Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36475 del 11/06/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 36475 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TOMAT LORIS N. IL 02/09/1978
avverso la sentenza n. 688/2012 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
26/03/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/06/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UMBERTO MASSAFRA
Udito il Procuratore Generale in persona 4e1 poU.
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che ha concluso per gibut.tt.c.i…_;e7,…L1/4
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Data Udienza: 11/06/2015

Ritenuto in fatto
1. Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Tomat Loris avverso la sentenza
emessa in data 26.3.2014 dalla Corte di appello di Trieste che confermava quella del
Tribunale di Tolmezzo in data 29.9.2011 con la quale il predetto era stato
condannato, con attenuanti generiche equivalenti all’aggravante, alla pena
condizionalmente sospesa di mesi sette di reclusione con sospensione della patente di
guida per mesi quattro per il delitto di omicidio colposo con violazione delle norme

2.

Il Tomat, secondo quanto emerge dalla imputazione, nel percorrere la strada

statale numero 52 con direzione di marcia Villa Santina – Socchieve, alla guida di un
autocarro Iveco, svoltando a sinistra per immettersi in Enemonzo via Roma, ometteva
di usare la massima prudenza e di dare la dovuta precedenza al velocipede condotto
da Doriguzzi Zordanin Lino che, provenendo dall’opposta direzione di marcia, urtava
frontalmente contro il serbatoio posto sul lato destro dell’autocarro e in seguito
veniva travolto dalle ruote gemellari posteriori lato destro terzo asse del citato
autoveicolo.
Secondo il giudice di primo grado, nella sua tesi seguito dalla Corte territoriale,
risultava accertato che il Tomat aveva investito il Doriguzzi durante l’attraversamento
della statale, che le tracce di frenata presenti in loco non erano state lasciate dal
camion condotto dall’imputato e che l’impatto tra il ciclista e il camion non era
avvenuto sul serbatoio del camion stesso. La decisione di condanna si fondava
essenzialmente sulla perizia redatta dall’Ing. Amadio la quale illustrava tre possibili
ricostruzioni della condotta di guida dell’imputato tra loro alternative, specificava che i
dati oggettivi sui quali elaborare la dinamica del sinistro non erano sufficienti per
stabilire in modo univoco la modalità dell’investimento e rilevava che, comunque, in
tutte le ipotesi ricostruttive delineate dal perito, vi era un dato incontestabile e cioè
che in ogni caso il conducente del mezzo avrebbe dovuto dare la precedenza al
velocipede sopraggiungente dalla sua destra posto che il Tomat in tutte le ipotesi
ricostruttive delineate aveva a disposizione un campo di visibilità tale da poter
avvistare il ciclista prima di iniziare la svolta.
3. Il ricorrente deduce i motivi di seguito sinteticamente riportati:
3.1. la mancata assunzione di una prova decisiva e l’inosservanza di norma prevista a
pena di nullità ed inutilizzabilità, contestando la ricostruzione del sinistro effettuata
dal perito, priva di calcoli delle forze in gioco, e seguita dal giudice, e ribadendo la
necessità della rinnovazione della perizia come richiesto più volte nel corso del
processo;
3.2. il vizio motivazionale in ordine all’omessa spiegazione della ritenuta attendibilità
della perizia assumendo la sua incompatibilità con lo stato di fatto antecedente il
sinistro;

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sulla circolazione stradale in danno Doriguzzi Zordanin Lino (fatto dell’11.6.2008).

3.3. la violazione di legge in ordine al mancato riconoscimento dell’attenuante del
risarcimento del danno atteso che questo era avvenuto da parte dell’assicurazione e
non vi era prova di manifestazione concreta da parte dell’imputato della volontà di
0-2N riparazione;
3.4. la violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione alla mancata
applicazione del criterio di prevalenza delle attenuanti sulle aggravanti contestate.
Considerato in diritto

5. Sub 3.1. e 3.2. Tali censure sono infondate. Esse tendono, sostanzialmente, ad
una rivalutazione delle risultanze processuali non consentita in sede di legittimità. Al
riguardo, giova sottolineare che, secondo il consolidato orientamento della Suprema
Corte, “esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una “rilettura” degli
elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in
via esclusiva al giudice di merito” (Sez. Un. n.6402/97, imp. Dessimone ed altri, Rv.
207944).
Né la mancata rinnovazione dell’esperimento peritale, vale ad integrare il vizio di cui
all’art. 606 comma 1 lett. d) c.p.p., non potendosi ritenere la riassunzione della
perizia d’ufficio “prova decisiva”: questa è solo quella che, confrontata con le
argomentazioni contenute nella motivazione, si riveli tale da dimostrare che, ove
esperita, avrebbe sicuramente determinato una diversa pronuncia; ovvero quella che,
non assunta o non valutata, vizia la sentenza intaccandone la struttura portante.
Peraltro, la perizia non rappresenta nemmeno u

