Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36404 del 17/06/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 36404 Anno 2015
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: BASSI ALESSANDRA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
KRASNIQI SABIT N. IL 17/09/1988
KRYEZIU KORAB N. IL 07/06/1987
avverso la sentenza n. 2/2014 CORTE ASSISE APPELLO di
BRESCIA, del 24/10/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/06/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALESSANDRA BASSI
Udito il Procuratore Generale incpersona del Dott.
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che ha concluso per

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Udito, per la pat civile, l’Avv

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Uditi difensor Avv.
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12 rc Auf 3 –b_wt, j_<, c2ik_ 1ut h, C" Data Udienza: 17/06/2015 RITENUTO IN FATTO 1. Con provvedimento del 24 ottobre 2014, in parziale riforma della sentenza emessa dal Gup presso il Tribunale di Brescia il 18 novembre 2014, la Corte d'appello ha ridotto la pena inflitta a Krasniqi Sabit ad anni quattordici, mesi tre giorni dieci di reclusione e nei confronti di Kryeziu Korab ad anni dodici, mesi sette giorni dieci di reclusione, confermando nel resto la pronucia appellata, in relazione ai reati - unificati sotto il vincolo della continuazione - di sequestro di persona a scopo di estorsione (capo A), rapina aggravata (capo B), lesioni estorsione D), tutti commessi in danno di Poli Oscar. Giova precisare che, nelle imputazioni sub capi A), B) e C), ai ricorrenti è contestato di avere, in concorso tra loro, aggredito, con volto travisato, Poli Oscar, e quindi privato il medesimo della somma di 400 euro; di avere quindi segregato per circa un'ora la persona offesa nel portabagagli dell'autovettura degli stessi sequestratori, con mani e piedi legati con delle fascette e la bocca sigillata con nastro isolante; di avere poi lasciato andare il Poli solo allorchè questi, all'esito di una trattativa, si era impegnato a versare la somma da loro richiesta di 50.000 euro in cambio della libertà. Sub capo D), è contestato al solo Krasniqi di avere - successivamente a detti fatti - avanzato reiterate richieste estorsive in danno del Poli al fine di ottenere il pagamento di una somma di denaro inizialmente imprecisata e, poi, quantificata in 5000 euro. 2. Avverso la sentenza ha presentato personalmente ricorso Krasniqi Sabit, difeso di fiducia dagli Avv.ti Aldo Pardo e Giuseppe Pardo, e ne ha chiesto l'annullamento del provvedimento per i seguenti motivi. 2.1. Violazione di legge penale in relazione agli artt. 605, 56 e 629 cod. pen., per avere la Corte d'appello errato nel ritenere integrato il reato di sequestro di persona a scopo di estorsione nonostante nel caso di specie facciano difetto sia il dolo specifico del reato previsto dall'art. 630 cod. pen., sia una relazione diretta fra l'ingiusto profitto e la liberazione, sia lo stesso profitto, non potendo questo farsi coincidere con la promessa di pagamento. 2.2. Vizio di motivazione in relazione all'art. 311 cod. pen., per avere la Corte disconosciuto l'esistenza dei presupposti della circostanza attenuante in parola, trascurando di considerare la breve durata del sequestro, la minima violenza esercitata, la circostanza che il profitto non sia mai stato messo in relazione con la liberazione della persona offesa, l'estemporaneità del delitto e la mancata predisposizione di mezzi e di luoghi dove tenere il sequestrato. 2.3. Contraddittorietà della motivazione per avere la Corte fissato la pena base al di sotto del minimo edittale, statuizione che sembrerebbe indicare la 2 99] personali aggravate (capo C) e, quanto al solo Krasnioi, al reato di tentata concessione delle circostanze attenuanti generiche, senza che di ciò vi sia menzione nel dispositivo. 3. Avverso la sentenza ha presentato ricorso anche l'Avv. Massimo Dal Ben, difensore di fiducia di Kryeziu Korab, e ne ha chiesto l'annullamento per i seguenti motivi. 3.1. Violazione di legge penale in relazione agli artt. 605, 56 e 629 cod. pen., per avere la Corte d'appello errato nel ritenere integrato il reato di sequestro di persona a scopo di estorsione, laddove, nel caso di specie, è stato lo dopo la propria liberazione sicché manca una relazione diretta fra la libertà ed il prezzo. 3.2. Vizio di motivazione in relazione all'art. 311 cod. pen., per avere la Corte disconosciuto l'esistenza dei presupposti per la circostanza attenuante in parola, trascurando di considerare la breve durata del sequestro, la minima violenza esercitata ed il fatto che la promessa di pagare una somma di denaro proveniva dalla stessa persona offesa. 4. In udienza, il Procuratore generale ha chiesto che i ricorsi siano dichiarati inammissibili. L' Avv. Giuseppe Pardo, per Krasniqi Sabit, e l'Avv. Massimo Dal Ben, per Kryeziu Korab, hanno insistito per l'accoglimento dei ricorsi. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili per manifesta infondatezza delle doglianze dedotte. 2. Con il primo motivo comune ad entrambi, i ricorrenti hanno contestato l'integrazione della fattispecie del sequestro di persona a scopo di estorsione sul duplice presupposto che, nella specie, farebbero difetto sia il dolo specifico, sia una relazione diretta fra promessa di pagamento del prezzo e liberazione della vittima. Il motivo è all'evidenza destituito di fondamento. 