Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36350 del 23/03/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 36350 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GRILLO RENATO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BERTINI PAOLO N. IL 07/07/1964
DATTILO ANTONIO N. IL 28/06/1971
DE SANTIS MASSIMO N. IL 08/04/1962
DELLA VALLE ANDREA N. IL 29/09/1965
DELLA VALLE DIEGO N. IL 30/12/1953
FOTI PASQUALE N. IL 03/02/1950
LOTITO CLAUDIO N. IL 09/05/1957
MAZZEI GENNARO N. IL 27/12/1957
MAZZINI INNOCENZO N. IL 14/07/1945
MENCUCCI SANDRO N. IL 18/07/1961
MOGGI LUCIANO N. IL 10/07/1937
PAIRETTO PIER LUIGI N. IL 15/07/1952
RACALBUTO SALVATORE N. IL 28/09/1961
BRESCIA CALCIO SPA
BOLOGNA FOOTBAL CLUB 1909 SPA
FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO
FALLIMENTO VITTORIA 200 SRL
US LECCE SPA
FEDERCONSUMATORI CAMPANIA
ATALANTA BERGAMASCA CALCIO SPA
A.C. ASS.NE CALCIO FIRENZE FIORENTINA SPA
GAZZONI FRASCARE GIUSEPPE
BANDIERA MARIO
avverso la sentenza n. 10786/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
17/12/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/03/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RENATO GRILLO

Data Udienza: 23/03/2015

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rffile,(«i

ilEd.per i rie orsi- di Paolo BERTINI e DATTILO Antonio annullamento senza rinvio perché i fatti
nai capi A),B) e M) non sussistono con conseguente annullamento delle statuizioni civili. per Gennaro
MAZZEI annullamento senza rinvio delle statuizi:_ini
ili,1naintt:31-,i1:‘, aPli effetti nenaU,n elInnocenzo MAZZINI annullamento senza rinvio limitatamente al reato di cui al capo A), agli effetti
civili, perché estinto per intervenuta prescrizione e rigetto agli effetti civili; rigetto nel resto.quanto al
ricorso di LUCIANO MOGGI annullamento senza rinvio limitatamente ai reati di cui ai capi B e M
perché i fatti non sussistono con annullamento delle relative statuizioni ciivili; con riferimento al reato
di cui al capo A)annullamento sena rinvio, agli effetti penali,per intervenuta prescrizione e rigetto agli
effetti civili;annullamentocon rinvio alla Corte d’Appello civile di Napoli in riferimento alle statuizioni
risarcitorie relative al capo F); rigetto nel resto.quanto al ricorso di
Pierluigi PAIRETTO,limitatamente al reato di cui al capo A)annullamento senza rinvio,agli effetti
penale,per intervenuta prescrizione e rigetto agli effetti civili; con riferimento al reato di cui al capo F)
úniaullaineonto con rinvio:alla Corte di Appello civile di Napoli;rigetto nel resto. rigetto dei ricorsi degli
imputati Massimo DE SANTIS, Andrea DELLA VALLE, Diego DELLA .VALLE, Sandro
MENCUCCI, Salvatore RACALBUTO, del responsabile civile AC Fiorentina. Con riferimento alle
parti civili Brescia Calcio, Atalanta Bergamasca Calcio, Bologna Football club, Fallimento Vittoria,
US Lecce, annullamento senza rinvio delle ordinanze del 20.12.2013 e del 19.3.2014 e annullamento
con rinvio della sentenza impugnata alla Corte d’Appello sezione civile di Napoli; con riferimento al
ricorso FIGC annullamento con rinvio alla Corte d’Appello sezione civile i Napoli in punto di
quantificazione delle spese di lite, rigetto nel resto; inammissibile il ricorso Associazione
Federconsumatori Campania.

E’ fú-tgente l’avvocato BONATTI MATTEO del foro di TORINO si riporta ai motivi di ricorso e
insiste chiedendo la riforma della sentenza
E presente l’avvocato GALL1NELLI PAOLO del foro di ROMA accoglimento del ricorso del De
Santis e rigetto dei ricorsi delle parti civili
E’ presente l’avvocato PICCA FRANCESCO del foro di NOLA si riporta e chiede raccoglimento del
ricorso.
E’ presente l’avvocato KROGH MASSIMO del foro di NAPOLI in proprio e dichiara di essere
sostituto processuale dell’Avv.Morace Carlo del foro di Reggio Calabria e si riporta ai motivi di
ricorso.
E’ presente l’avvocato VITIELLO GIUSEPPE del foro di Napoli per la Soc. Juventus S.p.a., il quale con atto
depositato in udienza si riporta integralmente a tutti gli atti difensivi ed al contenuto motivazionale della
sentenza di appello, chiedendone la conferma in relazione alle statuizioni attinenti la esclusione della
responsabile civile Juventus F.C. S.p.a.

E’ presente l’avvocato CASTALDO ANDREA R. del foro di NAPOLI chiede la conferma della
sentenza della Corte di Appello di Napoli e le statuizioni civili ivi contenute anche in sostituzione
dell’Avv. La Rana Agostino del foro di Napoli.
E’ presente l’avvocato BOTTI CLAUDIO del foto di NAPOLI si riporta ai motivi e ne chiede
raccoglimento’
E’ presente l’avvocato MESSERI MAURO del foro di AREZZO nei confronti di BERTINI chiede
l’assoluzione per insussistenza di prove e si riporta integralmente ai motivi di ricorso e nei confronti
del Mazzei conclude riportandosi ai motivi di ricorso
E’ presente l’avvocato l’Avv. VICICONTE GAETANO del foro di Firenze in sostituzione dell’Avv.
Bagattini Federico del foro di Firenze che conclude chiedendo raccoglimento del ricorso con
rimessione degli atti alla Corte Costituzionale
E’ presente l’avvocato MILELLA TITO LUCREZIO del foro di ROMA, accoglimento del ricorso per

C et, . 1

E’ presente l’avvocato GENTILE GIAN MICHELE del foro di ROMA chiede l’accoglimento del
ricorso per Lotito e il rigetto dei ricorsi delle parti civili.
E’ presente l’avvocato FURGIUELE ALFONSO del foro di NAPOLI si riporta ai motivi di ricorso e
chiede l’accoglimento del ricorso e il rigetto dei ricorsi delle Parti
E’ presente l’avvocato TROFINO PAOLO del foro di SANTA MARIA CAPUA VETERE che si
riporta ai motivi di ricorso
E presente l’avvocato PRIORESCHI MAURILIO del foro di ROMA che conclude per Moggi si
riporta ai motivi di ricorso e chiede il rigetto dei ricorsi delle parti civili o l’inammissibilità
E’ presente l’avvocato SACCHI MORSIANI GIOVANNI del foro di BOLOGNA in proprio e in
sostituzione dell’Avv. Nicolini Giovanni del foro di Bologna che si riporta e deposita conclusioni e
nota spese

il rito ordinario deposita conclusioni e nota spese
E’ presente l’avvocato PRIORESCHI MAURILIO del foro di ROMA in sostituzione dell’Av -v. Caleffi
Alberto del foro di Varese che si riporta
E’ presente l’avvocato CATALANOTTI BRUNO del foro di MILANO chiede il rinvio 1 Giudice
Civile degli atti con accoglimento del ricorso e deposita nota spese
E’ presente l’avvocato ANDREOLI DARIO del foro di TEMPIO PAUSAN1A in via primaria si
associa alla richiesta del p.g.e si riporta ai motivi di ricorso.
E’ presente l’avvocato GUELI EMILIO del foro di BERGAMO si riporta ai motivi di ricorso e
deposita conclusioni e nota spese
E presente l’avvocato SAMBATI ANDREA del foro di LECCE si riporta e deposita conclusioni e
nota spese

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 17 dicembre 2013 la Corte di Appello di Napoli riformava parzialmente
la sentenza resa dal Tribunale di detta città in data 8 novembre 2011 appellata – per quanto
qui rileva – da BERTINI Paolo, DATTILO Antonio, DE SANTIS Massimo, DELLA VALLE Andrea,
DELLA VALLE Diego, FOTI Pasquale, LOTITO Claudio, MAZZINI Innocenzo, MENCUCCI Sandro,
MOGGI Luciano, PAIRETTO Pier Luigi, RACALBUTO Salvatore, nonché dal Procuratore della

cui ai capi c), p), r) e A2); DE SANTIS Massimo per i reati di cui ai capi e) e A6; DELLA VALLE
Diego per il capo A9); MAZZINI Innocenzo per il reato di cui al capo A) comma 10 e A3);
MOGGI Luciano per i reati di cui ai capi c), d), e), n), p) ed r); PAIRETTO Pier Luigi per il reato
di cui al capo A) comma 1° e capi e), m), u), v) e A3); RACALBUTO Salvatore per il reato dì cui
al capo n) ed, ancora, dalle parti civili Brescia Calcio s.p.a.; Bologna Football Club 1999 s.p.a.;
F.I.G.C.; Fallimento Victoria 2000 s.r.I.; Fallimento Salernitana Sport s.r.I., U.S. Lecce s.p.a.;
nonchè in via incidentale, dal responsabile civile A.C. Associazione Calcio Firenze Fiorentina
s.p.a., dalla AFC Juventus Football Club s.p.a. e dalla S.S. Lazio s.p.a..
1.1 In particolare, per quanto qui di interesse, la Corte di appello dichiarava inammissibile
l’appello proposto dall’U.S. Lecce s.p.a. e dal Brescia Calcio s.p.a., quest’ultimo limitatamente
al gravame verso il responsabile civile AFC Juventus Football Club s.p.a., per sopravvenuta
rinuncia all’impugnazione; assolveva DE SANTIS Massimo e FOTI Pasquale dal reato di cui al
capo L) perché il fatto non sussiste, rideterminando la pena per il DE SANTIS, ferme le
circostanze attenuanti generiche e la ritenuta continuazione per i residui reati di cui ai capi A),
G) e A10) in anno uno di reclusione, con sospensione condizionale della pena; per il BERTINI e
per il DATTILO in ordine ai residui reati loro rispettivamente ascritti ai capi A), M) e B), previo
riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e con la ritenuta continuazione, in mesi
dieci di reclusione ciascuno con il beneficio per entrambi della sospensione condizionale della
pena.
1.2 Dichiarava non doversi procedere nei confronti di PAIRETTO Pier Luigi in ordine ai reati
di cui ai capi F), G) e Q) perché estinti per intervenuta prescrizione, rideterminando la pena
per il residuo reato di cui al capo A) (art. 416 cod. pen. comma 1°), previa concessione delle
circostanze attenuanti generiche, in anni due di reclusione, con il beneficio della sospensione
condizionale della pena.
1.3 Dichiarava non doversi procedere nei confronti di MAZZINI Innocenzo in ordine ai reati
di cui ai capi U), V), A5) e A10) perché estinti per intervenuta prescrizione, rideterminando la
pena per il residuo reato di cui al capo A) (art. 416 cod. pen. comma 1°), previa concessione
delle circostanze attenuanti generiche, in anni due di reclusione con il beneficio della
sospensione condizionale della pena.
1

Repubblica (quest’ultimo – per quanto qui rileva – nei confronti di BERTINI Paolo per i reati di

1.4 Dichiarava non doversi procedere nei confronti di MOGGI Luciano in ordine ai reati di
cui ai capi B), F), G), I), M), O), Q), Z) e A5) perché estinti per intervenuta prescrizione,
rideterminando la pena per il residuo reato di cui al capo A) (art. 416 cod. pen. comma 1°),
previa concessione delle circostanze attenuanti generiche in anni due e mesi quattro di
reclusione.
1.5 Dichiarava, ancora, in accoglimento dell’appello del Procuratore della Repubblica, non
doversi procedere nei confronti di FABIANI Mariano in ordine al reato sub A) e di MAZZEI

1.6 Dichiarava non doversi procedere nei confronti di RACALBUTO Salvatore, FOTI
Pasquale, DELLA VALLE Diego, DELLA VALLE Andrea, MENCUCCI Sandro, LOTITO Claudio,
MEANI Leonardo, PUGLISI Claudio e TITOMANLIO Stefano in ordine ai reati agli stessi
rispettivamente ascritti, perché estinti per intervenuta prescrizione.
1.7 Revocava le pene accessorie nei confronti di MOGGI Luciano, RACALBUTO Salvatore,
FOTI Pasquale, DELLA VALLE Diego, DELLA VALLE Andrea, MENCUCCI Sandro, LOTITO Claudio,
MEANI Leonardo; PUGLISI Claudio, TITOMANLIO Stefano, MAZZINI Innocenzo e PAIRETTO
Pierluigi.
1.8 Condannava MAZZEI Gennaro, in solido con il già condannato TITOMANLIO Stefano, al
risarcimento del danno in favore della costituita parte civile Fallimento Salernitana Sport s.p.a.,
da liquidarsi in separata sede ed il solo MAZZEI, inoltre, al pagamento delle spese sostenute
dalla detta parte civile anche nel primo grado di giudizio, oltre alle spese del grado.
1.9 Condannava il predetto MAZZEI Gennaro al risarcimento in favore delle parti civili
Ministero dell’Economia e delle Finanze AA.MM .SS.; del Ministero delle Politiche Giovanili e
della F.I.G.C. da liquidarsi in separata sede, oltre alla spese di costituzione per il doppio grado
di giudizio.
1.10 Condannava in solido i nominati BERTINI Paolo, DATTILO Antonio, DE SANTIS
Massimo, DELLA VALLE Diego, DELLA VALLE Andrea, FOTI Pasquale, LOTITO Claudio, MAZZINI
Innocenzo, MEANI Leonardo MENCUCCI Sandro, MOGGI Luciano, PAIRETTO Pierluigi, PUGLISI
Claudio, RACALBUTO Salvatore e TITOMANLIO Stefano alle spese di costituzione in favore delle
costituite parti civili Ministero dell’Economia e delle Finanze AA.MM .SS.; del Ministero delle
Politiche Giovanili e della F.I.G.C., confermando le statuizioni civili risarcitorie pronunciate nei
confronti dei detti imputati
1.11 La Corte territoriale respingeva anche le richieste di sequestro conservativo proposte
dalla società Brescia e dai Ministeri dell’Economia e Finanze e delle Politiche Giovanili nei
confronti di MOGGI Luciano.

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Gennaro in ordine al reato sub A7), perché estinti per intervenuta prescrizione.

1.12 Dichiarava inoltre inammissibili le richieste di rivalutazione delle spese processuali
liquidate dal Tribunale ai difensori delle parti civili ed ancora le richieste avanzate dalla società
Brescia calcio nei confronti delle società AFC. Juventus s.pa. e U.S. Lecce s.pa. per rinuncia
1.13 Con la detta sentenza venivano, in riforma della decisione del Tribunale, revocate le
statuizioni risarcitorie nei confronti della Federconsumatori Campania, del Brescia Calcio, della
Curatela del Fallimento Victoria 2000, del Bologna F.C. dell’Atalanta Bergamasca Calcio e dell’
US Lecce.

quale responsabile civile della Juventus F.C., nonchè le richieste di provvisionale avanzate dai
predetti due Ministeri, dalla F.I.G.C. e dal Fallimento Salernitana s.p.a. Confermava, nel resto,
la sentenza impugnata.
2. Con successiva ordinanza emessa ai sensi dell’art. 130 cod. proc. pen. in data 20
dicembre 2013, la detta Corte distrettuale disponeva correggersi ai sensi dell’art. 130 cod.
proc. pen. il dispositivo della detta sentenza con l’apposizione della frase

“revocando le

statuizioni civili di primo grado tranne che per il Ministero dell’Economia e delle Finanze AA.MM.SS. – e del Ministero per le Politiche Giovanili e Sportive, la FIGC e Fallimento
Salernitana Sport s.p.a.”, subito dopo la frase figurante nel citato dispositivo “Rigetta le
richieste delle altre Parti civili”.
2.1 A seguito di impugnazione della detta ordinanza da parte del BRESCIA CALCIO s.p.a.,
la Corte distrettuale revocava la menzionata ordinanza del 20 dicembre 2013 e, con altro
provvedimento correttivo del 20 marzo 2014, successivo al deposito della sentenza qui
impugnata, procedeva ad una ulteriore

emendati°

dell’errore materiale contenuto nel

dispositivo della sentenza, sostituendo l’espressione originaria

“Rigetta le richieste delle altre

parti civili, Conferma nel resto” con l’espressione “Revoca le statuizioni delle altre parti civili e
rigetta le ulteriori richieste”.
3. Avverso la detta sentenza propongono ricorso, nell’ordine, gli imputati BERTINI Paolo,
DATTILO Antonio, DE SANTIS Massimo, DELLA VALLE Andrea, DELLA VALLE Diego, FOTI
Pasquale, LOTITO Claudio, MAZZEI Gennaro, MAZZINI Innocenzo, MENCUCCI Sandro, MOGGI
Luciano, PAIRETTO Pier Luigi e RACALBUTO Salvatore.
3.1 Propongono, altresì, ricorso avverso la detta sentenza, ai soli effetti civili nonchè
avverso l’ordinanza resa il 20 dicembre 2013, nell’ordine, le parti civili costituite Brescia Calcio
s.p.a.; Atalanta Bergamasca Calcio s.p.a.; Bologna Football Club 1999 s.p.a.; F.I.G.C.;
Curatela del Fallimento Victoria 2000 s.r.l. (in sostituzione della precedente parte civile
Fallimento Victoria 2000 s.r.I.); U.S. Lecce s.p.a. e Associazione Federconsumatori Campania,
nonché il responsabile civile A.C. Associazione Calcio Firenze Fiorentina s.p.a. con riferimento
alla sola sentenza del 17 dicembre 2013.

