Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36652 del 07/05/2015
Penale Sent. Sez. 6 Num. 36652 Anno 2015
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: FIDELBO GIORGIO
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Francesco Ferrante, nato a Palermo il 30.8.1967
avverso la sentenza del 15 aprile 2014 emessa dalla Corte
d’appello di
Palermo;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere Giorgio Fidelbo;
udito il sostituto procuratore generale Vito D’Ambrosio, che
ha concluso
chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
1. Con la decisione in epigrafe indicata la Corte d’appello di Palermo, in
parziale riforma della sentenza emessa il 12 gennaio 2012 dal locale
Tribunale, ha confermato la responsabilità di Francesco Ferrante in ordine ai
reati di cui agli artt. 337 e 385 c.p., concedendogli le attenuanti generiche e
rideterminando la pena in mesi sei di reclusione.
Data Udienza: 07/05/2015
2. L’avvocato Cinzia Pecorara, nell’interesse dell’imputato, ha proposto
ricorso per cassazione in cui, con un unico motivo, lamenta che la Corte
d’appello non abbia riconosciuto che l’imputato, al momento del fatto, si
trovasse in una condizione di diminuita capacità di intendere e volere a causa
del suo stato di cronica intossicazione alcolica, tale da riconoscere la
3. Il ricorso è inammissibile per genericità del motivo proposto, in quanto si
limita a riproporre le stesse deduzioni fatte valere in appello, senza formulare
alcuna effettiva critica alla motivazione della sentenza di secondo grado che
ha già ampiamente risposto a tali motivi. Infatti, in tal caso il vizio denunciato
resta indeterminato e la mera riproposizione delle doglianze precedentemente
espresse non risponde all’esigenza, che è propria dei motivi di impugnazione,
di consentire al giudice
ad quem
l’esercizio del potere di controllo sul
provvedimento impugnato.
4. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della
cassa delle ammende che si ritiene equo determinare in euro 1.000,00.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.
Così deciso il 7 maggio 2015
sussistenza del vizio parziale di mente.