Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36478 del 23/06/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 36478 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

Data Udienza: 23/06/2015

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SANTORO FRANCESCO N. IL 21/03/1985
avverso la sentenza n. 1539/2012 CORTE APPELLO di LECCE, del
08/05/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/06/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UMBERTO MASSAFRA
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Udito il Procuratore Generale in persona del
9v–che ha concluso per eficAlgt~”…1„:

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Udito, per la parte civile, l’ vv
Udit i difensor Avv.

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Ritenuto in fatto
1. Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Santoro Francesco avverso la
sentenza emessa in data 8.5.2014 dalla Corte di appello di Lecce che, in parziale
riforma di quella del Tribunale di Brindisi, Sezione distaccata di Francavilla Fontana, in
data 14.2.2012, riduceva, con le attenuanti generiche equivalenti all’aggravante
contestata, la pena inflitta al medesimo in relazione al reato di omicidio colposo
aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale di cui al capo a)

giorni venti di arresto ed C 500,00 di ammenda per il reato di cui all’art. 186 comma 2
lett. c) C.d.S. (capo b) ed il beneficio della sospensione condizionale della pena oltre
alle statuizioni civili (fatti del 26.5.2007 con decesso della vittima il 28.6.2007).
2. Al Santoro era stato contestato di aver, per colpa generica e specifica ed in
particolare per aver omesso di regolare la velocità del veicolo in modo da evitare ogni
pericolo per la sicurezza delle persone ed aver condotto la propria autovettura a
velocità in stato di ebbrezza alcoolica e trasportato un passeggero in più del numero
consentito, perdendo il controllo del mezzo in prossimità di una curva e collidendo con
un muretto a secco, cagionato la morte del passeggero Delli Santi Marco.
I fatti venivano ricostruiti dal primo giudice sulla scorta della deposizione del
passeggero sopravvissuto Arganese Antonio e delle tracce di scarrocciamento
impresse dall’auto nell’area del sinistro, delle abrasioni trasversali trovate
sull’asfalto, e precisamente nei termini di cui alla ricostruzione offerta dal
m.11o Quarta: l’auto, nell’affrontare una curva destrorsa sbandava ed urtava
contro un muretto a secco sul ciglio della carreggiata. A seguito di diversi
capovolgimenti, il passeggero Detti Santi ed il terzo occupante Arganese
erano stati sbalzati fuori mentre il Santoro, che era alla guida, rimaneva
incastrato nel mezzo, anche a causa della deformazione e dello
schiacciamento subiti dal tettuccio dell’auto all’altezza della postazione di
guida. L’elevato tasso di alcool nel sangue accertato dopo il ricovero in
ospedale del Santoro non era mai stato da questi in alcun modo contestato.
Il Santoro risultava, altresì, essere il figlio convivente della proprietaria
dell’autovettura coinvolta nell’incidente e anche tale circostanza doveva
essere apprezzata al fine di ritenere che fosse proprio l’imputato alla guida
del mezzo.
Le gravissime lesioni riportate dal Detti Santi, come appurato dal CTU
nominato dal PM, Dott. Antonio Carusi, il quale aveva proceduto all’esame
autoptico e necroscopico sul corpo della vittima ed esaminato gli atti relativi
al ricovero del Delli Santi (deceduto un mese dopo l’incidente), erano state
senz’altro la causa del decesso del Detti Santi.
3. Il ricorrente articola i motivi di seguito sinteticamente riportati:
2

della rubrica, ad anni uno e mesi quattro di reclusione confermando la condanna a

3.1. la violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione alla valutazione
dell’attendibilità del teste Arganese;
3.2. la violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione alla rilevanza penale
della deposizione de relato del teste m. llo Quarta Domenico e alla mancata
concessione della rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale per l’escussione del teste
Fabbozzi Carlo;
3.3. la violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione al nesso causale e la

dott. Carusi.
3.4. la violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione all’art. 62 n. 5 c.p.;
3.5. la violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione alla mancata riduzione
della pena al minimo edittale;
3.6. la violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione al criterio di mera
equivalenza tra circostanze adottato, che avrebbe potuto essere, invece, quello della
prevalenza delle attenuanti.
Considerato in diritto
4. Va rilevato, in via preliminare, che il reato contravvenzionale di cui al capo b) è
rimasto estinto per prescrizione alla data del 26.5.2012 (ex artt. 157 e 161 c.p. nella
vigente formulazione), e quindi già prima dell’emissione della sentenza impugnata, in
assenza di periodi di sospensione per una durata utile ad oggi e di cause di
inammissibilità, né ravvisandosi elementi che impongano con evidenza un
proscioglimento nel merito ai sensi dell’art. 129,

20 comma c.p.p.. Consegue

l’annullamento della sentenza impugnata senza rinvio sul punto predetto con
eliminazione della relativa pena di giorni venti di arresto ed C 500,00 di ammenda.
5. Per il resto il ricorso è infondato e dev’essere respinto.
6. Le censure addotte sub 3.1., 3.2. (in parte), 3.3. (in parte) nonché sub 3.4. sono
reiterative di analoghe doglianze prospettate in sede di appello e da quel giudice
disattese motivazione compiuta e congrua, immune da vizi ed assolutamente
plausibile della quale non viene tenuto il debito conto, onde tali motivi si devono
considerare non specifici in quanto, la mancanza di specificità del motivo dev’essere
apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la
mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e
quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le
esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità (Cass. pen.
Sez. IV, 29.3.2000, n. 5191, Rv. 216473 e successive conformi, quale: Sez. II,
15.5.2008 n. 19951, Rv. 240109), non trascurandosi che la motivazione deve
ritenersi integrata da quella di primo grado, come, del resto, enunciato
espressamente dalla sentenza impugnata.