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1.14 Veniva rigettata la richiesta della parte civile F.I.G.C. in relazione alla esclusione

3.2 Inoltre la parte civile Brescia Calcio s.p.a. propone ricorso anche contro l’ordinanza
pronunciata nel giudizio di appello dalla Corte territoriale in data 15 ottobre 2013, nella parte
in cui era stata dichiarata l’inammissibilità dell’appello incidentale interposto dalla detta società
sportiva contro la S.S. Lazio s.pa.
3.3 Ancora la detta parte civile, nonchè le altre parti civili Atalanta Bergamasca Calcio
s.p.a.; Bologna Football Club 1999 s.p.a., Curatela Fallimento Victoria 2000 s.r.l. interpongono
ricorso anche contro la successiva ordinanza – correttiva e sostitutiva della precedente

2014 e, di riflesso, contro la parte così emendata del dispositivo della sentenza qui impugnata.
4. In particolare il ricorrente BERTINI Paolo, che ha espressamente rinunciato alla
prescrizione, deduce cinque articolati motivi. Con il primo lamenta – sotto un primo profilo carenza assoluta di motivazione nella parte della sentenza in cui viene omessa qualsiasi
considerazione in merito alle preliminare eccezione (tempestivamente dedotta nel giudizio di
primo grado, disattesa dal Tribunale e reiterata con l’atto di appello) sollevata in ordine alla
nullità del decreto ex art. 429 cod. proc. pen. ed atti di seguito per la mancata indicazione
delle generalità dell’imputato in spregio all’art. 429 comma 2 cod. proc. pen. in relazione al
comma 1 lett. a) e, in ogni caso, inosservanza della legge processuale penale per erronea
applicazione degli artt. 125 comma 3, 178, 181 comma 3, 185 comma 1, 429 comma 2 in rel.
al comma 1 del codice processuale. Sotto un secondo profilo, analogo, per struttura al
precedente, il ricorrente si duole della mancata motivazione da parte della Corte territoriale in
ordine alle censure (già sollevate tempestivamente nel corso del giudizio di primo grado,
disattese dal Tribunale e riproposte con l’atto di appello) riguardanti l’asserita indeterminatezza
e/o genericità del capo di imputazione sub M) ed in ogni caso la inosservanza dell’art. 429
comma 1 lett. c); sotto un terzo e più articolato aspetto, la difesa lamenta analogo vizio
motivazionale con riferimento alla mancata esclusione della F.I.G.C. quale parte civile invocata
in relazione al difetto di giurisdizione (per violazione della clausola compromissoria di cui
all’art. 4 della L. 91/81 come recepita dal codice di giustizia della F.I.G.C. all’epoca vigente) e
alla carenza di legittimazione attiva in relazione all’intervenuto giudizio disciplinare definito con
sentenza di proscioglimento sui medesimi fatti oggetto di azione disciplinare promossa
dall’Organo requirente della F.I.G.C. Con il secondo motivo la difesa lamenta vizio di
travisamento della prova in ordine al ritenuto possesso e/o riconducibilità al BERTINI della cd.
“scheda telefonica estera” (su cui viene sostanzialmente fondato il giudizio di colpevolezza per
il delitto di cui al capo A), nella parte in cui risultano travisate le testimonianze di PAPARESTA
Romeo e PAPARESTA Gianluca e, ancora, risulta travisato il contenuto del documento costituito
dal tabulato telefonico relativo all’utenza telefonica 3356506202 in uso allo stesso PAPARESTA
Gianluca. Nell’ambito del detto motivo viene denunciato vizio assoluto di motivazione per
carenza e/o apparenza, con riguardo a quella parte della sentenza in cui si afferma la
partecipazione del BERTINI all’associazione criminale di cui al capo A), nonché manifesta
4

ordinanza del 20 dicembre 2013 (poi revocata) – pronunciata inter partes in data 20 marzo

illogicità con riferimento alla ritenuta comunanza di intenti tra il BERTINI ed altri presunti
associati (in specie MOGGI Luciano). Con il terzo motivo si lamenta violazione di legge per
erronea applicazione dell’art. 1 comma 10 ultima parte della L. 401/89 (censurato anche, sia
pure marginalmente, in punto di legittimità costituzionale per violazione degli artt. 3 e 25
Cost.) nonchè manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione in ordine alla corretta
qualificazione della fattispecie. Con il quarto motivo – funzionalmente collegato con il
precedente – il ricorrente si duole del vizio di carenza di motivazione e contraddittorietà e in

401/89) in riferimento al reato di cui al capo M) (concorso nel delitto di frode sportiva) tanto
con riguardo alla mancata valutazione dell’elemento oggettivo del reato (concorso

dell’extraneus), quanto dell’elemento soggettivo, nonché, ancora, di vizio di travisamento della
prova con riferimento ai contenuti di alcune telefonate intercettate e manifesta illogicità.
Infine, con il quinto motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata per carenza assoluta
della motivazione in punto di diniego dell’invocato beneficio di cui all’art. 175 cod. pen.
5. Il ricorrente DATTILO Antonio, che ha espressamente rinunciato alla prescrizione,
deduce sei articolati motivi sintetizzabili nel modo che segue. Con il primo viene lamentata
falsa applicazione della legge penale processuale nella parte in cui la Corte territoriale,
riprendendo le motivazioni rese dal Tribunale, ha disatteso l’eccezione di incompetenza
territoriale formulata già nel corso del giudizio di primo grado. In particolare vengono segnalati
i numerosi elementi di tipo processuale desunti dall’art. 9 cod. proc. pen. in base al quale,
secondo le regole suppletive ivi enunciate (da applicarsi, non essendo certo il locus commissi
delicti) la competenza andava in via gradata individuata a Roma (luogo in cui aveva sede
“operativa” la maggior parte degli associati e la Federazione di appartenenza), a Udine (luogo
del primo reato-scopo tra quelli indicati dopo la lettera A) o a Lecce (ultimo luogo in cui
sarebbe avvenuta parte dell’azione delittuosa di tipo commissivo od omissivo, ma non
certamente a Napoli (luogo in cui sarebbe avvenuta la prima consegna della scheda estera da
parte del MOGGI, o di un proprio emissario, all’ex arbitro internazionale e designatore della
C.A.N. “D”, PAPARESTA Romeo). Nell’ambito del predetto motivo il ricorrente ulteriormente
osserva che, anche a voler seguire il ragionamento della Corte distrettuale circa
l’individuazione di Napoli quale luogo della prima consegna della scheda e dunque di
operatività iniziale dell’associazione delinquenziale, la competenza andava, comunque,
individuata nel luogo in cui era stato deciso di acquistare il pacchetto di schede svizzere
(Torino, giugno 2004). Con il secondo motivo viene dedotta, in riferimento al reato di cui al
capo B) e alla sentenza di primo grado, violazione della legge penale processuale per
inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 521 cod. di rito (difetto di correlazione tra
accusa (commissione di atti fraudolenti in occasione della gara UDINESE-BRESCIA disputata il
26.9.2004) e sentenza (che ha omesso di motivare su tale specifica contestazione sollevata
con l’atto di appello, limitandosi ad affrontare la dedotta questione processuale solo con
5

via subordinata di inosservanza ed erronea applicazione della legge penale (art. 1 della L.

riferimento al reato associativo sub A). Con il terzo motivo si deduce il medesimo vizio
relativamente al capo B) nella misura in cui la colpevolezza per il reato di frode sportiva
enunciato in quel capo di imputazione è stata affermata non già con riferimento alla
commissione degli atti fraudolenti (in realtà dimostratisi insussistenti) riguardanti la detta gara
di campionato, bensì con riferimento a contatti tra uno degli associati (MOGGI) e lo stesso
DATTILO, sia prima che dopo tale gara (fatto mai primo contestato e per il quale il ricorrente
non era stato posto in grado di difendersi). Con il quarto motivo viene dedotta altra violazione

avere la Corte distrettuale inquadrato la fattispecie contestata non nell’ambito del reato di
pericolo astratto ma in quello di “attentato” a consumazione anticipata; viene, altresì,
denunciato vizio di motivazione sotto il duplice profilo del travisamento della prova e della
manifesta illogicità (oltre che inosservanza della legge processuale con riferimento all’art. 192
cod. di rito). Con riguardo al quinto motivo si deduce il vizio motivazione per contraddittorietà
ed illogicità manifesta con riguardo al reato di cui al capo A) (per il quale il DATTILO era stato
assolto in primo grado) sia per ciò che concerne la valutazione dell’elemento oggettivo del
reato caratterizzata nel percorso argomentativo della Corte distrettuale da vistosi travisamenti
della prova dichiarativa e documentale, sia per ciò che concerne la valutazione dell’elemento
soggettivo del reato associativo. Con l’ultimo motivo si deduce vizio di motivazione con
riferimento alle statuizioni civili limitatamente a quelle pronunciate nei riguardi della F.I.G.C. e
del Ministero dell’Economia e Finanze, essendo la Corte distrettuale incorsa in manifesta
illogicità e contraddittorietà nella parte in cui ha ritenuto sussistente un danno (pregiudizio
all’immagine) subito dai detti enti, una volta acclarato ed escluso da parte della Corte
territoriale che il campionato di calcio riguardante la stagione 2004-2005 non era stato alterato
da alcuna delle condotte contestate agli imputati.
6. Il ricorrente DE SANTIS Massimo, che ha, anch’egli, rinunciato alla prescrizione, deduce
quattro motivi di ricorso riassumibili come segue. Con il primo motivo – riferito al delitto di cui
al capo A) – si denuncia la nullità della sentenza per vizio di motivazione nelle sue tre
articolazioni e per travisamento della prova con riferimento alla partecipazione dell’imputato
alla associazione criminosa, in particolare, rilevando l’esistenza dei vizi denunciati nel
successivi quattro sub-motivi ricollegati: 1) alla adesione ed al contributo causale apportato dal
DE SANTIS all’associazione; 2) al ritenuto possesso da parte del DE SANTIS della scheda
estera; 3) alla ritenuta partecipazione del DE SANTIS alle riunioni conviviali; 4) alla cd.
“protezione mediatica”. Con il secondo motivo si lamenta la nullità della sentenza impugnata
per inosservanza della legge penale (art. 1 della L. 401/89) per avere la Corte distrettuale
erroneamente qualificato il reato di frode sportiva come delitto di attentato con anticipazione
della soglia di punibilità e non come reato di pericolo presunto: l’esistenza del suddetto vizio
viene poi posta in collegamento in due sub-motivi con i reati-scopo indicati sotto le lettere G)
(riferimento alla gara Fiorentina – Bologna del 4.12.2004) e A10) (riferimento alla gara Lecce6

di legge per erronea applicazione e/o inosservanza della legge penale (art. 1 L. 401/89) per

Parma del 29.5.2005), rilevandosi per tali reati la carenza assoluta di motivazione in ordine
alla indicazione degli atti fraudolenti asseritamente posti in essere dal DE SANTIS, idonei ad
integrare la fattispecie. Con il terzo motivo viene censurata l’ordinanza pronunciata dalla Corte
distrettuale il 15 ottobre 2013 con la quale veniva negata l’acquisizione agli atti del processo
del dispositivo della sentenza emessa dalla Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti
Regione Lazio in data 17 ottobre 2012 con la quale il DE SANTIS era stato condannato al
risarcimento dei danni morali (da lesione dell’immagine) nei confronti della F.I.G.C. perchè

lamenta la nullità della sentenza per inosservanza delle disposizioni processuali penali (artt.
538 e 549 cod. proc. pen.) nella parte in cui la Corte territoriale ha confermato la condanna del
DE SANTIS al risarcimento del danno nei confronti della F.I.G.C. avendo ritenuto il danno in re

ipsa e non sulla base di prove dimostrative della esistenza di un nesso eziologico tra la
condotta del DE SANTIS e il danno asseritamente subito dalla Federazione calcistica. Viene
altresì dedotta la nullità della sentenza nella parte in cui è stata confermata la statuizione della
condanna generica al risarcimento del danno non patrimoniale nei riguardi della F.I.G.C.
trattandosi di una vera e propria duplicazione della corrispondente statuizione del giudice
amministrativo-contabile.
7. I ricorrenti DELLA VALLE Andrea, DELLA VALLE Diego e MENCUCCI Sandro (la cui
posizione è comune) denunciano sette articolati motivi. Con il primo lamentano inosservanza
ed erronea applicazione della norme penali processuali (artt. 129 comma 2 e 578 cod. proc.
pen.) in correlazione con gli artt. 530 e 533 stesso codice, per avere la Corte affermato la
penale responsabilità dei tre imputati (salvo poi a dichiarare la prescrizione per tutte le ipotesi
delittuose contestate), inquadrando erroneamente le fattispecie delittuose e mancando di
rispondere alle specifiche censure difensive sollevate con l’atto di appello oltre che di
provvedere, sia pure in parte, sulla richiesta di parziale rinnovazione dell’istruzione
dibattimentale. Con il secondo motivo viene denunciata la violazione di legge relativamente
agli artt. 190 e 495 comma 1, 603 cod. proc. pen. per avere la Corte di merito omesso di
effettuare una valutazione preventiva della richiesta di rinnovazione dibattimentale nel
contraddittorio con le parti, avendo riservato la decisione sulla richiesta alla pronuncia
definitiva e non con ordinanza dibattimentale. Con il terzo motivo, strettamente connesso al
precedente, viene dedotta altra violazione della legge penale processuale per avere la Corte
provveduto – sia pure in uno alla sentenza – soltanto su una parte della richiesta di
rinnovazione dell’istruzione (quella relativa alla perizia trascrittiva di alcune conversazioni
telefoniche ritenute rilevanti) ma non su una prova sopravvenuta riguardante una asserita
registrazione audio dell’incontro svoltosi presso l’Hotel Villa La Massa tra gli odierni ricorrenti e
i coimputati MAZZINI e BERGAMO. Con il quarto motivo si denuncia la inosservanza della legge
penale processuale e sostanziale con riferimento ai reati contestati ai capi A5 e A10, per avere
la Corte omesso di verificare compiutamente la configurabilità, dal punto di vista strutturale,
7

ritenuto dalla Corte di Napoli documento interlocutorio. Con il quarto – ed ultimo – motivo si

dell’art. 1 della L. 401/89, incorrendo, così, nella violazione degli artt. 129 comma 2 e 578 cod.
proc. pen.: in particolare rileva la difesa che il reato di frode sportiva è stato inesattamente
inquadrato dalla Corte territoriale nei cd. “delitti di attentato” con anticipazione della soglia di
punibilità ai meri contatti tra imputati, senza dare alcun rilievo all’elemento costitutivo del
reato rappresentato dalla fraudolenza degli atti diretti ad alterare il risultato di gara che
consente di inquadrare la fattispecie del reato a condotta libera. Le gare disputate dalla
Fiorentina nell’ultimissimo scorcio di campionato (CHIEVO-FIORENTINA e FIORENTINA-

giudicati anomali dalla Corte di merito e meritevoli di rilevanza penale erano, in realtà,
finalizzati ad ottenere un risultato opposto a quello contestato nei due capi di imputazione. Da
qui l’ulteriore censura di omessa valutazione dell’elemento soggettivo del reato. Nell’ambito del
detto motivo viene anche dedotto il difetto assoluto di motivazione in ordine alla individuazione
delle condotte specifiche attribuite ai ricorrenti sia con riferimento ai detti incontri di calcio che
alla gara LECCE-PARMA disputatasi in contemporanea all’incontro FIORENTINA-BRESCIA, sia
con riferimento ai contatti intercorsi tra i ricorrenti e i vertici federali e dell’AIA, comunque
avvenuti dopo la disputa di uno dei due incontri (CHIEVO-FIORENTINA). Con il quinto motivo si
deduce la carenza assoluta di motivazione in punto di ritenuta sussistenza di un illecito civile
produttivo di danno inconciliabile con una condanna generica al risarcimento. Con il sesto
motivo connesso al precedente, viene censurata, sotto altro profilo, la decisione impugnata in
punto di statuizioni civili in favore di non meglio precisate due (delle quattro) parti civili
costituite indicate dalla Corte di Appello. L’ultimo motivo è dedicato alla inosservanza delle
disposizioni civilistiche di cui all’art. 1175 cod. civ. in relazione all’art. 360 n. 3), 4) e 5) cod.
proc. civ. per avere la Corte di Napoli mancato di osservare il divieto per la F.I.G.C. di
richiedere il risarcimento per fatti illeciti che la stessa Federazione avrebbe dovuto
istituzionalmente prevenire e reprimere, così incorrendo nel divieto del principio nemo potest
contra factum proprium venire,

fissato dall’art. 1175 cod. civ. (cd. regola

dell’autoresponsabilità).
8. Il ricorrente FOTI Pasquale nel proprio ricorso, articola tre motivi: con il primo lamenta
violazione di legge per inosservanza delle disposizioni penali processuali e difetto assoluto di
motivazione in punto di ritenuta incompetenza territoriale del Tribunale di Napoli, con specifico
riguardo alla erronea applicazione dell’art. 12 lett. b) e 16 cod. proc. pen. (in tema di
connessione) in relazione alla circostanza che i reati ascritti al FOTI sub H) ed S) (due distinti
episodi di frode sportiva riguardanti la società Reggina (della quale il FOTI era all’epoca dei
fatti – e lo è tutt’ora – Presidente) non erano connessi al reato associativo sub A) non ascritto
al FOTI. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge per indebita utilizzazione delle
intercettazioni telefoniche effettuate su utenze intestate al FOTI (coinvolto nel procedimento
solo dopo l’avviso di conclusione delle indagini preliminari) per alcuni colloqui intercorsi con il
designatore e coimputato BERGAMO Paolo alla vigilia di incontri calcistici riguardanti la
8

BRESCIA) sono state ritenute dalla Corte di Appello immuni da combine sicchè i contatti

