Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36398 del 14/07/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 36398 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MULLIRI GUICLA

SENTENZA

IL

sul ricorso proposto da:
Currò Andrea, nato a Messina il 28.5.76
indagato artt. 416 c.p., 2 ed 8 D.Lgs. 74/00
avverso la ordinanza del Tribunale, Sezione per il Riesame di Messina del 9.3.15
Sentita, in udienza, la relazione del cons. Guida Mùlliri;
Sentito il P.M. nella persona del P.G. dr. Giuseppe Corasaniti, che ha chiesto il rigetto
del ricorso;
Sentito il difensore
dell’indagato avv. Candido Bonaventura, che ha insistito per
l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO
1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato – L’indagato, ricorrente, è stato
sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari perché gravemente indiziato di
associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una serie di reati tributari ed, in
particolare, di avere, quale amministratore legale della Currò S.r.l., della Inlog S.r.l. e della
One Service Global S.r.l., concorso alla realizzazione di un meccanismo fraudolento grazie al
quale evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto.
Secondo l’accusa, con la compiacenza di vari soggetti disposti a rivestire cariche formali
nell’ambito di società create strumentalmente (ma gestite di fatto dallo stesso Currò e dal Nigrelli), la
società di trasporti del Currò – in cambio di un corrispettivo previsto contrattualmente avrebbe formalmente appaltato il servizio di trasporti ad altri soggetti (cooperative e/o S.r.l. create
allo scopo) i quali rilasciavano fatture di importo considerevole che la ditta committente poi

Data Udienza: 14/07/2015

portava in deduzione come costi della propria impresa. Gli accertamenti della G.d.F. avevano,
però, appurato la inesistenza giuridica delle operazioni fatturate perché i rapporti tra
committente ed appaltatore sarebbero stati da qualificare come intermediazione fittizia di
manodopera con conseguente violazione degli artt. 2 ed 8 D.Lgs. 74/00.
La misura custodiale è stata impugnata dal Currò dinanzi al Tribunale, Sezione per il
Riesame, che, però, con il provvedimento oggetto di ricorso respingendo il gravame, l’ha
confermata.
Avverso tale decisione, il Currò ha proposto ricorso, tramite

1) erronea applicazione della legge e vizio della motivazione nella parte in cui è
stato esclusa la violazione degli artt. 294 e 302 c.p.p.. E’, infatti, accaduto che la prima misura
custodiale era stata annullata in sede di riesame per mancanza di motivazione sulle esigenze
cautelari. A seguito di ciò, il G.i.p. aveva reiterato la propria ordinanza senza interrogare
previamente l’indagato che, nella more, era stato rimesso in libertà.
Di ciò, si era doluto il Currò nel proprio ricorso dinanzi al Tribunale, Sezione per il
Riesame, che, però, aveva condiviso il punto di vista del G.i.p. escludendo la necessità di un
previo interrogatorio sul rilievo che esso sarebbe stato necessario solo ove l’annullamento
della misura fosse stato conseguenza del mancato interrogatorio ovvero per vizi formali dello
stesso. Nel fare tale affermazione, il Tribunale si è rifatto alla recente decisione delle S.U. di
questa S.C. (1° luglio 2014 n. 28270).
Osserva, tuttavia, il ricorrente che proprio tale sentenza è molto chiara nel subordinare
la legittimità della misura reiterata senza il previo interrogatorio alle precise condizioni che la
precedente ordinanza sia stata annullata solo per motivi di forma e che la nuova ordinanza
cautelare non contenga elementi nuovi e diversi rispetto alla precedente.
Il ricorrente contesta che il Tribunale non si sia affatto espresso sulla natura (formale o
meno) del vizio qui verificatosi e lo abbia escluso de plano ignorando che il vizio evidenziato dal
aveva riguardato la mancanza di motivazione in
Tribunale – e che aveva portato all’annullamento
punto di esigenze cautelari la qual cosa è ben lungi dall’essere un mero vizio formale ma si
sostanzia in una mancanza di presupposti applicativi della misura con il risultato che il
provvedimento successivo, nel momento in cui contiene tale motivazione, di fatto, introduce
anche elementi nuovi che, nella specie, sono pure diversi rispetto al precedente provvedimento
visto che il nuovo provvedimento contiene persino tre pagine fitte di considerazioni
conseguenti all’analisi della dichiarazioni rese dal coindagato Nigrelli;

