Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36677 del 07/05/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 36677 Anno 2015
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: FIDELBO GIORGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Ambrogio Sansone, nato a Palermo il 3.7.1952
avverso l’ordinanza del 22 dicembre 2014 emessa dal Tribunale di Reggio
Calabria;
visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere Giorgio Fidelbo;
udito il sostituto procuratore generale Vito D’Ambrosio, che ha concluso
chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza in epigrafe indicata il Tribunale di Reggio Calabria ha
rigettato l’appello proposto ai sensi dell’art. 310 c.p.p. da Ambrogio Sansone
contro il provvedimento del 16 giugno 2014 con cui il G.u.p. del locale
Tribunale aveva respinto la sua richiesta di declaratoria di inefficacia della
misura cautelare in carcere per decorrenza del termine di fase di cui all’art.
303 comma 1 lett. a) n. 3 c.p.p.

Data Udienza: 07/05/2015

Il Tribunale, premesso che l’imputato è stato consegnato dall’autorità
giudiziaria tedesca in base al mandato di arresto europeo richiesto
dall’autorità giudiziaria italiana che procede per il reato di associazione per
delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, ha escluso che sia scaduto il
termine di fase, in quanto il termine di un anno previsto dall’art. 303 comma
1 lett. a) n. 3 c.p.p. decorre, nel caso in esame, dal 22.10.2013, cioè dal

giudiziaria tedesca e non dalla notifica dell’ordinanza cautelare, risalente al
23.9.2011, in quanto l’imputato fino all’ottobre 2013 è stato trattenuto in
Germania a scontare una pena relativa a fatti diversi da quelli oggetto del
m.a.e.

2. L’avvocato Francesco Calabrese, nell’interesse di Ambrogio Sansone, ha
proposto ricorso per cassazione in cui, con un unico motivo, deduce l’erronea
applicazione dell’art. 303 comma 1 lett. a) n. 3 c.p.p. e il connesso vizio di
motivazione, non avendo il Tribunale considerato che, sebbene l’imputato sia
stato trattenuto in Germania per espiare una pena per fatti diversi, tuttavia la
consegna dello stesso è avvenuta in virtù di un m.a.e. emesso dal G.i.p. del
Tribunale di Roma il 3.11.2011 per gli stessi fatti dell’ordinanza cautelare del
23.9.2011. In sostanza, il ricorrente assume che ai fini del computo del
termine di fase abbiano rilievo solo le date relative all’emissione delle
ordinanze cautelari (23.9.2011 e 3.11.2011), in relazione alle quali il termine
deve considerarsi decorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3.

Il ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza dei motivi

proposti.
3.1. Infatti, secondo un orientamento assolutamente prevalente il periodo
di tempo occorrente per la effettiva consegna della persona richiesta, in forza
di mandato d’arresto europeo, dall’autorità giudiziaria italiana non può essere
computato ai fini della decorrenza del termine, massimo o di fase, della
custodia cautelare in Italia se la persona da consegnare sia rimasta in stato di
custodia cautelare all’estero per effetto di un titolo cautelare ivi emesso. In
altri termini, il periodo compreso tra la decisione dello Stato richiesto di

2

9,Y1

momento della consegna del Sansone all’Italia da parte dell’autorità

disporre la consegna del soggetto richiesto e l’effettiva consegna, qualora
sospesa o differita ovvero comunque ritardata per fatti riconducibili allo Stato
estero, non può essere calcolato ai fini della decorrenza del termine della
custodia cautelare in Italia, se il consegnando sia rimasto in stato di custodia
carceraria nel Paese richiesto per effetto di altro titolo cautelare emesso da
quel Paese (cfr., Sez. 4, n. 24583 del 15/4/2010, Rabbah; Sez. 1, n. 31422

3.2. Il Tribunale di Reggio Calabria, con l’ordinanza impugnata, si è
attenuto a tale orientamento e, correttamente, ha escluso che i termini di
custodia cautelare fossero scaduti, in quanto ha considerato come dies a quo
il giorno della effettiva consegna del Sansone (22.10.2013), senza calcolare il
periodo in cui lo stesso è stato detenuto in Germania per altro titolo, dovendo
scontare una pena per fatti del tutto diversi da quelli oggetto della richiesta da
parte dell’autorità giudiziaria italiana.

4. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della
cassa delle ammende, che si ritiene equo determinare in euro 1.000,00.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94 comma

I-

ter disp. att. c.p.p.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma
disp. att. c.p.p.
Così deciso il 7 maggio 2015

Il Consiglie e estensore

Il Presidente

1-ter

del 11/5/2006, Moffa).

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