Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36690 del 15/07/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 36690 Anno 2013
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MERCURIO SEBASTIANO N. IL 12/02/1961
avverso l’ordinanza n. 5130/2012 TRIB. SORVEGLIANZA di
TORINO, del 18/12/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;
lette/se le conclusioni del PG Dott. jr b dotut) 1,5
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Udit i difensor

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v

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G014

Data Udienza: 15/07/2013

Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza resa il 18 dicembre 2012 il Tribunale di Sorveglianza di
Torino, rigettava il reclamo, proposto da Sebastiano Mercurio avverso il
provvedimento del 26 settembre 2012, col quale il Magistrato di Sorveglianza di
Torino aveva dichiarato inammissibile la richiesta, presentata dallo stesso Mercurio,
di detenzione domiciliare ai sensi della legge n. 199/2010 e rigettava quella,
presentata separatamente dallo stesso condannato, di accesso alla semilibertà.

rilievo dell’espiazione di pena detentiva per reati ostativi ai sensi dell’art. 4-bis ord.
pen. all’accesso ai benefici penitenziari e, quanto alla semilibertà, sulla ritenuta
necessità di approfondire la progressione trattamentale esterna mediante permessi
premio o ammissione al lavoro esterno, posto che il condannato, nonostante la
regolarità della condotta inframuraria, aveva mantenuto un atteggiamento polemico
e critico verso la condanna, riteneva suo diritto accedere alle misure alternative alla
detenzione, aveva cessato di svolgere attività lavorativa in carcere per presunte
ragioni sanitarie che non aveva consentito fossero approfondite.
2.Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso l’interessato a mezzo del
suo difensore, il quale lamenta:
a)mancanza di motivazione, contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione in relazione al rigetto dell’istanza di semilibertà; il Tribunale aveva
respinto l’istanza nonostante il condannato avesse prospettato due opportunità
occupazionali, avesse mantenuto sempre un corretto comportamento in carcere,
tanto da aver salvato la vita ad un agente penitenziario, aggredito da altro
carcerato e da aver ricevuto note di merito dagli altri detenuti per il sostegno loro
prestato, profili che avrebbero dovuto essere considerati per bilanciare quelli
negativi evidenziati nel provvedimento impugnato, anche in ragione della
certificazione medica di conferma delle ragioni del chiesto esonero dall’attività
lavorativa inframuraria;
b) mancanza di motivazione in ordine alla declaratoria di inammissibilità dell’istanza
di detenzione domiciliare: la condanna per il delitto di cui all’art. 73 D.P.R. 309/90,
aggravato ai sensi dell’art. 80 stesso testo normativo, costituiva impedimento
all’accesso alla detenzione domiciliare soltanto per quei condannati che avessero
mantenuto contatti con ambienti della criminalità organizzata, terroristica ed
eversiva, condizione non ricorrente nel proprio caso, perché tanto non era emerso
nel giudizio di cognizione, era stato escluso da una relazione della Questura di
Milano con nota presente agli atti e comunque la lunga detenzione aveva rescisso
anche eventuali legami di quel genere

/
1

1.1 I! Tribunale fondava la decisione, quanto alla detenzione domiciliare, sul

3.Con requisitoria scritta depositata il 9 aprile 2013 il Procuratore della
Repubblica presso la Corte di Cassazione, dr. Giovanni D’Angelo, ha chiesto il
rigetto del ricorso.

Considerato in diritto

Il ricorso è parzialmente fondato e va accolto nei limiti che verranno
specificati.