Reggina), nonostante il titolo dei reati ascritti al FOTI non consentisse per il livello edittale
della pena, il ricorso ad intercettazioni (tesi, peraltro, accolta nel parallelo giudizio disciplinare
sportivo di ultima istanza di fronte alla Camera di Conciliazione del C.O.N.I. definito con il
proscioglimento dell’incolpato). L’ultimo motivo riguarda la inosservanza ed erronea
applicazione della legge penale (art. 1 della L. 401/89) inquadrato erroneamente dalla Corte
territoriale sotto il paradigma del delitto di attentato con anticipazione della soglia di punibilità
a fatti inidonei di per sé a giustificare il tentativo, se correttamente inquadrata la fattispecie nel

fraudolento” volto al medesimo scopo di alterazione della gara, in assenza di atti in concreto
inidonei a manipolare il risultato, tesi prospettata con riferimento ad entrambe le ipotesi
delittuose contestate e definite con sentenza di non doversi procedere per intervenuta
prescrizione.
9. Il ricorrente LOTITO Claudio (prosciolto per prescrizione da entrambe le imputazioni
contestategli ai capi U) e V) concernenti due distinti episodi di frode sportiva ex art. 1 L.
401/89), denuncia, con un primo motivo, violazione di legge per inosservanza delle disposizioni
penali processuali e difetto assoluto di motivazione in punto di ritenuta incompetenza
territoriale del Tribunale di Napoli, con specifico riguardo alla erronea applicazione dell’art. 12
lett. b) e 16 cod. proc. pen. (in tema di connessione) in relazione alla circostanza che i reati
ascritti al LOTITO sub U) e V) (due distinti episodi di frode sportiva riguardanti la società Lazio,
della quale il LOTITO era all’epoca dei fatti – ed è tutt’ora – Presidente) non erano connessi al
reato associativo sub A) mai ascritto al LOTITO. Secondo la prospettazione difensiva, vista
l’incertezza sulla individuazione del /ocus commissi delicti relativamente al reato associativo
(comunque non ascritto al LOTITO), la competenza territoriale avrebbe dovuto essere
individuata in via alternativa secondo i criteri suppletivi di cui agli artt. 8 e 9 cod. proc. pen., a
Roma o a Firenze (in relazione al luogo di effettuazione dei sorteggi arbitrali con il metodo
delle “griglie” identificato in Coverciano). Con il secondo motivo la difesa del ricorrente deduce
violazione di legge per indebita utilizzazione delle intercettazioni telefoniche effettuate su
utenze intestate al LOTITO per alcuni colloqui intercorsi con altri imputati del delitto di cui
all’art. 416 cod. pen. nonostante al LOTITO non fosse mai stata contestata quest’ultima ipotesi
delittuosa ed il titolo dei reati contestati vietasse il ricorso alle captazioni telefoniche e/o
ambientali: si rileva sul punto come la Corte territoriale abbia omesso di fornire risposta alle
specifiche censure avanzate con l’atto di appello. Con un terzo, articolato, motivo la difesa si
duole della inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale (art. 1 della L. 401/89) in
materia di frode sportiva per avere la Corte distrettuale inquadrato la detta figura criminosa
sotto il paradigma del delitto di attentato a consumazione anticipata e non come comune
delitto di pericolo concreto per il quale è ammesso il tentativo (ove configurabile in concreto)
punibile: oltretutto, rileva il ricorrente, manca nella specie il “sinallagma contrattuale” o
accordo fraudolento indispensabile per la qualificazione della fattispecie punibile. Viene, altresì,
9

reato di pericolo concreto. Si afferma da parte del ricorrente la inconfigurabilità del cd. “atto

evidenziato il parallelismo – escluso dalla Corte di merito – tra il reato de quo e la fattispecie
delineata dall’art. 7 Codice di Giustizia Sportiva della F.I.G.C. vigente all’epoca dei fatti. Con un
quarto, specifico, motivo viene censurata la decisione impugnata per manifesta illogicità della
motivazione in punto di valutazione da parte della Corte territoriale della procedura di
sorteggio arbitrale con il metodo delle griglie, ritenuta irregolare e fraudolenta (procedura
circoscritta alla sola stagione sportiva 2004-2005 rispetto alla procedura della designazione
diretta seguita sia prima che dopo tale stagione). Con un quinto – ed ultimo – motivo, la difesa

frode sportiva ascrivibile sotto il profilo oggettivo e soggettivo al LOTITO con riferimento alla
salvezza della Lazio ed alla attuazione di un piano volto alla rielezione di CARRARO Franco (già
Presidente della F.I.G.C.) ai massimi vertici federali ed indicato come soggetto di riferimento
per contatti con il mondo arbitrale per favorire la predetta società calcistica.
10. Il ricorrente MAZZEI Gennaro prospetta sette specifici motivi riassumibili nel modo che
segue. Con il primo, la difesa si duole della carenza assoluta di motivazione in cui è incorsa la
Corte distrettuale nella parte della sentenza con la quale ha ritenuto ammissibile l’appello della
Curatela fallimentare Salernitana Sport s.p.a. nonostante la specifica eccezione di
inammissibilità per difetto di legittimazione attiva del difensore appellante, sollevata dal
MAZZEI con l’atto di appello. Con il secondo motivo viene dedotta inosservanza delle norme
processuali di cui all’art. 591 comma 1 lett. c) cod., proc. pen. in relazione all’art. 581 stesso
codice in quanto, a fronte di una richiesta di assoluzione del Procuratore Generale per il reato
di cui al capo A7 (per il quale era stato proposto appello dal P.M. avverso la sentenza
assolutoria del Tribunale), la Corte territoriale ha omesso di dichiarare l’inammissibilità
dell’appello per inosservanza dell’art. 581 cod. di rito. Con un terzo motivo si censura sotto
diverso profilo la sentenza impugnata per inosservanza delle norme processuali penali, per
avere la Corte distrettuale, a fronte di un appello interposto dal P.M. nei riguardi del MAZZEI
per il solo reato sub A7) e della parte civile Curatela Salernitana Sport s.p.a. interposto solo
con riferimento al delitto associativo (per il quale il MAZZEI era stato assolto dal Tribunale in
via definitiva) e solo nei riguardi degli imputati condannati per tale delitto, la Corte territoriale
ha indebitamente pronunciato ultra petita ed oltre il devoluto, sentenza di condanna del
MAZZEI al risarcimento del danno in favore della detta parte civile. Argomento sostanzialmente
analogo, riferito alla F.I.G.C., viene sollevato con il quarto motivo (vizio di ultra petizione)
rispetto al devolutum, avendo, anche in questo caso, la Corte distrettuale condannato il
MAZZEI al risarcimento del danno in favore della parte civile F.I.G.C. Analoghi argomenti
vengono sviluppati in seno al quinto motivo concernente le statuizioni di condanna a carico del
MAZZEI in favore delle altre parti civili costituite (Ministero dell’Economia e Finanze e Ministero
delle Politiche Giovanili), nonostante nessuna delle dette parti avesse interposto appello, ai soli
fini civili, avverso la sentenza di assoluzione del MAZZEI dal reato di cui al capo A). Il sesto
motivo è, invece, dedicato alla carenza di motivazione ed inosservanza delle norme processuali
10

del ricorrente lamenta vizio di manifesta illogicità in punto di ritenuta sussistenza del reato di

penali (art. 522 cod. proc. pen.) per travisamento della prova e manifesta illogicità con
riferimento ad alcune prove dichiarative e atti processuali illogicamente valutati o travisati
dalla Corte di merito. Motivo sostanzialmente analogo il settimo, con il quale la difesa lamenta
vizio di motivazione in tutte le sue articolazioni e inosservanza dell’art. 522 cod. proc. pen. con
riferimento alla ritenuta designazione asseritamente sollecitata dal MAZZEI, dell’assistente
TITOMANLIO Stefano per l’incontro di calcio AREZZO-SALERNITANA (incontro oggetto del
delitto di frode sportiva di cui al capo A7 per il quale il MAZZEI ha riportato condanna su

fattispecie delittuosa di cui all’art. 1 della L,. 401/89.
11. Il ricorrente MAZZINI Innocenzo formula sei articolati motivi riassumibili come segue.
Con il primo si denuncia, alla luce della sentenza CEDU Grande Stevens ed altri c. Italia del 4
marzo 2014 la violazione dell’art. 649 cod. proc. pen. in relazione agli artt. 2, 18,11 e 117
Cost. e 4 n. 7 CEDU, rilevandosi l’illegittimità del sistema detto del “doppio binario” secondo il
quale quando la stessa condotta è sanzionata contemporaneamente in via amministrativa e
penale può essere applicata soltanto una sanzione, con la conseguenza che una volta irrogata
una di esse non è possibile risanzionare la stessa persona per lo stesso fatto con altra sanzione
avente la stessa natura. Si rileva – con riferimento al caso di specie – che la Corte territoriale
ha omesso di riconoscere la natura penale alla sanzione inflitta al MAZZINI dall’Alta Corte di
Giustizia del CONI della preclusione definitiva a ricoprire qualsiasi ruolo in seno alla F.I.G.C.
Nell’ambito del detto motivo viene sollevata la questione di legittimità costituzionale dell’art.
649 cod. proc. pen. per contrasto con gli artt. 24 comma 2° e 117 comma 1° Cost. nella parte
in cui non viene prevista l’applicazione del principio del ne bis in idem qualora ad un
procedimento amministrativo sostanzialmente di natura penale faccia seguito l’attivazione di
altro procedimento di natura penale in senso stretto. Con il secondo motivo si deduce vizio di
motivazione per contraddittorietà e manifesta illogicità con riferimento al reato associativo di
cui al capo A) in relazione alla mancata valutazione da parte della Corte distrettuale di una
prova decisiva con specifico riferimento ad alcune telefonate intercorse tra altri imputati
dimostrative della insussistenza del reato associativo a carico del ricorrente o comunque della
sua partecipazione al sodalizio. Con il terzo motivo viene denunciata l’erronea applicazione
della legge penale e il difetto di motivazione per contraddittorietà ed illogicità manifesta con
riguardo, sempre, al reato associativo di cui al capo a), con specifico riferimento al ruolo di
organizzatore attribuito al ricorrente (ruolo escluso dal Tribunale e riconosciuto dalla Corte
territoriale in accoglimento del gravame interposto sul punto dal Pubblico Ministero). In
particolare vengono sottolineate carenze argomentative in riferimento alla mancata
organizzazione da parte del MAZZINI di incontri con altri vertici federali o dirigenti di società
finalizzati alla commissione di illeciti penalmente rilevanti e il mancato possesso di schede
estere (giudicato dalla Corte come elemento cardine dimostrativo per altri imputati
dell’appartenenza all’associazione delittuosa). Con il quarto motivo, collegato al precedente, si
11

appello del Pubblico Ministero) considerata circostanza determinante atta ad integrare la

denuncia difetto di motivazione in riferimento alla omessa valutazione di una prova decisiva
(favorevole all’imputato) rappresentata dal mancato possesso di schede estere. Con il quinto
motivo – sempre riferito al reato associativo di cui al capo A) – viene denunciato difetto di
motivazione e sua manifesta illogicità relativamente alla parte della sentenza in cui si è
ritenuto di ricavare dall’interessamento fattivo del MAZZINI all’operazione di salvataggio della
Fiorentina (nell’ambito di una situazione di contrapposizione tra due opposti gruppi in vista
della elezione del Presidente della FIGC) prova della sua appartenenza all’associazione. Con il

contraddittorietà e/o manifesta illogicità, nonché inosservanza della legge penale (in
riferimento all’art. 1 della L. 401/89) in relazione alle residue imputazioni per i reati-scopo di
cui ai capi U), V), A5) e A10) per avere la Corte distrettuale, erroneamente interpretando la
norma penale in tema di reato di frode sportiva, omesso di pronunciare il proscioglimento
immediato ex art. 129 cod. proc. pen. per insussistenza del fatto, provvedendo invece a
dichiarare estinti i detti reati per intervenuta prescrizione. Viene richiamato, a conforto della
tesi relativa alla inconfigurabilità della frode sportiva, il decreto di archiviazione del G.I.P. del
Tribunale di Torino nell’ambito di altro procedimento (proc. n. 14347 a carico di MOGGI,
GIRAUDO e PAIRETTO) per il delitto di cui all’art. 1 della L. 401/89 per il quale era stata
disposta l’archiviazione su conforme richiesta del P.M. in relazione alla insussistenza del delitto
in esame in presenza di meri contatti tra dirigenti arbitrali e dirigenti di società in vista della
designazione dell’arbitro di gara inidonei ad integrare la fattispecie penale.
12. Il ricorrente MOGGI Luciano ha articolato il proprio ricorso in dodici motivi di cui i primi
cinque vedenti su questioni processuali. Con il primo di essi viene, in particolare, denunciata
l’inosservanza della legge processuale (art. 521 cod. proc. pen.) e l’omessa motivazione per
avere la Corte distrettuale, da un lato, confermato la condanna nei riguardi dell’imputato per
fatti non compresi della originaria contestazione relativa al capo A) (delitto associativo), in
quanto, rispetto ad una originaria ipotesi accusatoria che vedeva il MOGGI partecipe di una
associazione volta a favorire con programmate condotte penalmente illecite la squadra della
Juventus di cui lo stesso MOGGI era direttore generale, l’imputato è stato poi condannato per
fatti finalizzati a salvaguardare interessi personali del MOGGI. Si denuncia, altresì, il vizio di
motivazione per avere la Corte territoriale omesso di rispondere alle censure sollevate su tali
specifici punti nell’atto di appello o, comunque, per avere dato risposta manifestamente illogica
alle dette censure Con il secondo motivo si deduce violazione del divieto del ne bis in idem per
avere la Corte distrettuale confermato la condanna del MOGGI per il delitto associativo come
contestato al capo A), nonostante lo stesso MOGGI, per i medesimi fatti (commessi, oltretutto,
in un arco temporale più esteso – anno 2006 – rispetto a quello indicato in calce al capo di
imputazione sub A), fosse stato giudicato e prosciolto con sentenza del Tribunale di Roma
dell’8.1.2009, divenuta irrevocabile. Si deduce anche difetto di motivazione in relazione alla
carente o comunque, manifestamente illogica risposta data dalla Corte a tale censura. Con il
12

sesto – ed ultimo – motivo, viene dedotto analogo vizio di motivazione per carenza,

terzo motivo viene dedotta la nullità della sentenza per inosservanza delle disposizioni
processuali di cui agli artt. 8 e 9 del cod. proc. pen. avendo affermato – in spregio a tali norme
– la competenza territoriale del Tribunale di Napoli e non quella di Roma o subordinatamente
di Udine (luogo della commissione del primo dei reati di frode sportiva) o di Lecce (luogo di
commissione dell’ultimo episodio di frode sportiva) o in ultimo di Torino (luogo nel quale venne
attivato il fondo per l’acquisto delle cd. “schede svizzere” e deciso il loro acquisto). Con il
quarto motivo viene dedotta la nullità della sentenza per inosservanza della legge processuale

elvetico senza la preventiva richiesta di rogatoria internazionale ex artt. 696 e 729 cod. proc.
pen. con connesso vizio di motivazione per carenza e manifesta illogicità. Con il quinto motivo
viene denunciata altra violazione di norme processuali in riferimento alla inutilizzabilità delle
intercettazioni telefoniche in conseguenza di attività di ascolto in impianti diversi da quelli della
Procura della Repubblica e correlato difetto di motivazione per manifesta illogicità. Con
riferimento al merito, con il sesto motivo il ricorrente lamenta erronea applicazione e/o
inosservanza della norma penale (art. 1 della L. 401/89) per avere erroneamente la Corte,
discostandosi peraltro da quanto affermato sul punto dal Tribunale, inquadrato la fattispecie de
qua nella categoria dei delitti di attentato a consumazione anticipata e non nel delitto di
pericolo presunto (comprendente anche l’ipotesi del tentativo non punibile per inidoneità o
equivocità degli atti). Con il settimo motivo si deduce in linea generale – e sempre con
riferimento al delitto di cui al capo A) – vizio di motivazione nelle sue tre articolazioni, nonché
vizio di travisamento della prova in relazione alla conferma della colpevolezza per il delitto
associativo, avendo la Corte distrettuale, per un verso, valutato in modo superficiale e
disorganico, oltre che manifestamente illogico, i vari elementi dimostrativi – secondo la
prospettazione accusatoria poi recepita con la sentenza – della intraneità del MOGGI nella
compagine associativa: il riferimento è al rilevantissimo numero delle conversazioni
intercettate; alla collocazione della vicenda in un particolare contesto ambientale che vedeva
contrapposti due gruppi di estrazione societaria diversa in vista della elezione di organi federali
e di vertice all’interno della F.I.G.C. e della Lega Professionisti; le enfatizzazioni mediatiche
verso determinate squadre attraverso la partecipazione del MOGGI a trasmissioni sportive; gli
incontri conviviali tra gli imputati ed i rapporti con esponenti (di vertice e non) del modo
arbitrale; l’acquisto, possesso e cessione a terzi di schede estere; le operazioni preliminari dei
sorteggi degli arbitri e della formazione delle cd. “griglie”; gli incontri del MOGGI con altri
imputati in vista dell’attuazione dell’operazione finalizzata al cd. “salvataggio” della Fiorentina.
Con l’ottavo motivo il ricorrente deduce inosservanza della legge processuale penale (art. 429
cod. proc. pen.) in riferimento ai reati scopo di cui ai capi F), G), I), M), O), Q), Z) ed A5) e
correlato vizio di motivazione, per avere la Corte di merito confermato la responsabilità del
MOGGI – salvo poi a dichiarare l’estinzione dei reati per prescrizione – pur in presenza di
contestazioni generiche (vizio già dedotto nel corso del processo di primo grado e ribadito in
appello) e per avere detta Corte omesso di dare risposta alle specifiche censure difensive,.,’
13

penale in tema di rogatorie per attività di indagine compiute dall’A.G. italiana in territorio

oltretutto inquadrando, erroneamente, la condotta sotto il paradigma del delitto di attentato.
Con il nono motivo viene dedotto il vizio di inosservanza e/o falsa applicazione della norma
processuale penale (art. 521 cod. proc. pen.) e correlato difetto assoluto di motivazione in
relazione alle fattispecie delittuose contestate ai capi B), F) ed A5), avendo la Corte valutato in
modo erroneo e dissonante rispetto allo schema normativo astratto di riferimento (art. 1 della
L. 401/89) le asserite condotte di alterazione delle gare. Con il decimo motivo la difesa
lamenta la inosservanza della legge processuale penale sub art. 129 cod. proc. sotto un duplice

per inconfigurabilità della fattispecie ed erroneo inquadramento di essa da parte della Corte
territoriale nella ipotesi di delitto di attentato a consumazione anticipata; b) evidenza della
prova della insussistenza del fatto in relazione alla decisione assunta dal giudice sportivo in
sede disciplinare di proscioglimento dall’accusa di illecito sportivo ex art. 6 del C.G.S. in tutto
sovrapponibile all’ipotesi delittuosa contemplata dall’art. 1 comma

10 seconda parte della L.

