Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36488 del 20/06/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 36488 Anno 2013
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BELTRAME SERENELLA N. IL 11/08/1959 parte offesa nel
procedimento
c/
SAMEK LODO VICI RENATO
CASTELLI CLAUDIO
MANINI FRANCESCO
riigfi /gra L19 y-~946R_
r\WrePeWirf-a(igt- 2594/2012 GIP TRIBUNALE di BRESCIA, del
15/09/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO PAOLONI;

Data Udienza: 20/06/2013

R.G. 50035/ 2012

I

Aderendo alla richiesta del procedente p.m., il g.i.p. del Tribunale di Brescia con
decreto emesso ai sensi dell’art. 410 co. 2 c.p.p., dichiarata inammissibile l’interposta
opposizione della persona offesa (per difetto di pertinenza delle prospettate indagini
integrative), ha disposto l’archiviazione del procedimento penale iscritto per il reato di abuso
di ufficio nei confronti dei magistrati del Tribunale di Milano Renato Samek Lodovici,
Claudio Castelli, Francesco Manini e per il reato di omessa denuncia (art. 361 c.p.) nei
confronti dei magistrati milanesi Giuseppe Tarantola e Livia Pomodoro su denuncia
presentata dalla persona offesa avv. Serenella Beltrame, già magistrato ordinario
(denuncia prefigurante “presunti abusi commessi ai suoi danni da parte di magistrati in
servizio presso la Corte di Appello di Milano, che nel tempo si sono occupati del
procedimento amministrativo all’esito del quale la denunciante è stata dichiarata decaduta
dall’impiego” nel 2006).
La denunciante persona offesa impugna per cassazione il provvedimento del g.i.p.,
deducendone l’illegittimità sotto articolati profili (in sintesi: violazione delle regole del
contraddittorio camerale per mancata fissazione dell’udienza prevista dall’art. 409 co. 2
c.p.p.; erronea valutazione dei mezzi integrativi di indagine prospettati con l’atto di
opposizione alla richiesta di archiviazione del p.m.).
Il ricorso è in via pregiudiziale inammissibile, poiché è stato proposto personalmente
dalla Beltrame nella sua veste di persona offesa. Per la valida instaurazione del giudizio di
legittimità trova applicazione la regola dettata dall’art. 613 c.p.p., secondo cui -ad eccezione
delle parti processuali in senso tecnico- l’atto di impugnazione deve essere sottoscritto da
difensori inseriti nell’apposito albo speciale della Corte di Cassazione, atteso che alla persona
offesa non compete la qualificazione soggettiva di parte processuale e che le altre parti
private diverse dall’imputato non possono stare in giudizio (art. 100 co. 1 c.p.p.) se non col
ministero di difensore munito di specifico mandato defensionale ancorché non integrato da
procura speciale (cfr., ex plurimis: Cass. S.0 . 27.9.2007 n. 47473, Lo Mauro TV. 237854; CaSS.
Sez. 6, 5.2.2010 n. 7956, P.O. in proc. Pellegatta, rv. 246140; Cass. Sez. 6, 13.4.2012 n. 22025,
P.O. in proc. Cotroneo, rv. 252873). Disciplina applicabile anche nel caso in cui la persona
offesa rivesta essa stessa la qualità di difensore iscritto nell’albo speciale (Cass. Sez. 6,
30.1.2008 n. 25790. P.O. in proc. Poddighe, rv. 241238).
A tali rilievi non possono far velo le osservazioni espresse con due memorie, corredate
da documenti, depositate dalla ricorrente (il 30.4.2013 e il 31.5.2013) ed afferenti in
prevalente misura al merito fattuale della vicenda oggetto della sua denuncia.
Alla dichiarata inammissibilità del ricorso segue per legge (art. 616 c.p.p.) la condanna
della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa
delle ammende, che si reputa equo fissare in euro 500,00 (cinquecento).
P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro cinquecento in favore della cassa delle ammende.
Roma, 20 giugno 20

Motivi della decisione

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