Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36664 del 14/06/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 36664 Anno 2013
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: CAPOZZI RAFFAELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MUSARELLA ANTONIO N. IL 04/07/1973
avverso il decreto n. 73/2011 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 12/01/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RAFFAELE CAPOZZI;
tTb o 6-( L NC F-lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

A

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Data Udienza: 14/06/2013

N.43927/12-RUOLO n. 5 C.C.N.P. (2253)

RITENUTO IN FATTO
1.Con decreto del 12 gennaio 2012 la Corte d’appello di Reggio Calabria ha
confermato il provvedimento del 9 febbraio 2011, con il quale il Tribunale in sede
ha applicato a MUSARELIA Antonio la misura di prevenzione della sorveglianza
speciale di p.s. con obbligo di soggiorno per un periodo di anni 1 e mesi 6.

per cassazione MUSARELLA Antonio per il tramite del suo difensore, che ha
dedotto:
I)-violazione di legge e motivazione insufficiente per avere il provvedimento
impugnato ritenuto che la misura di sorveglianza speciale di p.s. poteva essergli
legittimamente irrogata pur in assenza del preventivo avviso orale, atteso che, in
tal modo, sarebbero state menomate le sue garanzie di difesa; inoltre il giudice
di primo grado aveva ritenuto che la fattispecie in esame non rientrava fra quelle
disciplinate dalla legge n. 575 del 1965,; il che avrebbe comportato il passaggio
procedimentale dell’avviso orale, quale presupposto applicativo della misura di
prevenzione applicatagli;
II)-violazione di legge in quanto non sussisteva a suo carico il requisito della
pericolosità sociale attuale, non avendo il provvedimento impugnato fornito
alcuna valida motivazione sul punto.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo di ricorso proposto da MUSARELLA Antonio è inammissibile
siccome manifestamente infondato.
Con esso il ricorrente lamenta che l’applicazione dell’impugnata misura di
prevenzione sia stata effettuata nei suoi confronti senza che egli fosse stato in
precedenza destinatario dell’avviso orale, di cui di cui all’art. 4 comma primo
della legge n. 1423 del 1956.

2.Posto che dagli atti emerge con chiarezza che la misura di prevenzione
impugnata gli è stata applicata siccome ritenuto soggetto abitualmente dedito a
traffici delittuosi, come tale appartenente alla categoria dei soggetti, di cui
all’articolo 1 primo comma n.1) legge n. 1423 del 1956, è noto che, in caso di
soggetti rientranti nella categorie di cui ai numeri 1) e 2) dell’art. 1 della legge
n.1423 del 1956, non vi è necessità, ai fini dell’applicazione della misura di
prevenzione della sorveglianza speciale di p.s., dell’avviso orale, di cui all’art. 4
comma primo della legge citata, essendo applicabili, ai sensi dell’art. 19 della

2.Avverso tale decreto della Corte d’Appello di Reggio Calabria propone ricorso

legge 152/1975, le disposizioni di cui alla legge 31.5.1965 n. 575, le quali
prevedono espressamente che le suddette persone possono essere proposte dal
P.M. del luogo di dimora anche se non è stato emesso nei loro confronti il
preventivo avviso orale (cfr. Cass. 1^, 21.11.07 n. 254, rv. 238770).

3.Ritenuta in tal modo legittima l’applicazione della misura di prevenzione
impugnata al ricorrente pur in assenza di previo avviso orale, va rilevata
l’assoluta genericità delle doglianze dal medesimo formulate circa una pretesa

suoi confronti, non essendo stato indicato nello specifico in cosa si sarebbe
concretato il lamentato diminuito livello di garanzie difensionali.

4.E’ altresì inammissibile siccome manifestamente infondato il secondo motivo di
ricorso, con il quale il ricorrente lamenta carenza di motivazione circa la
sussistenza, a suo carico, di un’attuale pericolosità, sociale, si da poter essere
destinatario della misura di prevenzione in concreto disposta nei suoi confronti.

5.E’ noto che la legge 27.12.1956 n. 1423, all’art. 4 comma undicesimo,
stabilisce che i provvedimenti relativi alle misure di prevenzione sono censurabili
innanzi alla Corte di Cassazione solo per violazione di legge.
Dal che consegue che innanzi a questa Corte i provvedimenti sono impugnabili
solo se la motivazione risulti totalmente omessa; il che si verifica quando la
motivazione sia del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e
logicità, si da risultare meramente apparente ovvero assolutamente inidonea a
rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice nell’adozione del
provvedimento impugnato, ovvero quando le linee argomentative del
provvedimento sono a tal punto scoordinate e carenti dei necessari passaggi
logici da far risultare oscure le ragioni che hanno giustificato l’applicazione della
misura di prevenzione (cfr. Cass. 2^, 16.5.2008 n. 19694).

6.Tanto premesso, va rilevato che, nella specie in esame, non è certamente
ravvisabile nel provvedimento impugnato un’ipotesi di carenza assoluta di
motivazione, tale da renderla equiparabile alla violazione di legge.
La Corte territoriale ha al contrario adeguatamente e diffusamente motivato in
ordine alla sussistenza in capo all’odierno ricorrente di una rilevante ed attuale
pericolosità sociale, avendo fatto riferimento non soltanto al rilevante numero dei
suoi precedenti penali, verificatisi fin dal 1999 e reiterati nel 2006, 2007 e 2009,
dato di per sé già sintomatico di una sua spiccata pericolosità sociale, ma altresì
ad una condanna definitiva riportata, siccome rinvenuto nel novembre del 2008
2

menomazione dei suoi diritti di difesa, che, in tal modo si sarebbe verificata nei

in possesso di 2 kg. di marjuana; e tale evento era da ritenere non datato, come
sostenuto dal ricorrente, ma abbastanza contiguo al decreto con cui in primo
grado gli era stata applicata l’impugnata misura di prevenzione.
Inoltre la Corte ha fatto riferimento alla circostanza che il proposto era stato più
volte controllato in compagnia di pregiudicati; che il medesimo non svolgeva
alcuna stabile attività lavorativa, si che, per sopperire alle esigenze di
stupefacente, connesse alla sua condizione di tossicodipendenza, era da ritenere
stabilmente collegato ad ambienti criminali dediti al traffico di stupefacenti, in tal

di molti anni.

7.11 provvedimento impugnato è da ritenere pertanto sorretto da valida
motivazione, con conseguente declaratoria d’inammissibilità del ricorso in esame
e condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di
C 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

t

Così deciso il 14 giugno 2013.

CONSIGLIERE ESTENSORE

)

R ffaele Capozzi

IL PRESIDENTE
Severo Chieffi

modo mantenendo un riprovevole ed illegale stile di vita mai modificato nel corso

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