409/81. Con l’undicesimo motivo si lamenta inosservanza della norma processuale penale (art.
74 cod. proc. pen.) in punto di statuizioni civili risarcitorie confermate, sia pure parzialmente,
dalla Corte territoriale sulla base di due presupposti rappresentati dalla accertata influenza
delle condotte del MOGGI sulla regolarità del campionato di calcio 2004-2005 e dalla prova del
danno asseritamente subito dalle parti civili (in particolare F.I.G.C. e Ministero dell’Economia e
Finanze). Con il dodicesimo – ed ultimo – motivo la difesa lamenta altro vizio di natura
processuale (art. 268 comma 7 cod. proc. pen.) e connesso vizio di motivazione con
riferimento alla ordinanza pronunciata dalla Corte di merito in data 15 ottobre 2013 con la
quale è stata respinta la richiesta di autorizzazione all’ascolto di alcune conversazioni
telefoniche, così violando la regola del contraddittorio.
13. Il ricorrente PAIRETTO Pier Luigi affida il proprio ricorso a tre articolati motivi. Con il
primo si denuncia la nullità della sentenza per inosservanza di disposizioni processuali e
omessa motivazione in stretto riferimento, per un verso, al mancato deposito dei brogliacci
relativi alle intercettazioni telefoniche (avvenuto solo parzialmente e a giudizio dibattimentale
ormai in fase avanzata) in aperta violazione degli artt. 268, 269 cod. proc. pen. e 89 disp. att.
stesso codice (con correlata lesione del diritto di difesa anche in riferimento alla impossibilità di
optare per eventuali riti alternativi) e, per altro verso, alla omessa motivazione sul punto da
parte della Corte territoriale che avrebbe, in particolare, del tutto mancato di rispondere alle
censure difensive già sollevate prima nella fase delle indagini preliminari, poi nella fase
dell’udienza preliminare, quindi nella fase degli atti preliminari al dibattimento e rigettate,
infine, dal Tribunale con ordinanza del 5 maggio 2009 poi impugnata. Nell’ambito del
medesimo motivo viene dedotto vizio di motivazione con riguardo al diniego,
irragionevolmente argomentato, della Corte distrettuale della richiesta di parziale rinnovazione
dell’istruttoria dibattimentale avente per oggetto una ulteriore trascrizione di altre
conversazioni successivamente rinvenute nel corso del processo. Con il secondo motivo si
14

profilo: a) evidenza della prova della insussistenza del reato di frode in competizione sportiva

censura la sentenza impugnata per inosservanza della legge penale in riferimento alla ritenuta
sussistenza del delitto associativo e difetto di motivazione per contraddittorietà e manifesta
illogicità nonché vizio di travisamento della prova in riferimento alla ritenuta partecipazione del
ricorrente all’associazione criminosa. In particolare vengono enucleati alcuni dati (ritenuti dalla
Corte territoriale decisivi e sintomatici sia della configurabilità in concreto del delitto di cui
all’art. 416 cod. pen. che della partecipazione del PAIRETTO alla associazione stessa) costituiti
dalla predisposizione delle cd. “griglie” per le scelte degli arbitri di gara in funzione della

e/o organizzazione di incontri e/o cene conviviali tra dirigenti federali, dirigenti di società e
dirigenti arbitrali; il condizionamento di arbitri; il ruolo di coordinatore del PAIRETTO
nell’attività di designazione delle terne arbitrali. Si tratta di elementi che, diversamente da
come immotivatamente o contraddittoriamente o illogicamente ritenuto dalla Corte di merito,
provano sia l’insussistenza della ipotesi delittuosa sub A), sia, soprattutto, la non
partecipazione del PAIRETTO alla associazione. E, a conforto della tesi relativa alla
inconfigurabilità della frode sportiva, viene richiamato il decreto di archiviazione del G.I.P. del
Tribunale di Torino nell’ambito di altro procedimento (proc. n. 14347 a carico di MOGGI,
GIRAUDO e PAIRETTO) per il delitto di cui all’art. 1 della L. 401/89 riguardante presunte frodi
sportive commesse con riguardo a gare relative alla JUVENTUS nell’ambito del campionato
2004/2005, per il quale era stata disposta l’archiviazione su conforme richiesta del P.M. sulla
base della ritenuta insussistenza del delitto in esame in presenza di semplici contatti tra
dirigenti arbitrali e dirigenti di società in vista della designazione dell’arbitro di gara, inidonei
ad integrare la fattispecie penale. Con il terzo motivo si denuncia erronea applicazione della
legge penale e difetto di motivazione per contraddittorietà ed illogicità manifesta con riguardo,
sempre, al reato associativo di cui al capo a), con specifico riferimento al ruolo di promotore
attribuito al ricorrente (ruolo escluso dal Tribunale e riconosciuto dalla Corte territoriale in
accoglimento del gravame interposto sul punto dal Pubblico Ministero). In particolare vengono
sottolineate carenze argomentative in riferimento alla mancata organizzazione da parte del
PAIRETTO di incontri con altri vertici federali o dirigenti di società finalizzati alla commissione
di illeciti penalmente rilevanti; il mancato possesso di schede estere (giudicato dalla Corte
come elemento cardine dimostrativo per altri imputati dell’appartenenza all’associazione
delittuosa); il limitato numero delle intercettazioni coinvolgenti il ricorrente; l’assenza di
alterazioni nella procedura dei sorteggi arbitrali e della formazione delle griglie; l’assenza di
iniziative da parte del PAIRETTO volte a condizionare anche postumamente l’attività degli
arbitri in relazione alle singole gare da essi dirette: si tratta di elementi che ove correttamente
valutati dalla Corte di merito avrebbero dovuto condurre, quanto meno, alla esclusione della
ipotesi delittuosa di cui al comma 1 dell’art. 416 cod. pen.
14. Il ricorrente RACALBUTO Salvatore propone due motivi di ricorso. Con il primo la
difesa deduce violazione di legge per inosservanza delle disposizioni penali processuali e difetto
15

99

alterazione di partite loro affidate; il possesso di schede telefoniche estere; la partecipazione

assoluto di motivazione in punto di ritenuta incompetenza territoriale del Tribunale di Napoli,
dovendo invece individuarsi in Busto Arsizio (luogo di residenza dell’imputato e luogo in cui
sarebbe avvenuta la consegna della cd. “scheda svizzera”) il

/ocus commissi delicti con

conseguente radicamento della competenza nel Tribunale di Varese e nella Corte di Appello di
Milano. Analogo vizio di inosservanza della legge processuale penale viene denunciato con
riferimento agli artt. 267 e 268 cod. proc. pen. per indebita utilizzazione delle cd. “schede
svizzere” in assenza di rogatoria internazionale espletata con lo Stato elvetico e per nullità del

alla circostanza che le operazioni di ascolto sarebbero state effettuate in impianti esterni alla
Procura della Repubblica. Con il secondo motivo si deduce vizio di motivazione per carenza,
contraddittorietà e manifesta illogicità in relazione alla ritenuta partecipazione del RACALBUTO
al reato associativo ed ai reati di frode fiscale contestatigli.
15. Propone ricorso anche il responsabile civile A.C. Associazione Calcio Firenze Fiorentina
s.p.a. con riferimento alla sola sentenza del 17 dicembre 2013 e, in particolare, ai capi nei
quali è stata dichiarata l’estinzione per prescrizione dei reati di frode sportiva sub A5) e A10)
ascritti, tra gli altri, DELLA VALLE Diego, DELLA VALLE Andrea e MENCUCCI Sandro, con
contestuale conferma delle statuizioni civili a loro carico, nonostante vi fossero gli elementi per
addivenire ad una pronuncia assolutoria nel merito ex art. 129 comma 2 cod. proc. pen). Si
lamenta, in particolare, l’inosservanza ed erronea applicazione della norme penali processuali
(artt. 129 comma 2 e 578 cod. proc. pen.) per avere il giudice di appello valutato
superficialmente le risultanze probatorie, nonostante vi fosse uno specifico obbligo nascente
dall’art. 578 cod. proc. pen. di approfondire l’esame nel merito delle condotte fraudolente
contestate, la sussistenza dei fatti e l’attribuibilità di essi agli imputati anche sotto il profilo del
dolo. Con il secondo motivo viene denunciata la violazione di legge relativamente agli artt. 190
e 495 comma 1, 603 cod. proc. pen. per avere la Corte di merito omesso di effettuare una
valutazione preventiva della richiesta di rinnovazione dibattimentale nel contraddittorio con le
parti, avendo riservato la decisione su tale richiesta alla pronuncia definitiva e non con
ordinanza dibattimentale. Con il terzo motivo viene dedotta l’inosservanza ed erronea
applicazione della legge penale (art. 1 della L. 401/89) e degli artt. 43, 49 comma 2°, 56, 115
commi 1° e 3° cod. pen.), in quanto la Corte territoriale, discostandosi dalle argomentazioni
svolte dal Tribunale, ha erroneamente inquadrato la fattispecie della frode sportiva non già
nella ipotesi di reato di condotta caratterizzato dalla commissione di atti fraudolenti (oltretutto
insussistenti), ma nella ipotesi di reato di attentato con anticipazione della soglia di punibilità ai
c.d. “atti preparatori” costituiti dai contatti tra dirigenti di società e vertici federali e/o arbitrali,
ex sé penalmente irrilevanti. Viene, inoltre, censurata la decisione sotto il profilo del vizio di
motivazione nella sua triplice estrinsecazione per avere la Corte valutato in modo irragionevole
i contatti giudicati anomali, ma in realtà finalizzati ad ottenere un risultato opposto a quello
contestato nei due capi di imputazione. Da qui l’ulteriore censura di omessa valutazione
16

decreto di autorizzazione alle intercettazioni e relativi provvedimenti di proroga, in relazione

dell’elemento soggettivo del reato. Nell’ambito del detto motivo viene anche dedotto il difetto
assoluto di motivazione in ordine alla individuazione delle condotte specifiche attribuite ai
ricorrenti sia con riferimento ai detti incontri di calcio che all’incontro di calcio LECCE-PARMA
disputatosi in contemporanea all’incontro FIORENTINA-BRESCIA, sia con riferimento ai contatti
intercorsi tra i ricorrenti DELLA VALLE Diego, DELLA VALLE Andrea e MENCUCCI Sandro e i
vertici federali e dell’AIA, comunque avvenuto dopo la disputa di uno dei due incontri (CHIEVOFIORENTINA). Con il quarto motivo viene lamentata la inosservanza ed erronea applicazione

ritenuto la sussistenza di un illecito civile senza alcuna motivazione in ordine agli elementi
costitutivi di tale illecito ed in particolare, in ordine al nesso di causalità tra le condotte degli
imputati DELLA VALLE e MENCUCCI e il danno arrecato alle parti civili risarcite. Con il quinto
motivo, collegato al precedente, si lamenta l’inosservanza degli artt. 2056 e 2059 cod. civ. per
avere, oltretutto immotivamente, la Corte distrettuale ritenuto – limitatamente alle parti civili
F.I.G.C. e Ministero dell’Economia e Finanze – la sussistenza di un danno non patrimoniale
risarcibile, ancora una volta omettendo di motivare in ordine al nesso eziologico tra le condotte
degli imputati e l’evento danno. L’ultimo motivo è dedicato alla inosservanza delle disposizioni
civilistiche di cui all’art. 1175 cod. civ. in relazione all’art. 360 n. 3), 4) e 5) cod. proc. civ. per
avere mancato di osservare il divieto per la F.I.G.C. di richiedere il risarcimento per fatti illeciti
che la stessa Federazione avrebbe dovuto istituzionalmente prevenire e reprimere, così
incorrendo nel divieto del principio nemo potest contra factum proprium venire, fissato dall’art.
1175 cod. civ. (cd. regola dell’autoresponsabilità).
16.

Con riferimento ai ricorsi proposti dalle parti civili, l’Associazione Federconsumatori

Campania (che rappresenta gli interessi dei soci dell’Associazione tifosi della Salernitana), con
l’unico motivo di ricorso si duole, ai soli effetti civili, della mancata condanna da parte della
Corte di Appello nei confronti di TITOMANLIO Stefano e MAZZEI Gennaro (ritenuti colpevoli del
delitto di frode sportiva di cui al capo A7) concernente la partita AREZZO-SALERNITANA) al
risarcimento dei danni subiti dalla detta Associazione (avente posizione comune con la
posizione della curatela Fallimentare della Salernitana in cui favore era stata accolta la
domanda risarcitoria da parte della Corte distrettuale, deducendo, al riguardo, inosservanza
dell’art. 93 cod. proc. pen. e delle norme correlate riguardante l’intervento di parte civile ad
adiuvandum; inosservanza delle norme inerenti alle associazioni dei consumatori nella parte in
cui le stesse sono legittimate a tutelare interessi collettivi ultraindividuali ed infine,
contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui, riconosciuto il diritto
della Curatela Fallimentare della Salernitana s.p.a. al risarcimento del danno, la Corte ha
revocato le statuizioni civili con riferimento alla Associazione Federcomsumatori, pur risultando
la comunanza di posizioni ed interessi.
17.

La parte civile ricorrente Atalanta Bergamasca Calcio s.p.a., propone due distinti

ricorsi. Con il primo la detta parte civile, premesso che il giudizio di primo grado si era
17

degli artt. 2043 cod. civ., 40 e 41 cod. pen. per avere la Corte distrettuale erroneamente

concluso con una sentenza di condanna generica in favore di essa parte al risarcimento del
danno conseguente alla riconosciuta responsabilità di alcuni imputati per il delitto associativo e
per i delitto-scopo di frode sportiva e che avverso tale decisione non era stato interposto
gravame né da essa parte civile (che si era solo limitata a richiedere in appello la
quantificazione del danno in luogo della condanna generica) né dal Procuratore della
Repubblica, denuncia, con unico motivo, violazione di legge per abnormità dell’ordinanza
emessa dalla Corte territoriale ex art. 130 cod. proc. pen. in data 20 dicembre 2013

2013 sotto il duplice profilo della violazione dell’art. 130 cod. di rito in relazione al contenuto
del provvedimento avente natura di modificazione della decisione principale e non di mera
emenda dell’errore materiale (peraltro insussistente) e della violazione dell’art. 127 cod. proc.
pen., per avere la Corte distrettuale omesso di avvisare preventivamente le parti interessate
per la partecipazione all’udienza camerale, provvedendo invece de plano e inaudita altera
parte.
17.1 Con il secondo ricorso, funzionalmente collegato al precedente, la detta parte civile,
premesso che il giudizio di primo grado si era concluso con una sentenza di condanna generica
in favore di essa parte al risarcimento del danno conseguente alla riconosciuta responsabilità di
alcuni imputati per il delitto associativo e per i delitti-scopo di frode sportiva e che avverso tale
decisione non era stato interposto gravame né da essa parte civile (che si era solo limitata a
richiedere in appello la quantificazione del danno in luogo della condanna generica) né dal
Procuratore della Repubblica, deduce tre motivi: con il primo denuncia violazione di legge per
inosservanza delle disposizioni processuali di cui agli artt. 127 e 130 cod. di rito, rilevando,
sotto un primo aspetto, la mancata convocazione delle parti prima dell’adozione dell’ordinanza
del 20 dicembre 2013 e, sotto un secondo aspetto, la violazione dell’art. 130 cod. di rito con
riferimento anche alla ordinanza correttiva del 24 marzo 2013 con la quale era stato emesso
provvedimento – sempre di correzione di errore materiale – con il quale veniva revocata la
precedente ordinanza del 20 dicembre 2014 e nuovamente “corretto” il dispositivo letto
all’udienza del 17 dicembre 2014 sostituendo l’originaria espressione ivi contenuta “Rigetta le
richieste delle altre parti civili: Conferma nel resto” con l’espressione “Revoca le statuizioni
delle altre parti civili e rigetta le ulteriori richieste”.

Con un secondo, subordinato motivo, la

parte civile lamenta l’erronea applicazione della legge penale (art. 1 commi

10 e 3° della L.

401/89 in relazione all’art. 185 cod. proc. pen.) nella parte in cui la Corte territoriale,
diversamente da come statuito dal Tribunale all’esito del giudizio di primo grado, ha escluso il
diritto della Atalanta Bergamasca Calcio s.p.a. al risarcimento del danno per carenza di prova
in ordine al nesso di causalità tra le condotte delittuose degli imputati per i reati di cui agli artt.
416 cod. pen. e 1 della L. 401/89 ed il danno asseritamente subito, lamentando sul punto,
manifesta illogicità della motivazione ed erronea applicazione della legge penale (in riferimento
al reato di frode sportiva). Con il terzo – ed ultimo – motivo, la parte civile ricorrente lament. a
18

successivamente alla lettura del dispositivo avvenuta all’udienza pubblica del 17 dicembre

la manifesta illogicità della motivazione e la inosservanza dell’art. 185 cod. proc. pen. per
avere la Corte distrettuale, per un verso, contraddittoriamente affermato la mancata
alterazione del campionato di calcio di Serie A relativo alla stagione agonistica 2004/2005 pur
avendo riconosciuto la irregolarità di numerose partite di quel campionato e per, altro verso,
escluso tout court il diritto della parte civile, già riconosciuto in primo grado, al risarcimento dei
danni – ivi compresi quelli conseguenti alla perdita di chance

irragionevolmente motivando

sulla insussistenza del danno e sulla mancata dimostrazione di esso in rapporto alle condotte

principale, la prevalenza del dispositivo letto all’udienza del 17 dicembre 2013, previa revoca
e/o annullamento delle ordinanze del 20 dicembre 2013 e 19 marzo 2014 e subordinatamente
l’annullamento della sentenza nella parte in cui – sulla base della ordinanza del 19 marzo 2014
– sono state revocate le statuizioni civili disposte con la sentenza di 1° grado.
18. La ricorrente parte civile Bologna Football Club 1999 s.p.a.:, dopo aver riepilogato i
tratti essenziali del processo di primo e secondo grado con menzione dei dispositivi resi
all’esito delle rispettive udienze conclusive, enuncia nel proprio ricorso originario un unico
motivo in riferimento all’ordinanza del 19/20 marzo 2014 emessa – con la procedura dell’art.
127 e 130 cod. proc. pen. – dalla Corte distrettuale, lamentando la nullità assoluta
dell’ordinanza medesima nella parte in cui si ritiene che si fosse in presenza di errore
materiale, laddove il contenuto della ordinanza è in realtà una modificazione essenziale del
dispositivo della sentenza del 17 dicembre 2013. Viene, pertanto, denunciata inosservanza ed
erronea applicazione dell’art. 130 cod. di rito. Con riferimento, invece, alla sentenza emessa il
17 dicembre 2013, così come emendata con l’ordinanza del 19/20 marzo 2014 ed alla
medesima sentenza nella parte non emendata del predetto dispositivo, come pronunciato
all’udienza del 17 dicembre 2013, con un primo motivo viene denunciata la violazione di legge
per inosservanza della legge penale (artt. 185 cod. pen. e 2043, 2056 e 2059 cod. civ.)
rilevandosi, in particolare, l’erroneità del percorso argomentativo della Corte territoriale
laddove la stessa richiede, per il riconoscimento del diritto al risarcimento da parte della
società Bologna, il nesso di causalità tra condotta e danno, nonché prova della sua sussistenza
e della sua entità. Con un secondo motivo viene denunciato vizio di motivazione per carenza,
contraddittorietà e manifesta illogicità, per avere la Corte distrettuale ritenuto incongruamente
non alterato il campionato di calcio disputato nella stagione sportiva 2004-2005 e
contraddittoriamente confermato la irregolarità di alcune gare di quel campionato, tanto da
reputare integrata la circostanza aggravante di cui alla comma 3 0 dell’art. 1 della L. 401/89.
18.1 Con memoria integrativa del 30 aprile 2014 la detta parte civile suddetta denuncia
anche la inosservanza dell’art. 578 cod. proc. in relazione all’intervenuta condanna in primo
grado di alcuni imputati, poi prosciolti nel grado successivo per intervenuta prescrizione, senza
che venissero confermate le statuizioni civili adottate nella pronuncia di primo grado, avendo la

19

delittuose attribuite agli imputati già condannati. Ha quindi concluso richiedendo, in via

Corte di merito ritenuto non dovuti in generale i risarcimenti alle società di calcio
indipendentemente dalle prescrizioni dei reati.
19.

