Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36524 del 30/01/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 36524 Anno 2015
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: GENTILI ANDREA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

SOLFERINO Sebastiano, nato a Catania il 12 dicembre 1973;

avverso la ordinanza n. 281/14 RG Trib. del Tribunale di Catania del 1 ottobre
2014;
letti gli atti di causa, la ordinanza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;

sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Mario FRATICELLI
il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
sentito, altresì, anche in sostituzione dell’avv. Francesco ANTILLE, del foro di
Catania, l’avv. Salvatore CANNATA, del foro di Catania, che ha insistito per
l’accoglimento del ricorso.

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Data Udienza: 30/01/2015

RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Catania – giudicando sull’appello proposto da Solferino
Sebastiano avverso il provvedimento col quale lo stesso Tribunale, il
precedente 21 luglio 2014, aveva respinto la richiesta di modifica della misura
cautelare della custodia in carcere a lui applicata con quella degli arresti
dorniciliari presso una comunità terapeutica – con ordinanza emessa il 1
ottobre 2014 ha rigettato il gravame, osservando che già in passato al
Solferino era stata revocata la concessione degli arresti domiciliari, da

del 1990, col conseguente ripristino del regime custodiale intramurario, a lui
precedentemente applicato in relazione alla violazione degli artt. 73 e 74 del
medesimo dlgs n. 309 del 1990, a seguito di due relazioni negative redatte
dagli organi della comunità ove era stato assegnato; in esse, infatti, era stato
evidenziato, precisa il Tribunale etneo, il suo comportamento incompatibile
con la prosecuzione – e quindi ad avviso del Tribunale, con la ripresa – del
programma di recupero.
Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il
Solferino deducendo la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione di
questo in ordine alla sussistenza dei presupposti per il ripristino del regime
custodiale; in particolare il ricorrente rilevava che le mancanze attribuitegli
non giustificavano la revoca del programma terapeutico conseguente al
ripristino del regime carcerario e che, comunque, non erano state chiarite nel
provvedimento impugnato le ragioni della predetta revoca.
Col secondo motivo di ricorso il Solferino deduceva la violazione di legge
stante la mancanza delle eccezionali esigenze cautelari che, data la sua
condizione di tossicodipendente, solamente potevano giustificare la
applicazione nei suoi confronti della misura della custodia in carcere.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto dal Solferino è inammissibile.
Rileva, infatti, il Collegio che l’art. 89, comma 3, del dlgs n. 309 del 1990,
nel disciplinare il regime di ammissione (e permanenza) dell’indagato in istato
di custodia cautelare al beneficio degli arresti domiciliari presso una comunità
terapeutica, prevede che debba essere ripristinato (ovvero disposto) il regime
custodiale intramurario allorché sia accertato che l’indagato “mantiene un
comportamento incompatibile con la corretta esecuzione del programma”
terapeutico di svezzamento dalla tossicodipendenza.
E’ chiaro che questa disposizione debba essere interpretata non soltanto
nel senso della revoca, in presenza di detti comportamenti, del beneficio ma
anche nel senso della legittimità della mancata riammissione al beneficio
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eseguirsi presso una comunità terapeutica ai sensi dell’art. 89 del dlgs n. 309

stesso nel caso in cui esso sia stato in precedenza revocato, laddove l’istante
non evidenzi nella nuova istanza elementi specifici in forza dei quali sia
possibile ritenere che egli non terrà più, ove riammesso al programma, siffatti
comportamenti.
Nel caso in esame il Tribunale di Catania, rilevato il contenuto delle note
redatte dagli organi della comunità ove il Solferino era stato per ben due volte
già inviato, evidenzianti non solo la impermeabilità del Solferino agli strumenti
educativi e terapeutici somministrati presso il predetto centro ma anche la sua

la dichiarata strumentalità della sua formale adesione ad un percorso di
recupero, intrapreso al solo fine di sottrarsi alla custodia carceraria, ha del
tutto legittimamente ritenuto – anche in considerazione della prossimità
temporale fra le due relazioni (rispettivamente datate 15 marzo e 1 aprile
2014) e la nuova istanza di ammissione agli arresti donniciliari presentata dal
Solferino nel luglio del 2014 ed in assenza di qualsivoglia dato che facesse
ritenere un mutamento dell’atteggiamento dell’istante rispetto alla attuazione
del programma – che non ricorressero le condizioni, consistenti nella
ragionevole prospettiva della utilità per l’indagato del programma terapeutico,
per la ammissione dello stesso al beneficio di cui all’art. 89 dlgs n. 309 del
1990.
Con riferimento al secondo motivo di ricorso, avente ad oggetto la pretesa
violazione di legge derivante dalla mancata applicazione dell’art. 89, comma
1, del dlgs n. 309 del 1990, secondo il quale la applicazione della custodia
cautelare in carcere nei confronti di chi sia tossicodipendente ed abbia in
corso un programma terapeutico è subordinata alla sussistenza di esigenze
cautelari di eccezionale rilevanza, che non sarebbero state valutate nel
provvedimento impugnato, osserva il Collegio che, diversamente da quanto
ritenuto dal ricorrente, non vi è l’obbligo della preventiva valutazione della
presenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza laddove la applicazione
della misura cautelare derivi dall’interruzione da parte dell’indagato del
programma terapeutico ovvero, come nel caso in questione, dal
mantenimento di un comportamento contrario al programma di
disintossicazione da parte del tossicodipendente che abbia scelto di sottoporsi
ad esso in regime di arresti donniciliari presso un centro di recupero (Corte di
cassazione, Sezione IV penale, 1 marzo 2012, n. 8057).
La manifesta infondatezza dei due motivi del ricorso presentati dal
Solferino, determina la inammissibilità di quest’ultimo e, visto l’art. 616 cod.
proc. pen., comporta la condanna del medesimo al pagamento delle spese

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volontà espressa di non aderire alle regole fondamentali ivi applicate nonché

processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Alla dichiarazione di inammissibilità segue altresì la trasmissione in copia
del presente provvedimento al direttore dell’Istituto penitenziario ove il
Solferino é ristretto per i provvedimenti di cui al comma 1-bis dell’art. 94 disp.
att. cod. proc. pen.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

ammende.
Dispone, altresì, che copia del presente provvedimento sia trasmesso ai sensi
dell’art. 93, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen. al competente direttore
dell’Istituto penitenziario.
Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2015
Il Consigliere e tensor

Il Pr sidente

spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della Cassa delle

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