Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36405 del 09/07/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 36405 Anno 2015
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: BASSI ALESSANDRA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CASALASPRO CARLO N. IL 05/11/1980
avverso la sentenza n. 830/2012 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
14/10/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/07/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALESSANDRA BASSI
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Udito il Procuratore generale in persona del Dott. .9–D
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Data Udienza: 09/07/2015

RITENUTO IN FATTO
1. In riforma della sentenza assolutoria del Tribunale di Treviso del 5
dicembre 2011, con provvedimento del 14 ottobre 2013, la Corte d’appello di
Venezia ha condannato Casalaspro Carlo alla pena di anni due di reclusione, con
interdizione dai pubblici uffici di pari durata, per il reato di cui all’art. 314 cod.
pen., perché, quale Carabiniere in forza presso la Stazione di Treviso, si
appropriava di un portafoglio da uomo contenente documenti vari e la somma di

portatogli da Garatti Irene, che l’aveva rinvenuto su di un mezzo pubblico e
dunque smarrito. Dopo aver ritenuto infondate le eccezioni in rito, il Giudice di
secondo grado ha rilevato che non v’è dubbio che l’imputato abbia ricevuto il
portafoglio, come dichiarato dallo stesso e come risulta provato dalla
documentata solitaria presenza del militare in caserma il giorno ed all’ora
dell’episodio; che altrettanto provata deve ritenersi la presenza del denaro
all’interno del portafogli come riferito dalla Garatti e dal marito Serafin
Gianfranco, e come confermato anche dal versamento da parte del Casalaspro,
il giorno successivo al fatto, della somma di 500 euro sul suo conto corrente
bancario, circostanza non giustificata dall’appellante; che sussistono pertanto i
presupposti del reato di peculato.
2. Avverso la sentenza hanno presentato ricorso gli Avv.ti Antonio D’Angella
e Oreste Dominioni, difensori di fiducia di Casalaspro Carlo, e ne hanno chiesto
l’annullamento per i seguenti motivi.
2.1. Violazione di legge processuale in relazione agli artt. 581, comma 1
lett. c), e 591, comma 1 lett. c), cod. proc. pen., per avere la Corte d’appello
omesso di dichiarare inammissibile l’appello del pubblico ministero e del
Procuratore generale per genericità dei motivi non avendo essi indicato in modo
specifico le ragioni di diritto e gli elementi di fatto a sostegno della richiesta.
2.2. Vizio di motivazione in punto di penale responsabilità dell’imputato,
essendosi la Corte limitata a sovrapporre la propria valutazione del compendio
probatorio rispetto a quella del giudice di primo grado.
2.3. Vizio di motivazione per avere la Corte attribuito valenza probatoria alle
dichiarazioni rese da Casalaspro, il quale si è limitato a dichiarare di avere
ricevuto dalla Garatti un portafoglio vuoto; per avere inoltre omesso di
considerare che la Garatti ed il marito Serafin non sono stati in grado di
riconoscere l’imputato in udienza e la Garatti non è stata in grado di riferire
alcunché in merito alla telefonata ricevuta dopo la consegna del portafogli in
caserma.

2

700 euro di cui aveva la disponibilità in ragione del suo ufficio, in quanto

2.4. Vizio di motivazione in ordine alla valutazione delle dichiarazioni rese
nel corso del dibattimento dai testi Garatti e Serafin quanto alla presenza di
denaro nel portafoglio, essendo stato solo quest’ultimo a riferire che all’interno
del portafogli v’era del denaro.

2.5. Vizio di motivazione per travisamento della prova con riguardo al
versamento di 500 euro, per avere la Corte trascurato di considerare che
dall’estratto conto depositato dalla difesa si evince la regolarità dei flussi di
denaro in entrata e di uscita sul conto del predetto imputato.

mentre il patrono di Casalaspro Carlo ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato in relazione a tutte le deduzioni mosse e va pertanto
rigettato.
2. Completamente destituito di fondamento è il primo motivo con il quale il
ricorrente si duole della mancata dichiarazione di inammissibilità dell’appello del
pubblico ministero e del Procuratore generale per genericità dei motivi.