L’altra parte civile Brescia Calcio s.p.a. dopo aver riepilogato i tratti essenziali del

processo di primo e secondo grado con menzione dei dispositivi resi all’esito delle rispettive
udienze conclusive enuncia un unico motivo con riferimento all’ordinanza dibattimentale del 15
ottobre 2013 con la quale la Corte territoriale ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello
incidentale interposto dalla società Brescia nei confronti della S.S. Lazio s.p.a. per

la ricorrente che, violando le suddette norme, la Corte territoriale non ha tenuto conto della
tardività dell’eccezione sollevata (soltanto in grado di appello, ma non prima della
deliberazione della sentenza di primo grado come richiesto dall’art. 491 cod. proc. pen.) dalla
difesa della società Lazio circa l’inosservanza da parte della difesa del Brescia del termine di
giorni venti previsto per la citazione del responsabile civile. Relativamente all’ordinanza
pronunciata il 19/20 marzo 2014 con la procedura degli artt. 127 e 130 cod. proc. pen.,
lamenta la ricorrente la nullità assoluta dell’ordinanza medesima nella parte in cui si ritiene che
si fosse in presenza di errore materiale, laddove il contenuto della ordinanza è, in realtà, una
modificazione essenziale del dispositivo della sentenza del 17 dicembre 2013. Viene, pertanto,
denunciata inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 130 cod. di rito. Con riferimento,
invece, alla sentenza emessa il 17 dicembre 2013 così come emendata con l’ordinanza del
19/20 marzo 2014 ed alla medesima sentenza nella parte non emendata del predetto
dispositivo come pronunciato all’udienza del 17 dicembre 2013, con un primo motivo viene
denunciata la violazione di legge per inosservanza della legge penale (artt. 185 cod. pen. e
2043, 2056 e 2059 cod. civ.) rilevandosi, in particolare, l’erroneità del percorso argomentativo
della Corte territoriale laddove si richiede, per il riconoscimento del diritto al risarcimento da
parte della società Bologna, il nesso di causalità tra condotta e danno, nonché prova della sua
sussistenza e della sua entità. Con un secondo motivo viene denunciato vizio di motivazione
per carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità per avere contraddittoriamente la Corte
distrettuale ritenuto non alterato il campionato di calcio disputato nella stagione sportiva 20042005 e contraddittoriamente ritenuto irregolari alcune gare di quel campionato, tanto da
reputare integrata la circostanza aggravante di cui alla comma 3 0 dell’art. 1 della L. 401/89.
Con memoria integrativa del 30 aprile 2014 la parte civile suddetta denuncia anche la
inosservanza dell’art. 578 cod. proc. in relazione all’intervenuta condanna in primo grado di
alcuni imputati poi prosciolti nel grado successivo per intervenuta prescrizione, senza che
venissero confermate le statuizioni civili adottate nella pronuncia di primo grado, avendo la
Corte di merito ritenuto non dovuti in generale i risarcimenti alle società di calcio
indipendentemente dalle prescrizioni dei reati.
20. La ricorrente parte civile Curatela del Fallimento Victoria 2000 s.r.l. in liquidazione (in
sostituzione della precedente parte civile Fallimento Victoria 2000 s.r.I.) prospetta cinque
20

inosservanza degli artt. 178 lett. c), 181 e 491 comma 1 cod. proc. pen. In particolare lamenta

motivi nel ricorso proposto, agli effetti civili, contro la sentenza del 17 dicembre 2013 e contro
le ordinanze successive del 20 dicembre 2013 e 19/20 marzo 2014. Con il primo motivo viene
denunciato vizio di motivazione per contraddittorietà e manifesta illogicità tra il dispositivo e la
motivazione della sentenza laddove, nel primo, è stata dichiarata l’inammissibilità dell’appello
proposto dalla parte civile Fallimento Victoria 2000 s.r.l. per difetto di legittimazione attiva,
mentre nella parte motiva è stata riconosciuta la legittimazione del medesimo fallimento a
costituirsi parte civile. Con il secondo motivo viene denunciata l’inosservanza della norma

dispositivo della sentenza del 17 dicembre 2013, mancato di rispondere alle specifiche censure
sollevate dalla parte civile. Con il terzo motivo si denuncia manifesta illogicità e carenza
assoluta di motivazione in ordine alla assoluzione dell’imputato MOGGI Luciano relativamente
al delitto di frode sportiva di cui al capo A10) (gara LECCE-PARMA) per avere la Corte
distrettuale contraddittoriamente affermato che tale gara rappresentava la continuità
dell’operazione di salvataggio posta in essere in favore della società Fiorentina già oggetto di
giudizio in relazione al reato di cui al capo A5 (CHIEVO-FIORENTINA) per il quale l’imputato
MOGGI era stato, invece, condannato. Con il quarto motivo viene denunciata l’erronea
applicazione dell’art. 2049 cod. civ. e manifesta illogicità della motivazione nella parte della
sentenza in cui nel confermare in parte qua la sentenza del Tribunale, ha escluso la JUVENTUS
F.C. s.p.a. quale responsabile civile per i fatti penalmente illeciti commessi dai propri dirigenti
e amministratori. Con il quinto – ed ultimo – motivo viene denunciato vizio di motivazione per
illogicità manifesta e contraddittorietà per avere la Corte distrettuale, da un lato, confermato la
sussistenza del delitto di cui al capo A) e dei reati-scopo e, per altro verso, escluso l’alterazione
del campionato con conseguente esclusione del nesso di causalità rispetto all’evento della
retrocessione del Bologna (danno lamentato anche da Victoria 2000 s.r.l. in liquidazione cui è
subentrata la curatela fallimentare odierna parte civile ricorrente).
21 La parte civile ricorrente F.I.G.C. prospetta due motivi di ricorso. Con il primo si
lamenta vizio di motivazione per carenza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità in punto di
mancata liquidazione della provvisionale richiesta dalla costituita parte civile F.I.G.C. per i
danni morali per i quali è stata pronunciata condanna al risarcimento dei danni nei riguardi
degli imputati ritenute penalmente responsabili. Con il secondo motivo viene dedotta violazione
della legge processuale penale e mancanza di motivazione con riferimento alla parte della
sentenza nella quale non viene data risposta alle censure sollevate con l’atto di appello in
ordine alla liquidazione delle spese ed onorari per la parte civile riconosciuti dal Tribunale
ritenuti esigui dalla F.I.G.C. appellante.
22. La ricorrente parte civile U.S. Lecce s.p.a. propone un unico motivo di ricorso con
riferimento alla sola sentenza del 17 dicembre 2013, lamentando l’erronea applicazione della
legge penale (art. 185 cod. pen.) e la manifesta illogicità della motivazione per avere la Corte
territoriale revocato le statuizioni civili risarcitorie disposte con la sentenza di primo grado in
21

processuale penale e la carenza di motivazione per avere la Corte territoriale, fermo restando il

favore dell’U.S. Lecce s.p.a. ritenendo non provato (in violazione dell’art. 185 cod. pen.) il
nesso eziologico tra le condotte degli imputati contestate sub A) e i delitti-scopo di frode
sportiva (per i quali è intervenuta condanna) ed il danno subito dalla detta società calcistica
retrocessa nel campionato di Serie B previo ripescaggio della società Messina in cui favore
aveva agito attraverso ripetuti contatti con l’imputato MOGGI, mediante condotte penalmente
illecite l’imputato FABIANI Fabiano (all’epoca Direttore Generale della società Messina).
23.

Hanno tempestivamente e ritualmente presentato motivi nuovi le difese delle parti

difese spiegate nei ricorsi originari ed insistendo nella richiesta di annullamento della sentenza
nella parte relativa agli interessi civili con conferma delle statuizioni risarcitorie del Tribunale e
rinvio degli atti ex art. 622 cod. proc. pen. al Giudice civile competente per valore in grado di
appello, per la liquidazione del danno subito dalle predette società.
24. Ha presentato memoria ex art. 121 cod. proc. pen. il ricorrente BERTINI ribadendo le
proprie difese e chiedendo, in via ulteriormente subordinata, che in sede di legittimità venisse
rilevata la violazione dell’art. 6 CEDU nella misura in cui la Corte territoriale, nel riformare la
sentenza di assoluzione del Tribunale, ha valutato in modo diverso le dichiarazioni del teste
PAPARESTA Gianluca senza tuttavia procedere, come d’obbligo in caso di riforma in pejus della
sentenza di proscioglimento di primo grado, alla rinnovazione – sul punto – dell’attività
istruttoria.
25.

Ha presentato memoria difensiva la S.S. LAZIO (non ricorrente), quale responsabile

civile chiamata in causa dal BRESCIA Calcio s.p.a., chiedendo il rigetto del ricorso proposto
dalla società BRESCIA Calcio s.p.a. in relazione alla declaratoria di inammissibilità da parte
della Corte distrettuale dell’appello incidentale della società lombarda, a causa della mancata
instaurazione del rapporto processuale nei confronti della società capitolina in conseguenza
della mancata vocatio in jus della stessa.
26.

Ha presentato memoria il ricorrente LOTITO Claudio, insistendo nei motivi di ricorso

per quanto concerne l’impugnazione proposta dallo stesso. In particolare, con riferimento ai
ricorsi proposti dalle parti civili egli ha ritenuto corretta l’ordinanza di correzione dell’errore
materiale contenuto nel dispositivo della sentenza del 17 dicembre 2013, in quanto si è
trattato di emendare il dispositivo nella parte in cui non menzionava le statuizioni assunte dalla
Corte di Appello nei confronti delle parti civili diverse dai due Ministeri (Economia e Finanze e
Politiche Giovanili) e della F.I.G.C., chiedendo il rigetto dei ricorsi proposti dalle stesse parti
civili anche in punto di merito per quanto riguarda il rigetto delle richieste risarcitorie in quanto
non fondate per assenza di prova sul danno.
27.

Ha depositato conclusioni la difesa della JUVENTUS s.p.a. insistendo per

l’inammissibilità e/o rigetto dei ricorsi proposti avverso la sentenza della Corte di Napoli, in

22

civili Bologna F.C. 1909 s.p.a.; Brescia Calcio S.p.a. riproponendo ed ampliando le precedenti

ogni caso chiedendo la conferma delle statuizioni attinenti alla esclusione del responsabile
civile JUVENTUS s.p.a. come disposte dalla Corte territoriale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Per esigenze di speditezza e di ordine di esposizione dei temi sottoposti all’attenzione di

posizioni dei singoli ricorrenti, alcune questioni formanti oggetto dei ricorsi di numerosi
imputati in quanto caratterizzate da elementi e/o argomenti comuni alla base dei motivi
proposti.
2.

La vicenda all’esame di questa Corte Suprema – che vede protagonisti numerosi

tesserati in posizione di vertice della Federazione Italiana Giuoco Calcio, del mondo arbitrale e
delle Leghe professioniste di appartenenza, oltre che alcune tra le più blasonate società
professioniste del massimo campionato calcistico – è stata al centro di due decisioni: una della
giustizia ordinaria penale e l’altra della giustizia disciplinare sportiva. I rapporti intercorrenti tra
i due ordinamenti, regolamentati da una legge ordinaria (la Legge 280/03) hanno, anch’essi,
formato oggetto dei ricorsi di alcuni imputati (BERTINI, MAZZINI, MOGGI), sicchè a questo
tema, pur esso di respiro generale, verrà dedicato un esame specifico in sede di analisi dei
ricorsi dei detti imputati i quali hanno affrontato la questione sotto angolature diverse.
3. A questa prima parte della sentenza farà seguito l’esame delle singole posizioni dei
ricorrenti e infine, l’esame delle questioni – anch’esse caratterizzate in larga parte da
argomenti comuni – prospettate in prevalenza dalle parti civili estromesse dalla sentenza di
Appello, che in parziale riforma della sentenza di primo grado ha riconosciuto dignità
risarcitoria soltanto al Ministero dell’Economia e Finanze – AA.MM .SS.; al Ministero per le
Politiche giovanili e alla F.I.G.C. oltre che alla SALERNITANA Calcio s.p.a. (oggi Curatela
fallimentare della SALERNITANA CALCIO s.p.a.).
4. Altro dato comune alla vicenda de qua, con riferimento agli aspetti concernenti le
responsabilità dei singoli imputati è costituito dall’elemento tempo: nonostante lo svolgimento
di entrambi i gradi del processo in tempi contingentati ed a tappe forzate senza alcuna
sospensione del corso della prescrizione (tranne che per un brevissimo arco temporale nella
fase di appello tra il 20 settembre e 11 ottobre 2013), il tempo ha finito con l’assumere un
ruolo dominante nel senso che, come sarà meglio precisato in prosieguo, la maggior parte dei
reati – tranne alcune eccezioni riferibili a quegli imputati che avevano rinunciato alla
prescrizione nella fase di merito ed alcuni annullamenti senza rinvio disposti da questa Corte
Suprema per dimostrata insussistenza di alcuni reati-scopo (v. postea)

è stata cancellata

dalla intervenuta prescrizione maturatasi in parte nel corso del processo di secondo grado ed in
23

questa Suprema Corte, ritiene il Collegio di affrontare in via prioritaria, prima di esaminare le

parte, pochi mesi dopo la pronuncia della sentenza di appello anche in riferimento alla più
grave figura dell’associazione per delinquere di cui al comma

10 dell’art. 416 cod. pen.

ravvisata nei confronti di alcuni degli odierni ricorrenti (MOGGI, PAIRETTO e MAZZINI).
5. Diversamente da quanto solitamente è accaduto e accade per i processi penali originati
da frodi in competizione sportive con correlato delitto associativo in cui si trovano coinvolti
giocatori e dirigenti delle varie società calcistiche impegnate nel confezionamento di patti illeciti
ovvero in attività di scommesse clandestine (figura inclusa sia nel Codice di giustizia sportiva

che nel sistema penale per effetto dell’art. 1 della L. 401/89), i protagonisti della vicenda
all’esame di questa Corte appartengono alla elìte del mondo calcistico nelle sue massime
espressioni ovvero al settore arbitrale (di vertice e non), senza coinvolgimenti di giocatori o di
estranei all’ambiente calcistico in veste di corruttori o latori di promesse od offerte illecite.
5.1 E’ così venuto alla luce un vero e proprio mondo sommerso la cui caratteristica di
offensività degli interessi ultraindividuali (come definiti dalla Corte territoriale) è stata ritenuta
particolarmente intensa e tale da sconvolgere l’assetto del sistema calcio, fino a screditarlo in
modo inimmaginabile e minarlo nelle sue fondamenta, con ovvie pesantissime ricadute
economiche nei confronti delle istituzioni pubbliche, di quelle private deputate alla gestione
dell’attività sportiva calcistica e nei confronti anche di numerose società calcistiche
danneggiate sia patrimonialmente che moralmente: ne costituisce prova la messe di ricorsi
presentati dalle numerose parti civili costituite.
5.2 La vicenda all’esame del Collegio si caratterizza per una serie di complesse questioni
prospettate dai vari ricorrenti, alcune delle quali di portata generale meritevoli della massima
attenzione e contenenti profili di indubbio interesse specifico in relazione ai rapporti tra il
sistema ordinamentale statale di tipo penale e il corrispondente sistema della cd. “giustizia
sportiva”.
6. Riprendendo il punto riguardante la trattazione prioritaria degli argomenti comuni si
vuol fare riferimento: a) alla questione relativa alla competenza territoriale, contestata da
quasi tutte le difese dei ricorrenti che hanno dedotto vizi di inosservanza di legge e di
motivazione sotto il profilo della manifesta illogicità; b) alla questione della inutilizzabilità delle
intercettazioni affrontata da molte delle difese sotto molteplici e variegati aspetti; c) alla
qualificazione giuridica della fattispecie di reato prevista dall’art. 1 comma 1 della L. 401/89 ed
alle interconnessioni con la figura delittuosa di cui all’art. 416 cod. pen.
7.

Un ulteriore tema che ha imposto al Collegio di esaminare in modo specifico le

responsabilità dei singoli, nonostante l’intervenuta estinzione dei reati per prescrizione (tranne
i casi riguardanti i ricorrenti BERTINI e DATTILO ed in parte i ricorrenti MOGGI e PAIRETTO) è
costituito dalla molteplicità dei ricorsi delle parti civili le cui statuizioni risarcitorie sono state
revocate dalla sentenza impugnata: tale esigenza di approfondimento è strettamente correlata
agli artt. 576 e 578 cod. proc. pen. ma implica anche un esame specifico riguardante il
24

or

problema dell’illecito civile ed il suo diverso atteggiarsi nel processo penale rispetto al processo
civile: sul punto si fa rinvio alla parte dedicata all’esame dei ricorsi delle parti civili e – per
quanto può rilevare – anche dei ricorsi proposti dai ricorrenti DELLA VALLE e MENCUCCI e dal
responsabile civile A.C. FIORENTINA s.p.a.
7.1 Nella presente vicenda, infatti, la Corte territoriale ha, per un verso, confermato le
responsabilità degli imputati DE SANTIS, BERTINI, DATTILO (tutti rinuncianti alla prescrizione)
in ordine al delitto associativo sub A) ed ad alcuni dei delitti di frode sportiva, ad eccezione del

PAIRETTO e MAZZINI in ordine al delitto associativo, nonchè ha confermato la responsabilità
dell’imputato MOGGI limitatamente al reato associativo ed ad alcuni dei delitti-scopo di frode
sportiva, dichiarando poi non doversi procedere nei confronti dei suddetti tre imputati in ordine
ad alcuni episodi di frode sportiva per intervenuta prescrizione e mantenendo ferme le
statuizioni civili rísarcitorie, non nei confronti di tutte le parti civili originariamente costituite,
ma nei confronti di alcune soltanto con estromissione della maggior parte di esse. Ha, infine,
dichiarato non doversi procedere nei confronti di alcuni degli odierni imputati (per quanto qui
rileva MAZZEI Gennaro RACALBUTO Salvatore, FOTI Pasquale, DELLA VALLE Diego, DELLA
VALLE Andrea, MENCUCCI Sandro, LOTITO Claudio, e TITOMANLIO Stefano) in ordine ai reati
agli stessi rispettivamente ascritti, perché estinti per intervenuta prescrizione, mantenendo
ferme (con riferimento alla posizione degli imputati TITOMANLIO e MAZZEI) le statuizioni
risarcitorie in favore della costituita parte civile Fallimento Salernitana Sport s.p.a.
(limitatamente al ricorrente MAZZEI Gennaro e al coimputato non ricorrente TITOMANLIO
Stefano); nonché del Ministero dell’Economia e delle Finanze AA.MM .SS.; del Ministero delle
Politiche Giovanili e della F.I.G.C. (nei riguardi dei restanti imputati ricorrenti BERTINI,
DATTILO, DE SANTIS, DELLA VALLE Diego, DELLA VALLE Andrea, FOTI, LOTITO, MAZZINI,
MEANI, MENCUCCI, MOGGI, PAIRETTO e RACALBUTO) rimettendo le parti dinnanzi al giudice
civile per la determinazione dei danni.

