Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3656 del 17/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3656 Anno 2014
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: RAMACCI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CONTE IRMA N. IL 08/02/1927
avverso l’ordinanza n. 31/2013 TRIB. LIBERTA’ di TREVISO, del
09/05/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;
ls-tre/sentite le conclusioni del PG Dott. IX . ‹reiA,Z
dok

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 17/12/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Treviso, con ordinanza del 9 maggio 2013 ha rigettato la
richiesta di riesame presentata nell’interesse di

Irma CONTE e relativa al

decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente emesso,
in data 26.3.2013, dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale

dell’art. 10-ter d.lgs. 74\2000, per l’omesso versamento, nei termini, dell’IVA
relativa al periodo di imposta 2011 e per un ammontare complessivo pari ad euro
7.177.066,00 (fatto commesso in Susegana il 27.12.2012 nella qualità di
amministratore unico della «FORNACI CALCE GRIGOLIN s.p.a.»).
Avverso tale pronuncia la predetta propone ricorso per cassazione.

2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge, rilevando
che il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente ha come oggetto beni
corrispondenti al prezzo o al profitto del reato e che, nella fattispecie, la
condizione di operatività della misura reale, rappresentata dall’effettivo
accrescimento patrimoniale della persona che ne viene colpita, non risulterebbe
sussistente, poiché l’IVA che avrebbe dovuto essere versata all’erario non era
stata effettivamrnte percepita dalla società.
Aggiunge che, ritenendo indifferente tale evenienza, il Tribunale avrebbe
indebitamente accomunato la questione concernente l’aspetto fiscale, rispetto al
quale l’IVA resta dovuta all’erario anche se non incassata e quello penale, che
richiede, invece, l’effettività dell’ingiusto arricchimento, dovendosi
conseguentemente disattendere il diverso indirizzo che equipara al profitto del
reato il risparmio economico conseguito dalla commissione dell’illecito.

3. Con un secondo motivo di ricorso lamenta la violazione di legge con
riferimento alle valutazioni espresse dai giudici del riesame in merito alla
sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, valutata senza prendere in
considerazione l’aspetto concernente il mancato incasso dell’IVA non versata,
ritenuto determinante in quanto l’obiettiva mancanza di liquidità non poteva che
indurre all’omesso versamento dell’imposta senza che detta omissione possa
dirsi volontaria.
Aggiunge che, avendo assunto la carica di amministratore della società
nell’anno successivo a quello dei previsti versamenti dell’IVA, non le si poteva
comunque addebitare alcuna responsabilità per fatti dipendenti da altri,

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nell’ambito di un procedimento penale riguardante la ipotizzata violazione

difettando un suo obbligo giuridico ad adempiere.

4. Con un terzo motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il difetto di
motivazione, rilevando che il giudice può imporre il sequestro per equivalente
soltanto dopo aver verificato la possibilità di attingere con la misura i beni
costituenti il diretto profitto del reato e che, sul punto, né il G.I.P. né il Tribunale si
sarebbero espressi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

5. Il ricorso è infondato.
Va preliminarmente ricordato, con riferimento al primo motivo di ricorso, che
l’art. 10-ter d.lgs. 74\2000, introdotto dal d.l. 4.7.2006, convertito con
modificazioni dalla L. 4.8.2006, n. 248, stabilisce che la disposizione di cui al
precedente art. 10 bis (concernente l’omesso versamento di ritenute certificate)

si applica anche a chiunque non versi l’imposta sul valore aggiunto, dovuta in
base alla dichiarazione annuale e superante il limite di cinquantamila euro, entro
il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta
successivo.
Detto termine è individuato, dall’art. 6, comma 2 I. 405\1990, nel 27
dicembre dell’anno successivo al periodo di imposta di riferimento e con esso
coincide il momento consumativo del reato in esame (Sez. III n. 38619, 3
novembre 2010).
Va poi rilevato che le somme incassate a titolo di IVA sono destinate ad
essere versate all’erario e non sono nella libera disponibilità del contribuente, il
quale dovrebbe, invece, accantonarle se non provvede al versamento periodico
mensile o trimestrale.
Occorre poi ricordare che l’estensione anche ai reati tributari di cui al d.lgs.
74\2000 della confisca per equivalente, già prevista dall’art. 322 ter cod. pen. per

alcune ipotesi di reato contemplate dal codice penale, è stata disposta dall’ art.
1, comma 143, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 al fine di meglio contrastare
la criminalità finanziaria con strumenti incidenti direttamente sul patrimonio dei
contravventori.
Ciò avviene colpendo beni corrispondenti per valore al prezzo o al profitto
del reato indipendentemente da un nesso pertinenziale tra il reato e il bene da
confiscare, al fine di sottrarre al responsabile del reato qualsivoglia vantaggio

