Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36542 del 03/07/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 36542 Anno 2015
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: DIOTALLEVI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ZAGO MARCELLO N. IL 18/12/1933 parte offesa nel procedimento
c/
TOVO GRAZIANO N. IL 17/11/1946
RINALDI STEFANO N. IL 29/04/1956
RINALDI MASSIMO N. IL 20/03/1953
ZAGO MARGHERITA N. IL 25/11/1940
MARCHI ANDREA N. IL 05/05/1971
MARCHI VIVIANA N. IL 18/02/1976
MENEGOTTI KATIA N. IL 06/12/1972
GIORDANI GIANCARLO
BERTOLDO MAURIZIO N. IL 04/10/1959
CONSOLO CLAUDIO N. IL 24/07/1955
RIGHETTI ADOLFO GIUSEPPE N. IL 06/03/1956
avverso il decreto n. 2473/2013 GIP TRIBUNALE di VERONA, del
02/07/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNI
DIOTALLEVI;
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lette/s,~ le conclusioni del PG Dott. 469113

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Data Udienza: 03/07/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Zago Marcello propone ricorso per cassazione avverso il decreto di archiviazione emesso dal
G.i.p. presso il Tribunale di Verona, nel procedimento n. 2473/12 R.G. G.I.P., il 2 luglio 2014,
depositato in pari data.
Il provvedimento impugnato ha accolto la richiesta di archiviazione presentata dal Pubblico
Ministero con riferimento al procedimento avviato a seguito della querela proposta dall’odierno
ricorrente, dichiarando contestualmente inammissibile l’opposizione alla suddetta richiesta
avanzata dal medesimo ricorrente.

2.1. Con il primo motivo, si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), c.p.p.,
l’inosservanza degli artt. 409 e 410, comma 2, c.p.p.
Nello specifico, viene rilevata la violazione, nei confronti dell’attuale impugnante, del principio
del contraddittorio, sotto un duplice profilo.
In primo luogo, si evidenzia che il G.i.p., anteriormente alla pronuncia del decreto oggetto di
censura, aveva adottato, in data 24 settembre 2013, un provvedimento con il quale aveva
rinviato il fascicolo al P.M., chiedendo a quest’ultimo di «… generalizzare gli indagati…», in
vista dell’udienza in camera di consiglio per la discussione sull’opposizione all’archiviazione. Vi
sarebbe quindi stato un mutamento di orientamento da parte del giudice a quo, non
giustificato da alcuna specifica motivazione.
Inoltre, il decreto di archiviazione risulterebbe abnorme, in quanto emesso per ragioni di
improcedibilità, legate all’identità dei fatti oggetto della querela con altri fatti in relazione ai
quali era già stato precedentemente emesso un provvedimento di archiviazione, con
conseguente applicabilità del principio del ne bis in idem di cui all’art. 649 c.p.p., ragioni
queste non contemplate dall’art. 410 c.p.p.
2.2. Con il secondo motivo, si lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), c.p.p.,
l’inosservanza dell’art. 649 c.p.p.
Il ricorrente afferma che il principio del ne bis in idem, sancito dal predetto art. 649 c.p.p., a
fronte del quale il G.i.p. ha ritenuto di poter disporre l’archiviazione, non potrebbe trovare
applicazione rispetto a fatti per i quali sia già stato emesso un provvedimento di archiviazione,
mancando ad un siffatto atto giurisdizionale quel carattere di irrevocabilità che lo stesso art.
649 cod. proc. pen. sembrerebbe presupporre.
A ciò deve aggiungersi che la motivazione con cui il G.i.p. di Verona ha ritenuto l’identità tra i
fatti sui quali era chiamato a pronunciarsi e quelli oggetto del precedente decreto di
archiviazione, risulterebbe carente in quanto i fatti non sarebbero identici, trattandosi di
porzioni temporali diverse di reati permanenti, e, inoltre , il profilo di identità risulterebbe
carente anche sotto il profilo soggettivo, dal momento che la nuova querela avrebbe fatto
riferimento a persone non coinvolte nell’indagine conclusasi con il precedente provvedimento di
archiviazione.
3. Con requisitoria scritta, il P.G. ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, ritenendo che il
giudice a quo avrebbe correttamente motivato in merito all’applicazione del principio del ne bis
in idem, mentre il ricorrente non avrebbe indicato quali fossero le indagini suppletive che
avrebbero potuto incidere in ordine ad un positivo esercizio dell’azione penale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Osserva la Corte che il ricorso è fondato.
2. La giurisprudenza è consolidata nel ritenere che nell’archiviare “de plano” nonostante l’
opposizione proposta dal denunciante, ai sensi del secondo comma dell’art. 410 cod. proc.
pen., il giudice delle indagini preliminari deve motivare specificamente in ordine sia alla
infondatezza della notizia di reato sia all’inammissibilità dell’ opposizione, che può essere
dichiarata per omessa indicazione dell’oggetto delle investigazioni suppletive o dei relativi
elementi di prova, ovvero per difetto di pertinenza o di rilevanza degli elementi indicati, in
quanto inidonei ad incidere sulle risultanze delle indagini preliminari; ove difettino tali
1

2. Il ricorso si articola in due distinti motivi.

3. Ciò premesso, nel caso in esame, con un primo provvedimento il G.i.p. (24 settembre 2013)
non aveva fissato la camera di consiglio, ma aveva invitato il P.M. a svolgere gli adempimenti a
necessari ad individuare specificamente i soggetti indicati come responsabili dei fatti denunciati
(generalizzare gli indagati). Dopo la prima archiviazione era stata infatti presentata una nuova
querela. Il P.M. tuttavia ha ritenuto i fatti oggetto della nuova querela identici ai fatti già
archiviati, ed ha ritenuto di riproporre la richiesta di archiviazione, in presenza di una causa di
improcedibilità rappresentata dall’operatività del principio del “ne bis in idem. Il GIP ha accolto
de plano tale impostazione.
Il Collegio non ritiene condivisibile tale impostazione. In questo caso è necessario consentire
alla presunta persona offesa di fare opposizione, in quanto il decreto di archiviazione non
produce quell’accertamento irrevocabile che l’art. 649 presuppone, ai fini dell’applicazione del
ne bis in idem. Nella fattispecie concreta invece il G.i.p., ha ritenuto l’identità dei fatti,
nonostante la documentazione che si dà atto essere stata prodotta, ma di cui non viene fatto il
minimo accenno quanto al suo contenuto, neppure per relationem, e nonostante l’indicazione
di nuovi testi, in ordine ai quali non viene svolta alcuna valutazione di rilevanza, senza
provvedere dunque a fissare l’udienza nel rispetto del diritto al contraddittorio, all’esito della
quale avrebbe poi potuto scegliere se archiviare ovvero autorizzare nuove indagini.
4. Alla luce delle suesposte considerazioni deve annullarsi senza rinvio il provvedimento
impugnato e disporsi la trasmissione degli atti al Tribunale di Verona per l’ulteriore corso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di
Verona per l’ulteriore corso.
Roma, 3 I dio 2015
Il Con
Giova

estensore
vi

Il Presidente
Mario Gentile

condizioni, l’ archiviazione “de plano” determina una violazione del contraddittorio censurabile
con ricorso per cassazione. Sez. 6, Sentenza n. 53433 del 06/11/2014 Cc. (dep. 22/12/2014 )
Rv. 262079), come violazione del diritto all’ascolto (Sez. 5, Sentenza n. 16505 del 21/04/2006
Cc. (dep. 15/05/2006) Rv. 234453).

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