Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36523 del 07/01/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 36523 Anno 2015
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: SAVINO MARIAPIA GAETANA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CALABRETTA RICCARDO N. IL 29/09/1986
avverso l’ordinanza n. 1444/2014 TRIB. LIBERTA’ di CATANIA, del
16/08/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARIAPIA GAETANA
SAVINO;
lettetsentite le conclusioni del PG

Uditi difensor Avv.;
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Data Udienza: 07/01/2015

Ritenuto in fatto e diritto

Con ordinanza emessa in data 18 novembre 2013 il GIP presso il Tribunale di Catania sottoponeva
Riccardo Calabretta, indagato per il reato di cui all’art. 74 D.p.r. 309/90, alla misura cautelare della
custodia in carcere.
Proposta istanza di sostituzione della misura, il GIP la rigettava con provvedimento del 5.7.2014.

16.8.2014, rigettava il gravame proposto, confermando la misura custodiale richiamando per
relationem le argomentazioni del GIP.
Avverso detto provvedimento il difensore dell’indagato ha proposto ricorso per Cassazione per
vizio della motivazione in relazione all’attualità delle esigenze cautelari.
Secondo la difesa il Tribunale del riesame si è limitato a recepire acriticamente le argomentazioni
poste dal GIP a sostegno del diniego dell’istanza di sostituzione della misura custodiale carceraria
con quella degli arresti domiciliari senza prendere in considerazione le ragioni addotte dalla difesa
al fine di ottenere una misura cautelare meno afflittiva.
In particolare, la difesa aveva evidenziato che il Calabretta era un soggetto giovane, incensurato,
alla sua prima esperienza carceraria, che era venuta meno l’attualità delle esigenze cautelari stante il
tempo intercorso fra la data di commissione dei fatti e l’esecuzione della misura e che le esigenze
cautelari si erano affievolite essendo decorso un considerevole lasso di tempo dall’inizio della
misura cautelare.
Inoltre, in riferimento ai profili di pericolosità sociale, doveva considerarsi che il Calabretta era
inserito regolarmente nel mondo del lavoro essendo stato assunto come apprendista muratore da
un’impresa edile.

Proposto appello ex art. 310 c.p.p., il Tribunale del riesame di Catania, con ordinanza emessa in data

Infine sussistevano gravi esigenze familiari tali da consigliare – stante l’attenuazione delle esigenze
cautelari, in ragione del tempo trascorso e del buon comportamento dell’indagato durante
l’esecuzione della misura custodiale – la sostituzione della misura originaria con quella degli arresti
domiciliari.
In particolate il Tribunale del riesame ha considerato il tempo trascorso dal commesso reato un
elemento irrilevante poiché era già stato oggetto del vaglio del GIP e perché inidoneo ad incidere
sulle esigenze cautelari.
In aggiunta a ciò la difesa ha evidenziato la diversità di trattamento riservata al coimputato
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Musumeci, ritenuto promotore ed organizzatore del sodalizio criminoso, al quale sono stati concessi
gli arresti domiciliari per il suo stato di tossicodipendente.
La difesa ha poi richiamato la sentenza n. 231 del 2011 della Consulta che ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale dell’art. 275, comma 3, nella parte in cui, nel prevedere che quando
sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto di cui all’art 74 DPR 309/90 è applicata
la custodia cautelare in carcere salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono

relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con
altre misure.
Dunque i giudici del riesame, in ossequio a tale pronuncia, avrebbero dovuto esaminare gli elementi
offerti dalla difesa; elementi idonei a consentire la salvaguardia delle esigenze cautelari con la
misura meno afflittiva degli arresti domiciliari.
Il ricorso è inammissibile in quanto involge giudizi fattuali, come è noto, sottratti al sindacato di
legittimità qualora sorretti da logica motivazione.
Sotto tale profilo, peraltro, l’ordinanza impugnata seppur succinta non è censurabile nella misura in
cui indica tutti gli elementi posti a fondamento della necessità di mantenere la custodia in carcere
dell’indagato sia direttamente sia richiamando per relationem la motivazione del provvedimento del
GIP.
Merita inoltre ricordare che la giurisprudenza, in base ad un orientamento ormai consolidato,
ammette la cd. motivazione per relationem quando risultino rispettati alcuni specifici requisiti che
ricorrono nel caso di specie.
In particolare la stessa deve far riferimento ad un atto del procedimento la cui motivazione risulti
congrua rispetto all’esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione.
Inoltre deve emergere che il giudice abbia preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni
del provvedimento di riferimento e le abbia meditate e fatte proprie valutandole adeguate e coerenti
alla sua decisione.
Infine è necessario che l’atto richiamato sia conosciuto o conoscibile dall’interessato al momento in
cui si renda attuale la facoltà di valutazione, critica ed eventualmente la possibilità di impugnare
l’atto motivato per relationem (tra le altre Sez. Un. n. 17/2000).

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esigenze cautelari, non fa salva, altresì, l’ipotesi in cui siano stati acquisiti elementi specifici, in

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali oltre
alla somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Dispone che copia del provvedimento sia trasmesso al Direttore dell’Istituto Penitenziario

Così deciso in Roma, in data 7 gennaio 2015.

competente a norma dell’art. 94 co. 1 ter disp. att. c.p.p.

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