2.1. Ed invero, alla stregua del lineare dato testuale della disposizione dell'art. 630 cod. pen. - che sanziona "chiunque sequestra una persona allo scopo di conseguire, per sé o per altri, un ingiusto profitto come prezzo della liberazione" -, il conseguimento dell'ingiusto profitto come prezzo della liberazione costituisce, non un elemento oggettivo, materiale, della fattispecie tipica, bensì la prospettiva verso la quale si muove l'agire delittuoso e dunque il fine avuto di mira dall'agente, che appunto sostanzia il dolo specifico contemplato dalla norma incriminatrice. La fattispecie vuole infatti sanzionare la strumentalizzazione della persona in tutte le sue dimensioni dell'esistere 3 stesso soggetto sequestrato a promettere il pagamento di una somma di denaro concreto, comprese quelle affettive e patrimoniali, ai fini del conseguimento di un ingiusto profitto. Non è pertanto revocabile in dubbio che anche la promessa di pagamento di una somma di denaro - cioè l'impegno a versare pecunia -, a condizione che essa si ponga in relazione di causa ed effetto rispetto al conseguimento della libertà, possa integrare il reato, e ciò prescindere dal fatto che il profitto avuto di mira venga poi in concreto ottenuto. Il conseguimento del profitto non rappresenta infatti l'evento naturalistico della fattispecie e risulta dunque privo di l'ingiusto profitto sia perseguito come prezzo della liberazione del sequestrato. Come questa Corte ha più volte affermato, ai fini della integrazione del reato in parola non è =MEV richiesto l'avvenuto pagamento del riscatto (Cass. Sez. 2, n. 12260 del 18/04/1989, Tanzi, Rv. 182078). 2.2. Fissati i paletti ermeneutici che devono guidare l'interprete nella soluzione del caso di specie, risulta di tutta evidenza la sussumibilità della condotta - come congruamente ricostruita dai Giudici della cognizione (e neanche posta in discussione dai ricorrenti) - nella fattispecie di cui all'art. 630 cod. pen.: ed invero, Poli si determinava a promettere il pagamento della somma 50.000 euro ai suoi sequestratori, nel mentre si trovava legato mani e piedi chiuso nel bagagliaio di un'auto da un'ora, in stretta e diretta relazione rispetto alla privazione della sua libertà personale e quale chiara contropartita per ottenere la propria liberazione, che, difatti, la vittima conseguiva non appena assunto l'impegno a versare il denaro. Non colgono pertanto nel segno i rilievi dei ricorrenti con riguardo alla circostanza che la dichiarazione di impegno a pagare la somma di denaro provenisse dal Poli, essendo ovvio - secondo l'ineccepibile ricostruzione dei fatti ad opera dei Giudici di merito - che la vittima si determinasse in tal senso su sollecitazione degli stessi sequestratori e nella prospettiva, da questi rappresentata, di ottenere la liberazione (atteso che in tale modo lo "avrebbero lasciato libero", v. pagina 23 della sentenza in verifica) . 3. Manifestamente infondato è anche il secondo motivo comune ai ricorrenti, con il quale si è dedotto il vizio di motivazione in relazione alla mancata applicazione della circostanza attenuante del fatto di lieve entità. 3.1. Mette conto rammentare che, a seguito della pronuncia di illegittimità costituzionale con sentenza n. 68 del 2012, anche in caso di sequestro di persona a scopo di estorsione, la pena comminata dall'art. 630 cod. pen. può essere diminuita "quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità circostanze dell'azione, ovvero per la particolare tenuità del danno e del pericolo, il fatto risulti di lieve entità". 4 9-i rilevanza agli effetti della consumazione del reato, essendo solo necessario che 3.2. La Corte territoriale ha argomentato in modo puntuale, lucido e giuridicamente inappuntabile l'insussistenza nella specie dei presupposti per applicare la diminuente in parola. Condivisibilmente i Giudici di cognizione hanno stimato i fatti estremamente gravi, e ciò sia avuto riguardo sia alle modalità dell'azione, sostanziatasi in un'iniziale aggressione della vittima con sottrazione di una somma di denaro e, quindi, nella segregazione della medesima per circa un'ora, con mani e piedi legati, all'interno di uno spazio angusto, buio e con penuria d'aria, quale il gravità delle minacce, prospettando più volte la morte alla persona offesa; sia alla notevole entità della somma richiesta quale riscatto per la liberazione (50.000 euro). La malvagità ed efferatezza dell'azione criminale, gravemente lesiva della libertà e della incolumità personale della vittima - della quale veniva messa in pericolo finanche la vita -, oltre che recante offesa al patrimonio - quantomeno in termini di messa in pericolo - nonché l'allarmante spregiudicatezza degli imputati e dunque la massima intensità del dolo sono stati a ragione ritenuti dai decidenti di merito ostativi al riconoscimento dell'invocata mitigazione sanzionatoria, in quanto dimostrativi dell'elevatissimo disvalore del fatto, non valutabile, sotto nessun aspetto, quale di lieve entità. 4. Inammissibile è anche l'ultimo motivo dedotto da Krasniqi in punto di circostanze attenuanti generiche. Ed invero, il minimo della pena comminata dall'art. 630 cod. pen. è di venticinque anni di reclusione, di tal che la commisurazione della pena base in anni venti di reclusione rende palese l'avvenuta applicazione anche in appello delle circostanze attenuanti generiche già concesse dal primo Giudice (e che il Giudice di secondo grado non avrebbe del resto potuto escludere, in ossequio al divieto di reformatio in peítis). La doglianza difensiva si appalesa pertanto del tutto destituita di fondamento o, comunque, sguarnita di un concreto interesse. 5. Dalla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene congruo determinare in 1.000,00 euro. 5 '191 bagagliaio di un'autovettura, in condizioni veramente disumane; sia all'estrema P.Q.M. dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di euro 1000 in favore della cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 17 giugno 2015 Il Presidente Il consigliere estensore

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