2.1. Al riguardo giova premettere che il giudizio d’appello ha natura di
mezzo di impugnazione di merito naturalmente diretta ad una piena revisio
prioris instantiae nei limiti del devoluto ( Sez. 6, n. 50613 del 06/12/2013,
Kalboussi, Rv. 258508), e ciò nonostante esso è comunque assoggettato alle
disposizioni generali in tema di impugnazioni fissate nel codice di rito ed, in
particolare, al combinato disposto degli artt. 581, comma 1 lett. c), e 591,
comma 1 lett. c), cod. proc. pen., alla stregua del quale l’impugnazione è
inammissibile allorché nell’atto non siano enunciati motivi “con l’indicazione
specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni
richiesta”. Ne discende che l’appellante è tenuto a contrapporre, alle ragioni

poste a fondamento della decisione impugnata, argomentazioni che attengano
agli specifici passaggi della motivazione della sentenza ovvero concreti elementi
fattuali pertinenti agli elementi considerati dal primo giudice, e non
semplicemente a confutare il decisum del primo giudice con considerazioni del
tutto generiche ed astratte, al fine di delimitare con precisione l’oggetto del
gravame ed evitare, di conseguenza, impugnazioni generiche o meramente
dilatorie ( Sez. 6, n. 1770 del 18/12/2012, P.G. in proc. Lombardo, Rv. 254204;
Sez. 6, n. 39247 del 12/07/2013, Tartaglione, Rv. 257434; Sez. 6, n. 21873 del
03/03/2011, Puddu Rv. 250246).

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3. In udienza, il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso sia rigettato,

2.2. Fissati i sopra delineati principi, non può fondatamente affermarsi che i
decidenti d’appello siano incorsi in un errore di diritto laddove non hanno rilevato
l’inammissibilità dell’appello del pubblico ministero.
Ed invero, avendo riguardo al tenore degli atti d’impugnazione presentati
dal Procuratore presso il Tribunale il 18 gennaio 2012 e dal Procuratore generale
presso la Corte d’appello il 28 gennaio 2012, le doglianze mosse dalla parte
pubblica si appalesano puntuali e circostanziate, indicano con chiarezza le ragioni
di fatto e di diritto su cui si fondano le censure e pertanto non possono ritenersi
inammissibilità.
3. Infondato è anche il secondo motivo con il quale si eccepisce il vizio di
motivazione per avere la Corte d’appello ribaltato il giudizio assolutorio di primo
grado limitandosi a sovrapporre la propria valutazione del compendio probatorio

rispetto a quella del Giudice di primo grado.
3.1. Il Collegio conosce e condivide i principi già più volte affermati da
questa Corte, anche a Sezioni Unite, con riguardo ai requisiti della motivazione
della sentenza che ribalti la decisione – assolutoria come di condanna – oggetto
d’appello. In particolare, questa Corte di legittimità ha affermato che il Giudice di
appello che riformi totalmente la decisione di primo grado ha l’obbligo di
delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di
confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima
sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza,
tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato ( Sez. U, n. 33748
del 12/07/2005, Rv. 231679). Ancora, si è chiarito che la sentenza di appello di
riforma totale del giudizio assolutorio di primo grado deve confutare
specificamente, pena altrimenti il vizio di motivazione, le ragioni poste dal primo
giudice a sostegno della decisione assolutoria, dimostrando puntualmente
l’insostenibilità sul piano logico e giuridico degli argomenti più rilevanti della
sentenza di primo grado, anche avuto riguardo ai contributi eventualmente
offerti dalla difesa nel giudizio di appello, e deve quindi corredarsi di una
motivazione che, sovrapponendosi pienamente a quella della decisione riformata,
dia ragione delle scelte operate e della maggiore considerazione accordata ad
elementi di prova diversi o diversamente valutati ( Sez. 6, n. 6221 del
20/04/2005, Rv. 233083; Sez. 5, n. 8361 del 17/01/2013, Rv. 254638).
Orbene, di tali condivisibili coordinate ermeneutiche hanno fatto buon
governo i decidenti d’appello laddove hanno preso in esame i passaggi
argomentativi sviluppati dal primo Giudice in punto di ricostruzione del fatto ed

