Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36481 del 26/02/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 36481 Anno 2015
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: FOTI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SIMONETTI ALESSANDRA N. IL 10/10/1983
avverso l’ordinanza n. 1/2013 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
TARANTO, del 09/06/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO FOTI;
lette/se# le conclusioni del PG Dott. A-g -foN t O 01,I
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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 26/02/2015

^.,

-1- Con ordinanza del 9 giugno 2014, la Corte d’Appello di Lecce, sezione distaccata di
Taranto, ha rigettato la richiesta di riparazione per ingiusta detenzione avanzata da Simonetti
Alessandra in relazione alla custodia cautelare, in regime di arresti domiciliari, disposta dal
Tribunale di Taranto (per il reato di cui agli artt. 81, 110 cod. pen. e 73 co. 6 del d.p.r.
n.309/90) su appello proposto dal PM avverso il provvedimento del Gip di rigetto della
richiesta di applicazione della custodia cautelare in carcere.
Secondo l’ipotesi accusatoria, alimentata dalle dichiarazioni di Petrera Francesco, la
Simonetti aveva, in concorso con altri, tra i mesi di settembre e novembre del 2008, detenuto
e ripetutamente ceduto a terzi, in particolare al Petrera, sostanza stupefacente del tipo cocaina
per quantità corrispondenti ad un valore oscillante tra i 40,00 ed i 100,00 euro alla volta.
Da tali vicende la donna ed i sui coimputati sono stati in seguito assolti dal Tribunale di
Taranto per insussistenza del fatto. Ha specificato la corte territoriale che il Petrera, che
costituiva la principale fonte d’accusa, in dibattimento (sentito ex art. 210 cod. proc. pen.) si
era avvalso della facoltà di non rispondere; di qui, la sentenza assolutoria.
-2- La corte territoriale ha rigettato l’istanza di riparazione, avendo ritenuto che la
richiedente avesse, con la propria condotta, connotata da colpa grave, nei termini intesi
dall’art. 314 cod. proc. pen., contribuito al mantenimento del provvedimento restrittivo.
Nel motivare le ragioni di tale convincimento, la stessa corte ha richiamato quanto emerso
nel corso delle indagini ed i contenuti della sentenza di questa Corte, di rigetto del ricorso
proposto dalla Simonetti avverso l’ordinanza del tribunale applicativa della misura cautelare;
ha altresì rilevato che costei, pur al corrente delle accuse rivoltele dal Petrera, si era avvalsa
della facoltà di non rispondere, in tal guisa avendo posto in essere, a giudizio del giudice
della riparazione, una condotta omissiva che aveva contribuito al mantenimento della
custodia cautelare.
-3- Avverso la citata ordinanza, propone ricorso per cassazione, per il tramite del difensore,
la Simonetti, che deduce il vizio di erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 314 cod.
proc. pen. con riguardo alla ritenuta sussistenza del presupposto della colpa grave, costituente
causa impeditiva al riconoscimento del diritto all’indennizzo.
-4- Con memoria pervenuta presso la cancelleria di questa Corte, l’Avvocatura Generale
dello Stato, costituitasi per il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha chiesto il rigetto
del ricorso.

Considerato in diritto.
Il ricorso è fondato.
-1- Secondo l’insegnamento di questa Corte, in tema di riparazione per ingiusta detenzione,
la condizione ostativa al riconoscimento del diritto all’indennizzo, rappresentata dall’avere il
richiedente dato o concorso a dar causa, per dolo o colpa grave, all’adozione del
provvedimento restrittivo, deve manifestarsi con comportamenti concreti, precisamente
individuati, che il giudice di merito è tenuto ad apprezzare, in modo autonomo e completo, al
fine di stabilire, con valutazione “ex ante”, non se essi abbiano rilevanza penale, bensì solo se
si siano posti come fattore condizionante rispetto all’emissione del provvedimento di
custodia cautelare.
A tal fine egli deve prendere in esame tutti gli elementi probatori disponibili, relativi alla
condotta del soggetto, sia precedente che successiva alla perdita della libertà, al fine di
stabilire se tale condotta abbia, o meno, determinato, ovvero anche contribuito alla formazione di un quadro indiziario che ha provocato l’adozione o la conferma del provvedimento
restrittivo. Di guisa che, non ha diritto all’equa riparazione per la custodia cautelare sofferta
chi, con il proprio comportamento, anteriore o successivo alla privazione della libertà

Ritenuto in fatto.

