Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36506 del 19/11/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 36506 Anno 2015
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: SAVINO MARIAPIA GAETANA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TOMASINI PIETRO N. IL 26/06/1932
SCARPELLINI GLORIANO N. IL 30/11/1960
avverso la sentenza n. 1191/2011 TRIBUNALE di FORLI’, del
02/07/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/11/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIAPIA GAETANA SAVINO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. V,
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che ha conclusoReL
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(N.Q.M. C) •

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

(4/De/vres

Data Udienza: 19/11/2014

Ritenuto in diritto

Con sentenza in data 2.7.2007 il Tribunale di Forlì ha dichiarato la penale responsabilità di
Tomasini Piero e Scarpellini Gloriano per il reato di cui agli art. 110 c.p., 5 co 1 lett H e 6 L.
30.4.62 n. 283 perché, in concorso tra loro, il Tomasini quale legale rappresentante dell’omonima
ditta individuale con sede in Cesena, operante nel settore dell’apicolutura, lo Scarpellini quale

via della liberazione 17, operante in vari settori tra cui la preparazione di tinture idroalcoliche e la
commercializzazione di prodotti dell’alveare, impiegavano per la preparazione, vendevano o
comunque distribuivano per il consumo sostanza alimentare, propoli grezza, poi lavorata e
trasformata nel prodotto denominato “soluzione di propoli idroalcolica” immesso poi in flaconcini
per la vendita, contenente residui di fitofarmaci.
Il procedimento trae origine da un controllo effettuato, nell’ambito della prevenzione delle
sofisticazioni alimentari dei prodotti dell’alveare, dal CFS di Ascoli Piceno presso l’esercizio di
vendita di propoli “Apicoltura Primitivo” in Bagno di Romagna, di Felici Maria.
Durante il controllo venivano prelevate dai banchi di vendita quattro confezioni di soluzione
idroalcolica di propoli (integratore alimentare derivante dalla diluizione e miscelazione in
soluzione alcolica della sostanza grezza prodotta dalle api), che, sottoposti ad analisi, rivelavano la
presenza di fitofarmaci di tipo Clorfenvinphos e Coumaphos, vietata nei prodotti destinati
all’alimentazione. Sulla scorta della documentazione contabile rinvenuta presso l’esercizio
commerciale, fu possibile risalire a Tomasini Pietro, apicoltore titolare dell’omonima ditta
individuale operante in Cesena nel settore dell’apicultura , come colui che aveva prodotto e venduto
Kg 22 di propoli grezza, per la sua trasformazione in 50 litri di soluzione idroalcolica destinata al
consumo alimentare a Scarpellini Donano, titolare della FITOFARMACEUTICA MEDICA s.r.1.,
esercente attività di produzione di propoli, integratore alimentare liquido derivante dalla
trasformazione della propoli grezza mediante diluizione e miscelazione con soluzione alcolica. Il
prodotto così ottenuto era stato poi venduto a Felici Maria, titolare dell’esercizio commerciale
“Apicoltura Primitivo”, che aveva provveduto al suo imbottigliamento in ampolle di vetro, vendute
al consumatore finale in apposite confezioni recati il marchio “Apicoltura Primitivo di Busacca e
Fedi s.r.l.”
I Giudici di merito avevano mandato assolta la Felici, anch’essa rinviata a giudizio, sul rilievo che
la stessa si era limitata ad acquistare la sostanza dallo Scarpellini pretendendo un certificato di
assenza di prodotti inquinanti a dimostrazione dell’assolvimento da parte sua di tutte le cautele per

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legale rappresentante della FITOFARMACEUTICA MEDICA s.r.1., con sede in Mercato Saraceno,

assicurare la genuinità e non contaminazione del prodotto; mentre avevano ritenuto la
responsabilità concorsuale dello Scarpellini e del Tomasini per la contravvenzione di cui al capo B).
Quanto allo Scarpellini, a lui era riferibile la preparazione e produzione della sostanza alimentare
contaminata destinata alla vendita, non potendosi definire, secondo i giudici di merito, prima della
trasformazione, prodotto alimentare, come tale sottoposto alla disciplina della L. 283/1962, la
propoli grezza solida derivata dalle api„ trattandosi di mero prodotto vegetale.

