Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36463 del 21/07/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 36463 Anno 2015
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

Data Udienza: 21/07/2015

SENTENZA
Sull’istanza di rimessione ex art. 47 cod. proc. pen proposta
personalmente da Cavani Alberto, n. a Serramazzoni il 26.01.1960,
rappresentato e assistito dall’avv. Egon Bianchi, di fiducia;
letta l’ordinanza della Corte d’appello di Bologna, seconda sezione
penale, n. 4835/2013 in data 19.05.2015 che, a seguito della
proposizione dell’istanza di rinnessione, prendendo atto che l’istanza
non risulta fondata su elementi nuovi rispetto a quella già presentata
in questo stesso procedimento e già respinta dalla Suprema Corte con
ordinanza in data 13-16 gennaio 2015, ha ritenuto non necessario
disporre la sospensione del giudizio ed ha ordinato la trasmissione
degli atti alla Suprema Corte;
rilevata la regolarità degli avvisi di rito;
visti gli atti;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Andrea Pellegrino;

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sentita la requisitoria del Sostituto procuratore generale dott. Roberto
Aniello che ha concluso chiedendo di dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Cavani Alberto presenta istanza di rimessione ad altro giudice e di

sospensione, ai sensi degli artt. 45 e segg. cod. proc. pen., del
processo pendente nei suoi confronti presso la Corte d’appello di
Bologna.
2. L’istanza è fondata sull’allegazione di una generica inimicizia
nutrita dai magistrati e dalle forze dell’ordine di quella località, in
conseguenza di denunce proposte dall’interessato nel corso degli anni
80 e 90, che non avevano condotto ad alcun accertamento ed al
compimento di atti persecutori nei suoi confronti, che inducevano
l’interessato a ritenere impossibile ottenere dinanzi al giudice
territoriale, una serena valutazione dei fatti a suo carico.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Preliminarmente si rileva l’inammissibilità dell’istanza atteso che
non si rinvengono in atti le notifiche prescritte dall’art. 46, comma I e
4 cod. proc. pen..
2.

Nel merito, l’istanza di rimessione appare manifestamente

infondata per assoluta genericità e, come tale, risulta immeritevole di
accoglimento.
3.

Ritiene il Collegio di dover premettere che, secondo la

giurisprudenza di questa Corte, l’istituto della rimessione ha carattere
eccezionale, implicando una deroga al principio costituzionale del
Giudice naturale precostituito per legge e, come tale, comporti la
necessità di un’interpretazione restrittiva delle disposizioni che lo
regolano, in esse comprese quelle che stabiliscono i presupposti per
la “translatio iudícii” (v., Sez. U, sent. n. 13687 del 28/01/2003; Sez.
2, sent. n. 3055 del 03/12/2004).
Ne consegue che, da un lato, per grave situazione locale deve
intendersi un fenomeno esterno alla dialettica processuale,
riguardante l’ambiente territoriale nel quale il processo si svolga e

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connotato da tale abnormità e consistenza da non poter essere
interpretato se non nel senso di un pericolo concreto per la non
imparzialità del Giudice (inteso come l’ufficio giudiziario della sede in
cui si svolga il processo di merito) o di un pregiudizio alla libertà di
determinazione delle persone che partecipano al processo medesimo
e, dall’altro, che i motivi di legittimo sospetto possono configurarsi
solo in presenza di questa grave situazione locale e come

