Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36442 del 21/07/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 36442 Anno 2015
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da Zhu Xiaochai nato a Zhejan (Cina) il 25/5/1986
avverso la sentenza del 26/3/2015 della Corte d’appello di Torino;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Roberto Maria Carrelli Palombi di
Montrone;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
dott. Roberto Aniello, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Simone Ciccotti in sostituzione dell’avv.
Massimiliano Sciulli che ha concluso riportandosi ai motivi di ricorso e
chiedendone l’accoglimento;

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 26/3/2015, la Corte di appello di Torino, in parziale
riforma della sentenza del Tribunale di Aosta del 17/12/2009, previa
assoluzione di Zhu Xiaochai dal reato allo stesso ascritto al capo 3) art. 11 d.
Igs. n. 313 del 1991, perché il fatto non e’ più previsto dalla legge come
reato e riconoscimento delle attenuanti generiche, rideterminava la pena
inflitta in mesi tre e giorni quindici di reclusione ed € 350,00 di multa per i

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Data Udienza: 21/07/2015

reati di cui agli artt. 1) 474 cod. pen. 2) 648 cod. pen. 4) 517 cod. pen. 5)
112 comma 1 d. Igs. n. 206 del 2005.
1.1. La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello
proposto dall’imputato in punto di responsabilità dell’imputato per i reati allo
stesso ascritti, accogliendoli nei termini sopra indicati in punto di
trattamento sanzionatorio.

difensore di fiducia, sollevando i seguenti motivi di gravame:
2.1. inosservanza ed erronea applicazione della legge penale nonché
manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. b)
ed e) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 474 e 648 cod. pen., per
l’inesistente lesione della pubblica fede nella vendita presso un negozio
cinese di prodotti apparentemente fabbricati da prestigiosi stilisti ed
all’oggettiva inoffensivita’ della condotta.
2.2. abolitio criminis in relazione alla particolare tenuità del fatto con
applicazione dell’art. 131 bis cod. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto basato su

motivi manifestamente infondati.
Difatti la sentenza impugnata rende adeguata motivazione aderente
ai principi di diritto affermati da questa Corte in ordine alla ritenuta
integrazione, nella fattispecie oggetto del presente ricorso, del reato di cui
all’art. 474 cod. pen. contestato al capo 1) dell’imputazione e,
conseguentemente, anche del reato di ricettazione contestato al capo 2). Il
problema dell’inidoneità dei prodotti in sequestro ad indurre in inganno il
compratore è stato ripetutamente affrontato da questa Corte di legittimità
pervenendosi alla conclusione che la sussistenza di detta circostanza non è
idonea ad escludere l’integrazione del reato di cui all’art. 474 cod. pen.
Trattasi, difatti, di norma rivolta alla tutela, in via principale e diretta, non
dell’acquirente dei prodotti recanti i marchi contraffatti, ma della pubblica
fede intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e nei segni distintivi
che individuano le opere dell’ingegno ed i prodotti industriali e ne
garantiscono la circolazione; la norma in esame configura un reato di
pericolo, per la cui integrazione non occorre la realizzazione dell’inganno,
non potendosi, neppure, ritenere sussistente l’ipotesi del reato impossibile
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2. Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato, per mezzo del suo

qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano
tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno (sez.
5 n. 33324 del 17/4/2008, Rv. 241347; sez. n. 20944 4.5.2012, Rv.
252836).
Quanto al secondo motivo proposto, la richiesta afferente
l’applicabilità delll’articolo 131 bis c.p. non può trovare accoglimento. In
proposito, valgono qui i principi già di recente espressi da questa Corte,

declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto è applicabile
anche ai procedimenti in corso al momento della sua entrata in vigore e,
quindi, anche a quelli pendenti in Cassazione. In tale evenienza, la Corte di
legittimità, deve in primo luogo considerare verificare l’astratta applicabilità
dell’istituto, avendo riguardo ai limiti edittali di pena del reato e nel caso di
specie l’art. 648 cod. pen. prevede una pena edittale da due ad otto anni. E
quindi già di per se questa prima verifica esclude che in concreto possa farsi
luogo in questa sede all’applicazione della richiamata causa di non punibilità
per particolare tenuita’ del fatto, a nulla rilevando che nel caso concreto e’
stata concessa l’attenuante di cui all’art. 648 cpv. cod. pen.

4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi
dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna dell’imputato che lo ha
proposto al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della
somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Così deciso, il 21 luglio 2015

Il Consigli

Il Pr

nte

secondo i quali, certamente, nell’assenza di una disciplina transitoria, la

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