giudici hanno rilevato la necessità di effettuazione di analisi chimiche che invece erano mancate (
nonostante la produzione in giudizio di “certificato di analisi chimiche- scheda tecnica” a firma
dott.ssa Pecorari proveniente dallo Scarpellini, è risultato che nessuna analisi è stata mai effettuata
sulla partita di propoli venduta da Scarpellini) in quanto il piano di autocontrollo dell’azienda non
prevedeva controlli, analisi, anche solo a campione, dirette a verificare la presenza di fitofarmaci.
sulle propoli impiegate per la lavorazione dell’integratore alimentare.
Discendeva da ciò l’addebito di condotta colposa per la mancata programmazione ed adozione di un
sistema di controllo circa la presenza di fitofarmaci volto a prevenire l’immissione in commercio di
sostanze alimentari dannose alla salute.
Quanto al Tomasini, i giudici di merito ritenevano che, se è vero che la propoli allo stato grezzo è
un prodotto vegetale e non alimentare, non ricompreso dunque nella previsione della L. 283/63, in
quanto necessitava di trasformazione, tramite miscelazione con soluzione idroalcolica per divenire
prodotto alimentare, tuttavia, come emerso dalle risultanze istruttorie, il Tomasini era ben
consapevole che la partita di propoli da lui fornita allo Scarpellini era destinata al consumo
alimentare. Di conseguenza, la cessione della sostanza per scopo alimentare accompagnata da una
non veritiera attestazione dell’assenza di fitofarmaci attestazione che non avrebbe avuto ragione
di essere rilasciata ove la propoli fosse impiegata per uso non alimentare, ad avviso dei giudici,
integrava un contributo agevolatore nell’immissione in mercato di sostanza alimentari contaminate
e dava luogo ad un’ipotesi di cooperazione colposa ex art. 113 c.p. nell’altrui reato colposo.
Avverso detta decisione hanno proposto distinti ricorsi per Cassazione, tramite i rispettivi difensori,
il Tomasini e lo Scarpellini deducendo i seguenti motivi
Tomasini
1-Erronea applicazione della legge penale quanto alla riferibilità al ricorrente della condotta
contestata.
Lo stesso, nel periodo i contestazione, era assente dall’azienda per un infortunio e della produzione
della propoli se ne occupava il figlio Tommaso, quindi non era stato lui a vendere la partita di
propoli allo stato grezzo allo Scarpellini.
2

Data la delicatezza dell’attività di trasformazione del prodotto vegetale in prodotto alimentare, i

2-Mancanza, illogicità della motivazione quanto all’accertamento della provenienza della propoli
dal suo allevamento.
Tale provenienza si fonda unicamente sulle dichiarazioni del coimputato Scarpellini
Trattandosi di dichiarazioni accusatorie rese dal correo, esse, secondo i canoni dell’art. 192 comma
2 c.p.p, necessitano di riscontri esterni, che sono mancati , non potendosi ritenere idonee allo scopo
gli estratti del manuale HACCP, avente peraltro solo valenza interna, non essendo vidimato né