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mancata assunzione di una prova decisiva in relazione all’omessa audizione del CTU

Anche l’invocata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale per l’escussione del teste
Fabbozzi, mai richiesta in sede in dibattimento di primo grado, è stata disattesa con
motivazione corretta e congrua avendo la Corte escluso di non potere decidere allo
stato degli atti.
L’audizione del CTU dr. Carusi non risulta esser stata oggetto di richiesta di
rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale e comunque la mancata escussione del
medesimo non rientra nel vizio di mancata assunzione di un prova decisiva ex art.

assunta o non valutata, vizia la sentenza intaccandone la struttura portante (Cass.
pen. Sez. III, n. 27581 del 15.6.2010, Rv. 248105), circostanza che non ricorre nel
caso di specie: né, del resto, risulta che del mezzo di prova in questione, al pari del
precedente, sia stata chiesta l’ammissione a norma dell’art. 495, comma secondo,
cod. proc. pen. (Cass. pen. Sez. I, n. 16772 del 15.4.2010, Rv. 246932).
Inoltre le censure predette sub 3.1. e (nella parte residua) 3.2., tendono ad una
rivalutazione delle risultanze processuali (deposizioni del teste Arganese e del M.Ilo
Quarta) non consentita in sede di legittimità. Invero, secondo il consolidato
orientamento della questa Corte, “esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di
una “rilettura” degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui
apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito” (Sez. Un. n.6402/97,
imp. Dessimone ed altri, Rv. 207944).
Infatti, il nuovo testo dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., come modificato
dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di
apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli “atti del processo”, non ha
alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di legittimità e
non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In questa prospettiva,
non è tuttora consentito alla Corte di Cassazione di procedere ad una rinnovata
valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite,
trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito. Del resto,
si verte in ipotesi di decisione di appello conforme, in ordine all’affermazione di
colpevolezza, a quella di primo grado in cui il limite del devolutum non può quindi
essere superato ipotizzando recuperi in sede di legittimità, salva l’ipotesi in cui il
giudice d’appello, al fine di rispondere alle critiche contenute nei motivi dì gravame,
richiami atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice (Cass. pen., Sez.
II, 15.1.2008, n. 5994; Sez. I, 15.6.2007, n. 24667, Rv. 237207; Sez. IV, 3.2.2009,
n. 19710, Rv. 243636): circostanza non ravvisabile nel caso in esame.
Infine, si rammenta che, per assunto pacifico, la ricostruzione di un incidente stradale
nella sua dinamica e nella sua eziologia -valutazione delle condotte dei singoli utenti
della strada coinvolti, accertamento delle relative responsabilità, determinazione
dell’efficienza causale di ciascuna colpa concorrente- è rimessa al giudice di merito ed
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606 comma 1 lett. d) c.p.p., dal momento che tale è solo quella prova che, non

integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di
legittimità se sorretti da adeguata motivazione, come appunto deve ritenersi nel caso
di specie (ex pluribus, Cass. pen., Sez. IV, n. 37838 dell’1.7.2009, Rv. 245294).
Congrua ed esente da vizi è la motivazione addotta a sostegno del diniego del
riconoscimento dell’impetrata attenuante di cui all’art. 62 n. 5 c.p. dovendosi
escludere l’inserimento dell’imprescindibile comportamento doloso, sotto il profilo
oggettivo e soggettivo, della persona offesa nella serie causale determinatrice

La commisurazione della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito
ed è adeguatamente motivata alla stregua della giurisprudenza di questa Corte di
legittimità secondo la quale il giudice del merito, con la enunciazione, anche sintetica,
dell’eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri indicati nell’art. 133 cod. pen.,
assolve adeguatamente all’obbligo della motivazione: tale valutazione, infatti, rientra
nella sua discrezionalità e non postula un’analitica esposizione dei criteri adottati per
addivenirvi in concreto (da ultimo, Cass. pen. Sez. II, del 19.3.2008 n. 12749 Rv.
239754): e la Corte territoriale ha finanche ridotto la pena inflitta in primo grado nella
misura ritenuta congrua. Del pari, anche la valutazione dei vari elementi in ordine al
giudizio di comparazione delle circostanze, nonché per quanto riguarda in generale la
commisurazione della pena rientra nei poteri discrezionali del giudice il cui esercizio se
effettuato nel rispetto dei parametri valutativi di cui all’articolo 133 c.p. è censurabile
in cassazione solo quando sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico:
evenienza che qui deve senz’altro escludersi.
5. Consegue il rigetto del ricorso nel resto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui all’art. 186 c.
2 lett. c del codice della strada (capo b) per essere il reato estinto per prescrizione ed
elimina la relativa pena di giorni 20 di arresto ed euro 500,00 di ammenda.
Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, il 23.6.2015

dell’evento.

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