P.Q.M.
Annulla la impugnata ordinanza con rinvio alla Corte d’Appello di Lecce per nuovo esame.
Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2015.

personale (o, in generale, a quello della legale conoscenza di un procedimento penale a suo
carico), abbia dato o concorso a darvi causa per dolo o colpa grave. Viceversa, l’indennizzo
deve essere accordato a chi, ingiustamente sottoposto a provvedimento restrittivo, non sia
stato colto in comportamenti di tal genere.
Ovviamente, nell’un caso e nell’altro, il giudice deve valutare attentamente la condotta del
soggetto, indicare i comportamenti esaminati e dare congrua e coerente, sotto il profilo
logico, motivazione delle ragioni per le quali egli ha ritenuto che essi debbano, ovvero non
debbano, ritenersi come fattori condizionanti e sinergici rispetto all’adozione del provvedimento restrittivo. Condotte di tal genere possono essere di tipo extra processuale (grave
leggerezza o trascuratezza tale da avere determinato l’adozione del provvedimento
restrittivo) o di tipo processuale (autoincolpazione, silenzio consapevole sull’esistenza di un
alibi) che non siano state escluse dal giudice della cognizione.
-2- Orbene, nel caso di specie la corte distrettuale non si è attenuta a tali principi, nel senso
che la stessa non ha indicato quali concreti comportamenti, caratterizzati da colpa grave o
dolo, ostativi all’accoglimento dell’istanza riparatoria, abbia posto in essere la Simonetti,
ovvero li ha indicati in maniera impropria.
La stessa corte ha, invero, richiamato il contesto indiziario raccolto a carico dell’indagata,
senza considerare, tuttavia, che oggetto d’indagine, nel giudizio di riparazione, non è tanto la
ricostruzione, pur utile e talvolta necessaria, del quadro indiziario che ha determinato
l’adozione del provvedimento cautelare, bensì la verifica della sussistenza di eventuali
condotte, dolose o gravemente colpose, poste in essere dall’istante, tali da avere anche solo
contribuito alla costituzione di detto quadro. Sotto tale ultimo profilo, nulla è stato
sostanzialmente esplicitato dalla corte territoriale, posto che non sono stati indicati i
comportamenti della odierna ricorrente, dolosi o gravemente colposi, che avrebbero contribuito a determinare l’adozione del provvedimento restrittivo, né, tanto meno, è stato individuato l’apporto causale che a detto provvedimento quei comportamenti avrebbero fornito.
Unica concreta indicazione in tal senso è rappresentata dalla condotta processuale della
Simonetti, che si è avvalsa della facoltà di non rispondere, in relazione alla quale, tuttavia,
deve osservarsi che, se è vero che essa, persino quando rappresenti il legittimo esercizio di
tale facoltà, può essere oggetto di valutazione da parte del giudice della riparazione, è anche
vero che tale valutazione non può prescindere, non solo dal completo esame degli elementi
indiziari posti a base del provvedimento restrittivo, ma anche dalla verifica dell’incidenza
che una consapevole e completa collaborazione dell’imputato avrebbe potuto avere in termini
di contrasto dell’ipotesi accusatoria o anche solo di ridimensionamento della stessa.
Verifica del tutto omessa, nel caso di specie, dal giudice della riparazione il quale, peraltro,
pur avendo sostenuto che con la condotta censurata la ricorrente aveva posto in essere “una
condotta omissiva concorrente al mantenimento della custodia cautelare”, non ha per nulla
considerato se, quanto ed in che termini, detta condotta possa avere concorso anche
all’adozione del provvedimento restrittivo.
L’ordinanza impugnata, dunque, presenta una motivazione illogica e non in linea con i
principi di diritto elaborati in materia da questa Corte, di guisa che essa deve essere annullata
con rinvio, per nuovo esame, alla Corte d’Appello di Lecce, cui deve rimettersi il
regolamento, tra le parti, delle spese del presente giudizio.

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