Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36525 del 30/01/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 36525 Anno 2015
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: GENTILI ANDREA

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:

DHAHBI Inned, nato in Tunisia il 19 dicembre 1971;
BRIGI Mohammed Khalil, nato in Tunisia il 6 giugno 1985;
SOCCODATO Luiz Augusto, nato in Brasile il 31 agosto 1983;

avverso la ordinanza n. 942/14 RIMCP/R del Tribunale di Bologna del 24 settembre
2014;
letti gli atti di causa, la ordinanza impugnata e i ricorsi introduttivi;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;
sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Mario FRATICELLI
il quale ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
sentito, altresì, per tutti e tre i ricorrenti, l’avv. Fabio SARRA, del foro di Roma, che
ha insistito per l’accoglimento dei ricorsi.

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Data Udienza: 30/01/2015

RITENUTO IN FATTO
Con separati ricorsi, Dhahbi Imed e Brigi Mohammed Kalil proponevano
ricorso per cassazione avverso la ordinanza con la quale il Tribunale di
Bologna aveva rigettato la richiesta di riesame da loro proposta avverso la
ordinanza con la quale, a sua volta, il Gip del Tribunale di Bologna aveva
applicato loro la misura cautelare della custodia in carcere in quanto i
medesimi risultavano indagati per il reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 73,
comma 1, e 80, comma 1, lettera g), del dlgs n. 309 del 1990, perché in

Augusto, anche lui destinatario di misura cautelare e a sua volta ricorrente,
sostanza stupefacente del tipo eroina, custodita in ovuli, che quest’ultimo
ingeriva per poterli poi introdurre a fini di spaccio all’interno del carcere di
Bologna.
Il Tribunale, minutamente descritti i fatti di causa, rilevava come a carico
dei ricorrenti sussistessero i gravi indizi di colpevolezza evidenziati dalle
intercettazioni telefoniche eseguite sulle utenze degli indagati, mentre, con
riferimento alle esigenze cautelari, esse, ad avviso del Tribunale, sarebbero
emerse dalla personalità dei prevenuti, tutti gravati da diversi precedenti
penali.
Quanto alla qualificazione del fatto, riteneva il Tribunale di dovere
escludere che lo stesso potesse rientrare nel paradigma dell’art. 73, comma 5,
del dPR n. 309 del 1990.
Come detto avverso la ricordata ordinanza hanno proposto ricorso per
cassazione i tre indagati deducendo, il Soccodato, la violazione di legge sia
per la mancata qualificazione del fatto come violazione del comma 5 dell’art.
73 del citato dPR n. 309 del 1990, sia, in subordine, per la mancata
valorizzazione della ascrivibilità di parte del fatto entro il comma 4 del detto
art. 73 per ciò che riguarda l’hashish.
Anche il Dhahbi ha contestato il mancata inserimento del reato entro il
paradigma di cui al comma 5 dell’art. 73 del dPR n. 309 del 1990, considerata
la modestia della quantità di stupefacente rinvenuto.
Il Brigi, a sua volta, ha contestato la motivazione della ordinanza con
riferimento alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a suo carico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Tutti e tre i ricorsi sono infondati e, pertanto, debbono essere rigettati.
Ritiene la Corte di dovere esaminare in via logicamente prioritaria le
doglianze formulate dai ricorrenti Dhahbi e Soccodato, aventi ad oggetto per
ambedue la erronea qualificazione del fatto in relazione al quale è stata
emessa la misura cautelare loro applicata.
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concorso tra loro vendevano o, comunque, cedevano a tale Soccodato Luiz

In particolare i ricorrenti in questione lamentano il fatto che non sia stata
ritenuta la ascrivibilità del fatto loro contestato alla ipotesi di cui al comma 5
dell’art. 73 del dPR n. 309 del 1990, dato questo certamente non irrilevante ai
fini del presente giudizio, dovendosi escludere la possibilità di adottare misure
cautelari custodiali intramurarie laddove la provvisoria contestazione abbia ad
oggetto siffatta ipotesi lieve contemplata dall’art. 73 del dPR n. 390 del 1990.
L’assunto dei ricorrenti in ordine alla qualificazione giuridica del fatto è,
però, inaccettabile.
Corte – nel ribadire che, ai fini della