logico lo sviluppo argomentativo, incentrato sulla valutazione dei presupposti
applicativi della semilibertà, ritenendo ancora necessario un approfondimento del
percorso trattamentale del detenuto mediante accesso ad istituti di portata meno
ampia, in ossequio al principio di gradualità nell’ammissione ai benefici penitenziari.
Giustifica tale decisione in ragione dell’assenza nel Mercurio di un processo di
revisione critica dell’esperienza criminosa, del mantenimento di un atteggiamento
polemico verso l’istituzione carceraria e le limitate possibilità accordategli di
fruizione di misure alternative, in alcuni casi rifiutate perché non confacenti al
proprio gradimento, come nel caso del permesso di necessità, concessogli per far
visita alla sorella malata, ma rifiutato perché di ampiezza temporale troppo
contenuta e ritenuto insufficiente, oltre che della recente richiesta di esonero dal
lavoro all’interno dell’istituto penitenziario per presunte ragioni di salute, in realtà
non riscontrate. Al riguardo il Tribunale evidenzia come la richiesta di poter
beneficiare di misure alternative sia stata avanzata dall’interessato secondo la sua
valutazione personale e come se si trattasse di istituti cui tutti i detenuti hanno
indiscriminatamente diritto, senza l’accettazione della disciplina normativa e delle
condizioni dalla stessa richieste, per cui l’esserne stato escluso non giustificava
l’insofferenza riscontrata dagli operatori sociali che avevano condotto
l’osservazione, dal momento che la lunga detenzione era dipendente dai gravi reati
commessi e dall’insufficiente processo di rivisitazione del proprio passato deviante.
1.1Per contro, il ricorso, senza contestare in modo specifico gli argomenti del
provvedimento impugnato, oppone l’omessa considerazione di altri elementi
positivi, quali la corretta condotta carceraria, l’impegno lavorativo in carcere,
l’attivazione a favore di un agente penitenziario, che era stato salvato
dall’aggressione di un detenuto, e gli attestati di merito riconosciutigli dagli altri
detenuti per il sostegno psicologico loro offerto: in tal modo però sollecita a questa
Corte una diversa considerazione dei presupposti di meritevolezza per l’accesso alla
misura alternativa, che in realtà rientra nell’ambito esclusivo della cognizione del
giudice di merito ed eccede i limiti del sindacato conducibile nella fase di legittimità

2

1.La motivazione del provvedimento impugnato espone in modo chiaro e

attinente al rispetto delle norme di legge e del principio di intrinseca razionalità del
provvedimento impugnato.
2.A diverse conclusioni deve giungersi con riferimento alla richiesta di
detenzione presso il domicilio: premesso che il residuo di pena ancora da espiare è
inferiore ad un anno, l’analisi dei presupposti applicativi dell’istituto non avrebbe
potuto arrestarsi alla considerazione quale elemento ostativo del titolo dei reati per
i quali l’istante ha riportato condanna.
2.1 La legge n. 199 del 2010 ha introdotto nell’ordinamento una speciale

quale residuo di maggior pena, al fine di dare attuazione alla finalità rieducativa
dell’esecuzione penale ed applicabile entro il limite temporale del 31 dicembre 2013
in attesa della completa attuazione del piano straordinario penitenziario e della
riforma della disciplina delle misure alternative alla detenzione.
2.2 Come fondatamente rilevato dal Procuratore Generale, sebbene l’art. 1
comma 2 lett. c) della legge precluda l’accesso alla detenzione presso il domicilio
nei confronti di soggetti condannati per taluno dei delitti indicati dall’art. 4-bis ord.
pen., dei delinquenti abituali, professionali o per tendenza e dei detenuti sottoposti
al regime di sorveglianza particolare ai sensi dell’art. 14-bis ord. pen., salvo che sia
stato accolto il reclamo previsto dal successivo art. 14-ter, e quando ricorra il
concreto pericolo di fuga o di commissione di altri delitti e non sia riscontrata
l’idoneità e l’effettività del domicilio, il successivo comma ottavo dello stesso art. 1
rende applicabili, in quanto compatibili, le altre disposizioni della legge di
ordinamento penitenziario, comprese quelle dell’art. 4-bis ord. pen., rendendo in tal
modo operativa anche la norma secondo la quale i condannati per i gravi illeciti
dalla stessa elencati sono esclusi dai benefici penitenziari se abbiano mantenuto
collegamenti attuali con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva.
2.3 Nel caso in esame il ricorrente, che pur ha commesso reati previsti
dall’art. 4-bis ord. pen., artt. 73, 80 e 74 D.P.R. 309/90, ha documentato mediante
una relazione della Questura di Milano, non contraddetta da altri elementi di
valutazione contrari, l’insussistenza di tale condizione ostativa, profilo che il
Tribunale di Sorveglianza non ha minimamente considerato, nemmeno per
smentirne la rilevanza.
S’impone dunque il parziale annullamento dell’ordinanza impugnata quanto al
diniego della detenzione presso il domicilio con il rinvio per nuovo esame sul punto
al Tribunale di Sorveglianza di Torino, mentre nel resto il ricorso va respinto.

P. Q. M.

3

modalità di espiazione all’esterno del carcere della pena detentiva breve, anche

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla detenzione domiciliare e
rinvia per nuovo esame sul punto al Tribunale di Sorveglianza di Torino. Rigetta nel
resto il ricorso.

Così deciso in Roma, il 15 luglio 2013.

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