Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36674 del 22/07/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 36674 Anno 2015
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: FIDELBO GIORGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto dal – rocuratore generale della Repubblica presso la Corte
d’appello di Venezia avverso la sentenza del 19 gennaio 2015 emessa dalla
Corte d’appello di Venezia nel procedimento a carico di Giorgio Martin e
Stefano Monetti;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere Giorgio Fidelbo;
udito il sostituto procuratore generale Eugenio Selvaggi, che ha chiesto
l’inammissibilità del ricorso;
udito l’avvocato Livio Riccitie1119, difensore degli imputati, che ha chiesto
dichiararsi inammissibile il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la decisione indicata in epigrafe la Corte d’appello di Venezia, in
riforma della sentenza emessa dal G.u.p. del Tribunale di Padova in data 31
marzo 2011 e impugnata dagli imputati, ha assolto Giorgio Martin e Stefano

Data Udienza: 22/07/2015

Monetti dal reato di omissione d’atti d’ufficio perché il fatto non costituisce
reato.
Ai due imputati, infermieri addetti alla centrale operativa 118 dell’Ospedale
di Padova, era stato contestato il reato di cui all’art. 328 c.p. per non essere
intervenuti tempestivamente a prestare soccorso a Franco Berton, che aveva
chiamato il 118 una prima volta alle ore 14.11, lamentando dolori alla

solo dopo altre cinque chiamate – alle ore 15.21 per constatare l’avvenuto
decesso del Berton per un aneurisma disseccante.
La Corte d’appello ha escluso la sussistenza dell’elemento soggettivo del
reato, ritenendo che si sia trattato di un errore da parte degli imputati nella
valutazione della patologia riferita.

2. Contro questa decisione il íÌrocuratore generale ha proposto ricorso per
cassazione deducendo l’errata applicazione dell’art. 328 c.p. e il vizio di
motivazione.
In particolare, si contesta la sentenza per avere ritenuto necessario il dolo
specifico nel reato di omissione di atti d’ufficio, anziché quello generico e per
aver riconosciuto all’operatore sanitario una assoluta discrezionalità nella
valutazione delle urgenze.
Si sottolinea, inoltre, che i sintomi riferiti telefonicamente prima dal Berton
e poi dal figlio consentivano di delineare un quadro clinico preciso della
diagnosi poi risultata confermata a seguito del decesso, cioè di un aneurisma
disseccante dell’aorta, sintomi che erano ben descritti e riferiti proprio a tale
patologia nelle linee guida fornite agli infermieri del 118, in cui si individua
come prima diagnosi del mal di schiena non traumatico l’aneurisma
disseccante dell’aorta, cioè una patologia gravissima a rapida evoluzione.

3. Nell’interesse degli imputati l’avvocato Livio Riccitiello ha depositato una
memoria difensiva in cui rileva l’inammissibilità del ricorso per mancanza di
specificità dei motivi; inoltre, nel merito sostiene che il ricorrente non abbia
considerato che l’aneurisma disseccato non era sospettabile in quanto tra i
sintomi riferiti vi era solo il mal di schiena, ma non la mancanza di coscienza
del paziente, sintomo che lo stesso manuale utilizzato dagli infermieri del 118
riferisce alla patologia in questione.

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schiena, vomito, sudorazione e mancanza di respiro, soccorso che avveniva –

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. I motivi dedotti sono manifestamente infondati.
Invero, deve riconoscersi che la decisione adottata dalla Corte d’appello
abbia fatto una corretta applicazione del reato contestato attraverso una

Il ricorrente contesta che le decisioni sulla tempestività dell’intervento
sanitario siano sempre riconducibili ad una valutazione discrezionale
dell’operatore sanitario, suscettibile di essere errata, in quanto in tal modo si
giungerebbe ad una ingiustificata esenzione da responsabilità penale dei
medici e degli infermieri. Tale preoccupazione è senza’altro fondata, ma il
caso in questione non è stato risolto affermando la incontrollata discrezionalità
degli operatori sanitari, nella specie infermieri.
La Corte territoriale, con una motivazione sintetica, ha preso in esame la
circostanza che si trattava di infermieri e non di medici e che in quanto tali
erano tenuti a rispettare, in modo tendenzialmente formale, i protocolli medici
indicativi della patologia in relazione alla sintomatologia riferita dal paziente,
nella specie a mezzo telefono. Infatti, nel corso della prima telefonata risulta
che il Berton abbia riferito di avere forti dolori alla schiena; ebbene secondo i
protocolli il dolore alla schiena non traumatico in assenza di perdita di
conoscenza non può portare ad una diagnosi di aneurisma disseccante,
soprattutto nel caso in esame in cui risultava che il paziente era stato operato
alla colonna vertebrale; solo nella telefonata effettuata dal figlio del Borton è
emersa la gravità della situazione, avendo riferito della perdita di conoscenza
del padre ed in seguito a questa chiamata i due operatori sanitari hanno dato
le necessarie disposizioni all’autoambulanza, con un ritardo di pochi minuti.
Sulla base di tale ricostruzione dei fatti l’esclusione dell’elemento
soggettivo del reato di cui all’art. 328 c.p. risulta del tutto giustificabile, dal
momento che i due imputati si sono attenuti ai protocolli medici a
disposizione, attivandosi non appena i sintomi denunciati si sono rivelati
coerenti con la patologia che necessitava di un intervento urgente. D’altra
parte, in assenza di un medico i due infermieri non avrebbero potuto che
affidarsi ai protocolli, sicché l’errore in cui sono incorsi è giustificabile in

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attenta ricostruzione dei fatti.

relazione alle prime indicazioni dei sintomi non corrispondenti alla patologia in
seguito riscontrata.
Correttamente i giudici di secondo grado hanno escluso la sussistenza
dell’elemento soggettivo del reato contestato, in quanto nel delitto di rifiuto di
atti d’ufficio è necessario che il pubblico ufficiale abbia consapevolezza del
proprio contegno omissivo, dovendo egli rappresentarsi e volere la

trovi alcuna plausibile giustificazione alla stregua delle norme che disciplinano
il dovere di azione (cfr., Sez. 6, n. 8996 del 11/02/2010, Notarpietro; Sez. 6,
n. 51149 del 09/04/2014, Scopelliti).

5. La manifesta infondatezza dei motivi comporta l’inammissibilità del
ricorso.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso il 22 luglio 2015

Il Consigli re estensore

Il Presidente

realizzazione di un evento contra ius, senza che il diniego di adempimento

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