Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36354 del 23/04/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 36354 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Fatnasi Walid, nato in Tunisia il 09-0-1987
Saber Hassen, nato in Tunisia il 20-05-1980
avverso la sentenza del 15-05-2014 del Gip tribunale di Perugia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
Lette le conclusioni del Procuratore Generale che ha chiesto l’annullamento senza
rinvio con trasmissione atti;
udito per il ricorrente

Data Udienza: 23/04/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Walid Fatnasi e Hassen Saber ricorrono per cassazione impugnando la
sentenza indicata in epigrafe emessa dal Gip presso il tribunale di Perugia con la
quale è stata applicata, su richiesta delle parti, ritenuto il fatto di lieve entità
(art. 73, comma 5) la pena di anni uno e mesi otto di reclusione ed euro
2000,00 di multa ciascuno per il reato previsto dagli articoli 110 codice penale,
73 d.p.r. 9 ottobre 1990, numero 309 per avere detenuto nella comune

successiva cessione a terzi, grammi 7,403 di cocaina, utili per il confezionamento
di 12 dosi medie singola. In Perugia il 19 agosto 2013.

2. Per la cassazione dell’impugnata sentenza Walid Fatnasi e Hassen Saber
sollevano, a mezzo dei rispettivi difensori, un unico motivo di gravame, qui
enunciato, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., nei limiti strettamente
necessari per la motivazione.
Con esso i ricorrenti lamentano l’inosservanza o erronea applicazione della
legge penale nonché difetto di motivazione per avere il tribunale omesso di
valutare ai sensi dell’articolo 129 codice di procedura penale che il quadro
probatorio era insufficiente a dichiarare la penale responsabilità degli imputati in
ordine al delitto contestato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato per ragioni diverse dai motivi proposti e sulla base di
questioni rilevabili d’ufficio.

2.

Infatti – in sede di legittimità ed anche in presenza di ricorso

manifestamente infondato, e (come nella specie) privo di censure in ordine al
trattamento sanzionatorio – sono rilevabili di ufficio gli effetti delle modifiche
normative sopravvenute con riguardo alla più mite disciplina prevista in materia
di stupefacenti per le fattispecie di lieve entità, anche quando la pena irrogata
rientri nella cornice edittale della previgente disciplina come ripristinata per
effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014 (principio
affermato dalle Sezioni Unite all’udienza 26/06/2015 con informazione
provvisoria e con motivazione non ancora pubblicata).
Tale principio deve ritenersi valido (per i delitti previsti dall’art. 73 d.P.R.
309 del 1990, in relazione sia alle droghe c.d. leggere che a quelle pesanti
quando sia stato ritenuto, come nella specie, il fatto di lieve entità) anche nei
casi in cui la pena sia stata applicata con sentenza di “patteggiamento”, con la

2

abitazione di via Tagliamento 34 in Perugia, in concorso tra loro, ai fini della

conseguenza che la stessa deve essere, attraverso un rinnovato accordo delle
parti, eventualmente rideterminata anche nel caso in cui rientri nella nuova
cornice edittale applicabile.

3. Va infatti considerato che, all’esito dell’intervento normativo inaugurato
con il decreto legge 23 dicembre 2013 n. 146, conv. in legge 21 febbraio 2014,
n. 10, la disposizione ex art. 73, comma 5, d.p.r n. 309 del 1990 è stata
ristrutturata prevedendosi una fattispecie costituente titolo autonomo di reato, e

stup., punita, con la nuova incriminazione e senza distinguere tra droghe pesanti
(nel caso di specie, trattasi di cocaina) e droghe leggere, con una pena edittale
da uno a cinque anni di reclusione e da euro 3.000,00 ad euro 26.000,00 di
multa.
La strategia diretta a non distinguere tra droghe pesanti e droghe leggere,
ai fini della sanzione applicabile ai fatti di lieve entità, è stata poi ribadita
dall’ulteriore intervento normativo introdotto con la legge 16 maggio 2014, n. 79
di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 marzo 2014, n.
36 che, da un lato, ha confermato la struttura della fattispecie concepita come
titolo autonomo di reato e, dall’altro, ha ulteriormente modificato il profilo
sanzionatorio riportandolo, operazione peraltro già conseguita con la sentenza n.
32 del 2014 della Corte costituzionale, alle sanzioni edittali previste ante legem
n. 49 del 2006 per i fatti di lieve entità relativi alla droghe leggere (ma anche per
le pesanti) fissando la pena della reclusione da sei mesi a quattro anni e della
multa da euro 1.032,00 a euro 10.329,00 (art. 1, comma 24-quater, lett. a).

3. Alla stregua pertanto dello ius superveniens – (la sentenza impugnata è
stata emessa il giorno precedente alla seconda legge di conversione n. 79 del
2014 e non risulta si sia tenuto conto delle disposizione del decreto legge
convertito n. 36 del 2014), contenente peraltro ulteriori effetti favorevoli,
laddove è previsto che quando non debba concedersi il benefici della
sospensione condizionale della pena (nella specie revocato per uno dei
ricorrenti), l’imputato può essere ammesso ad usufruire del lavoro di pubblica
utilità – la sentenza deve essere annullata senza rinvio con trasmissione degli atti
al giudice competente per una rinnovata valutazione delle parti circa
l’opportunità di rivedere l’accordo ex art. 444 cod. proc. pen.

3

non più circostanza attenuante del reato base di cui all’art. 73, comma 1, legge

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti
al tribunale di Perugia per l’ulteriore corso.

Così deciso il 23/04/2015

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