Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36599 del 20/06/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36599 Anno 2013
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: GARRIBBA TITO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DE CICCO GUIDO N. IL 07/01/1967
avverso la sentenza n. 1164/2010 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
TARANTO, del 12/01/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. TITO GARRIBBA;
Data Udienza: 20/06/2013
MOTIVI DELLA DECISIONE
§1.
DE CICCO Guido ricorre contro la sentenza d’appello specificata in
epigrafe, che confermava la condanna per concorso nel reato previsto dall’art. 337
cod.pen., e denuncia vizio di motivazione, contestando la valutazione della prova compiuta dai giudici del merito. In subordine chiede che il reato sia dichiarato estinto per
la prescrizione maturata dopo la pronuncia della sentenza impugnata.
La denuncia del vizio di motivazione non conferisce al giudice di
legittimità il potere di riesaminare la vicenda processuale, ma gli attribuisce solo la facoltà di controllare, sotto il profilo della coerenza logico-formale, le argomentazioni
svolte dal giudice del merito. Pertanto la verifica che la Corte di cassazione è abilitata
a compiere sulla correttezza della motivazione di una sentenza non può essere confusa
con una rinnovata valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella fornita dal giudice di merito. Né la Corte suprema può esprimere alcun giudizio sull’attendibilità delle fonti di prova, giacché esso è attribuito al giudice di merito, con la conseguenza che le scelte da questo compiute, se coerenti sul piano logico con un’esauriente analisi delle risultanze probatorie, si sottraggono al sindacato di legittimità (Cass.,
Sez. U., n. 2110 del 23.2.1996, Fachini, rv 203767).
Nel caso concreto le censure sollevate dal ricorrente, lungi dall’evidenziare i
pretesi vizi di mancanza e manifesta illogicità della motivazione, propongono una diversa valutazione delle prove, sollecitando un sindacato di merito che non può avere
ingresso nel giudizio di legittimità.
Pertanto il ricorso, essendo basato su motivi non consentiti, deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod.proc.pen.
L’inammissibilità del ricorso non permette il formarsi di un valido rapporto
di impugnazione e preclude pertanto di rilevare e dichiarare la cause di estinzione del
reato maturate dopo la pronuncia della sentenza impugnata (Cass., Sez. U.,
22.11.2000 n. 32, De Luca, rv 217226). Ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro mille in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro mille in favore alla Cassa delle
ammende.
Così deciso il 20 giugno 2013.
§2.