Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36477 del 11/06/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 36477 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RIGGIO PASQUALE ANDREA N. IL 28/02/1984
COSTANTINO GIOVANNI N. IL 18/12/1957
MARTINO DOMENICO N. IL 28/02/1965
avverso la sentenza n. 1075/2014 CORTE APPELLO di
CATANZARO, del 08/10/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/06/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UMBERTO MASSAFRA
Udito il Procuratore GAn,erale in persona,delpoU,
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Data Udienza: 11/06/2015

Ritenuto in fatto
1. Ricorrono per cassazione i rispettivi difensori di fiducia di Riggio Pasquale Andrea,
Costantino Giovanni e Marino Domenico avverso la sentenza emessa in data
8.10.2014 dalla Corte di appello di Catanzaro che confermava quella in data
27.11.2013 del G.i.p. del Tribunale di Vibo Valentia con cui i predetti erano stati
condannati per il reato di cui agli artt. 110 e 73 comma 1 dPR 309/1990 (illecita
detenzione in auto di ca. gr. 520 di cocaina) alle rispettive pene di anni 5 e mesi 4 di

14.000,00 di multa (Costantino).
2. Nell’interesse di Riggio Pasquale Andrea e di Martino Giovanni si articolano i motivi
di seguito sinteticamente riportati:
2.1. la violazione di legge ed il vizio motivazionale in ordine alla ritenuta condotta
partecipativa degl’imputati al reato contestato, assumendo la mancata valorizzazione
di elementi probatori favorevoli ai medesimi;
2.2. il vizio motivazionale in relazione al mancato riconoscimento delle attenuanti
generiche.
3. Nell’interesse di Costantino Giovanni si deduce il vizio motivazionale e la violazione
di legge in ordine alla determinazione della pena che avrebbe dovuto essere più
contenuta nei confronti di tale imputato, attesa la sua confessione, lo stato di penale
incensuratezza e le ragioni economiche che lo avevano indotto al reato.
Considerato in diritto
4. I ricorsi sono infondati e vanno respinti.
5. Quanto alla censura sub 2.1., essa mira ad una improponibile rivalutazione della
prova e si risolvono in deduzioni in punto di fatto, insuscettibili, come tali, di aver
seguito nel presente giudizio di legittimità, sottraendosi la motivazione della
impugnata sentenza (che ha ribadito con puntuali osservazioni le risoluzioni del
giudice di primo grado, evidenziando come la partecipazione al reato del Riggio e del
Martino emergesse a chiare note dal tenore dell’intercettazione del 24.9.2012 ad ore
10,54), ad ogni sindacato per le connotazioni di coerenza, di completezza e di
razionalità dei suoi contenuti; peraltro, il vizio motivazionale deve essere evidente,
cioè di spessore tale da risultare percepibile “ictu oculi”, dovendo il sindacato di
legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza. Inoltre,
secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, “esula dai poteri della
Corte di Cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto, posti a sostegno
della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito”
(Cass. pen. Sez. Un. n.6402/97, imp. Dessimone ed altri, Rv. 207944).
Per non dire che si verte in ipotesi di decisione di appello conforme, in ordine
all’affermazione di colpevolezza e al trattamento sanzionatorio, a quella di primo
grado in cui il limite del devolutum non può quindi essere superato ipotizzando
2

reclusione ed C 20.000,00 di multa (Riggio e Martino) e di anni 4 di reclusione ed C

recuperi in sede di legittimità, né il giudice d’appello, al fine di rispondere alle critiche
contenute nei motivi di gravame, risulta aver fatto richiamo ad atti a contenuto
probatorio non esaminati dal primo giudice (Cass. pen., sez. II, 15.1.2008, n. 5994;
Sez. I, 15.6.2007, n. 24667, Rv. 237207; Sez. IV, 3.2.2009, n. 19710, Rv. 243636).
Quanto alle residue censure, correttamente e con congrua motivazione sono state
negate a Riggio e Martino le attenuanti generiche la cui concessione, si rammenta, è
frutto di un giudizio di fatto lasciato alla discrezionalità del giudice, sottratto al

della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche il giudice può
limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello
che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio,
sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del
reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente in tal senso” (Cass.
pen. Sez. II, n. 3609 del 18.1.2011, Rv. 249163): e nel caso di specie vi è stato un
chiaro richiamo ai precedenti penali dei due imputati predetti che è valso a
giustificare anche l’entità della pena inflitta.
Del resto, (Sez. IV, 24 ottobre 2005, n. 1149, Rv. 233187) “nella motivazione della
sentenza il giudice di merito non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte
le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze
processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale
di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni che
hanno determinato il suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni
fatto decisivo; nel qual caso devono considerarsi implicitamente disattese le
deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente
incompatibili con la decisione adottata e ravvisare, quindi, la superfluità delle
deduzioni suddette”.
Inoltre, (quanto alla censura addotta dal Costantino) la commisurazione della pena
rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito ed è adeguatamente motivata
alla stregua della giurisprudenza di questa Corte di legittimità secondo la quale il
giudice del merito, con la enunciazione, anche sintetica, dell’eseguita valutazione di
uno (o più) dei criteri indicati nell’art. 133 cod. pen., assolve adeguatamente
all’obbligo della motivazione: tale valutazione, infatti, rientra nella sua discrezionalità
e non postula un’analitica esposizione dei criteri adottati per addivenirvi in concreto
(da ultimo, Cass. pen. Sez. II, del 19.3.2008 n. 12749 Rv. 239754): nel caso di
specie la motivazione relativa alla quantificazione della pena (pag. 7 sent.) è
estremamente accurata con puntuale analisi della personalità pericolosa degl’imputati
dei quali è stata ritenuto lo stretto collegamento con ambienti delinquenziali operanti
in diversi territori e di capacità organizzativa non trascurabile.

3

controllo di legittimità, al pari della commisurazione della pena, tanto che “ai fini

5. Consegue il rigetto dei ricorsi e, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, addì 11.6.2015

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