dal Tomasini della partita di propoli impiegata nella lavorazione del prodotto poi venduto
all’apicoltura Primitivo
3-Illogicità della motivazione con riferimento alla ritenuta cooperazione colposa del Tomasini
sotto il profilo della negligenza per aver omesso di effettuare le analisi sulla sostanza grezza
venduta a Scarpellini.
Assume la difesa che, ferma restando l’assenza di fitofarmaci nella propoli estratta dall’azienda del
Tomasini, come emerso dalle analisi della USL di Cesena, non incombeva sul produttore della
sostanza allo stato grezzo effettuare analisi poiché, prima della trasformazione, si tratta di un
prodotto vegetale non destinato ad uso alimentare. La sentenza impugnata incorre in un vizio di
motivazione laddove, partendo dalla premessa, più volte affermata, che la propoli allo stato grezzo
è un prodotto vegetale e non alimentare, come tale sottratto alle verifiche prescritte dalla normativa
sugli alimenti, pone poi a carico del Tomasini l’obbligo di effettuare le analisi.
é
Spetta invece a colui che la utilizza per scopi alimentari dopo averla trasformata, procedere alle
analisi. Non essendo un prodotto alimentare, essa non è sottoposta alla disciplina sugli alimenti di
cui alla legge 283/1963 anche perché, a differenza del miele, la propoli non può essere consumata
senza essere manipolata modificandone la natura. Illogica è la conclusione tratta dai giudici di
merito in ordine all’attestazione di assenza di fitofarmaci sottoscritta dal Tomasini Andrea, figlio
dell’imputato, a dimostrazione della consapevolezza dell’uso alimentare da parte del predetto. A
parere della difesa, il fatto che il figlio abbia sottoscritto tale attestazione richiesta dall’ acquirente
Fitofarmaceutica Medica s,r,1 0 non prova la consapevolezza del consumo alimentare della partita di
propoli venduta allo Scarpellini da parte di Andrea Tomasini, né peraltro risulta tale attestazione
provenire personalmente dall’imputato che non risulta essere stato informato dal figlio.
4- Mancata assunzione di prova decisiva.
Lamenta la difesa del Tomasini la mancata audizione di testi della lista del predetto imputato, quali
Tomasini Andrea e i fornitori di propoli della Fitofarmaceutica Medica s.r.l. che avrebbero potuto
riferire sulla non rintracciabilità della partita di propoli proveniente dal Tomasini e sulla mancata

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controllato da alcuna autorità esterna e non avendo i testi escussi riferito alcunché sulla provenienza

consapevolezza da parte di questi della destinazione ad uso alimentare della propoli fornita alla
Fitofarmaceutica Medica s.r.1.,.
Scarpellini
Inosservanza, erronea applicazione di norme giuridiche di cui si deve tener conto nell’applicazione
della legge penale, inosservanza dell’alt 191 c.p.p. per aver utilizzato prove illegittimamente
acquisite, la cui erronea utilizzazione ha avuto un’efficacia determinante nella struttura

Mancanza, contraddittorietà della motivazione nell’accertamento del reato contestato al capo B).
1-Assume la difesa di Scarpellini la non utilizzabilità processuale del referto di analisi che avrebbe
accertato la contaminazione da fitofarmaci della partita di propoli grezza venduta dall’apicultore
Tomasini alla Fitoarmaceutica Medica srl di Scarpellini.
Tale inutilizzabilità, già eccepita con la memoria depositata dopo l’avviso di conclusione delle
indagini preliminari ex art. 415 bis c.p.p., all’udienza preliminare e all’udienza dibattimentale
prima dell’apertura del dibattimento, eccezione della quale la sentenza impugnata non ha tenuto
conto, omettendo qualsiasi motivazione in proposito, è determinata, ad avviso della difesa, dal fatto
che le analisi che hanno accertato la presenza di fitofarmaci sono state effettuate da un laboratorio,
l’ARPAM di Ascoli Piceno, dipartimento provinciale Servizio acque, non accreditato per le analisi
chimiche e microbiologiche sulla matrice “propoli” e su qualsivoglia prodotto dell’apicoltura;
.discende da ciò che il referto analitico si è formato in difetto dei requisiti richiesti dalla legge,
ovvero in violazione delle prescrizioni cui ai regolamenti comunitari n. 765/2008, 882/2004, norme
che prescrivono che l’analisi ufficiale sui prodotti alimentari venga effettuata solo presso laboratori
preventivamente accreditati ovvero certificati come conformi alle norme tecniche CE.
Premesso che l’accreditamento di un laboratorio è l’attestazione da parte dell’ente nazionale di
accreditamento della competenza del laboratorio ad eseguire determinate prove, nel rispetto dei
requisiti della norma internazionale di riferimento, solo i laboratori di analisi e gli organismi di
certificazione ed ispezione accreditati sono in grado di fornire al mercato dichiarazioni di
conformità affidabili ed accettate a livello nazionale. L’unico Ente nazionale di accreditamento
riconosciuto dallo Stato italiano il 22.12.2009 è l’Accredia, nato dalla fusione della Sinai e della
Sincert, associazioni
Fatta questa premessa, rileva la difesa che l’ARPAM di Ascoli Piceno non era accreditata per le
analisi chimiche e microbiologiche sulla matrice “propoli” e su altri prodotti dell’apicoltura.
La mancanza di accreditamento ha inficiato il risultato delle analisi non solo sul piano giuridico,
stante il mancato accertamento da parte dell’organismo nazionale di accreditamento dei requisiti di
conformità alle prescrizioni CE, ma anche sul piano tecnico in quanto le analisi sono state eseguite.
4

argomentativa della sentenza.