conseguenza di essa.
Si è, poi, affermato che il pregiudizio della libertà di determinazione
delle persone che partecipino al processo si identifica nel
condizionamento che queste persone subiscono in quanto soggetti
passivi di una vera e propria coartazione fisica o psichica che,
incidendo sulla loro libertà morale, imponga una determinata scelta,
quella della parzialità o della non serenità, precludendone altre di
segno contrario (v. Cass., Sez. 6, 10/10/2003, n. 42773).
Si è quindi precisato come “la “grave situazione locale” che
caratterizza l’istituto deve essere necessariamente costituita da un
fenomeno esterno alla dialettica processuale, con caratteristiche tali
da porre in concreto pericolo la libertà di giudizio delle persone che
partecipano al processo, mentre i comportamenti del Giudice ed i
provvedimenti da questi assunti rilevano solo in quanto dipendano
dalla situazione esterna ed assumano valore sintomatico d’una
mancanza di imparzialità dell’intero ufficio giudiziario (v. Cass., Sez.
6, 06/02/2004, n. 44570).
Il legittimo sospetto che impone, quindi, la rimessione del
procedimento ad altro Giudice deve riferirsi all’ufficio giudiziario
inteso nel suo complesso, e non ad un singolo magistrato o ad un
singolo organo collegiale dell’ufficio.
Un quadro referenziale – dunque – di cui diviene coerente esito il
rilievo che, se la richiesta di rimessione deve fondarsi su evenienze
gravi e tali da indurre il timore che a causa di una peculiare
situazione ambientale l’imparzialità dei giudici possa essere incisa e
menomata, esponendo a rischio il corretto esplicarsi della funzione
giurisdizionale, la richiesta e l’eventuale rimessione non possono
essere giustificate da “mere congetture, supposizioni o illazioni
ovvero da vaghi timori soggettivi dell’imputato” (v. Cass., Sez. 4,
27/04/2007, n. 25029).

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4. Tutto ciò premesso in diritto, il tema della decisione consiste nel
verificare se la situazione di fatto esposta dal richiedente integri la
fattispecie prevista dalla norma, così come specificata dalle decisioni
di questa Corte sopra riportate (cfr., Sez. 5, sent. n. 41694 del
15/07/2011, dep. 14/11/2011, Holzeisen, Rv. 251110; Sez. 6, sent.
n. 22113 del 06/05/2013, dep. 23/05/2013, Berlusconi e altri, Rv.
255375).

5. Ritiene il Collegio che la risposta debba essere negativa.
Nella fattispecie, si è in presenza di una situazione processuale che ha
avuto una dialettica del tutto ordinaria e nella quale non risulta
essersi appalesata alcuna anomalia che possa far fondatamente
ritenere che l’attuale procedimento in essere nei confronti del Cavani
costituisca la causa ovvero l’effetto di una situazione ambientale
anomala in danno dello stesso, tale da incidere sulla serenità e
sull’imparzialità dei giudicanti con compromissione della corretta
esplicazione della funzione giurisdizionale.
Di contro, il complessivo ragionamento sviluppato nella richiesta di
rimessione si mostra palesemente erroneo, sul piano metodologico e
sistematico, sotto duplice concorrente profilo.
Per un verso, episodi e contesti comportamentali dei singoli
magistrati e delle forze dell’ordine esposti nella richiesta, tutti nessuno escluso – di diretta promanazione processuale
(giurisdizionale) o endoprocessuale, sono raffigurati e commentati,
peraltro senza alcun oggettivo elementi dimostrativo, quali
epifenomeni rappresentativi, per loro sommatoria, della grave
situazione ambientale giustificante l’invocata rimessione del giudizio
penale pendenti innanzi all’autorità giudiziaria bolognese.
Per altro verso – mediante un percorso argomentativo
autoreferenziale e circolare, vero e proprio paralogismo basato su una
errata premessa – l’istante indulge nel ritenere tautologicamente
comprovata la gravità della situazione locale bolognese in base
all’insieme degli episodi e dei contegni processuali elencati nella
richiesta: laddove occorre, invece, dimostrare il contrario e cioè che
questi ultimi siano il prodotto di una ipotizzata grave e ineliminabile
situazione locale.
Situazione “contaminata” di cui non è offerto alcun reale indice e di
cui non è dato rinvenire traccia alcuna negli atti: da qui

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l’inammissibilità dell’istanza.
6. Alla pronuncia consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma
che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina
equitativamente in euro 2.000,00

Dichiara inammissibile l’istanza di rimessione e condanna il ricorrente
al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2. 0,00
alla Cassa delle ammende.
Così deliberato in Roma, camera di consiglio del 21.7.2015

Il Consigliere estensore
Dott. Andrea Pellegrino

PQM

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