A) LA QUESTIONE DELLA COMPETENZA TERRITORIALE

8. Tanto detto e ritornando alle questioni rivestenti portata generale, ritiene il Collegio di
esaminare, per primo, il tema relativo alla dedotta violazione di legge per inosservanza delle
regole dettate dal codice di rito sui criteri da seguire per stabilire la competenza ratione loci del
giudice di merito.
8.1 I tratti essenziali della motivazione resa sul punto dalla Corte distrettuale possono
riepilogarsi nel modo seguente.

25

reato di cui al capo L). Ha ancora, confermato, aggravandola, la responsabilità degli imputati

8.2 E’ stata disattesa la tesi (sostenuta da molte delle difese) secondo la quale sarebbe
stata erroneamente individuata la competenza della Procura della Repubblica presso il
Tribunale di Napoli, per effetto della accertata consegna (per come riferito dagli ex arbitri
PAPARESTA Gianluca e PAPARESTA Romeo) in Napoli di alcune schede straniere a PAPARESTA
Romeo da parte del ricorrente MOGGI Luciano.
8.3 La Corte territoriale, nel respingere detta eccezione, ha fondato il proprio
convincimento sulla base di una serie di elementi in stretta connessione con la particolare

ambiti territoriali; dalla diversità di residenza dei singoli sodali; dalla pluralità di centri operativi
del sodalizio; dalla non univocità del luogo di commissione dei reati fine, pervenendo alla
conclusione che, in evenienze siffatte, la individuazione della competenza andasse fatta in
riferimento al primo atto di manifestazione di vitalità ed operatività dell’associazione,
riscontrato nella consegna delle prime schede cd “straniere” (in quanto acquistate in Svizzera
presso un rivenditore di un gestore di telefonia mobile straniera) all’ex arbitro PAPARESTA
Romeo: consegna avvenuta in Napoli nel settembre 2004 nella Via Petrarca in cui l’imputato
Moggi possiede un’abitazione.
8.4 La Corte territoriale, peraltro, ha valorizzato in modo particolarmente pregnante
l’elemento “schede straniere riservate”, sottolineando che il loro acquisto, prima; le finalità
della loro utilizzazione e il loro uso in concreto da parte dei singoli consegnatari di quelle
schede, denotasse, più ancora di altre condotte sintomatiche, la chiara manifestazione di
vitalità dell’associazione delinquenziale. Il valore attribuito alla consegna delle schede quale
elemento indicatore della operatività della associazione è stato ritenuto del tutto coerente secondo il giudizio espresso dalla Corte territoriale – con il dato della prima vera
manifestazione all’esterno del suddetto sodalizio o come primo atto diretto a commettere i
delitti programmati.
8.5 Nel seguire tale ragionamento la Corte territoriale ha fatto richiamo a numerose
pronunce di questa Corte Suprema secondo le quali, per individuare il luogo di consumazione
del reato associativo, in difetto di elementi storicamente certi in ordine alla genesi del vincolo,
può farsi ricorso a criteri presuntivi, facendo riferimento al luogo in cui il sodalizio si manifesti
per la prima volta all’esterno ovvero a quello in cui si concretino i primi segni della sua
operatività: elementi ragionevolmente utilizzabili in quanto sintomatici dell’origine della
associazione nello spazio (oltre alle sentenze citate dalla Corte territoriale tra le quali Sez. 5^
12.12.2006 n. 2269 e Sez. 1^ 9.10.2008 n. 40345 in cui si fa richiamo esplicito all’applicabilità
del criterio suppletivo residuale di cui all’art. 9, comma 3 cod. proc. pen, vds., più di recente,
Sez. 2^, 9.4.2014 n. 23211, Morinelli ed altro Rv. 259653 secondo la quale in tema di reati
associativi “la competenza per territorio si determina in relazione al luogo in cui ha sede la
base ove si svolgono programmazione, ideazione e direzione delle attività criminose facenti
capo al sodalizio; in particolare, considerato che l’associazione è una realtà criminosa destinata
26

tipologia del sodalizio criminale caratterizzato da una molteplicità di componenti allocati in più

a svolgere una concreta attività, assume rilievo non tanto il luogo in cui si è radicato il “pactum
sceleris”, quanto quello in cui si è effettivamente manifestata e realizzata l’ operatività della
struttura”.; ancora Sez. 2^ 15.3.2013 n. 26763, Beltrani S., Rv. 256650; idem 16.5.2012 n.
22953, Tempestilli e altro, Rv. 253189).
8.6 Ciò ha consentito alla Corte territoriale di escludere la competenza di altre autorità
giudiziarie indicate alternativamente in Roma (città nella quale si trovano le sedi istituzionali
calcistiche ossia la F.I.G.C., l’ A.I.A. e C.A.N.), o in Torino (città in cui sarebbe sorta l’idea

tenevano alcune delle riunioni dei vertici AIA e degli arbitri) o in Udine (luogo in cui si è svolta
la prima delle partite cd. “incriminate” UDINESE – JUVENTUS, oggetto di imputazione di uno
dei tanti reati-fine) o in Lecce, luogo in cui si è svolta l’ultima delle gare incriminate LECCEPARMA (29 maggio 2005, ultima giornata di campionato), ritenendo che i diversi criteri
prospettati dalle difese fossero, quanto meno, impropri, se non incoerenti con le norme
processuali e comunque non applicabili in considerazione dei risultati probatori desunti dalle
attività investigative.
8.7 Va osservato da parte del Collegio che le censure sollevate con i ricorsi ripropongono i
medesimi temi con argomentazioni sostanzialmente identiche e che, anche in questa sede, si
ritengono non condivisibili; anche se va subito precisato che la dedotta eccezione, da un canto
si riferisce, contestandola, alla individuazione della competenza territoriale relativamente al
delitto associativo sulla base dell’elemento costituito dalla prima consegna delle schede
telefoniche cd. “riservate”, giudicata quale prima concreta manifestazione dell’operatività
dell’associazione (profilo evidenziato dalle difese dei ricorrenti DATTILO, MOGGI e
RACALBUTO); dall’altro attiene ad un problema più delicato, non specificamente affrontato nel
giudizio di appello anche se accennato, riguardante la connessione – che la difesa dei ricorrenti
FOTI e LOTITO esclude – tra i reati di frode sportiva ascritti ad alcuni imputati cui non è stata
contestato il delitto associativo (per l’appunto FOTI e LOTITO, ma anche i DELLA VALLE e
MENCUCCI) ed il delitto associativo, risultando, così impropria – a detta della difesa l’individuazione quale autorità giudiziaria competente di quella stessa ritenuta competente per
il reato associativo, quale reato più grave.
9. Osserva il Collegio che la Corte distrettuale, nel ribadire la competenza territoriale
dell’autorità giudiziaria napoletana, si è uniformata ai principi di diritto elaborati al riguardo
dalla giurisprudenza di legittimità. Non può certo rilevarsi una assenza o manifesta illogicità
della motivazione là dove il giudice di appello ha sottolineato l’alta significatività della consegna
delle schede come prima concreta manifestazione dell’operatività dell’associazione, sicchè,
uniformandosi alle pronunce di legittimità sopra menzionate, è corretta l’affermazione della
Corte di merito secondo la quale la competenza va, di regola, determinata con riferimento al
luogo di tale prima manifestazione, a nulla rilevando il luogo di consumazione dei singoli reatiscopo. D’altro canto le censure sollevate in riferimento alle modalità e ai tempi di consegna
27

dell’acquisto delle prime schede straniere, o in Firenze (presso la cui sede di Coverciano si

delle schede a soggetto il quale avrebbe dovuto poi curarne la distribuzione ai componenti
dell’associazione e i rilievi circa il valore da attribuire a tale consegna come dato sintomatico
della prima manifestazione di operatività dell’associazione, si risolvono in considerazioni di
mero fatto che possono assumere rilevanza nel presente giudizio solo in quanto esse possano
valere ad evidenziare vizi di manifesta illogicità della motivazione, nella specie non ravvisabile.
9.1 Ed invero, in tema di sindacato del vizio di motivazione, il compito del giudice di
legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici del

disposizione, dandone una corretta e logica interpretazione, con esaustiva e convincente
risposta alle deduzioni delle parti. Quel che rileva, quindi, è la corretta applicazione delle regole
della logica che possano giustificare la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre
(Cass., Sez. Un., 13.12.1995, n. 930, Clarke, Rv. 203428; idem 31.5.2000, n. 12, Jakani, Rv.
216260).
9.2 E’ noto che, per espressa previsione normativa, il vizio di motivazione deducibile in
sede di legittimità deve risultare dal testo dei provvedimento impugnato, o comunque, come si
evince dalle modifiche apportate all’art. 606.1, lett. e), c.p.p. dall’art. 8 della L. 20.2.2006, n.
46 – da “altri atti de/procedimento specificamente indicati nei motivi di gravame”: se così è, in
riferimento al vizio di manifesta illogicità, occorre anzitutto che il ricorrente dimostri nella sede
propria che il percorso argomentativo seguito dal giudice è assolutamente carente sul piano
logico; ancora, va precisato che una eventuale dimostrazione in tal senso non ha nulla a che
vedere con la prospettazione di una diversa, e persino possibile, interpretazione, o di un altro

iter argomentativo, anche laddove in tesi egualmente corretti sul piano logico.
9.3 Conseguenza di tali postulati è che, una volta che il giudice abbia coordinato
logicamente gli atti sottoposti al suo esame, a nulla vale opporre che questi atti si
presterebbero ad una diversa lettura o interpretazione, ancorché, in tesi, munite di eguale
crisma di logicità (cfr. S. U. 27.9.1995, n. 30; idem S.U. 30.4.1997, n. 6402; idem S.U.
24.11.1999 n. 24).
9.4 Senza dire che, per parlarsi di illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art.
606.1, lett. e), c.p.p., deve trattarsi di una illogicità evidente, cioè di livello tale da risultare
percepibile ictu ()culi, proprio perché l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della
decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione
limitarsi – come s’è detto – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza
possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (S.U.
24.9.2003, n. 47289; idem, S.U. 30.11.2000 n. 5854; idem, S.U., 24.11.1999, n. 24).
10. Anche le censure attinenti alla violazione delle regole processuali della competenza per
territorio nei termini prospettati dalle difese degli imputati FOTI Pasquale e LOTITO Claudio
sono infondate, seppure sulla base di argomentazioni diverse che abbisognano di una serie di
28

merito, ma solo quello di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro

puntualizzazioni in considerazione del fatto che la Corte di merito nulla ha osservato sul punto
a fronte delle doglianze sollevate dai difensori.
10.1 Trattandosi di questione processuale, la Corte di legittimità è chiamata a verificarne
la fondatezza, previa compulsazione, ove necessaria, degli atti.
10.2 Secondo quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità la connessione basata
sull’astratta configurabilità del vincolo della continuazione è idonea a determinare lo
spostamento della competenza soltanto quando l’identità del disegno criminoso sia comune a

continuazione non può pregiudicare quello del coimputato a non essere sottratto al giudice
naturale (in tal senso v. da ultimo, Sez. 1^, Sentenza 9.1.2013 n. 8526, confl. comp. in proc.
Baruffo ed altri, Rv. 254924; conformi Sez. 1^ 23.9.2008 n. 38170, confl. comp. in proc.
Schiavone e altri, Rv. 24143; Sez. 4^ 17.1.2006 n. 10122, Hanid ed altro, Rv. 233714).
10.3 Ancora, va esclusa la connessione tra il delitto associativo e i reati-fine fuorchè
nell’eccezionale ipotesi in cui risulti che fin dalla costituzione del sodalizio criminoso o dalla
adesione ad esso, un determinato soggetto, nell’ambito del generico programma criminoso,
abbia già individuato uno o più specifici fatti di reato, dallo stesso poi effettivamente
commessi.
10.4 Tali principi potrebbero, in astratto, riverberare i loro effetti sulle posizioni del FOTI e
del LOTITO: infatti il primo risponde dei reati-fine di cui ai capi H) ed S) mentre il secondo
risponde dei reati di cui ai capi U) e V). Si tratta di episodi di frode sportiva, per i quali è già
stata dichiarata l’estinzione per prescrizione.
10.5 Entrambi i ricorrenti hanno, a ragione, sollevato la questione della violazione di legge
in relazione alla ritenuta competenza territoriale del Tribunale di Napoli, nonostante entrambi
gli imputati siano stati prosciolti dalle relative imputazioni per intervenuta prescrizione, in
quanto gli stessi sono destinatari di statuizioni risarcitorie: tanto, in aderenza a
quell’orientamento di legittimità secondo il quale, se nel giudizio di cassazione – qualora si
versi in ipotesi di reato dichiarato prescritto – non è rilevabile la nullità, anche di ordine
generale, in quanto l’inevitabile rinvio al giudice di merito risulta incompatibile con il principio
dell’immediata applicabilità della causa estintiva, tale nullità deve essere, però, valutata
nell’ipotesi in cui la sentenza di merito abbia deciso non solo in ordine al reato per cui è
intervenuta la prescrizione, ma anche in ordine al risarcimento dei danni da esso cagionati o
alle restituzioni, giacché in tal caso la nullità, ove sussistente, deve essere comunque rilevata e
dichiarata riflettendosi sulla validità delle statuizioni civili. (v. Sez. 2^ 7.1.2014 n. 3221,
Macchia, Rv. 258817; conforme Sez. 5^ 17.9.2008 n. 39395, Scambia, Rv. 241733).
10.6 Tanto detto, in mancanza di elementi di connessione soggettiva rispetto al delitto
associativo (non contestato a nessuno dei due imputati) che, quale reato più grave

29

tutti i compartecipi, in quanto l’interesse di un imputato alla trattazione unitaria di fatti in

eserciterebbe la vis actractiva, la Corte avrebbe dovuto fare riferimento esclusivamente al
momento consumativo del delitto di frode sportiva.
10.7 Occorre, infatti, rilevare che sia nel capo H) sia nel capo S) l’imputato FOTI concorre
nel reato di frode sportiva con l’imputato BERGAMO, il quale, giudicato separatamente, è
anche imputato del delitto associativo; sia nel capo U) sia nel capo V), l’imputato LOTITO
concorre, oltre che con il BERGAMO, anche con MAZZINI Innocenzo il quale, al pari del
BERGAMO, è imputato del delitto associativo.

individuano il fine delle condotte fraudolente anche nell’esigenza di appoggiare il Presidente
uscente CARRARO Franco per la (ri)elezione al vertice della FIGC, in vista del conseguimento di
risultati utili a favorire le singole squadre di appartenenza dei due dirigenti.
11.1 Come osservato dal Procuratore Generale nel corso della sua requisitoria,
indipendentemente dal merito delle vicende e dal legame tra le politiche associative, la
selezione delle terne arbitrali per favorire uno o l’altro dei presidenti delle società impegnate
nel sostegno politico del Presidente CARRARO ai vertici della F.I.G.C., (peraltro prosciolto da
ogni contestazione ivi compresa quella per il reato di cui all’art. 416 cod. pen.), rimane il fatto
che per il BERGAMO (la cui posizione non rileva nel presente processo) e per il MAZZINI
dovrebbe peraltro valere il principio di diritto secondo il quale in tema di determinazione della
competenza per territorio, deve essere esclusa la connessione tra il delitto associativo e i reatifine fuori dell’eccezionale ipotesi in cui risulti che fin dalla costituzione del sodalizio criminoso o
dalla adesione ad esso, un determinato soggetto, nell’ambito del generico programma
criminoso, abbia già individuato uno o più specifici fatti di reato, dallo stesso poi effettivamente
commessi (Sez. 1^ 10.4.2008 n. 17831, confl. Comp. Gliori e altri, Rv. 240309; idem
21.10.2009 n. 46134, confl. comp. in proc. Radulovic e altro, Rv. 245503).
11.2 E’ certo che tale legame funzionale (che varrebbe a giustificare una connessione per
continuazione, valida, però, soltanto per le posizioni di coloro che compaiono nel delitto
associativo e nel delitto fine, ma non per chi concorre in quest’ultimo senza essere partecipe
dell’associazione) nella sentenza impugnata non risulta trattato, ma sul punto nessuna
specifica censura è stata dedotta dagli imputati interessati.
11.3 Così come non risulta in alcun modo trattato il dato fattuale utile a risolvere il tema
del luogo in cui avvennero le singole frodi sportive.
11.4 Si impone allora una indagine di fatto, esperibile in questa sede attesa la natura
processuale del vizio denunciato, in ordine alla individuazione del momento consumativo del
delitto di frode sportiva, richiamandosi, al riguardo, il principio affermato nella giurisprudenza
di questa Corte Suprema secondo il quale il delitto di frode sportiva previsto dall’art. 1, comma
primo, della L. 13 dicembre 1989, n. 401 si consuma nel momento e nel luogo in cui si verifica
la promessa o l’offerta di un vantaggio indebito, ovvero si pone in essere – in riferimento alla
30

11. Con riferimento a entrambe le posizioni del FOTI e del LOTITO le relative imputazioni

seconda parte del comma 10 – ogni altra condotta fraudolenta, e non in quello dell’accettazione
di tale promessa od offerta (in termini Sez. 3^, 25.2.2010 n.

12562, Preziosi e altri, Rv.

