Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3658 del 17/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3658 Anno 2014
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: RAMACCI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
NICOLAJ LUCA N. IL 13/10/1935
avverso l’ordinanza n. 24/2013 TRIB. LIBERTA’ di L’AQUILA, del
29/04/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;
19de/sentite le conclusioni del PG Dott. UC.
o

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 17/12/2013

RITENUTO IN FATTO

1.

Il Tribunale di L’Aquila, con ordinanza del 29.4.2013 ha accolto

parzialmente, quale giudice del riesame, il ricorso promosso nell’interesse di
Luca NICOLAJ «avverso il decreto del 28.3.2013 con la quale (sic) il Pubblico
Ministero della Procura della Repubblica presso il Tribunale di L’Aquila ha

pen.» e, conseguentemente, così ha disposto: «accoglie parzialmente il ricorso e
per l’effetto, modificando l’impugnata ordinanza, dispone il sequestro del credito
dell’importo di euro 105.518,78 non contro il ricorrente, ma da eseguirsi presso
l’ufficio ragioneria del Provveditorato per le opere pubbliche di Lazio, Abruzzo e
Sardegna; manda alla cancelleria per quanto di competenza».
Avverso tale provvedimento il predetto propone ricorso per cassazione.

2. Con un unico motivo di ricorso, premesso che il Giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di L’Aquila, con decreto del 28.3.2013 aveva disposto,
in danno di Luca NICOLAJ, Galileo NICOLA) e della NICOLA! s.r.I., il sequestro
preventivo della somma di euro 105.518,78, ritenuta costituire l’ingiusto profitto
del reato di cui al capo H) della contestazione provvisoria (art. 640, comma 2 n. 1
cod. pen.), deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione, rilevando che
detta somma non costituirebbe il profitto del reato contestato, trattandosi di
mero rimborso dei costi sostenuti, con la conseguenza che la disposta misura
reale sarebbe illegittima.
Rileva, altresì, che il reato contestato, non può dirsi consumato in quanto il
pagamento della somma non sarebbe stato effettuato, cosicché sarebbe stato
illegittimamente disposto il sequestro di un mero credito e che, in ogni caso, non
sarebbe sussistente il

fumus

del reato contestato, che riguarderebbe

esclusivamente un non corretto smaltimento di fanghi di dragaggio effettuato
mediante una diversa attribuzione del codice CER al rifiuto, codice che, tuttavia,
sarebbe stato ritenuto corretto dall’amministrazione regionale e la cui
attribuzione al rifiuto non potrebbe essere a lui addebitata in quanto soggetto
estraneo al procedimento di identificazione del rifiuto stesso, che spetterebbe al
produttore.
Lamenta, inoltre, di aver contestato, nei motivi di riesame, la erroneità della
consulenza tecnica disposta dal Pubblico Ministero ed eccepito la nullità o
inutilizzabilità della stessa nei suoi confronti per il mancato rispetto delle
garanzie difensive di cui all’art. 360 cod. proc. pen., oltre ad aver dedotto

1

convalidato la misura del sequestro di Polizia Giudiziaria ex art. 355 cod. proc.

••

•■

l’inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche per violazione dell’art. 267 cod.
proc. pen. e la perdita di efficacia della misura per violazione dell’art. 324 cod.
proc. pen. in relazione all’art. 309, comma 10 cod. proc. pen. e che su tali
censure i giudici del riesame non si sono pronunciati.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

