Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36356 del 19/05/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 36356 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Calvano Riccardo, nato a Andria il 07-07-1992
avverso la ordinanza del 13-12-2014 del tribunale della libertà di Genova;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Vito d’Ambrosio che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso;
Udito per il ricorrente

Data Udienza: 19/05/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Riccardo Calvano ricorre personalmente per cassazione impugnando
l’ordinanza del 13 dicembre 2014 con la quale il tribunale della libertà di Genova
– sul gravame proposto dal pubblico ministero avverso l’ordinanza del 31 ottobre
2014 con la quale il Gip aveva respinto la richiesta di applicazione della misura
cautelare avanzata nei confronti del ricorrente – ha accolto l’appello il pubblico
ministero applicando a Riccardo Calvano la misura della custodia cautelare in

comma 1 lettera g), d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309 perché, senza l’autorizzazione
di cui all’articolo 17, cedeva a Tarek Hijazi detenuto presso il carcere di Marassi
(o comunque a soggetti detenuti non ancora identificati), un pacchetto di colore
bianco contenente due sacchetti di cellophane trasparenti a loro volta contenenti,
rispettivamente, 14 involucri di cellophane azzurro del peso lordo complessivo di
1,819 grammi contenenti sostanza stupefacente del tipo eroina (peso netto
1,518 g) e 13 involucri di cellophane del peso lordo complessivo di 16,168 g
contenenti sostanza stupefacente del tipo a strisce (peso netto 15,206 grammi);
in particolare il pacchetto in questione (contenente anche due telefoni cellulari e
un cavetto di ricarica degli stessi) veniva lanciato dall’indagato (che si trovava in
un’area privata sita in via del Faggio in aderenza ai muri perimetrali del carcere)
all’interno della Casa circondariale di Marassi, precisamente nel cortile “passeggi”
della prima sezione ove veniva raccolto dal detenuto Tarek Hijazi. Fatto
aggravato in quanto la cessione è stata effettuata all’interno del carcere di
Marassi. In Genova il 30 agosto 2014.

2. Per la cassazione dell’impugnata ordinanza il ricorrente solleva due motivi
di gravame, qui enunciati, ai sensi dell’articolo 173 disposizioni di attuazione del
codice di procedura penale, nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce l’inosservanza o l’erronea
applicazione della legge penale (articolo 606, comma 1, lettera b), codice di
procedura penale).
Assume come nel caso di specie siano del tutto insussistenti le esigenze
cautelari: quella di cui alla lettera a) dell’articolo 274 codice di procedura penale
sul rilievo che il reato contestato si è consumato in data 30 agosto 2014 e la
condotta incriminata è stata interamente ripresa dalle telecamere a circuito
chiuso; quella della lettera b) dell’articolo 274 codice di procedura penale sul
rilievo che sarebbe quotidianamente reperibile dagli organi di polizia giudiziaria
territorialmente competenti, che dispongono non solo la sua utenza mobile ma
anche di quella dei suoi familiari; quella della lettera c) dell’articolo 274 codice di
procedura penale sul rilievo che non vi è la possibilità che egli possa commettere

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carcere per il reato previsto dagli articoli 81 codice penale, 73, comma 1, e 80,

delitti della stessa specie di quello per cui si procede in quanto, pur gravato da
precedenti, non ha mai commesso reati della stessa indole.
2.2. Con il secondo motivo lamenta la contraddittorietà o la manifesta
illogicità della motivazione posto che il fatto gli è stato attribuito confrontando le
foto segnaletiche con le immagini riprese dalla telecamera, accertamento del
tutto insufficiente occorrendo invece una ricognizione di persona e solo all’esito
del positivo espletamento di tale mezzo di prova il tribunale avrebbe potuto
correttamente ritenere la sussistenza della gravità indiziaria nei confronti del
ricorrente, laddove il Gip, nell’ordinanza che respingeva la richiesta di

escludendo che vi fosse coincidenza fra il ricorrente e la persona ritratta mentre
compiva la condotta delittuosa, avendo come parametro di riferimento le stesse
foto segnaletiche utilizzate dal tribunale del riesame di Genova. Il tribunale della
libertà avrebbe poi omesso di motivare sul grave indizio di colpevolezza indicato
dal pubblico ministero consistente nel fatto che l’involucro lanciato all’interno del
carcere era stato sequestrato a tale Tarek Hijazi, detenuto che aveva condiviso
con il ricorrente la cella per circa 20 giorni, collocabili tra il dicembre 2013 e
gennaio 2014. Il Gip aveva motivato come tale circostanza fosse irrilevante visto
che il ricorrente e Tarek Hijazi avevano condiviso la cella per un breve periodo e
molto risalente nel tempo.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato e presentato
nei casi non consentiti.

