Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36376 del 03/07/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 36376 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PORCARO GIANPIERO N. IL 07/05/1967
avverso l’ordinanza n. 56/2014 TRIB. LIBERTA’ di TREVISO, del
27/11/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;
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lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

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Uditi difensor Avv.;
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Data Udienza: 03/07/2015

RITENU TO IN FATTO
1 II Tribunale di Treviso, con ordinanza 27.11.2014, ha rigettato la richiesta di
riesame proposta nell’interesse di Porcaro Gianpiero contro il decreto di sequestro
preventivo – finalizzato alla confisca per equivalente (su beni mobili e immobili ed altri
beni specificamente indicati fino a concorrenza della somma di e. 3.300.000,00) emesso dal GIP nei confronti di Porcaro Gianpiero, indagato in concorso con altri per
reati tributari (artt. 2, 5, 8 e 10 ter D. Lvo n. 74/2000). Il Tribunale ha fondato il
proprio convincimento sul fumus dei reati sulle dichiarazioni del principale indagato,

2. Il difensore ricorre per cassazione proponendo tre motivi.
2.1 Col primo di essi, denunzia la violazione dell’art. 322 ter cp e 125 comma 3 e
324 comma 5 cpp ed in particolare la mancanza di motivazione sulla sussistenza degli
elementi costitutivi dei reati contestati, rimproverando al tribunale di avere nell’unica
pagina di motivazione, del tutto omesso di affrontare i temi sottoposti col ricorso di
riesame con particolare riferimento alla violazione degli artt. 2 e 8 D. Lvo n. 74/2000.
2.2 Col secondo motivo il ricorrente deduce la violazione delle medesime
disposizioni e l’omessa motivazione sulla dedotta sproporzione tra danno erariale
individuabile e importo oggetto di sequestro preventivo. Ribadisce le osservazioni
svolte in sede di riesame, completamente ignorate dal Tribunale, osservando ancora
che il profitto dei reati ammonterebbe – al più – a C. 835.308,54 e non a C. 3.330.000
come invece ritenuto dall’accusa.
2.3 Col terzo motivo, infine, denunziando la violazione degli artt. 2 e 8 del D. Lvo
n. 74/2000, il ricorrente insiste nella tesi della insussistenza del fumus dei reati di cui
agli artt. 2 e 8 del D. Lvo n. 74/2000, del danno erariale e del profitto. Riproduce le
contestazioni mosse in sede di gravame e riprende il tema della neutralità fiscale degli
acquisti intracomunitari (a cui si riferiscono i capi A e C della rubrica) ex artt. 46 e 47
del D.L. n. 331/1993: rileva che l’acquisto comporta una posizione di credito e debito
IVA e, quindi, nessun vantaggio tributario per cui appare dunque evidente l’assenza di
dolo di evasione. Ribadisce infine l’effettività delle operazioni poste in essere dalle
società.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato sotto ogni profilo.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, è ammissibile il ricorso per
cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo, pur consentito
solo per violazione di legge, quando la motivazione del provvedimento impugnato sia
del tutto assente o meramente apparente, perché sprovvista dei requisiti minimi per
rendere comprensibile la vicenda contestata e liter” logico seguito dal giudice nel
provvedimento impugnato (tra le varie, Sez. 6, Sentenza n. 6589 del 10/01/2013 Cc.
dep. 11/02/2013 Rv. 254893; Sez. 5, Sentenza n. 35532 del 25/06/2010 Cc. dep.

2

Ghezzi Mauro (amministratore delle società Europa 3000 srl e Interpneus srl).

01/10/2010 Rv. 248129; Sez. U, Sentenza n. 25932 del 29/05/2008 Cc. dep.
26/06/2008 Rv. 239692).
Nel caso in esame si verte proprio in tale ipotesi estrema.
Nell’atto di riesame erano state formulate specifiche censure sulla sussistenza
degli elementi costitutivi del reato, sulla sproporzione tra danno erariale e importo
sequestrato, sul calcolo del profitto e sul principio della neutralità fiscale, ma il
Tribunale di Treviso, benché formalmente investito di tali tematiche, che il ricorrente
riteneva necessario affrontare per dimostrare la insistenza del fumus, si è limitato a

minimo di verifica di attendibilità (limitandosi ad una mera presunzione in tal senso in
mancanza di elementi contrari) e da tale mero richiamo, sintetizzato in poco più di
mezza pagina, ha dedotto il coinvolgimento del commercialista dott. Porcaro nelle
illecite attività contestate, quale autore dei consigli fraudolenti in ordine alla
opportunità di creare società fittizie allo scopo di evadere il versamento dell’IVA, che
veniva utilizzata per pagare i compensi all’amministratrice rumena e ai commercialisti
Porcaro e Pasqualín. Un siffatto percorso argomentativo, fondato su una acritica
condivisione di una chiamata in correità e del tutto scollegato dalle specifiche censure
sollevate con l’atto di riesame, rende meramente apparente la motivazione sulla
legittimità di una misura cautelare, che ha investito beni immobili, mobili, quote
societarie, azioni, saldi attivi e passivi, ed investimenti vari.
Si rende pertanto necessario l’annullamento dell’ordinanza con rinvio al Tribunale
di Treviso che, in diversa composizione soggettiva, riesaminerà il caso motivando sul
fumus dei reati provvisoriamente contestati dando adeguata risposta ai motivi di
doglianza contenuti nell’atto di riesame.
P.Q.M.
annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Treviso.
Così deciso in Roma, il 3.7 2015.

richiamare le dichiarazioni accusatorie del Ghezzi, senza neppure sottoporle ad un

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