Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36504 del 20/06/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 36504 Anno 2013
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PARISI CARLO N. IL 23/02/1972
avverso la sentenza n. 4382/2009 CORTE APPELLO di ROMA, del
28/06/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO PAOLONI;

Data Udienza: 20/06/2013

R.G. 50487/ 2012

Per mezzo del difensore l’imputato Carlo Parisi impugna la sentenza della Corte di Appello di
Roma, che ha confermato la sentenza con cui il Tribunale di Roma lo ha riconosciuto colpevole del reato di
evasione dal regime cautelare degli arresti domiciliari (sorpreso in strada nei pressi della sua abitazione
intento a parlare con alcune persone e comunque senza aver dato previo avviso al Commissariato di P.S. del
suo autorizzato trasloco in diversa abitazione) e gli ha inflitto la pena di otto mesi di reclusione.
Col ricorso si deduce erronea applicazione degli artt. 495 e 603 c.p.p. in relazione alla mancata
assunzione (con parziale rinnovazione dell’istruttoria) di prova decisiva, rappresentata dalla testimonianza di
uno degli agenti di p.s. operanti e dall’esame dell’imputato, cui la Corte territoriale ha ritenuto
impropriamente esservi stata implicita rinuncia difensiva a seguito della adesione all’esame dell’agente
Zanghi (in luogo dell’agente Merlini), avendo altresì il giudice di primo grado revocato l’ordinanza
ammissiva dell’esame dell’imputato nell’udienza dibattimentale di differimento celebrata ritualmente in sua
dichiarata contumacia. In tal modo sarebbe stato vulnerato il diritto alla (contro) prova dell’imputato e i
giudici di appello, respingendo l’istanza di parziale rinnovazione della istruttoria, non hanno colmato la
lacuna derivante dall’incompleta conoscenza dei dati storici della regiudicanda con riguardo alla
ricostruzione dell’effettiva condotta del ricorrente.
I motivi di censura sono manifestamente infondati.
Premesso che l’imputato non ha impugnato con la sentenza anche l’ordinanza del Tribunale che ha
revocato l’ammissione delle prove dichiarative superflue, il diritto alla prova riconosciuto dall’art. 190.1
c.p.p. implica la corrispondente attribuzione del potere di escludere le prove palesemente superflue e
irrilevanti, secondo una verifica di esclusiva competenza del giudice di merito, che sfugge al sindacato di
legittimità quando abbia formato oggetto di motivazione, che -come si desume dalla sentenza impugnatarisulti immune da vizi logici e giuridici. Il ricorso non prospetta, al di là di mere congetture, specifici dati
focalizzanti la concreta rilevanza (decisività ex art. 606.1 -lett. d- c.p.p.), per la disamina del contegno
dell’imputato, delle dichiarazioni del secondo agente operante e dello stesso imputato. Nel caso di specie la
vocatio in iudicium è avvenuta nelle forme della citazione diretta a giudizio da parte del p.m. (donde
l’irrilevanza del non cogente protocollo operativo regolante le udienze dibattimentali nel Tribunale di Roma,
essendosi per altro svolta, nella specie, una prima udienza interlocutoria), il diritto dell’imputato
all’ammissione delle prove a discarico di cui all’art. 495 co. 2 c.p.p. non può non essere coordinato con il
potere attribuito al giudice dal 4° comma dell’art. 495 di revocare l’ammissione di prove superflue. Tale
potere, esercitato dal giudice in base alle acquisizioni istruttorie, prescinde dall’eventuale assenso delle parti
ed è ben più ampio di quello che gli è riconosciuto all’inizio del dibattimento, fase processuale regolata dal
più circoscritto criterio delibativo dettato dall’art 190 co. 1 c.p.p. (richiamato dall’art. 495 co. 1 c.p.p.), in
base al quale il giudice può non ammettere le sole prove vietate dalla legge o quelle che “manifestamente”
risultino superflue o irrilevanti. Ne discende che la censura di mancata ammissione di una prova decisiva si
risolve in una verifica della logicità e congruenza della relativa motivazione correlata al materiale probatorio
raccolto e apprezzato. Può solo aggiungersi che comunque l’esercizio del potere di rinnovazione istruttoria
si sottrae, per la sua natura discrezionale, a scrutinio di legittimità, nei limiti in cui la decisione del giudice
di appello (tenuto a giustificazione la sola ammessa rinnovazione) presenti una struttura argomentativa
indicante l’esistenza di fonti sufficienti per una compiuta e logica valutazione in punto di responsabilità
(Cass. Sez. 6, 18.12.2006 n. 5782, Gagliano, rv. 236064; Cass. Sez. 6, 21.5.2009 n. 40496, Messina, rv.
245009). A tali considerazioni non fanno velo i rilievi critici enunciati nella memoria difensiva del
ricorrente (depositata il 14.6.2013), con cui si richiamano i motivi di impugnazione.
All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e dell’equa somma di euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Roma, 20 giugno 20 3

Motivi della decisione

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