qualificazione entro i confini della ipotesi lieve di una delle condotte criminose
elencate dall’art. 73 del dlgs citato può essere riconosciuta, anche all’esito
della formulazione normativa introdotta dall’art. 2 del decreto legge n. 146 del
2013, convertito con modificazioni con legge n. 10 del 2014, solo nella ipotesi
di minima offensività penale della condotta, desumibile sia dal dato qualitativo
e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati espressamente dalla
disposizione (mezzi, modalità e circostanze dell’azione), con la conseguenza
che, ove anche uno solo degli indici previsti dalla legge risulti negativamente
assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio (per
tutte: Corte di cassazione, Sezione III penale, 23 giugno 2014, n. 27064),
dovendosi per ciò solo escludersi la ricorrenza della ipotesi lieve – ha
precisato che l’attenuante del fatto di lieve entità, di cui all’art. 73, comma 5,
del dPR n. 309 del 1990, non è configurabile nel caso di detenzione di
sostanze aventi differenti tipologie, a prescindere dal dato quantitativo,
trattandosi di condotta indicativa della capacità dell’agente di procurarsi
sostanze tra loro eterogenee e, per ciò stesso, di rifornire assuntori di
stupefacenti di diversa natura, così da recare un danno non tenue al bene
della salute pubblica tutelato dalla norma incriminatrice (ex multis: Corte di
cassazione, Sezione III penale, 19 novembre 2014, n. 47671).
Va, peraltro, rilevato che nella fattispecie è stata contestata ai ricorrenti
anche la aggravante di cui all’art. 80, comma 1, lettera g), del dPR n. 390 del
1990, per avere introdotto la sostanza stupefacente all’interno della comunità
carceraria.
Ritiene il Collegio, pur consapevole dell’esistenza di un orientamento,
invero alquanto risalente sebbene mai formalmente e puntualmente smentito,
secondo il quale non sussisterebbe incompatibilità fra la contestazione della
predetta aggravante e la ritenuta qualificazione del fatto nell’ambito della
ipotesi lieve di cui al citato comma 5 dell’art. 73 del dPR n. 309 del 1990
(Corte di cassazione, Sezione VI penale, 29 novembre 1993, n. 10947), che
non implausibilmente il Tribunale di Bologna ha ritenuto che nella fattispecie,
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Più volte, infatti, questa

ricorrendo la contestazione della predetta aggravante, le particolari modalità
del fatto contestato rendessero non sussumibile la fattispecie entro il
perimetro dell’ipotesi di lieve entità di cui al comma 5 del più volte richiamato
art. 73 del dPR n. 309 del 1990.
Il secondo motivo di censura dedotto dal Soccodato, avente ad oggetto la
erronea indicazione delle norme violate dal ricorrente è priva di pregio, posto
che, sebbene la contestazione provvisoria contenuta nella intestazione del
provvedimento impugnato faccia riferimento solo alla detenzione a finì di

stato trovato nel possesso non di sola eroina ma anche di hashísh (dato
questo che verosimilmente dovrà portare ad una integrazione della originaria
contestazione) non esclude, evidentemente, la validità della contestazione già
formulata, di per sé idonea a giustificare la misura cautelare applicata.
Passando all’esame del ricorso del terzo indagato, il Brigi, il quale si fonda
sulla affermata carenza motivazionale della ordinanza cautelare genetica in
relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a suo carico e sul
travalicamente dei propri compiti operato dal giudice del riesame nell’andare
esso a motivare in ordine a detti indizi, rileva il Collegio che anche questo è
infondato.
Questa Corte ha, infatti, in più occasioni avuto modo di precisare che in
capo al giudice del riesame il potere-dovere di integrazione delle insufficienze
motivazionali del provvedimento impugnato non opera, oltre che nel caso di
carenza grafica, solo allorquando l’apparato argomentativo della ordinanza
cautelare, nel recepire integralmente il contenuto di altro atto del
procedimento, o nel rinviare a questo, si sia limitato all’impiego di mere
clausole di stile o all’uso di frasi apodittiche, senza dare contezza alcuna delle
ragioni per cui abbia fatto proprio il contenuto dell’atto recepito o richiamato,
o comunque lo abbia considerato coerente rispetto alle sue decisioni (Corte di
cassazione, Sezione VI penale, 13 marzo 2014, n. 12032; idem Sezione VI
penale, 21 febbraio 2014, n. 8660).
Nel caso in esame l’ordinanza genetica, sebbene succintamente, aveva
esaminato in modo specifico la posizione del Brigi, estendendo anche a questi,
in ragione del suo pregresso corredo penale, le medesime considerazioni già
svolte per altro indagato.
Tale motivazione è stata, doverosamente, integrata in sede di riesame dal
Tribunale che ha puntualmente indicato gli elementi (costituiti sia da
intercettazioni telefoniche attestanti l’intervenuto accordo fra il Brigi ed il
Dhahbi per incontrarsi il giorno successivo nei pressi del carcere di Bologna,
sia dalla diretta osservazione da parte degli agenti operanti della presenza del
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spaccio di sostanza stupefacente del tipo eroina, la circostanza che quello sia

Brigi al momento in cui, dopo essersi tutti e tre appartati, dai due è stata
consegnata, ancorchè la materiale traditi° sia opera del Dhahbi, al Soccodato
la bottiglia d’acqua all’interno della quale si trovavano gli ovuli che questi
avrebbe dovuto, come difatti avvenuto, ingerire) che, quanto meno in questa
fase cautelare, appaiono certamente idonei ad integrare i gravi indizio di
colpevolezza a carico anche di tale ricorrente.
Conclusivamente tutti e tre i ricorsi, risultati infondati, debbono essere
rigettati, con la conseguente condanna dei tre al pagamento delle spese del

Al rigetto del ricorso segue, altresì, la trasmissione in copia del presente
provvedimento al direttore dell’Istituto penitenziario ove i ricorrenti sono
ristretti per i provvedimenti di cui al comma 1-bis dell’art. 94 disp. att. cod.
proc. pen.
PQM

Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Dispone, altresì, che copia del presente provvedimento sia trasmesso ai sensi
dell’art. 93, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen. al competente direttore
dell’Istituto penitenziario.
Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2015
Il Consigliere estensore

Il Presidente

giudizio.

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