2) violazione di legge e vizio della motivazione in relazione ai gravi indizi di
colpevolezza. Si ricorda, infatti, che la difesa del Currò aveva censurato, in sede di riesame la
scelta del G.i.p. di negare la tesi che le operazioni oggetto di fatturazione fossero
effettivamente esistenti. Ciò sarebbe, invece, tanto vero che lo stesso giudice aveva dovuto
parlare di “inesistenza meramente giuridica”. Si contesta perciò che sia vera la tesi del
Tribunale secondo cui si tratti di fatture per operazioni inesistenti perché, a causa della
interposizione fittizia della manodopera, soggettivamente riferibili a soggetti fiscali diversi da
quelli che le avevano emesse ed utilizzate.
Si obietta che le fatture sono obiettivamente intervenute tra i soggetti effettivamente
indicati in fattura ed in relazione alle prestazioni ivi effettivamente indicate “sia pur qualificate
giuridicamente in maniera asseritamente scorretta a causa dell’utilizzo di manodopera che si
assume non sia stata effettivamente ceduta”;
3) violazione di legge e vizio della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza
delle esigenze cautelari individuate nel pericolo di reiterazione a causa della sistematicità delle
condotte ed alla organizzazione di persone e mezzi. Per tale ragione, il Tribunale ha anche
negato la modifica in melius della misura ignorando il fatto che vi era comunque stata la
nomina di un amministratore giudiziario e che l’indagato non aveva impugnato le misure reali.
Il vizio di tale decisione, secondo il ricorrente, risiede nel fatto di avere, il Tribunale,
valorizzato condotte che ormai risalgono a due anni or sono ed in tal modo violando anche i
principi enunciati in recente decisione questa stessa sezione (15.7.14 n. 37339) nella quale si

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2. Motivi del ricorso difensore, deducendo:

afferma la necessità di una motivazione più puntuale laddove l’applicazione della misura
avvenga per condotte risalenti nel tempo.
Il ricorrente conclude invocando l’annullamento della ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3.1. (quanto al primo motivo).
Deve trovare accoglimento il primo motivo. Come
giustamente osserva il ricorrente, la semplice lettura della sentenza delle S.U., citata
nell’ordinanza impugnata, conduce a conclusioni opposte a quelle da essa affermate.
E’ ben vero, infatti, che le S.U. di questa S.C., chiamate a pronunciarsi sulla necessità
del previo interrogatorio in caso di remissione di una misura cautelare precedentemente
caducata, hanno ribadito un orientamento (peraltro maggioritario – (sez. I, 17.12.98, Di Martino Rv. 212811;
Sez. IV, 5.5.99, Gammarota, Rv.

213817; Sez. VI, 13.10.99, Caridi, Rv.

216628; Sez. VI, 1.2.00, Canoni, Rv.

215407; Sez. I,

tendente a circoscrivere la necessità del previo interrogatorio, ma è
evidente che il filo conduttore del ragionamento è proprio quello di evitare vuoti formalismi e di
ribadire (come si dice in motivazione)la «inutilità della reiterazione dell’interrogatorio di mera
“ratifica” di quello già espletato».
Presupposto indefettibile di tale enunciazione è, però, l’annullamento della pregressa
ordinanza sia avvenuto «per motivi esclusivamente formali, sempre che l’interrogatorio sia
stato in precedenza regolarmente espletato e sempre che la nuova ordinanza cautelare non
contenga elementi nuovi e diversi rispetto alla precedente».
La casistica delle ipotesi di vizi formali è ampia e va dal mancato rispetto dei termini
nell’interrogatorio al suo espletamento in difetto dei prescritti avvisi ai soggetti cui essi
spettavano, ovvero anche alla tardiva pronuncia del Tribunale, Sezione per il Riesame. La
citata sentenza delle S.U. evoca ulteriori situazioni analoghe in materia di Mandato di arresto
europeo ed altre situazioni meglio specificate in quel provvedimento, tutte regolate dalla stessa
logica “sostanziale”.
Se tutto ciò è inconfutabile, allora è chiaro l’errore in cui è incorso il Tribunale nel caso
in esame visto che non vi è dubbio che l’annullamento della pregressa misura era avvenuto per
motivo tutt’altro che “formale”, quale è la mancanza di motivazione in punto di esigenze
non concerne la “forma” del
cautelari, aspetto che – osserva giustamente il ricorrente
provvedimento cautelare, bensì, la sua “sostanza”.
Il fatto stesso, poi, che la precedente censura fosse di “mancanza” di motivazione
implica logicamente che – una volta che la misura venga reiterata e contenga una motivazione in
punto di esigenze cautelari, anche prescindendo dalla sua fondatezza o meno – essa contiene per ciò
solo un quid novi.
Mancano, perciò, i due presupposti indicati dalle S.U. per giustificare il fatto che
l’ordinanza sia reierata senza il previo interrogatorio: non solo, nel caso che occupa, il vizio che
aveva portato alla caducazione della misura non era affatto “formale” ma, in ogni caso, la
nuova ordinanza conteneva sicuramente anche degli elementi “nuovi e diversi” rispetto a
quella annullata (per tacere delle – sicuramente nuove – “tre pagine fitte di commento all’interrogatorio del
28.2.03, Pittaccio, Rv.

225326)

coindagato Nigrelli).

