Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36630 del 15/05/2013
Penale Sent. Sez. 2 Num. 36630 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: FIANDANESE FRANCO
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
Vincenzo,
Bommarito
nato a Balestrate il 5.6.1964, avverso la
sentenza della Corte di Appello di Torino, in data
23 aprile 2012, di conferma della sentenza del
G.U.P. del Tribunale di Torino, in data 24 maggio
2011;
Visti gli atti, la sentenza denunziata e il
ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione svolta dal
consigliere dott. Franco Fiandanese;
Udito il pubblico ministero in persona del
sostituto procuratore generale dott.
Roberto
Aniello, che ha concluso per l’inammissibilità del
Data Udienza: 15/05/2013
ricorso;
Udito il difensore, avv. Erica Gilardino, che ha
chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello di Torino, con sentenza in data
il 24 maggio 2011 dal G.U.P. del Tribunale di
Torino alla pena di anni due mesi dieci di
reclusione ed euro 1.200 di multa nei confronti di
Bommarito Vincenzo, dichiarato colpevole di plurime
condotte di circonvenzione di persona incapace e di
sostituzione di persona e condannato, altresì, al
risarcimento del danno alla parte civile Pavia
Franco, con assegnazione di una provvisionale.
Propone ricorso per cassazione il difensore
dell’imputato, deducendo i seguenti motivi:
l)
contraddittorietà della motivazione di rigetto
della richiesta di rinnovazione dell’istruttoria
dibattimentale
mediante
perizia
sulla
riconoscibilità dell’incapacità mentale della parte
civile.
Il difensore ricorrente afferma che la motivazione
è contraddittoria, perché, da un lato, sembra
ritenere pertinenti i rilievi formulati dalla
consulente tecnica della difesa, dall’altro lato,
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23 aprile 2012, confermava la condanna pronunciata
giunge ad opposte conclusioni sulle base delle
valutazioni offerte dal primo giudice.
2)
carenza e illogicità della motivazione in
relazione al diniego delle attenuanti generiche ed
ad una conseguente riduzione della pena.
tenuto conto dell’incensuratezza dell’imputato e
del contesto nel quale le elargizioni furono
effettuate.
moTrvI
DELLA DECISIONE
I motivi di ricorso sono manifestamente infondati
ovvero non consentiti nel giudizio di legittimità e
devono essere dichiarati inammissibili.
Il motivo di ricorso con il quale si lamenta la
mancata rinnovazione dell’istruttoria
dibattimentale è manifestamente infondato, perché
nel dibattimento del giudizio di appello la
rinnovazione di una perizia può essere disposta
solo se il giudice ritiene di non essere in grado
di decidere allo stato degli atti, e in caso di
rigetto della relativa richiesta di parte, la
valutazione del giudice di appello, allorquando sia
logicamente e congruamente motivata, è
incensurabile
in
cassazione,
trattandosi
di
giudizio di fatto (Sez. l, n. 6911 del 29/04/1992,
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Il ricorrente lamenta che la sentenza non abbia
Vella, Rv. 190555). Nel caso di specie, la sentenza
impugnata, dopo ampia e dettagliata analisi di
tutti gli elementi probatori, ivi compresi la
perizia e la consulenza tecnica, ha concluso, con
un giudizio privo di vizi logici manifesti, che non
dell’istruttoria dibattimentale, stante la
circonvenibilità della persona offesa e la sua
riconoscibilità.
Anche il motivo di ricorso concernente le
attenuanti generiche e il trattamento sanzionatorio
in generale è manifestamente infondato, non solo
perché esiste specifica motivazione sia del giudice
di primo grado (che ha sottolineato il cattivo
comportamento processuale e l’implacabilità
dell’imputato nello sfruttare la persona offesa)
che di quello dell’appello, ma anche perché il
motivo di appello sul punto era del tutto generico
e, quindi, già
ab origine
inammissibile, come ha
evidenziato la stessa sentenza impugnata, la quale
ha rilevato che le relative richieste erano
collegate solo ad una prospettazione assolutoria
dell’imputato non condivisa dal giudice.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese
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fosse necessaria la chiesta rinnovazione
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p.,
valutati i profili di colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità emergenti dal
ricorso, al versamento della somma, che si ritiene
equa, di euro 1000,00 a favore della cassa delle
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1000,00 alla casa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 15 maggio 2013.
ammende.