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Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

economico dallo stesso derivante.
Secondo l’unanime orientamento espresso dalla giurisprudenza di questa
Corte, deve ritenersi pacifico, sempre con riferimento ai reati tributari, che il
sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente possa essere
disposto non soltanto per il prezzo, ma anche per il profitto del reato, in ragione
dell’integrale rinvio alle «disposizioni di cui all’articolo 322-ter del codice penale»,
contenuto nell’art. 1, comma 143, della legge n. 244 del 2007 (Sez. III n.17465,
10 maggio 2012; Sez. III n.35807, 6 ottobre 2010; Sez. III n. 25890, 7 luglio

Successivamente, questa Corte ha avuto modo di affermare come, il
consolidato orientamento appena ricordato non venga inficiato e sia, al contrario,
confermato dalla modifica apportata all’art. 322-ter cod. pen. dall’art. 1, comma
75, lett. o) della legge 6 novembre 2012, n. 190, che ha esteso la confisca per i
delitti previsti dagli articoli da 314 a 320 cod. pen. con riferimento non soltanto al
solo prezzo del reato, ma anche al profitto di esso, in quanto l’ambito di
operatività del sequestro per equivalente è stato ampliato adeguandosi a quanto
stabilito da fonti internazionali ed europee, perseguendo lo scopo di una
adeguata sanzione di condotte illecite senza irragionevoli distinzioni fondate
sulla diversa tipologia dei reati commessi (Sez. III n. 23108, 29 maggio 2013).

6. Date tali premesse, deve rilevarsi che la questione prospetta nel motivo di
ricorso in esame è stata già affrontata e risolta, recentemente, da questa
Sezione.
Si è infatti osservato (Sez. III n.19099, 3 maggio 2013) come, ad eccezione
delle ipotesi in cui è applicabile il regime di «IVA per cassa» (di cui al
d.I.185\2008 e art. 32-bis dl. 83\2012), l’obbligo di indicazione dell’IVA nella
dichiarazione annuale e, conseguentemente, di versamento dei relativi importi, è
stato ordinariamente svincolato, dall’effettiva riscossione delle somme
corrispondenti al corrispettivo delle prestazioni effettuate, con la conseguenza
che la natura omissiva del reato, svincolata dall’effettivo incasso, consente di
considerare anche il profitto necessariamente insito nel
risparmio economico comunque derivante dal mancato versamento
dell’imposta.
Si è inoltre aggiunto che, seppure il profitto del reato possa certamente
coincidere con l’importo dell’IVA incassata, nondimeno resta valido il principio,
espresso con riferimento al reato di omessa dichiarazione di cui all’art. 5 d.lgs.
74\2000 (Sez. III n.1199, 16 gennaio 2012, citata anche nel provvedimento
impugnato), secondo il quale il profitto del reato tributario può essere altresì
individuato nel risparmio di imposta, che può concretizzarsi anche nel mancato

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2010).

versamento dell’Iva dovuta.
Tali considerazioni sono pienamente condivise dal Collegio, che non intende
discostarsene e consentono di affermare la infondatezza del motivo di ricorso
esaminato, non essendo il Tribunale incorso nella violazione di legge denunciata.

7. Parimenti infondato risulta il secondo motivo di ricorso, che ripropone la
questione della sostanziale inesigibilità della condotta contestata alla ricorrente
già considerata e correttamente risolta dai giudici del riesame.

mancanza di liquidità sussistente al momento dell’assunzione dell’incarico di
amministratore unico della società da parte della ricorrente, la quale, non
preoccupandosi di verificare la situazione contabile e patrimoniale della società,
si era scientemente assunta il rischio di non poter versare l’IVA nei termini.
Tale valutazione, avuto riguardo alla natura della pronuncia richiesta al
Tribunale, risulta sufficiente ed adeguata, considerato che la giurisprudenza di
questa Corte ha ripetutamente affermato come in sede di riesame dei
provvedimenti che dispongono misure cautelari reali, al giudice sia demandata,
nell’ambito della valutazione sommaria in ordine al fumus del reato ipotizzato,
anche la verifica dell’eventuale difetto dell’elemento soggettivo del reato, purché
di immediata evidenza (Sez. Il n .2808, 21 gennaio 2009; Sez. IV n.23944, 12
giugno 2008; Sez. I n.21736, 4 giugno 2007).

8. Per ciò che attiene, infine, al terzo motivo di ricorso, deve rilevarsi che lo
stesso risulta genericamente formulato, in quanto la ricorrente si è limitata ad
evidenziare un principio di diritto lamentando l’assenza di qualsivoglia statuizione
sul punto da parte dei giudici del riesame.
La questione, tuttavia, non risulta essere stata dedotta nella richiesta di
riesame.
Va ricordato, a tale proposito, che il principio secondo cui non sono
proponibili questioni coinvolgenti valutazioni mai prima sollevate, trova
applicazione anche nel caso di ricorso avverso ordinanza del tribunale del
riesame in tema di misura cautelare reale (Sez. III n.35889, 19 settembre 2008;
Sez. IV n. 839, 21 ottobre 1993).

9. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con le consequenziali statuizioni
indicate in dispositivo.

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Giustamente il Tribunale ha escluso che potesse assumere rilievo la

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento.

Così deciso in data 17.12.2013

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