Di qui, la palese erroneità della decisione impugnata che, in effetti, non è neppure
coerente nel proprio ragionamento visto che, dopo avere enunciato i presupposti per escludere
la necessità del previo interrogatorio, non si è posta il problema di qualificare il vizio per il
quale il precedente provvedimento cautelare era stato annullato limitandosi a dare per
scontato che esso fosse solo “formale” (ma, come detto, in ciò, palesemente errando).
A tale stregua, il ricorso merita di essere annullato con rinvio al Tribunale di Messina,
Sezione per il Riesame, per nuovo vaglio alla luce dei rilievi appena formulati
3.2. (quanto al secondo motivo). Non meritano sorte analoga il secondo ed il terzo
motivo di ricorso.
E’ fin troppo evidente, infatti, che il tema affrontato dal ricorrente nel secondo motivo
punta ad una rivalutazione degli elementi acquisti onde trarne valore e significati diversi da

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3. Motivi della decisione – Il ricorso è fondato nei termini di seguito precisati.

quelli assunti. Rimane, però, fermo il divieto per la Cassazione – in presenza di una motivazione non
di una diversa valutazione (anche se plausibile) delle prove o
manifestamente illogica o contraddittoria
degli indizi. Per invocare il vizio motivazionale, occorre che alcuni atti del procedimento siano
astrattamente idonei a fornire una ricostruzione diversa e più persuasiva di quella operata nel
provvedimento impugnato.
In realtà, ciò è ben lungi dall’essere vero nella specie ove si assiste, per contro, ad una
mera reiterazione della tesi difensiva sviluppata dinanzi al Tribunale cui quest’ultimo, però, ha
replicato in modo chiaro, consequenziale ed ancorato alle risultanze investigative.
In particolare, si è ricordato che la società committente, in aperto contrasto con i canoni
dell’appalto, ha stipulato ulteriori contratti con i quali ha messo a disposizione delle società
appaltatrici i mezzi per svolgere i servizi appaltati; in tal modo, avallando l’accusa di una mera
interposizione fittizia che viene ulteriormente supportata ed illustrata a f. 8 dell’ordinanza
impugnata con richiamo (dettagliato) al rinvenimento, nell’ufficio del ricorrente, di varia ed
ampia documentazione relativa a società alle quali egli avrebbe dovuto teoricamente essere
estraneo. Senza ripercorrere tutte quelle argomentazioni e quel materiale è evidente che si
tratta di argomenti obiettivi e convincenti che, in questa fase di indagini preliminari,
giustificano ampiamente la ricorrenza del bagaglio indiziario.
Giustamente, poi, il Tribunale ricorda (f. 10) anche che, per questa giurisprudenza di
legittimità (sez. m, n. 24540/3; Sez. III, n. 25812/13), è pacificamente possibile configurare il concorso
tra il delitto di intermediazione legale di manodopera e quello di dichiarazione fraudolenta
mediante uso di fatture per operazioni inesistenti.

3.3. (quanto al terzo motivo). Infine, non può essere accolto neppure il terzo
motivo basato su argomentazioni piuttosto generiche ed in fatto, nonché infondate.
In pratica, esse si risolvono nella reiterazione di temi già portati all’attenzione del
Tribunale che vi ha replicato, di conseguenza, la censura (che infatti è ai limiti dell’ammissibilità)
avrebbe dovuto essere rivolta alla replica del Tribunale con argomenti che ne evidenziassero la
infondatezza ed illogicità, non certo con semplici smentite di validità delle stesse ovvero con
una riproposizione dei medesimi temi difensivi (contenenti, peraltro, una sorta di implicito invito a questa
S.C. a pronunciarsi nuovamente su di essi nell’auspicio di lucrarne conclusioni diverse). Il Tribunale ha, infatti,
chiaramente spiegato perché non considera “dirimente” il fatto che la società dell’indagato sia
stata sottoposta a sequestro e ad amministrazione giudiziaria. Si osserva, infatti, che il tipo di
condotte poste in essere dal ricorrente per anni – a testimonianza di una inquietante abitualità
«prescindono dall’assunzione di una formale qualifica all’interno di una compagine societaria»
(f. 19) sì da rendere inutile anche ipotizzare una semplice misura interdittiva.
Per contro, il riferimento al tempo passato è tutt’altro che “banale” così come sembra
indurre a credere il ricorrente posto che il punto non è “fino a quando” esse erano state poste
in essere (vale a dire, circa due anni or sono tempo), bensì, “per quanto” e “come” esse si erano
protratte nel tempo. A tale proposito – osservano i giudici di merito – risulta che Currò «ha
perpetrato le proprie condotte criminose per anni, sostanzialmente indisturbato anche perché
ha potuto contare su un nucleo organizzato stabile costituito con il ricorso ad alter società e
prestanome» (f. 19). Senza tralasciare di sottolineare che episodi risalenti a due anni o sono
non possono essere considerati così datati (così come pretende il ricorrente) si deve quindi
concludere che il tutto legittima ampiamente il timore di reitera postulato dal Tribunale.

P.Q.M.
Visti gli artt. 615 e ss. c.p.p.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Messina, Sezione per il Riesame.
Così deciso il 14 luglio 2015
Il Presidente

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