2. I motivi di gravame possono essere congiuntamente esaminati in quanto
entrambi aspecifici e manifestamente infondati e perciò affetti dal medesimo
vizio sulla base delle identiche ragioni.
2.1. E’ opportuno premettere come il tribunale distrettuale abbia ricordato
che il 30 agosto 2004 venne gettato all’interno del carcere di Marassi un
pacchetto contenente due telefoni cellulari, 14 involucri contenenti eroina
(grammi 1,819) e 13 involucri contenenti più di 15 g di hashish; il pacchetto
venne preso da un detenuto e poi passato a Tarek Hijazi che se ne disfaceva
all’avvicinarsi dell’agente della polizia penitenziaria.
Sulla base delle immagini riprese da telecamere, si accertava che il
pacchetto era stato lanciato da un’aria privata, alla quale aveva avuto accesso,
scavalcando una ringhiera, un giovane, che poi aveva effettuato il lancio.
L’agente Francesco Falcone riconosceva nelle riprese filmate Riccardo
Calvano, che era stato detenuto a Marassi sino al gennaio 2014; veniva quindi

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applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, aveva motivato

effettuato dalla polizia scientifica un accertamento fisionomico comparativo tra le
foto segnaletiche del Calvano e le immagini riprese dalla telecamera,
accertamento che si concludeva con un giudizio di compatibilità totale per la
somiglianza dei dettagli anatomici facciali e della presenza in entrambi i set di
immagini di un tatuaggio posto dietro il padiglione auricolare del soggetto
ripreso.
Su tali basi e sul fatto che il Calvano aveva per circa un mese condiviso la
cella proprio con Tarek Hijazi, presumibile destinatario del pacchetto, il pubblico

l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere per il pericolo di
recidiva specifica.
La richiesta era stata rigettata dal Gip che escludeva vi fosse totale
somiglianza tra il soggetto ripreso dalle telecamere e quello indicato nelle foto
segnaletiche dell’indagato.
Il tribunale del riesame ha ritenuto invece come il quadro indiziario fosse
particolarmente consistente; le immagini riprese dalla telecamera erano molto
nitide tant’è che l’agente Falcone ha agevolmente riconosciuto il Calvano, a lui
ben noto in quanto detenuto a Marassi per parecchi mesi; il ritratto del Calvano,
contenuto nelle foto segnaletiche, è stato quindi raffrontato a quello del soggetto
ripreso mentre lanciava il pacchetto ed è stato possibile rilevare come si
trattasse della stessa persona, circostanza che, secondo il tribunale cautelare,
ha trovato ulteriore conferma nell’analisi fisionomica comparativa dalla quale è
emersa la totale compatibilità tra le immagini ritraenti l’autore del lancio e le foto
del Calvano.
Configurati i gravi indizi di colpevolezza, il Collegio cautelare ha ritenuto
sussistenti anche le esigenze cautelari in presenza di un consistente pericolo di
recidiva giacché, nonostante la sua giovane età, il Calvano si era già reso
responsabile di più reati contro la persona e il patrimonio.
Inoltre il fatto per il quale di procede è apparso indicativo della sua
dimestichezza con l’ambiente dello spaccio degli stupefacenti e, per il luogo cui
era diretto il lancio della droga, indicativo anche di un particolare disprezzo per
le regole, circostanza che, richiedendo un controllo continuo, ha determinato il
Collegio cautelare a ritenere solo la custodia in carcere come misura adeguata a
contenere il pericolo di recidiva, attesa anche l’inaffidabilità dell’indagato
comprovata da un carico pendente a suo carico per il reato di evasione.
2.3. A fronte di tale apparato argomentativo, congruo e privo di vizi logici,
che si è ampiamente confrontato, superandolo, con quello del Gip che aveva
respinto la domanda cautelare, i motivi di ricorso, da un lato, indugiano sulla
motivazione del primo giudice senza alcuna specifica indicazione dei vizi della
seconda pronuncia in maniera che cognita causa si possa validamente sostenere
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ministero riteneva la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza e chiedeva

che ad essa sarebbe preferibile la prima e, dall’altro, deduce circostanze
palesemente inconsistenti e, in taluni casi, neppure considerate dal tribunale
cautelare per desumere la sussistenza dei presupposti applicativi della cautela.
Il Collegio cautelare ha infatti precisato come fosse del tutto irrilevante
stabilire a quale persona fosse diretta la droga in presenza dei gravi indizi di
colpevolezza a carico del ricorrente quale autore del lancio del pacchetto
all’interno del carcere,’ gravità indiziaria desunta dagli accertamenti tecnici
comparativi, che hanno identificato nell’indagato l’autore del lancio, e nel

telecamera, ha riconosciuto il ricorrente e ciò è stato ragionevolmente sufficiente
al tribunale della libertà per poter configurare l’esistenza di un grave quadro
indiziario a carico del Calvano.
Né il tribunale distrettuale ha considerato altri pericoli cautelari, oltre al
pericolo di reiterazione criminosa specifica, rispetto al quale il ricorso ne esclude
la ricorrenza sulla base di apodittiche argomentazioni ed anche manifestamente
infondate perché il pericolo di recidiva contiene un giudizio prognostico che
guarda perciò al futuro in modo che l’applicazione della cautela protegga
l’interesse da cautelare che è quello di impedire che il soggetto compia attentati
che pregiudichino beni aventi la medesima obiettività giuridica criminosa del
reato del quale, sulla base di gravi indizi di colpevolezza, si ipotizza la
realizzazione.
Non è quindi necessario, con tutta evidenza, che il pericolo di reiteratio
criminis

richieda, per essere processualmente formulato, la precedente

commissione di reati della stessa specie, potendo l’esigenza cautelare de qua
ritenersi sussistente, a condizioni esatte, anche nei confronti di persone immuni
da precedenti penali, mentre è necessario invece che se ne pronostichi la futura

i

commissione.

3. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto
che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per
il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del
procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13
giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso
sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via
equitativa, di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

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concorrente riconoscimento dell’agente Falcone che, nelle immagini ritratte dalla

Cj1/4/N

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Dispone che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore
dell’istituto penitenziario competente, a norma dell’art. 94, comma 1

ter, disp.

att. cod. proc. pen.

Così deciso il 19/05/2015

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