con attrezzature, procedure e metodi della cui correttezza sul piano tecnico scientifico non vi alcuna
verifica.
La mancanza di accreditamento integra un vizio procedurale che, incidendo sulla possibilità di
ritenere correttamente eseguite le analisi da parte di un organo abilitato, comporta la inutilizzabilità
dei relativi referti, che non può essere ignorata dal giudice sotto il profilo della illegittima
acquisizione della prova ex art. 191 c.p.p.. ,

eccepita inutilizzabilità processuale dei risultati delle analisi chimiche per violazione degli art.
6,15,16,18 d.p.r. 327/80 da parte degli ufficiali accertatori e dell’ARPAM„ concernente la ritenuta
non correttezza delle modalità di prelevamento di campioni contestati nonché di comunicazione dei
referti analitici contestati previste dal dpr 327/1980.
Al riguardo deduce la difesa la violazione delle norme in esame posto che: 1) nessun esemplare del
verbale di prelievo è stato recapitato allo Scarpellini quale titolare della Fitofarmaceutica,Medica,
impresa produttrice della soluzione di propoli idroalcolica immessa in commercio come integratore
alimentare dalla Apicoltura Primitivo di Felici Maria presso cui sono state eseguite delle
operazioni di prelievo; 2) nessun campione del prodotto prelevato è stato messo a sua disposizione;
3) nessuna raccomandata contenente la comunicazione dell’esito delle analisi gli è stata recapitata;
4) nessun avviso circa la possibilità di richiedere la revisione delle analisi gli è stato comunicato.
Discende da ciò la violazione di ogni diritto di difesa, non essendo stato posto lo Scarpellini nelle
condizioni di avere notizia dell’esecuzione del prelievo presso l’Apicoltura Primitivo, né delle
modalità di espletamento delle analisi,

di avere a disposizione un campione del prelievo; di

ricevere comunicazione dei risultati delle analisi 5) di chiedere conseguentemente la loro revisione
nei termini stabiliti dall’art. 19 dpr 327/80.
Ne discende, secondo la difesa, l’inutilizzabilità processuale dei referti ottenuti in palese violazione
di tutte le garanzie difensive previste dalla normativa in materia di analisi ufficiale di campioni di
prodotti, non essendo condivisibile la motivazione dei giudici di merito secondo cui le norme sul
prelevamento e sull’analisi dei campioni hanno carattere ordinatorio e la loro violazione non
produce inutilizzabilità.
3– illogicità della motivazione per aver ritenuto i giudici di merito la sussistenza in capo a
Scarpellini di una posizione di garanzia particolarmente pregnante, differenziata rispetto a quella
dell’apicoltore da cui proveniva la propoli allo stato grezzo, nell’effettuazione di adeguati controlli,
tramite analisi di laboratorio, non eseguite, sulla base dell’erroneo presupposto che la propoli è una
sostanza vegetale e non un prodotto alimentare e tale diviene solo a seguito della trasformazione
operata dall’impresa che l’acquista allo stato grezzo dall’apicoltore.
5

2-Altro profilo del motivo dedotto concerne la motivazione data dai giudici di merito in ordine alla

Assume in proposito la difesa che, contrariamente a quanto ritenuto, in modo illogico, dalla
sentenza impugnata, anche la propoli grezza prodotta dall’apicoltore Tomasini è un prodotto
alimentare, non vegetale, quindi anche il predetto riveste la medesima posizione di garanzia di
colui che acquista la sostanza per trasformarla in alimento, quanto all’adozione della cautele volte
ad evitarne la contaminazione.
E l’apicoltore sapeva perfettamente quale fosse la destinazione della propoli venduta dalla