prova

os uisce il

risultato di un giudizio di fatto che, se sorretto da adeguata motivazione, come nel
caso di specie, è insindacabile in cassazione (Cass. pen. Sez. IV, n. 7444 del
17.1.2013, Rv. 255152). Infatti, la Corte territoriale ha addotto sul punto una
meticolosa e diffusa motivazione (pag. 5 e ss.) in ordine alla sufficienza dell’istruttoria
dibattimentale con specifico riferimento alla valutazione delle risultanze peritali.
Inoltre, il nuovo testo dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., come
modificato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, con la ivi prevista possibilità per la
Cassazione di apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli “atti del
processo”, non ha alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio
di legittimità e non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In questa
prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte di Cassazione di procedere ad una
rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove
acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.
Per non dire che si verte in ipotesi di decisione di appello conforme, in ordine
all’affermazione di colpevolezza, a quella di primo grado in cui il limite del devolutum
non può quindi essere superato ipotizzando recuperi in sede di legittimità, salva

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4. Il ricorso è parzialmente fondato, onde merita accoglimento per quanto di ragione.

l’ipotesi in cui il giudice d’appello, al fine di rispondere alle critiche contenute nei
motivi di gravame, richiami atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo
giudice (Cass. pen., sez. II, 15.1.2008, n. 5994; Sez. I, 15.6.2007, n. 24667, Rv.
237207; Sez. IV, 3.2.2009, n. 19710, Rv. 243636): circostanza non ravvisabile nel
caso in esame.
Infine, si rammenta che, per assunto pacifico, la ricostruzione di un incidente stradale
nella sua dinamica e nella sua eziologia -valutazione delle condotte dei singoli utenti

dell’efficienza causale di ciascuna colpa concorrente- è rimessa al giudice di merito ed
integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di
legittimità se sorretti da adeguata motivazione, come appunto deve ritenersi nel caso
di specie (ex pluribus: Cass. pen. Sez. IV, n. 37838 dell’1.7.2009, Rv. 245294).
Sub 3.4. Anche tale motivo è infondato. La valutazione dei vari elementi per la
concessione delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione
delle circostanze, nonché per quanto riguarda in generale la dosimetria della pena
rientra nei poteri discrezionali del giudice il cui esercizio se effettuato nel rispetto dei
parametri valutativi di cui all’articolo 133 c.p. è censurabile in cassazione solo quando
sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico. Evenienza che qui deve
senz’altro escludersi attesa la congrua motivazione addotta sul punto dal Giudice

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quo che ha richiamato la gravità del fatto.
Sub 3.3. E’ fondata, invece, tale ultima censura.
Invero, le sentenze nn. 46557 del 2004 di questa Sezione, 12760 del 1991 della
Sezione III, 5941 del 2009 delle SS.UU. richiamate sia nell’impugnata sentenza sia
nel ricorso, pur mettendo in rilievo la ricorrenza comunque di un profilo
“volontaristico” nell’attenuante ex art. 62 c.p., n. 6 nel senso che l’intervento
risarcitorio deve essere riferibile all’imputato, hanno concordato con la Corte
Costituzionale (con la sentenza n. 138 del 1998) nel ravvisare la volontà di
riparazione anche nell’avere stipulato un’assicurazione o nell’avere rispettato gli
obblighi assicurativi per salvaguardare la copertura dei danni derivanti dall’attività
pericolosa.
E’ stato in tal modo introdotto un principio di portata generale secondo il quale, ai fini
della sussistenza dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p. il risarcimento, “ancorché
eseguito dalla società assicuratrice, deve ritenersi effettuato personalmente
dall’imputato tutte le volte in cui questi ne abbia conoscenza e mostri la volontà di
farlo proprio” (Fattispecie relativa ad omicidio colposo da incidente stradale) (Sez. IV,
n. 13870 del 6.2.2009, Rv. 243202).
Analogamente, deve ritenersi che l’attenuante in questione debba operare laddove il
risarcimento sia stato effettuato dal datore di lavoro dell’imputato ovvero dalla
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della strada coinvolti, accertamento delle relative responsabilità, determinazione

compagnia assicuratrice del veicolo di sua proprietà e condotto da un suo dipendente,
dal momento che deve ritenersi che quest’ultimo sia necessariamente a conoscenza
dell’efficacia dell’assicurazione obbligatoria per la RCA stipulata a garanzia della
circolazione del mezzo aziendale e condivida gli effetti riparatori della conseguente
attivazione della Compagnia assicurativa a favore del responsabile civile e,
mediatamente, in suo favore. E nel caso di specie il risarcimento è stato eseguito
dalla società assicuratrice su attivazione del responsabile civile, cioè della società

assicurativa.
5. Va annullata, pertanto, la sentenza impugnata limitatamente al punto concernente
il riconoscimento dell’attenuante prevista dall’art. 62 n. 6 c.p. con rinvio su tale punto
alla Corte di Appello di Trieste.
Il ricorso dev’essere, nel resto, rigettato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente al punto concernente il riconoscimento
dell’attenuante prevista dall’art. 62 n. 6 c.p. e rinvia su tale punto alla Corte d’Appello
di Trieste.
Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, addì 11.6.2015

datrice di lavoro dell’imputato, proprietaria del camion, che aveva stipulato la polizza

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