi politici;
non vi sono ragioni per ritenere, pone in rilievo la Corte d’appello, che
lo stato richiedente non assicuri il rispetto fondamentale dei diritti
fondamentali della persona;
nel procedimento in oggetto non sono allegati rapporti di
organizzazioni governative di quali possa evincersi episodi di
persecuzione o discriminazione nello Stato richiedente.

In conclusione, la Corte d’appello rileva che l’attuale richiesta di
estradizione dimostra che Jaya Castillo ha continuato a gestire con diversi correi
il traffico di stupefacente e non può costituire, come stabilito dalla Corte di
legittimità, motivo ostativo all’estradizione la circostanza che Castillo Jaya Juana
Lastenia sia sposata in Italia e abbia qui la propria famiglia.
2. La difesa deduce:
– violazione dell’art. 705, comma 1, c.p.p., per mancata valutazione dei
gravi indizi, tenuto conto che tra il nostro Paese e l’Ecuador non vi è trattato di
estradizione e devono trovare applicazione gli art.697 e ss. c.p.p. ed è pertanto
necessario la verifica dei sufficienti indizi di colpevolezza ex art. 705 c.p.p..
La Corte d’appello si limita a elencare la documentazione trasmessa e non
chiarisce gli elementi che emergono dai documenti trasmessi.
Si richiama la giurisprudenza di legittimità per la quale, in assenza di
trattato, è necessario un’accurata verifica della domanda di estradizione e di tutti
gli elementi ad essa allegati.
– erronea valutazione del fatto e violazione del ne bis in idem, in quanto le
ragioni indicate dalla Corte, quali la diversità dei complici e la circostanza che la
sostanza stupefacente fu all’epoca sequestrata in Italia, ad avviso del ricorrente,
non costituiscono elementi che possano dare certezza che si tratti di fatto
diverso.

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domanda di estradizione;

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Al riguardo, la difesa rileva che Castillo Jaya Juana Lastenia è stata
giudicata in Italia per traffico di stupefacente nel cui ambito potrebbe rientrare
l’operazione per la quale è stata richiesta oggi l’estradizione, in quanto la stessa
imputata ebbe a indicare 3 o 4 spedizioni, tra le quali potrebbe rientrare quella
dell’ottobre 2010, come era stato riferiti dai parenti alla Castillo Jaya Juana
Lastenia.
Nel provvedimento del g.i.p. sono indicate le modalità del traffico
internazionale di stupefacente e l’ampia operazione di polizia effettuata e gli

Un indice importante è la circostanza chi il periodo è identico e le
modalità sono del tutto sovrapponibile, anche per i luoghi in cui è stata svolta
l’attività dì indagine e ciò non esclude che uno degli episodi sia rimasto a livello
di tentativo.
-Violazione dell’art.698, comma 1, c.p.p., sottoposizione a pene o
trattamenti disumani.
Il collegio milanese avrebbe valutato formalmente e sulla base di assenza
di rapporti ufficiali l’assenza di tale pericolo, mentre è noto, per la difesa, che in
molti paesi del Sudamerica e, in particolare , in Ecuador siano assolutamente al
limite dell’umano.
Anche l’ultimo rapporto di Amnesty International si riferisce di un continuo
aumento della popolazione carceraria e le carceri latinoamericane siano
diventate un incubo per la lotta alla sopravvivenza.
Anche altre organizzazioni da tempo segnalano proprio Ecuador.
Sotto tale profilo la sentenza è del tutto carente.
Si allega al ricorso documentazione che potrebbe dar conto dei profili
dianzi posti in rilievo.
3.Altro difensore, avv. Daria Pesce, di Castillo Jaya Juana Lastenia
deduce:
– inosservanza ed erronea applicazione della legge dell’art. 6 e 11 del
codice penale. Vizio di motivazione, sotto il profilo della mancanza,
contraddittorietà e manifesta illogicità in ordine alla unicità del medesimo di
segno criminoso che le condotte evidenziano, anche per quanto riguarda anche il
rapporto di connessione.
Per la difesa, è indiscutibile che, anche per l’attuale condotta, vi siano
elementi per ritenere che parte della condotta sia stata commessa in Italia. Si
riporta in ricorso la giurisprudenza che sulla questione si è più volte pronunciata.
Gli elementi posti in rilievo non possono che riguardare specificamente il
traffico internazionale di stupefacente.
Non vi è una specifica motivazione da parte del Collegio, che si limitato a
una mera evocazione degli atti del precedente procedimento.
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elementi accertati circa le dimensioni dell’attività criminosa.