3. Il ricorso è fondato nei termini di seguito specificati.
Occorre preliminarmente ricordare che questa Corte non ha pieno accesso
agli atti del procedimento, potendo esaminare, ai fini della decisione,
esclusivamente il provvedimento impugnato, il ricorso e, stante la natura
procedurale di parte delle questioni dedotte, anche il ricorso per il riesame della
misura reale applicata.
Dall’esame di tali atti non è possibile ricavare neppure l’indicazione completa
della provvisoria imputazione né, tanto meno, la posizione dell’odierno ricorrente
rispetto ad altri soggetti menzionati in ricorso (Galileo NICOLAJ e della NICOLAI
s.r.I.) potendosi soltanto apprendere, dal contenuto del ricorso, quanto in
precedenza sintetizzato e, cioè, che il sequestro riguarda una somma di denaro
che, nell’ipotesi accusatoria, costituirebbe il profitto di una truffa commessa
nell’ambito di una attività, anch’essa ritenuta illecita, di gestione di rifiuti.
Ciò posto, deve anche rilevarsi che il provvedimento impugnato, oltre a non
fare alcun riferimento ai reati per cui si procede, indica, in premessa, che il
ricorso riguarderebbe un provvedimento di convalida del Pubblico Ministero
concernente un sequestro (probatorio) effettuato di iniziativa dalla polizia
giudiziaria, mentre nel dispositivo stabilisce, come pure si è detto in precedenza,
la «modifica» della «impugnata ordinanza».
Diversamente, il ricorso, come anche ricordato, premesso qualche
riferimento all’imputazione nella parte di interesse per l’illustrazione dei motivi, si
riferisce ad un decreto di sequestro preventivo del Giudice per le indagini
preliminari.
L’unica coincidenza tra i riferimenti riportati nell’ordinanza impugnata e nel
ricorso riguarda l’importo della somma sequestrata e la data del provvedimento
di sequestro.
Va altresì rilevato che l’impugnata ordinanza, prescindendo da qualsivoglia
riferimento ai fatti di causa, ai reati contestati ed ai motivi posti a sostegno della
richiesta di riesame, premessi alcuni dati fattuali, del tutto incomprensibili al

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CONSIDERATO IN DIRITTO

lettore perché riferiti a vicende ed atti neppure in sintesi richiamati, modifica, nel
senso indicato in dispositivo, la misura cautelare reale impugnata.
Non aiuta peraltro, se non in parte, ad una pur sommaria ricostruzione dei
fatti, il contenuto del ricorso per cassazione il quale, sebbene non connotato
dalla genericità che caratterizza il provvedimento impugnato, contiene
riferimenti ad atti del procedimento non ammissibili in questa sede di legittimità
e consente di sopperire solo in minima parte alle lacune dell’ordinanza

4. Date tali necessarie premesse, rileva il Collegio che fondato ed assorbente
risulta comunque il motivo di ricorso nella parte in cui deduce l’assenza di
motivazione.
L’articolo 325 cod. proc. pen. consente, invero, il ricorso per cassazione
avverso le ordinanze emesse a norma dell’articolo 322-bis e 324 cod. proc. pen.
solamente per violazione di legge.
In tema si sono espresse anche le Sezioni Unite di questa Corte, le quali,
richiamando la giurisprudenza costante, hanno ricordato che

“…il difetto di

motivazione integra gli estremi della violazione di legge solo quando l’apparato
argomenta tivo che dovrebbe giustificare il provvedimento o manchi del tutto o
risulti privo dei requisiti minimi di coerenza, di completezza e di ragionevolezza,
in guisa da apparire assolutamente inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario
logico seguito dall’organo investito del procedimento” (SS. UU. n. 25932, 26
giugno 2008. Conf. Sez. V n. 43068, 11 settembre 2009. V. anche Sez. VI n. 6589,
11 febbraio 2013).

Ciò è quanto si è verificato proprio nel caso in esame, ove il provvedimento
impugnato, oltre ad impedire, per la superficialità con cui è redatto, qualsiasi
valutazione da parte del giudice di legittimità, essendo del tutto indecifrabili le
ragioni che hanno condotto il Tribunale a provvedere nei termini indicati in
dispositivo, non tiene conto nemmeno delle plurime deduzioni difensive
prospettate nell’atto introduttivo del riesame, che neppure menziona e che sono
facilmente rilevabili dalla mera lettura dei «Motivi di riesame ex artt. 322 e 324
C.P.P.» datati 26.4.2013 e rinvenibili in atti.

Si tratta, ad avviso del Collegio, di un’ipotesi che rientra a pieno titolo nella
violazione di legge che legittima il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 325
cod. proc. pen., atteso che, come questa Corte ha avuto più volte modo di
rilevare, la motivazione soltanto apparente, come pure la totale mancanza di
motivazione, integrano la violazione di legge, segnatamente dell’art. 125 cod.

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impugnata.

proc. pen. (cfr. Sez. I n. 6821, 21 febbraio 2012; Sez. V n. 35532, 1 ottobre 2010;
Sez. VI n. 7472, 20 febbraio 2009; Sez. V n. 8434, 28 febbraio 2007; Sez. IV n.
5302, 10 febbraio 2004).

L’ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio al Tribunale
di L’Aquila, il quale dovrà pronunciarsi su tutte le questioni prospettate in sede di

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di L’Aquila.
Così deciso in data 17.12.2013

riesame.

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