246595).
11.5 Senonchè, per come è dato rilevare dagli atti processuali, l’accordo criminoso è
avvenuto per telefono di guisa che, non potendosi individuare il luogo di realizzazione della
condotta, occorrerebbe ricorrere ai criteri di cui all’art. 9 cod. proc. pen.. Escluso che possa
trovare applicazione il criterio enunciato nel comma 1 (luogo in cui è avvenuta una parte

criterio della residenza, dimora, domicilio dell’imputato, giacché gli imputati sono più di uno e
sarebbe inesatto frazionare la competenza individuando per ciascun concorrente il giudice in
base alle rispettive residenze, dimore, domicili dei singoli concorrenti (salva l’ipotesi, che non è
ravvisabile nel caso in esame, della convergenza di tali luoghi).
11.6 Residua, allora, il criterio di cui all’ultimo comma. dell’art. 9 cod. proc. pen. secondo
il quale, nell’impossibilità di determinare la competenza in base ai criteri indicati nell’art. 8 e
nella prima parte dell’art. 9, la competenza appartiene al giudice del luogo in cui ha sede
l’ufficio del pubblico ministero che ha provveduto per primo a iscrivere la notizia di reato nel
registro previsto dall’art. 335 c.p.p.
11.7 Ne consegue che l’eccezione d’incompetenza per territorio prospettata nei ricorsi
proposti nell’interesse degli imputati FOTI e LOTITO va ritenuta infondata.

B) L’INUTILIZZABILITA’ DELLE INTERCETTAZIONI

12. Procedendo nell’esame delle questioni di rilievo generale, altro tema trattato dalle
difese di molti dei ricorrenti è quello relativo alla inutilizzabilità delle intercettazioni, sotto
dìversi profili: si tratta, in particolare, delle censure sollevate dalle difese dei ricorrenti FOTI,
LOTITO, MOGGI, PAIRETTO e RACALBUTO le quali lamentano anche l’omessa motivazione da
parte della Corte distrettuale su tali temi prospettati nei singoli atti di appello.
12.1 La violazione di legge viene dedotta dalla difesa del ricorrente FOTI per l’asserita
indebita utilizzazione delle intercettazioni telefoniche effettuate su utenze a lui intestate per
alcuni colloqui intercorsi con il designatore e coimputato BERGAMO Paolo alla vigilia di incontri
calcistici riguardanti la società REGGINA (della quale il FOTI è Presidente), nonostante il titolo
dei reati ascrittigli non consentisse, per il livello edittale della pena, il ricorso ad intercettazioni
(tesi che il ricorrente sostiene essere stata accolta nel parallelo giudizio disciplinare sportivo di
ultima istanza di fronte alla Camera di Conciliazione del C.O.N.I. definito con il proscioglimento
dell’incolpato).

31

dell’azione o dell’omissione che, però, non è dato conoscere), deve escludersi l’applicabilità del

12.2 La Corte territoriale, nell’affrontare tale questione, ha argomentato in modo corretto,
uniformandosi a quel consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale nell’ipotesi in
cui le operazioni di intercettazioni telefoniche siano state disposte nell’ambito di indagini
relative a reato rientrante, per limiti di pena, nell’elenco di cui all’art. 266 cod. proc. pen., le
stesse possono essere utilizzate nella loro interezza nel procedimento in cui sono state
legittimamente disposte (v. Sez. 3^ 28.9.1995 n. 794 Rv. 204206 con la quale è stata ritenuta
infondata la censura relativa alla utilizzabilità ed effettiva utilizzazione di intercettazioni

cod. pen., non compreso tra quelli elencati nel citato art. 266 cod. proc. pen. in un
procedimento concernente anche per il reato di violenza carnale continuata; v. anche Sez. 3^
22.9.2010 n. 39761, S. Rv. 248557).
12.3 E’ stato, altresì, precisato che con il termine “medesimo procedimento” va inteso
quello avente per oggetto fatti-reato tra loro connessi, elemento, questo, certamente presente
nella fattispecie in esame, posto che i reati di frode sportiva vengono posti tutti in correlazione
con il reato associativo ancorchè contestato a persone diverse da quelle, come il FOTI,
imputate soltanto del reato-fine: conseguentemente, secondo il suddetto orientamento, nel
caso in cui si tratti di reati oggetto di un procedimento diverso “ab origine”, l’utilizzazione è
consentita nel rispetto dei parametri indicati espressamente dall’art. 270 C.P.P., vale a dire
l’indispensabilità e l’obbligatorietà dell’arresto in flagranza (cfr. Sez. 6^, 4.10.2012 n. 49745,
Sarra Fiore, Rv. 254056 idem 4.11.2014 n. 53418, De Col e altri, Rv. 261838).
12.4 Argomentazioni identiche valgono anche con riferimento alle censure di analogo
tenore formulate dalla difesa del ricorrente LOTITO Claudio, sicchè è da escludere che la Corte
non si sia pronunciata sulle censure suddette, peraltro del tutto infondate.
13. Altra questione in merito alla inutilizzabilità delle intercettazioni ed alle conseguenti
violazioni di legge viene posta dalla difesa del ricorrente PAIRETTO Pierluigi, la quale, nel primo
motivo, lamenta la nullità della sentenza per inosservanza di disposizioni processuali e omessa
motivazione in stretto riferimento, per un verso, al mancato deposito dei brogliacci relativi alle
intercettazioni telefoniche (avvenuto solo parzialmente e a giudizio dibattimentale ormai in
fase avanzata) in aperta violazione degli artt. 268, 269 cod. proc. pen. e 89 disp. att. stesso
codice (con correlata lesione del diritto di difesa anche in riferimento alla impossibilità di optare
per eventuali riti alternativi) e, per altro verso, alla omessa motivazione sul punto da parte
della Corte territoriale che avrebbe del tutto mancato di rispondere alle censure difensive già
sollevate prima nella fase delle indagini preliminari, poi nella fase dell’udienza preliminare,
quindi nella fase degli atti preliminari al dibattimento e rigettate, infine, dal Tribunale con
ordinanza del 5 maggio 2009 poi impugnata.
13.1 Le censure non hanno fondamento. Premesso che, vertendosi in tema di
procedendo, è

error in

consentito in sede di legittimità l’esame degli atti e che non risulta
32

telefoniche in ordine alla affermazione di responsabilità per il reato di cui agli artt. 56 e 610

effettivamente che la Corte territoriale abbia affrontato la questione del mancato deposito dei
cd. “brogliacci”, va comunque rilevato che, per costante giurisprudenza di questa Corte
Suprema, l’omesso deposito del cosiddetto “brogliaccio” (consistente nella sintesi delle
conversazioni eseguita dalla polizia giudiziaria che procede alla relativa operazione) non è
sanzionato da alcuna nullità o inutilizzabilità dalla normativa in tema di intercettazioni che
prevede, invece, obbligatoriamente, con la sanzione dell’inutilizzabilità, il caso della omissione
della redazione del solo verbale (artt. 268 comma 1 e 271 comma 1 c.p.p.). In altri termini

mancata redazione non è sanzionata. (v. oltre a Sez. 6^ 26.11.2009 n. 49541, Santagati, Rv.
245656, idem 23.9.2010 n. 3714, Della Giovampaola ed altri, Rv. 248747; Sez. 4^ 21.1.2004
n. 16890, Casali ed altro, Rv. 228040). Del tutto generica, poi, la censura relativa alla pretesa
violazione dei diritti della difesa in relazione al mancato deposito dei brogliacci con riferito
pregiudizio per l’accesso ai riti alternativi.
14. Anche la difesa del ricorrente RACALBUTO lamenta il vizio di inosservanza della legge
processuale penale con riferimento agli artt. 267 e 268 cod. proc. pen. per indebita
utilizzazione delle cd. “schede svizzere” in assenza di rogatoria internazionale espletata con lo
Stato elvetico e per nullità del decreto di autorizzazione alle intercettazioni e relativi
provvedimenti di proroga, in relazione alla circostanza che le operazioni di ascolto sarebbero
state effettuate in impianti esterni alla Procura della Repubblica.
14.1 Osserva il Collegio chela Corte territoriale ha affrontato funditus tali peculiari aspetti,
offrendo sul punto una motivazione condivisibile.
14.2 Come ricordato dalla Corte distrettuale, l’espressione “tabulati telefonici” ha
riferimento a quel complesso di dati esterni alle comunicazioni intercorse con linee telefoniche
mobili o fisse. In effetti, il codice processuale non disciplina esplicitamente tale materia e, in
particolare, le vicende riguardanti gli elementi di una conversazione telefonica diversi dal
contenuto della stessa (utenza dalla quale la chiamata proviene, data, ora e durata e
collocazione territoriale attraverso l’individuazione della celle). Ma va anche detto che
l’acquisizione dei tabulati telefonici ha, come evidenziato dalla giurisprudenza di questa Corte
Suprema, un grado di intrusività assai limitato, il che impedisce di dover far ricorso alla
rigorosa disciplina di cui agli artt. 266 e ss. cod. proc. pen. dovendosi, piuttosto, fare
riferimento allo schema di cui all’art. 256 cod. proc. pen., eterointegrato dall’art. 15, comma
secondo, Cost., secondo il quale la libertà e la segretezza di ogni forma di comunicazione
possono essere limitate solo con atto motivato dell’Autorità giudiziaria. Il che si traduce nella
necessità – ai fini dell’acquisizione di dati esterni relativi al traffico telefonico – di un decreto
motivato del Pubblico Ministero che dia ragione del privilegio accordato all’interesse pubblico di
perseguire i reati, presidiato dall’art. 112 Cost., sul diritto alla privacy (in termini S.U.
21.6.2000 n. 16 Tammaro, Rv. 216247)

33

l’inutilizzabilità potrebbe derivare dalla mancanza dei verbali ma non dei brogliacci la cui

14.3 Sulla base di tali premesse la Corte territoriale è correttamente pervenuta alla
conclusione che il ricorso alla rogatoria internazionale è necessario solo allorché l’attività
investigativa sia diretta a percepire il contenuto di comunicazioni o conversazioni che transitino
unicamente su territorio straniero. Infatti, è emerso in modo incontrovertibile, come segnalato
dalla Corte territoriale, che i tabulati acquisiti riproducevano il traffico telefonico avvenuto
unicamente in territorio italiano mentre la materiale acquisizione delle schede straniere è
avvenuta successivamente, e più precisamente, quando già il DE CILLIS aveva riferito ai

in Chiasso, delle suddette schede ad un dipendente della JUVENTUS F.C. s.p.a. che si era
presentato in nome e per conto di MOGGI Luciano, indicando altresì sia il numero delle singole
schede più volte consegnate (anche allo stesso MOGGI in persona) e sia la fittizia intestazione
delle prime schede svizzere al proprio genitore ed al fratello.
14.4 Nel caso in esame dunque è da escludere il ricorso alla rogatoria internazionale
attesa l’assenza dei presupposti di operatività del trattato italo-svizzero di cooperazione ed
assistenza giudiziaria del 10 settembre 1998 ratificato con L. 5.10.2001 n. 367.
15. Quanto alla dedotta censura di nullità del decreto di autorizzazione alle intercettazioni
e relativi provvedimenti di proroga, in relazione alla circostanza che le operazioni di ascolto
sarebbero state effettuate in impianti esterni alla Procura della Repubblica (censura sollevata
anche dalla difesa del ricorrente MOGGI), a parte la sua genericità, rileva il Collegio che in
tema di captazione dei flussi comunicativi la condizione necessaria per l’utilizzabilità delle
intercettazioni è che l’attività di registrazione sia avvenuta nei locali della Procura della
Repubblica mediante l’utilizzo di impianti ivi esistenti, mentre l’ascolto può avvenire “in
remoto” presso gli uffici della polizia giudiziaria, senza che, in questo caso, sia necessaria
l’autorizzazione prevista dall’art. 268, terzo comma, cod. proc. pen., in quanto le
intercettazioni non possono essere considerate come eseguite per mezzo di impianti esterni
all’ufficio requirente (v. Sez. 2^ 21.1.2015 n. 6846, Biondo, Rv. 263430; Sez. 2^ 13.3.2014,
Pagano e altri, Rv. 260008).
15.1 Sotto altro profilo va, poi, ribadito che è pienamente legittimo il ricorso agli impianti
di intercettazione diversi da quelli installati negli Uffici della Procura della Repubblica quando il
decreto del P.M. rechi l’indicazione e le relative ragioni anche in modo succinto della inidoneità
degli impianti ivi allocati e della eccezionale urgenza di provvedere prima dell’inizio delle
operazioni captative (in termini tra le tante, Sez. 6^ 16.10.2013 n. 45896, Foddi, Rv.
258158).
15.2 Orbene, anche sotto questo aspetto, la motivazione della Corte distrettuale si sottrae
ad ogni censura di legittimità, essendo stata evidenziata in quella sede l’esistenza di una
congrua motivazione sia in ordine alla insufficienza o inidoneità degli impianti, sia in ordine alle

34

Carabinieri di Cernobbio (Como) l’avvenuta vendita presso il proprio esercizio commerciale sito

eccezionali ragioni di urgenza che imponevano il ricorso alle modalità suddette: circostanza
che, verificata dal Collegio, conferma l’esattezza della decisione sul punto.
15.3 Né varrebbe ad integrare la inutilizzabilità delle intercettazioni il fatto che la
trascrizione e la riproduzione su supporti informatici siano avvenute in località diversa dagli
uffici indicati, in quanto l’art. 268 comma 3 cod. proc. pen. esige che le operazioni di
intercettazione vengano compiute con gli “impianti” installati presso la Procura della
Repubblica ma non che tutti i successivi adempimenti vengano compiuti in tale luogo, (v. Sez.

C)IL DELITTO ASSOCIATIVO

16. Connotati assolutamente generali e comuni alla maggior parte dei ricorrenti assumono
due ulteriori questioni connesse, rispettivamente, alla configurabilità del delitto associativo
finalizzato alla commissione delle frodi sportive e alla natura giuridica del delitto di cui all’art. 1
comma 10 della L. 401/89 e relativo inquadramento della fattispecie: si tratta di argomenti
che, per le refluenze che assumono sulla sussistenza di entrambi i reati e per i riflessi sulle
posizioni di tutti gli imputati, questo Collegio ritiene di dover trattare in modo specifico.
16.1 Premesso che a tali argomenti la Corte territoriale ha dedicato ampio spazio e che le
motivazioni rese al riguardo sono certamente condivisibili, si ritengono necessarie alcune
puntualizzazioni al fine di poter meglio valutare la consistenza dei motivi formulati dalle difese
dei ricorrenti a sostegno della insussistenza di ambedue tali figure criminose delittuose.
16.2 La Corte territoriale, nell’affrontare il tema della configurabilità del reato associativo
finalizzato alla commissione di frodi sportive, ha seguito i noti canoni interpretativi in ordine
alla struttura del delitto di associazione per delinquere di cui all’art. 416 cod. pen. enucleando
gli elementi costitutivi del reato individuati nel vincolo associativo tendenzialmente
permanente, destinato a durare anche oltre la realizzazione dei delitti programmati;
nell’indeterminatezza del programma delittuoso; nell’esistenza di una struttura organizzativa
non necessariamente formale funzionale agli obiettivi da raggiungere ed idonea a realizzarli. In
particolare, con riferimento alla composizione interna del sodalizio la Corte ha individuato i vari
responsabili sulla base di alcuni elementi oggettivi (le schede straniere; il meccanismo di
distribuzione e le finalità della loro utilizzazione; i soggetti destinatari e utilizzatori di tali
schede; le intercettazioni), evidenziando poi i compiti dei vari sodali sulla base di quanto
risultato dalle intercettazioni ma anche dalle dichiarazioni testimoniali rese nel corso del
dibattimento: è stato, così possibile, per la Corte di merito (così come era accaduto nel giudizio
di primo grado) attribuire ad alcuni dei membri ruoli di vertice o come promotori (MOGGI) o
come organizzatori (PAIRETTO, MAZZINI, BERGAMO – separatamente giudicato) e ad altri il
35

2^ 28.3.2013 n. 27278, Maggio ed altri).

ruolo di meri partecipi (BERTINI, DATTILO, DE SANTIS, RACALBUTO). Ma soprattutto
l’articolata attività istruttoria e l’ampio materiale probatorio acquisito agli atti ha consentito alla
Corte territoriale di escludere che potesse parlarsi di concorso di persone nel reato come pure
alcune difese dei ricorrenti hanno prospettato.
16.3 Gli elementi probatori individuanti la sussistenza in concreto dell’associazione sono
stati individuati, anzitutto nelle schede straniere che hanno rappresentato il punto di partenza
dell’associazione in questione; ancora nella mole davvero ragguardevole di conversazioni

riunioni tra i vari componenti in posizione apicale dell’associazione (i nominati MAZZINI,
MOGGI e PAIRETTO, nonché BERGAMO e GIRAUDO, giudicati separatamente) anche finalizzate
ad operazioni particolari quali il salvataggio della FIORENTINA; inoltre nelle condotte di
formazione delle griglie costituenti la realizzazione del delitto-scopo programmato
dall’associazione. La Corte di merito chiamata a pronunciarsi sulla liceità di quelle riunioni e dei
rapporti intessuti tra i vari soggetti inseriti nell’associazione, l’ha, a ragione, esclusa (v.
postea), ripudiando a ragione quell’immagine quasi “folcloristica” del settore calcistico che i
protagonisti del presente processo pretendevano di veicolare in nome di un malinteso e
fuorviante concetto di peculiarità dell’ambiente teatro delle conversazioni captate e del relativo
contesto spazio-temporale.
16.4 Altrettanto correttamente, la Corte distrettuale ha evidenziato il particolare contesto
storico ed ambientale che vedeva gruppi contrapposti nella corsa al rinnovo delle cariche
federali più rappresentative (la nomina del Presidente della F.I.G.C.) funzionale alla conferma
di determinati soggetti in seno ai principali organismi federali del settore calcistico (ivi
compresi il settore arbitrale nelle sue varie articolazioni e le Leghe): ovvio quindi
l’inquadramento dei fatti oggetto di imputazione in termini tali da evidenziare una molteplicità
di interessi sottesi a tali eventi, individuabili attraverso i contatti intercorsi anche fra gli odierni
imputati e indicativi di una serie di alleanze e di accordi finalizzati all’appoggio di un candidato
rispetto all’altro.
16.5 L’intera vicenda sottoposta alla valutazione della Corte di Appello è stata così inserita
e letta in un contesto sportivo-affaristico che vedeva, nell’ambito delle vicende calcistiche del
campionato di serie A nell’anno 2004/2005, una contrapposizione fra le squadre più
rappresentative ed economicamente più forti (JUVENTUS, MILAN, INTER) sotto la cui egida
operavano i vari dirigenti in simbiosi, talvolta, con i vertici federali.
16.6 Lungi, quindi, dal rappresentare un ambiente impermeabile ad intrusioni esterne il
sistema calcio di quegli anni e le esigenze di recupero di una supremazia di alcune squadre
rispetto ad altre in fase di espansione finanziaria (come il MILAN) è stato, secondo la Corte di
Appello, una sorta di trampolino di lancio per le mire espansionistiche del MOGGI, che, nella
sua veste di direttore generale della JUVENTUS, (unitamente all’amico GIRAUDO Antonio A.D.
36