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-Inosservanza ed erronea applicazione degli art. 698, 705, comma 2 lett.
c) c.p.p. e 3 della Cedu, nel senso che non vi è stata alcuna accurata verifica
delle condizioni richieste per assicurare che non vi siano trattamenti disumani. Si
allega in ricorso documentazione di Amnesty intemational.

Considerato in diritto

1.La sentenza impugnata ha correttamente affermato la sussistenza delle
condizioni richieste per concedere estradizione richiesta dal Governo della

Repubblica dell’Ecuador.
Lo Stato richiedente ha trasmesso, come è stato verificato dal giudice di
prima istanza, gli atti a corredo della domanda con tutti gli elementi richiesti per
le valutazioni da effettuare dallo Stato richiedente, circa la fondatezza delle
richiesta.
Quanto alla eccepita sussistenza del bis in idem, la Corte di merito ha
reso adeguata argomentazione per escludere che si sia trattato degli stessi
episodi per ì quali vi è stato giudizio in Italia. L’elemento dirimente, come già
esposto in narrativa, è che la sostanza stupefacente è stata acquistata o, in ogni
caso, ricevuta nel territorio dello Stato richiedente, dal quale sono state avviate
le operazioni di spedizione.
Tutto ciò è sufficiente a radicare in quel territorio la giurisdizione, tenuto
altresì conto che il bis in idem, nel corso del giudizio volto a verificare la
sussistenza delle condizioni richieste per l’estradizione, deve essere
“rigorosamente provato”: là dove gli atti trasmessi, a corredo della domanda
attestino il contrario, non possono essere considerazioni generiche e assertive
dell’interessato ad esser prova di tale impedimento.
In ogni caso, la verifica della sussistenza delle condizioni per
l’estradizione deve essere limitata agli accertamenti richiesti dalla disciplina
processuale. La questione potrà essere riproposta, se del caso, nello Stato
richiedente nel corso del processo.

2. Quanto ai trattamenti disumani e degradanti, il giudice d’appello ha già
esaminato le circostanze esposte e ripercorso gli orientamenti della
giurisprudenza in proposito.

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Anche qui, ogni definitiva decisione potrà rimessa al Ministro della

Giustizia circa un eventuale diniego di estradizioni, qualora emergano circostanze
che diano concretezza alla situazione denunciata.
In sede giurisdizionale, va ribadito che il divieto di pronuncia favorevole
di estradizione per l’estero può configurarsi solo là dove vi sia motivo per
ritenere che l’estradando potrà essere sottoposto ad atti persecutori o
discriminatori ovvero a pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti ovvero
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ancora ad atti che configurano violazione di diritti fondamentali della persona;
situazioni ostative che operano esclusivamente nelle ipotesi in cui siano riferibili
a una scelta “normativa” o di “fatto” dello Stato richiedente, considerato nella
sua veste istituzionale. Elementi quest’ultimi, esclusivamente prospettati, ma
non provati dall’esistenza di una disciplina o di fatti concreti e concludenti che li
possano indiscutibilmente dimostrare.
3. Il ricorso è dunque inammissibile e, a norma dell’art.616 c.p.p., il
ricorrente va condannato, oltre che al pagamento delle spese processuali, a

della cassa delle ammende, non ricorrendo le condizioni richieste dalla sentenza
della Corte costituzionale 13 giugno 2000, n.186.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna ftt ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento di € 1000,00 in favore della cassa delle
ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art.94, comma 1

ter, disp. att. c.p.p. e di cui allhrt.203 disp. att. c.p.p..
Così deciso in Roma, il 30 giugno 2015.

versare una somma, che si ritiene equo determinare in € 1.000,00 in favore

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