Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36492 del 23/06/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 36492 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RESTUCCIA GIUSEPPE N. IL 15/11/1961
avverso l’ordinanza n. 535/2014 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 03/12/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;
10e/sentite le conclusioni del PG Dott./tiPtio PlA/F4/

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UdibiedifensoreAvv.4
ic-Gt9A4 42)- z-r-c45.-z4-.0.

Data Udienza: 23/06/2015

Ritenuto in fatto
1. Ricorre per cassazione, personalmente, Restuccia Giuseppe avverso l’ordinanza in
data 3.12.2014 dal Tribunale del riesame di Reggio Calabria che annullava il
provvedimento in data 2.6.2014 del G.i.p. del Tribunale di Palmi con cui era stata
rigettata la richiesta di applicazione della custodia cautelare carceraria nei confronti
del predetto per reati di cui agli artt. 99, 110 c.p. e 73 comma 4 dPR 309/1990
(coltivazione di circa 184 piante di marjuana e detenzione a fini di spaccio di 4

applicando al medesimo la misura degli arresti domiciliari.
2. Deduce la violazione di legge ed il vizio motivazionale contestando le valutazioni
svolte dal Tribunale reggino del materiale probatorio acquisito, offrendo alternative
versioni dei fatti e protestando la totale sua ignoranza sia dell’allaccio abusivo di E.E.,
(operata dal defunto fratello Adriano ed utilizzato dal fratello Domenico per
l’alimentazione delle lampade alogene situate nel capannone), effettuato all’esterno
della sua abitazione (tanto che sua moglie, inizialmente arrestata, veniva subito
liberata),’

i due accessi del ricorrente nel capannone rilevato dai CC non

implicavano la dimostrazione della sua presenza nell’area della serra, frutto di mera
congettura. Inoltre, la sua assenza da casa il giorno degli arresti si spiegava con il
fatto che era al lavoro. Ancora, egli non aveva alcuna disponibilità dell’area in cui
insisteva la serra, ricavata nel retrobottega del capannone ed il cui accesso era
precluso a chiunque non disponesse delle chiavi.
Considerato in diritto
3.11 ricorso è infondato e va respinto.
4. In tema di misure cautelari personali, l’insussistenza (o meno) dei gravi indizi di
colpevolezza e delle esigenze cautelari è rilevabile in cassazione soltanto se si traduce
nella violazione di specifiche norme di legge od in mancanza o manifesta illogicità
della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato. Il controllo di
legittimità, in particolare, non riguarda né la ricostruzione dei fatti, né
l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e
concludenza dei dati probatori, per cui non sono consentite le censure che, pur
formalmente investendo la motivazione, si risolvono in realtà nella prospettazione di
una diversa valutazione di circostanze esaminate dal giudice di merito. Da ciò
derivando che, ove venga denunciato, con ricorso per cassazione il vizio di
motivazione del provvedimento cautelare in ordine alla consistenza dei gravi indizi di
colpevolezza, alla Corte di legittimità spetta solo il compito di verificare se il giudice di
merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare
o negare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la
congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti

involucri contenenti ciascuno 1,6 Kg. di marijuana nonché di furto aggravato di E.E.),

rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento
delle risultanze probatorie.
E nel caso di specie è stata con congrua motivazione rilevata la sussistenza dei gravi
indizi di colpevolezza in ordine ai reati contestati alla luce del rilevato accesso del
ricorrente, la cui abitazione è posta nelle immediate adiacenze del capannone, in data
28.5.2014 nell’area interessata (serra) dalla coltivazione delle piante di stupefacente
(come da foto allegate all’ordinanza impugnata): a tanto si aggiungono gli ulteriori

dell’abitazione del ricorrente e della sua irreperibilità dal giorno in cui si presentarono
i militari.
Peraltro, le censure sono di puro fatto, laddove tendono a sovrapporre una diversa
valutazione delle risultanze processuali, rispetto a quella compiuta, con congrua
motivazione, dai Giudici di merito e, pertanto, improponibili nel giudizio di legittimità
e a prospettare indimostrate ed indimostrabili, anche sotto il profilo logico, tesi
difensive alternative.
Invero, “esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una rilettura degli
elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via
esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di
legittimità, la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata,
valutazione delle risultanze processuali” (Cass. Pen. Sez. Un. 30.4.1997, Dessimone).
6. Consegue il rigetto del ricorso e, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Deve disporsi che copia del presente provvedimento venga immediatamente
trasmesso, a cura della cancelleria, al competente Tribunale Distrettuale del riesame
di Reggio Calabria, per gli adempimenti di cui all’art. 92 delle norme di attuazione del
c.p.p..

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La Corte dispone, inoltre, che copia del presente provvedimento sia trasmesso al
competente Tribunale Distrettuale del riesame perché provveda a quanto stabilito
nell’art. 92 disp. att. c.p.p.. Manda alla cancelleria per gli immediati adempimenti a
mezzo fax.
Così deciso in Roma, il 23.6.2015

dati oggettivi, convergenti, dell’allaccio abusivo al capannone dell’elettricità all’esterno

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