hanno evidenziato l’evidente contraddizione in cui è incorso il primo Giudice nel
ritenere non provata la ricezione del portafoglio da parte dell’imputato, in quanto
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in nessun modo indeterminate e tali da giustificare l’invocata pronuncia di

espressamente ammessa da quest’ultimo (v. pagina 5 della sentenza
impugnata).
4. Tutti in fatto sono il terzo ed il quarto motivo e dunque improponibili in

questa Sede.
Il ricorrente eccepisce invero il vizio di motivazione in ordine alle valutazioni
espresse dalla Corte territoriale in merito alla portata delle dichiarazioni rese nel
corso del dibattimento dall’imputato e dai testi Garatti e Serafin, col che finisce
per sollecitare una rivisitazione meramente fattuale delle risultanze processuali e

denunciare vizi riconducibili al disposto dell’art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc.
pen., promuovendo uno scrutinio improponibile in questa Sede, a fronte della
linearità e della logica conseguenzialità che caratterizzano la scansione delle
sequenze motivazionali dell’impugnata decisione (ex plurimis

Sez. 6, n. 25255

del 14/02/2012, Rv. 253099; Sez. 2, n. 23419 del 23/05/2007, Rv. 236893).
Il Collegio d’appello ha invero dato congruamente atto del compendio
dichiarativo apportato dai testi, delle ragioni per le quali le fonti sono state

ritenute attendibili e degli ulteriori elementi obbiettivi a conforto del quadro
d’accusa (segnatamente le risultanze dell’estratto conto bancario), di tal che,
dalla motivazione della pronuncia in disamina, non emergono vizi logici ictu °cui/
percepibili suscettibili di vaglio e di scrutinio nella sede di legittimità (ex plurimis
Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074).
5. Inammissibile è l’ultimo motivo con il quale il ricorrente eccepisce il vizio
di motivazione per travisamento della prova con riguardo al versamento di 500

euro, per violazione del principio di autosufficienza e dunque per genericità del
motivo.
5.1. A tale proposito, mette conto rammentare che, secondo il consolidato
insegnamento di questa Corte, è inammissibile il ricorso per cassazione i cui
motivi si limitino a lamentare l’omessa valutazione, da parte del giudice
dell’impugnazione, delle censure articolate con il relativo atto di gravame,
rinviando genericamente ad esse, senza indicarne il contenuto, al fine di
consentire l’autonoma individuazione delle questioni che si assumono irrisolte e
sulle quali si sollecita il sindacato di legittimità, dovendo l’atto di ricorso essere
autosufficiente, e cioè contenere la precisa prospettazione delle ragioni di diritto
e degli elementi di fatto da sottoporre a verifica (ex plurimis

Sez. 2, n. 13951

del 05/02/2014, Caruso, Rv. 259704).
5.2. Nella specie, il ricorrente non ha prodotto l’estratto conto cui ha fatto
riferimento per sostenere la regolarità dei flussi di denaro in entrata e di uscita
sul conto dell’imputato, di tal che non è dato in alcun modo di apprezzare la
fondatezza dell’eccezione di travisamento della prova dedotta.
5

dunque una valutazione alternativa delle fonti di prova, piuttosto che a

6. Dal rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento

delle spese del procedimento.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Il consigliere estensore

Il Presidente

Così deciso in Roma il 9 luglio 2015

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