Ritenuto in diritto

Il ricorso del Tomasini è infondato.
I motivi concernenti la non riferibilità al medesimo della vendita della propoli contaminata alla
Fitofarmaceutica Medica di Scarpellini in quanto egli era assente dall’azienda al momento della
fornitura e se ne occupava il figlio, nonché della mancata dimostrazione che la partita oggetto di
indagine fosse proprio quella proveniente dal suo alveare, involgono censure di merito dirette a
sollecitare un nuovo e diverso esame delle risultanze processuali non consentito in sede di
legittimità.
Si richiamano in proposito i consolidati principi espressi in materia dalla Suprema Corte secondo
cui il controllo sulla motivazione demandato al giudice di legittimità resta circoscritto, in ragione
dell’espressa previsione dell’art. 606 co 1 lett E cpp, al solo accertamento della congruità e
coerenza dell’apparato argomentativo, con riferimento a tutti gli elementi acquisiti nel corso del
processo, e non può risolversi in una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione o nella autonoma scelta di nuovi e diversi criteri di giudizio in ordine alla ricostruzione
e valutazione dei fatti. Ne consegue che, laddove le censure del ricorrente non siano tali da scalfire
la logicità e coerenza della motivazione del provvedimento impugnato, queste devono ritenersi
inammissibili perché proposte per motivi diversi da quelli consentiti, in quanto non riconducibili
alla categoria di cui al richiamato art. 606 co 1 lett E (Cass. S.U.n.12 del 31.5.00, S.U. n.47289 del
24.9.03, sez III n.40542 del 12.10.07, sez IV n.4842 del 2.12.03, sez VI 20.7.011, n. 2878, sez I
14.7.011 n.33028) .
Fatta questa premessa sui limiti del sindacato di legittimità, occorre stabilire se la sentenza
impugnata abbia fornito una congrua, logica ed esaustiva motivazione della valutazione delle
risultanze processuali.
Venendo al caso in esame, la difesa del ricorrente lamenta che i giudici di merito hanno motivato
sulla base di elementi contraddittori e illogici senza esaminare i fatti alla luce di tutte le emergenze
6

Fitofarmacutica Medica srl essendo un’ impresa che trattava alimenti.

processuali e delle deduzioni difensive, che mettevano in evidenza l’assenza di prove circa la
provenienza di quella partita di propoli oggetto dell’accertamento dall’apicultura del Tomasini ,
fondando le loro conclusioni sulla deposizione del coimputato Scarpellini, la quale richiedeva
riscontri esterni ai sensi dell’art. 192 co 2 c.p.p., che sono invece mancati. La sentenza fornisce,
contrariamente alla doglianza sollevata, una congrua motivazione in ordine alla provenienza della
partita di propoli dall’apicoltura del Tommasini facendo riferimento alle indagini di PG che hanno

risultano i vari passaggi della fornitura della propoli dal Tomasini allo Scarpellini e la vendita della
sostanza lavorata all’esercizio commerciale di Felici Maria ove è stato effettuato il controllo tramite
il prelievo a campione.
Anche con riferimento alla esaustività di tali accertamenti di cui i giudici di merito danno conto,
appare priva del requisito della decisività la prova testimoniale richiesta dalla difesa del Tomasini,
di cui, peraltro, non è dato sapere se possegga i requisiti richiesti dall’art. 606 co 1 lett d), ovvero se
si tratta di prova contraria ex art. 495 co 2 c.p.p.
Infondato è anche l’altro motivo concernente l’estraneità del Tomasini agli accertamenti sul
presupposto che lo stesso ebbe a vendere alla “Fitofarmaceutica Medica di Scarpellini propoli allo
stato grezzo, prodotto vegetale e non alimentare, che diviene tale per effetto della lavorazione della
sostanza ancora allo stato solido, in polvere, mediante miscelazione con soluzione alcolica un
modo da trasformarla in integratore alimentare liquido.
L’assunto è destituito di fondamento in quanto parte dal presupposto errato che propoli è solo una
sostanza vegetale e diviene un prodotto alimentare solo a seguito della trasformazione operata
dall’impresa che l’acquista allo stato grezzo dall’apicoltore.
Invero, la propoli non è una sostanza estranea alla filiera alimentare, dunque sottratt4 ai controlli
richiesti per i prodotti alimentari, in quanto si deve considerare un alimento, trattandosi di materia
prima che rientra in un unico processo di realizzazione di un prodotto alimentare che sorge nel
momento in cui l’apicoltore produce la propoli e la vende alle imprese di trasformazione per
realizzare un integratore alimentare. Il fatto che la propoli allo stato grezzo debba essere
trasformata, non significa che solo dopo la lavorazione essa diventi un prodotto alimentare. La
materia prima “vegetale”è già alimento se viene ceduta per costituire il componente principale di
integratore alimentare.
La propoli allo stato grezzo fa già parte della filiera alimentare essendo destinata, tramite la
successiva lavorazione, a costituire un integratore alimentare. Di conseguenza, già nella prima fase
della sua produzione, occorre osservare le precauzioni volte a salvaguardare il prodotto dell’alveare
dalla contaminazione di sostanza infestati attraverso i necessari accertamenti chimici.
7

