Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3648 del 06/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3648 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CHEODARCI MARCO N. IL 20/07/1963
avverso l’ordinanza n. 12/2013 GIP TRIBUNALE di MILANO, del
07/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LORENZO ORMA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dpa. cekl e,ytz

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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 06/11/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Il GIP presso il Tribunale di Milano ha convalidato, con ordinanza 7.2.2013, il
Decreto del Questore emesso il 29.1.2013 con cui era stato imposto a Cheodarci
Marco di accedere agli impianti sportivi secondo precise modalità ivi indicate e di
presentarsi alla Polizia trenta minuti dopo l’inizio e trenta minuti prima della fine di
ogni incontro di calcio del Milan in campionato, nei trofei e nelle partite di coppa.
Il GIP ha motivato la convalida in considerazione del fatto che il Cheodarci

il suo comportamento integrava gli estremi della violazione di cui all’art. 2 bis del DL n.
8/2007.
Il Cheodarci – tramite difensore – ricorre per cassazione denunziando:
2.1

1 della legge n. 401 e successive

la violazione dell’art. 6 comma

modificazioni e dell’art. 2 bis della legge n. 41/07 sotto il profilo della non
riconducibilità della condotta attribuita al prevenuto nell’elencazione tassativa del
citato art. 6.
2.2 II difetto di motivazione in merito alle ragioni per cui l’interessato debba
presentarsi alla autorità di polizia due volte in occasione delle partite di calcio del
Milan.
Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Va premesso che tra le condotte in relazione alle quali l’art. 6, comma 1, della
legge n. 401 del 1989 prevede, ove sia intervenuta denuncia o condanna, il potere del
Questore di disporre, unitamente al divieto di accesso ai luoghi di svolgimento delle
manifestazioni sportive, l’obbligo di presentazione nell’ufficio o comando di polizia
competente, rientra, testualmente, anche quella di avere “incitato, inneggiato o
indotto alla violenza”; ed infatti, questa Corte ha già affermato, sulla scorta appunto
del dato testuale appena richiamato, che tra i fatti che a norma della legge n. 401 del
1989, art. 6 e successive modificazioni, possono giustificare l’adozione del
provvedimento di divieto di accesso agli stadi e, quindi, quello strumentale di
presentazione ad un ufficio di polizia, è contemplato anche il comportamento di colui il
quale in qualsiasi modo, in occasione di manifestazioni sportive, inciti, inneggi o induca
alla violenza. Le condotte innanzi descritte, qualora siano in concreto idonee,
configurano, se non accolte, delitto di istigazione a delinquere e, se accolte, il concorso
nel delitto istigato. Peraltro, la formulazione della norma consente di ritenere che la
categoria dei fatti in questione possa essere sganciata dalla necessità di una denuncia
per istigazione a delinquere o per concorso nel delitto istigato ed essere applicata alla
sola condizione che si tratti di comportamento specifico attribuito al soggetto, idoneo
all’incitamento alla violenza. Siffatta interpretazione discende infatti, si è aggiunto,

2

esponeva nella curva sud dello Stadio uno striscione inneggiante alla violenza e quindi

dalla volontà del legislatore il quale, con una norma d’interpretazione autentica (art.2
bis del d.l. n. 336 del 2001, convertito con modifiche nella I. n. 377 del 2001), ha
stabilito che per incitamento, inneggiamento e induzione alla violenza deve intendersi
la specifica istigazione alla violenza in relazione a tutte le circostanze indicate nella
prima parte dell’ art. 6, comma 1, I. n. 401 del 1989. Il requisito richiesto è costituito
quindi dalla specificità del comportamento e dall’idoneità di esso ad incitare alla
violenza ossia a turbare la tranquilla competizione sportiva, implicando, peraltro, tali

affette da vizi logici o giuridici (cfr. Sez. 3, n. 12137 del 16/01/2008, Ferrari, non
massimata).
Ne consegue pertanto come anche l’esposizione di striscioni o scritte ben possa
essere ricondotta tra le condotte contemplate dall’art. 6 a condizione che il contenuto
dei medesimi sia idoneo, appunto, ad incitare od indurre alla violenza.
Questa stessa Corte, del resto, se ha ritenuto non correttamente operata la
convalida laddove lo striscione esposto abbia avuto contenuto semplicemente
insultante o diffamatorio proprio perché esulante dalla sfera applicativa della norma (si
vedano in proposito Sez. 3, n. 27284 del 15/06/2010, Arnetta, non massimata, e Sez.
2, n. 29581 del 01/07/2003, Troise, Rv. 225417), ha, in altro senso, ritenuta integrata
la condotta giustificativa del provvedimento di comparizione laddove la scritta abbia
presentato effettivo contenuto istigatorio (cfr. la già richiamata Sez. 3, n. 12137 del
16/01/2008, Ferrari, non massimata).
Premesso dunque quanto sopra, nella specie il Giudice della convalida appare
avere fatto corretta applicazione dei suddetti principi, laddove, in considerazione del
fatto che lo striscione, lungi dall’avere contenuto semplicemente offensivo, inneggiava
a personaggi implicati e condannati per il reato di omicidio di un Ispettore di Polizia in
occasione di disordini intervenuti durante una partita di calcio, ha ravvisato, nei
confronti dell’interessato, quale uno degli autori dell’esposizione dello striscione, la
suddetta necessaria componente istigatoria, tenuto conto, tra l’altro, del contesto
espositivo, di altissima ed esasperata competitività, e della idoneità a raggiungere un
numero elevatissimo di persone.
Va aggiunto che questa stessa Corte ha ritenuto, proprio con riferimento ad uno
striscione inneggiante ad un fatto-reato esposto all’interno di uno stadio,
correttamente motivata la ritenuta sussistenza del reato di istigazione a delinquere, in
tal modo confermandosi, per quanto qui rileva, la natura di incitamento alla violenza
della scritta di specie, quando l’esaltazione del reato, finalizzata a spronare altri
all’imitazione, sia concretamente idonea, per le sue modalità, a provocare la
commissione di delitti (Sez. 1, n. 25833 del 23/04/2012, Testi, Rv. 253101).

2. Il secondo motivo è infondato perché, mentre il divieto di accesso agli
impianti sportivi ha una portata ampia, essendo esteso a tutti gli impianti del territorio

3

concetti, valutazioni di fatto che si sottraggono al sindacato di legittimità ove non

nazionale e degli stati membri dell’Unione Europea, l’obbligo di presentazione alla
Polizia – contrariamente a quanto affermato dal ricorrente – non contiene alcuna
estensione alle partite disputate fuori casa, mentre per le partite giocate in casa
appare senz’altro congruo, tenuto conto appunto della ratio della misura, finalizzata ad
evitare effettivamente (ad ulteriore presidio del divieto di accesso formalmente
imposto) che l’interessato possa presentarsi allo stadio durante la competizione
sportiva.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 6.11.2013.

P.Q.M.

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