Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36439 del 21/07/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 36439 Anno 2015
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: DIOTALLEVI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CARBONE GIUSEPPE N. IL 07/09/1957
avverso la sentenza n. 1965/2010 CORTE APPELLO di LECCE, del
28/11/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/07/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVANNI DIOTALLEVI
Qz
Udito il Procuratore Generale in ersona del Dott. 9.4, 15.4.42.e3 1)
che ha concluso per ,
/4,2

,e !

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

cusg,

Data Udienza: 21/07/2015

RITENUTO IN FATTO
Carbone Antonio ricorre avverso la sentenza, in data 28 novembre 2014, della Corte
d’appello di Lecce, con cui è stata confermata la condanna per il reato di cui all’art. 64°, 61
n.11 cod. pen., in esso assorbito il reato d cui all’art. 641 cod. pen. e chiedendone
l’annullamento, lamenta la carenza di motivazione in ordine ai profili di responsabilità,
rilevando che il reato si sarebbe prescritto per i fatti commessi a partire dal 1992.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.

al reato di truffa aggravata, così come ritenuto dalla sentenza di primo grado, in esso assorbito
il reato di appropriazione indebita, contestato in continuazione con la truffa, in esecuzione del
medesimo disegno criminoso, nell’originaria contestazione contenuta nel decreto di citazione a
giudizio e pedissequamente riprodotta nell’epigrafe della sentenza d’appello.
Appare dunque fuorviante e non aderente alla ricostruzione processuale della vicenda
operata dai giudici di merito il problema posto, peraltro in modo non puntuale per ogni singolo
episodio , da parte del ricorrente.
In realtà la natura di truffa contrattuale a consumazione prolungata del reato per cui è
stato condannato il Carbone emerge storicamente dalla contestazione dell’accusa e dalla
presenza di un unico mandato defensionale relativo ad “un’unica procedura esecutiva
immobiliare in corso”, la n. 142/93, così come contestato e mai messo in dubbio dal ricorrente,
che abbracciava tutte le procedure di espropriazione immobiliare in cui erano coinvolte le parti
offese Pierri Cosimo e Maruccia Cosima, e nella quale la condotta dell’agente si è sviluppata
sulla falsariga di uno schema contrattuale connotato da obbligazioni dall’una e dall’altra parte.
La giurisprudenza di questa Corte è concorde nel ritenere che nell’ipotesi di truffa c.d.
contrattuale, qual è quella per cui si procede, il reato si consuma non già quando il soggetto
passivo assume, per effetto di artifici o raggiri, l’obbligazione della dazione di un bene
economico, ma nel momento in cui si verifica l’effettivo conseguimento del bene da parte
dell’agente e la definitiva perdita dello stesso da parte del raggirato (cfr. ex plurimis, sez. 2 29.01.98, Stabile, CED. 209671; sez. 2 – 16.04.97, Tassinari, CED 207831). Nel caso di
specie, nel capo di imputazione, viene menzionato l’art. 81 c.p., ma, nel reato ritenuto nella
sentenza di primo grado, in ordine al quale è stata pronunciata condanna, il reato contestato
non è qualificabile come reato continuato, bensì come unico reato (art. 640, 61 n. 11 c.p.) a
consumazione prolungata, nel quale tutte le erogazioni, effettuate nel tempo dalla parte lesa,
sono l’effetto della medesima condotta ed hanno l’obiettivo di eliminare gli effetti negativi della
procedura esecutiva. In questi casi il reato si perfeziona con l’ultimo atto (Sez. 2, Sentenza n.
3615 del 20/12/2005 Cc. (dep. 30/01/2006) Rv. 232956).
Correttamente, pertanto, i giudici di merito hanno ritenuto possibile fissare l’ultimo atto
del momento consumativo nel mese di settembre 2005, data che sposta, con le sospensioni
della decorrenza della prescrizione ricordate in sentenza, l’inizio della prescrizione al 31 agosto

2. Rileva la Corte che i giudici di secondo grado hanno giudicato unicamente in ordine

2015, con la conseguenza che la prescrizione del reato non può ritenersi maturata neppure al
momento della celebrazione dell’odierna udienza.
In realtà ai fini della applicazione (parziale e non definita nel suo termine ultimo) della
prescrizione il ricorrente, prospettando la configurazione di una serie continuata di truffe,in
apparenza deduce un vizio della motivazione ma, in realtà, prospetta una valutazione delle
prove diversa e più favorevole; si prospettano, cioè, questioni di mero fatto che implicano una
valutazione di merito preclusa in sede di legittimità, a fronte di una motivazione esaustiva,
immune da vizi di logica, coerente con i principi di diritto enunciati da questa Corte, come

4, 2.12.2003, Elia ed altri, 229369; SU n° 12/2000, Jakani, rv 216260). (Si veda il riferimento
alle somme di denaro ricevute per bloccare le vendite immobiliari, che in realtà
progressivamente venivano eseguite, oppure a quelle introitate per far rientrare in possesso le
parti lese degli immobili di cui erano state espropriate all’interno della procedura esecutiva n.
142/92 R.G.E.).
Alla luce delle suesposte considerazioni va dichiarata inammissibile l’impugnazione;
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle
ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina
equitativamente in Euro 1000
PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle pese processuali e
della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle ammende.
Roma, 21
Il Con
Giovan

glio 2015
Il Pr

e estensore
tallevi

A

ente
sposito

quella del provvedimento impugnato che, pertanto, supera il vaglio di legittimità. (Cass. sez.

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