consentito di risalire al predetto e alla documentazione acquisita al fascicolo processuale da cui

E l’apicoltore Tomasini sapeva perfettamente quale fosse la destinazione della propoli venduta dalla
Fitofarmacutica Medica srl, essendo un’ impresa che trattava alimenti.
Significativo in proposito è il risultato delle analisi effettuate sui campioni prelevati, come riferito
dal teste Corradetti in dibattimento, (v. sentenza impugnata pag 3) il quale ha attribuito la
contaminazione esclusivamente al momento dell’apicoltura per effetto del possibile impiego da
parte dell’apicultore di cera nuova già contaminata da fitofarmaci, inconsapevolmente venduta dai

contaminazione che si sarebbe propagata in via indiretta nel nettare durante la fase di lavorazione
per diventare miele.
Discende da di tali principi che l’apicultore Tomasini, che ha fornito il prodotto dell’alveare allo
stato grezzo, e lo Scarpellini, che ha provveduto a lavorarlo trasformandolo in prodotto destinato
ad uso alimentare, rivestono la stessa posizione di garanzia. quanto all’adozione della cautele e
controlli previsti dalla legge 238/1969 volti ad evitarne la contaminazione, in conformità del resto
all’indirizzo giurisprudenziale affermatosi secondo cui gli operatori della filiera alimentare sono
parimenti garanti della sicurezza alimentare in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e
della distribuzione.
Quanto invece all’imputato Scarpellini, titolare della Fitofarmaceutica Medica s.r.1., corrente in
Mercato Saraceno, i motivi di ricorso dedotti si incentrano sulla inutilizzabilità dei risultati delle
analisi chimiche dei campioni prelevati in quanto effettuate da laboratorio non accreditato, come
previsto dal d.lgs 156/1997, e in difformità alle modalità e prescrizioni di cui all’art. 233 disp att
c.p.p. e dpr 327/80.
Quanto alla prima doglianza, si osserva che l’effettuazioni delle analisi sui campioni di cibo oggetto
di prelievo ad opera di laboratori accreditati in conformità alle prescrizioni dei regolamenti
comunitari in materia, riguarda le indagini di natura amministrativa concernenti i controlli sugli
alimenti. Nel caso in esame, l’ analisi della lozione di propoli è stata effettuata nell’ambito di
indagine penale volta all’accertamento di sofisticazioni alimentari dei prodotti dell’alveare dal
Corpo di Polizia Forestale su delega del P.M..
Trattandosi di accertamenti eseguiti nel contesto di indagini penali in corso e non di mera attività
amministrativa di controllo e di ispezione, la polizia Giudiziaria poteva liberamente scegliere il
laboratorio cui affidare le analisi dei campioni prelevati, salva la valutazione della loro
attendibilità da parte del giudici di merito, sottratta al sindacato di legittimità.
Quanto poi all’altra doglianza sulla inutilizzabilità processuale dei risultati delle analisi chimiche
per violazione da parte degli ufficiali accertatori e dell’ARPAM degli art. 6,15,16,18 d.p.r. 327/80,
concernenti le modalità di prelevamento di campioni, la comunicazione all’interessato dell’
8

consorzi di apicoltori, da usare all’interno dell’arnia in sostituzione della cera usata,

:

:.
effettuazioni delle analisi, la sua partecipazione, la comunicazione dei referti delle analisi eseguite,
si osserva che l’art. 223 disp att c.p.p. (richiamato dall’art. 4 del D.Lgs. 3 marzo 1993, n. 123 che
contempla una procedura garantita sia per il prelievo dei campioni da analizzare sia per il
quantitativo minimo del campionamento), .prevede, qualora nel corso di attività ispettiva e di
vigilanza si debbano eseguire analisi di campioni, un sistema di garanzie a favore dell’interessato
che si concretizza nell’avviso del giorno del luogo e dell’ora delle analisi, nella possibilità di

si tratti di campioni per i quali non è prevista la revisione in quanto deteriorabili.
Sul punto si è formata una costante giurisprudenza secondo cui in tema di analisi di campioni nel
corso di attività ispettiva e di vigilanza per le quali non sia prevista la revisione, il mancato rispetto
delle formalità volte a garantire la partecipazione della parte interessata al procedimento di analisi
dei campioni prelevati con riferimento ad alimenti deperibili rende inutilizzabili i risultati e i
relativi verbali non possono essere acquisti nel fascicolo del dibattimento (cass sez 3 19.11.2009 n.
2360, 10.2.2010n. 15372).
Si è anche precisato in proposito che il mancato rispetto di tale formalità costituisce una nullità a
regime intermedio di cui all’art. 180 c.p.p., con la conseguenza che, ove non venga ritualmente
dedotta, ovvero dopo la deliberazione della sentenza di primo grado, deve ritenersi legittima
l’acquisizione da parte del giudice del certificato di analisi , che , riguardando sostanze deperibili,
deve essere considerato, al pari del verbale di prelievo dei campioni, atto irripetibile compiuto dalla
P.G. che può essere, come tale. inserito nel fascicolo del dibattimento ed utilizzato come mezzo di
prova. (Cass sez 3, 6.10.2010 n. 36695, rv 248527, 28.6.06 n. 37400).
Quindi l’obbligo dell’avviso all’interessato delle operazioni di analisi sui campioni prelevati,
sussiste solo quando si tratti di alimenti deteriorabili mentre per quelli non deteriorabili tale avviso
non è previsto essendo consentita la possibilità di revisione degli accertamenti.
Nel caso di specie, è pacifico che la sostanza oggetto di accertamenti , non fosse deperibile, di

partecipare all’espletamento e nella comunicazione dell’esito dell’accertamento, a condizioni che

conseguenza non si applicano le prescrizioni, previste dal primo comma dell’art. 223 disp att c.p.p
richiamato dall’art. 4 dlgs 3 marzo 1993, n. 123. solo per le analisi di sostanze non suscettibili di
revisione.
Infondato è anche il motivo concernente il mancato avviso dell’espletamento degli accertamenti al
fine della decorrenza dei termini per la richiesta di revisione, posto che, secondo consolidata
giurisprudenza di questa Suprema Corte, tale termine decorre, in assenza dell’avviso delle analisi
all’interessato, da atto successivo avente valore di equipollente.
“In materia alimentare, il mancato invio dell’avviso del risultato delle analisi effettuate sul
campione di sostanza alimentare non integra una violazione del diritto di difesa, atteso che tale
9

A

o

comunicazione rileva al solo fine della decorrenza del termine per la presentazione dell’istanza di
revisione, decorrente, in assenza del predetto avviso, dall’atto successivo avente valore
equipollente”.

Sez. 3, n. 11567 del 08/03/2006 Ud. (dep. 31/03/2006) Rv. 233567, conformi

Sez. 3, n. 45551 del 15/11/2001 Ud. (dep. 21/12/2001 ) Rv. 220843.
Sul puntola Corte ha inoltre ritenuto che l’omessa notifica del referto, da cui far decorrere il termine
di legge per la richiesta di revisione delle analisi, può essere surrogata dalla notifica degli atti

Alla stregua delle considerazioni svolte e dei principi di diritto richiamati, i ricorsi devono dunque
essere rigettati. Segue per legge la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese
processuali

P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 19.11.2014

giudiziari dai cui fatti/reato si può desumere l’esito sfavorevole delle analisi.

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