intercettate fa più associati, effettuate dalla P.G. dal settembre 2004 al maggio 2005; nelle

della stessa società, giudicato separatamente in sede di giudizio abbreviato) cercava di
intessere una rete di rapporti e legami particolari con una pluralità di soggetti che, sia per il
loro ruolo istituzionale (vedi BERGAMO, PAIRETTO e MAZZINI) sia per la loro diretta utilità
(vedi arbitri o assistenti di gioco quali DE SANTIS, RACALBUTO), apparivano più che funzionali
all’operatività dell’associazione in parola.
16.7 Un sistema ben collaudato e già funzionante sotto traccia da anni (si è parlato degli
anni 1999-2000) come ricordato dalla Corte di merito, avente come protagonisti soggetti che

ma anche dal Tribunale) secondo il giudice di Appello aveva quale nucleo centrale la
commissione di condotte finalizzate a falsare la reale portata e potenzialità di alcune squadre
di calcio.
16.8 Quanto agli elementi probatori raccolti a conforto della tesi dell’associazione
delinquenziale la Corte distrettuale – come già accennato – oltre a mettere in risalto le
conversazioni intercettate, ha rimarcato l’uso delle cd. “schede straniere utilizzate da molteplici
soggetti (i due designatori, arbitri, dirigenti di altre squadre di calcio) su ideazione dello stesso
MOGGI Luciano (che pur confermando l’esistenza delle schede segrete ha fornito una
giustificazione, a ragione ritenuta implausibile dalla Corte, fondata sulla necessità di non subire
intercettazioni “abusive” da parte di soggetti che controllavano di fatto la società di calcio
dell’Inter), ponendo poi in connessione l’uso di quelle schede con le varie partite del
campionato di calcio e attribuendo, al riguardo, portata decisiva al sistema di formazione delle
griglie arbitrali.
16.9 Anche i contatti rilevati sulla scorta dei tabulati; il rilevante numero di essi e le stesse
modalità temporali dei contatti sono stati ritenuti dalla Corte di merito elementi probatori di
fondamentale importanza per ribadire l’esistenza di una associazione criminosa.
16.10 Così come sono risultate decisive le indagini di P.G. per la individuazione dei
partecipanti al sodalizio sulla base della disponibilità delle schede da parte di determinati
soggetti; al pari delle testimonianze escusse in dibattimento (testi DE CILLIS e BERTOLINI,
emissario della JUVENTUS per conto del MOGGI, testi di P.G. col. AURICCHIO e DI LARONIO)
che hanno consentito alla Corte di merito di individuare sia il momento in cui il MOGGI si
sarebbe attivato nell’inviare più volte il dipendente della Juventus BERTOLINI presso il negozio
di telefonia di Chiasso del DE CILLIS, e sia il momento dell’acquisto delle schede da parte del
MOGGI.
16.11 In questo senso sono state passate al setaccio tra le innumerevoli conversazioni
intercettate (la Corte di merito ha parlato di circa 172.000 intercettazioni nell’arco di otto mesi
circa), sottolineandosi quelle alle quali – come poi la Corte di merito ha fatto nell’esaminare la
posizione dei vari imputati – andava annessa una importanza decisiva ai fini della
dimostrazione dell’esistenza dell’associazione delinquenziale.
37

/9-

dietro il paravento della “convivialità” (termine affatto condiviso dal giudice di secondo grado,

16.12 Ne è così derivato un quadro complessivo che, al di là della configurabilità in
concreto del delitto associativo, ha permesso alla Corte di meglio delineare, rispetto a quanto
avvenuto nel giudizio di primo grado, i ruoli dei singoli, finendo con il fare emergere un vero e
proprio mondo sommerso la cui carica intrinseca di offensività degli interessi “ultraindividuali”
(come li ha definiti dalla Corte territoriale) è stata particolarmente intensa e tale da
sconvolgere l’assetto del sistema calcio, fino a screditarlo in modo inimmaginabile e minarlo
nelle sue fondamenta, con ovvie pesantissime ricadute economiche. Ne costituisce prova il

gioco di tipo economico e l’altrettanto rilevante messe di ricorsi presentati dalle parti civili.
16.13 E’ vero – come segnalato dalla Corte di merito – che non è risultata
sufficientemente dimostrata la tesi dei “sorteggi pilotati” o l’utilizzazione di metodologie
particolari atte a suffragarla; ma ciò non ha impedito alla Corte di soffermare la propria
attenzione su un momento fondamentale prodromico ai sorteggi quale quello della formazione
delle griglie arbitrali considerato come il nucleo essenziale del delitto-scopo di frode in
competizione sportiva (v. postea). Le griglie arbitrali, secondo l’impostazione della Corte
territoriale costituivano il terreno su cui maggiormente poteva esprimersi la discrezionalità di
scelta da parte dei due designatori PAIRETTO e BERGAMO, oltre che in ordine alla valutazione
ed alla conseguente progressione “in carriera” proprio dei singoli arbitri: circostanza che la
Corte ribadisce essere stata confermata da più testi (ROSETTI, GALATI, MARTINO, CUTTIGA,
TRENTALANGE, PAPI, CALCAGNO, i quali hanno anche fatto cenno all’incidenza sulla carriera
degli arbitri di volta in volta inseriti in tali griglie).
16.14 Come afferma il giudice di merito, infatti, la sorte arbitrale e le aspirazioni di
carriera dei vari direttori di gara erano condizionate da alcuni elementi governabili (e governati
di fatto) dai designatori di intesa, però, con soggetti estranei del tutto al mondo arbitrale
(MOGGI e GIRAUDO) come l’assegnazione di partite di maggiore o minore prestigio; la
sospensione del singolo arbitro per uno o più turni; la redazione di giudizi a fine campionato.
16.15 La Corte di Napoli ha descritto il sistema di formazione delle griglie per gli arbitri e il
sistema per la designazione degli assistenti di gara che venivano designati direttamente dai
vertici della C.A.N. sottolineando che anche tali designazioni, in quanto funzionali alle scelte
mirate delle griglie, subivano tuttavia una incidenza da parte dei due designatori BERGAMO e
PAI RETTO.
17. Ciò precisato, come è agevole notare dal contenuto dei vari ricorsi, la parte della
sentenza con la quale si conferma la sussistenza del delitto di associazione per delinquere e la
partecipazione di alcuni degli imputato ricorrenti (MOGGI, PAIRETTO, MAZZINI, BERTINI,
DATTILO, DE SANTIS, RACALBUTO) viene criticata sotto diverse angolature.
17.1 Ritiene il Collegio che, al di là delle corrette risposte fornite su tali specifici punti dalla
Corte distrettuale, gli argomenti addotti dai difensori non possano essere condivisi.
38

rilevante numero delle parti civili (pubbliche e non) a dimostrazione degli enormi interessi in

17.2 Va anzitutto condivisa la descrizione della Corte territoriale in ordine agli elementi
costitutivi del delitto di associazione per delinquere richiamandosi a tale fine gli arresti
giurisprudenziali più significativi relativi agli elementi che connotano la fattispecie (in termini,
tra le tante, Sez. 1^ 14.7.1998 n. 10107, Rossi ed altri, Rv. 211403; Sez. 2^ 3.4.2013 n.
20451, Ciaramitaro ed altri, Rv. 256054 in cui si fa presente la consapevolezza da parte dei
sodali di operare nel tempo per l’attuazione del programma criminoso).
17.3 Quanto all’elemento soggettivo, il delitto

de quo è

connotato dal dolo

finalità di commettere dei delitti (non rilevano dunque scopi meramente antisociali o immorali),
i quali, per ragioni logiche, non potranno che essere dolosi.
17.4 Con riferimento all’elemento temporale della durata del vincolo (questione sollevata
da alcune difese in relazione alla estrema limitatezza nel tempo della supposta associazione
criminosa in quanto – per come si deduce dal capo di imputazione – destinata ad operare solo
con riferimento alla stagione sportiva 2004-2005), va subito precisato che si tratta di un dato
non decisivo ai fini della esclusione o meno della configurabilità della fattispecie.
17.5 Infatti, come più volte affermato da questa Corte Suprema, ai fini della
configurabilità della fattispecie in esame, “non è sempre necessario che il vincolo si instauri
nella prospettiva di una permanenza a tempo indeterminato, e per fini di esclusivo vantaggio
dell’organizzazione stessa, ben potendo, al contrario, assumere rilievo forme di partecipazione
destinate, «ab origine>>, ad una durata limitata nel tempo e caratterizzate da una finalità
che, oltre a comprendere l’obiettivo vantaggio del sodalizio criminoso, in relazione agli scopi
propri di quest’ultimo, comprenda anche il perseguimento, da parte del singolo, di vantaggi
ulteriori, suoi personali, di qualsiasi natura, rispetto ai quali il vincolo associativo può assumere
anche, nell’ottica del soggetto, una funzione meramente strumentale, senza per questo
perdere nulla della rilevanza penale”.

(Sez. 2^ 24.3.2011 n. 16606, Agomeri Antonelli, Rv.

250316; v. anche Sez. 1^ 18.3.2011 n. 31845, D. ed altri, Rv. 250771, in cui si afferma che
anche un vincolo di breve durata può ben integrare la fattispecie in parola; conforme Sez. 6^
22.1.1997 n. 5649, Dominante e altri, Rv. 208903)
17.6 Così come è irrilevante nello schema della figura delittuosa in questione la
circostanza che i delitti programmati non vengano, in tutto o in parte, realizzati o che siano
commessi da alcuni soltanto degli associati (vds. Sez. 4^ 28.1.2014 n. 8092, Prezioso e altri,
Rv. 259129; Sez. 1^ 3.4.1997 n. 5036, Pesce ed altri, Rv. 207792).
17.7 Si è anche precisato che la figura delittuosa in esame rientra nella categoria dei
delitti contro l’ordine pubblico che viene in concreto leso dall’esistenza dell’associazione e
dall’allarme sociale che questa suscita. L’argomento è stato poi specificamente affrontato dalle
difese di alcuni ricorrenti prospettandosi la tesi che non potendo il reato-scopo di frode sportiva
considerarsi reato contro l’ordine pubblico, ciò riverberebbe in termini negativi sulla
39

specifico caratterizzato, oltre che dalla volontarietà della condotta associativa, dall’ulteriore

configurabilità del reato associativo per una sostanziale incompatibilità tra il reato mezzo ed il
reato fine (v. postea).
17.8 E’ da escludere che tra il reato associativo ed i singoli reati-scopo sia ravvisabile un
vincolo rilevante ai fini della continuazione e, meno ancora, della connessione teleologica,
posto che, normalmente, al momento della costituzione della associazione, i reati-fine sono
previsti solo in via generica.
18. Così esposti i tratti generali della figura delittuosa di cui all’art. 416 cod. pen., occorre

buon governo dei principi di diritto sopra ricordati.
18.1 A tale fine occorre ricordare che nel capo d’imputazione (capo che è comune rispetto
agli altri soggetti imputati nell’ambito del processo celebratosi con le forme ordinarie) sono
certamente presenti – come correttamente rilevato dalla Corte di merito – gli elementi
sintomatici della stabilità del gruppo di persone e del numero non inferiore a tre, delle persone
inserite nella compagine associativa; delle finalità (illecite) perseguite e dell’esistenza di una
ben strutturata ed articolata organizzazione idonea al perseguimento degli obbiettivi prefissati,
senza che possa inferirsi la genericità della contestazione come parrebbe profilarsi tra le righe
dei due ricorsi.
18.2 Con riferimento al numero delle persone, i plurimi dati processuali esaminati dalla
Corte distrettuale hanno confermato la compresenza di soggetti con funzioni e qualifiche
diverse, portatori di interessi individuali diversi, per la cui realizzazione, tuttavia, è
imprescindibile la commissione di un certo tipo di reato (il reato di frode sportiva, come si
vedrà meglio in prosieguo).
18.3 Quanto agli scopi perseguiti, questi sono stati esteriorizzati attraverso la
realizzazione indeterminata di più delitti di frode sportiva (nelle sue varie sfaccettature, come
si desume dai capi di imputazione successivi a quello sub A) rientranti in apposito programma
delittuoso: tale reato-scopo, come correttamente osservato dal Procuratore Generale nella
propria requisitoria, si atteggia anche come strumento per il perseguimento di obbiettivi
ulteriori, non necessariamente destinati ad incidere sui risultati di singole competizioni partite,
ma, più in generale, indirizzati alla predeterminazione degli esiti del campionato di serie A
2004-2005.
18.4 In linea generale – estendendo il significato della frode sportiva a qualsivoglia
manovra ideata in vista dell’alterazione dei risultati del campionato di calcio – questa non può
essere circoscritta al classico caso dell’alterazione di una determinata gara sportiva, anche
perché occorre tenere presente la struttura della norma penale che ha introdotto questa nuova
figura di reato nel panorama normativo statale.

40

verificare se – con riferimento alla posizione dei vari ricorrenti – la Corte di merito abbia fatto

18.5 In questo senso può allora affermarsi che le frodi sportive si pongono a servizio di
peculiari esigenze perseguite da alcuni dei consociati che manifestavano uno specifico interesse
a far parte dell’associazione: in quest’ottica vanno, per esempio, valutate quelle manovre
dirette ed esercitare un potere di controllo sui vertici federali (come nel caso delle
manipolazioni di risultati in danno dei fratelli DELLA VALLE, dirigenti della società di calcio
FIORENTINA costretti poi a ricorrere ad interventi di altri dirigenti – quali, per quanto qui rileva
– il MAZZINI ed il MOGGI – al fine di evitare la retrocessione nel campionato inferiore ed in

momento in posizioni contrapposte).
18.6 Ma di frodi sportive si può ben parlare anche in riferimento ad altri interessi come per quanto ad esempio riguarda il MOGGI – la tutela di una determinata squadra cui assicurare
a qualunque costo una posizione di vertice nel campionato, attraverso la neutralizzazione in via
preventiva del rischio di sconfitte; ma anche la gestione di determinate strategie in vista della
attribuzione di posizioni di vertice all’interno del sistema federale che fungessero da idonee
garanzie per il condizionamento del campionato e per il successo di una determinata squadra
(nel caso in esame, la JUVENTUS).
18.7 Alcuni tra i punti controversi riguardano il momento genetico dell’associazione con i
connessi problemi legati alla individuazione dei suoi componenti, ai singoli ruoli ed alle
strutture organizzative che ne costituiscono parte integrante; la configurabilità del delitto di cui
si discute in riferimento al(l’unico) delitto-scopo di frode sportiva nella sua accezione come
risulta delineata nel comma 2° dell’art. 1 della L. 401/89.
18.9 Come è dato leggere nella sentenza impugnata, l’associazione in parola sorge per
iniziativa del suo ideatore e promotore MOGGI Luciano e la prima manifestazione di operatività
dell’associazione è costituita dall’acquisizione, sempre ad opera del MOGGI, di schede
telefoniche estere comprate in Svizzera e in grado di neutralizzare tentativi di intrusione da
parte di estranei. Con tale sistema il MOGGI distribuirà le schede suddette (inizialmente
all’arbitro PAPARESTA Gianluca e al di lui padre ed ex arbitro PAPARESTA Romeo) a quei
soggetti con i quali avrebbe dovuto, di volta in volta, interfacciarsi per il perseguimento di
determinate esigenze (tutte rientranti in quel programma criminoso cd. “globale”), ponendosi
al riparo di occhi ed orecchie indiscrete: tale inusuale, e per certi versi ingegnoso, sistema
relazionale costituisce la base fondante del funzionamento dell’associazione come esattamente
ritenuto dalla Corte di Appello.
19. Ma non è questo soltanto il dato probatorio esaminato e valutato da parte della Corte
distrettuale per confermare l’esistenza dell’associazione e l’intraneità di alcuni sodali nel
sistema illecito facente capo a tale struttura. Portata decisiva – come si è dianzi accennato – è
stata attribuita alle numerose conversazioni telefoniche che vedono i vari protagonisti in
febbrili contatti tra loro, la cui liceità è stata vanamente prospettata dalle difese nel nome di un
41

generale ripristinare un equilibrio tra gruppi di società e lobbyes dirigenziali fino a quel

linguaggio gergale che avrebbe dovuto indurre ad attribuire a quelle riunioni un significato
“amicale”, privo di rilievo penale; agli incontri, nient’affatto “conviviali” secondo il giudizio della
Corte territoriale, svoltisi, di volta in volta, presso le abitazioni private di ciascuno di quei
partecipanti; a determinate riunioni definite, a ragione, dalla Corte, di carattere programmatico
e destinate ad una cerchia davvero ristretta di persone (GIRAUDO, MOGGI, PAIRETTO e
BERGAMO), spesso tenute a ridosso di determinati incontri calcistici (circostanza che è stata
tenuta presente dal giudice di merito per affermare la illiceità penalmente rilevante di tali

“griglie arbitrali”; alla partecipazione del MAZZINI ad alcuni incontri finalizzati al salvataggio
della società di calcio FIORENTINA, anche questi dimostrativi della sussistenza del delitto di
frode sportiva in relazione alla necessità di un intervento risolutore dell’entourage di MOGGI
Luciano.
19.1 Sotto altro profilo si osserva che da parte del giudice distrettuale è stata confermata
la sussistenza del reato-fine di frode sportiva latu senso intesa (cioè non strettamente legata
alla manipolazione di una determinata gara del campionato, ma, comunque, volta ad alterare
attraverso determinati interventi dall’alto, risultati calcistici diretti ad assicurare la permanenza
di determinate compagini sportive nel massimo campionato come i casi della LAZIO e della
FIORENTINA). Né può costituire prova della inconfigurabilità della associazione la circostanza
che alcuni dei delitti-fine siano stati poi ritenuti insussistenti, essendo comunque emersa la
prova della sussistenza di altri reati di identica natura compiutamente contestati.
20. Riservandosi di analizzare nel prosieguo la struttura di tale reato, il Collegio non può
che ribadire la portata, penalmente illecita, delle operazione di predisposizione delle griglie
arbitrali che le difese dei ricorrenti hanno, invece, ritenuto di valenza neutra ai fini della
integrazione della fattispecie, se non addirittura inidonea ad influire sul risultato sportivo, posto
che altre condotte ben più sintomatiche quali, in ipotesi, l’alterazione dei sorteggi arbitrali
ovvero l’anomalia nelle conduzioni arbitrali di determinate partite, sono rimaste del tutto
indimostrate. Ed infatti le osservazioni critiche delle difese fanno leva sulla irrilevanza
dell’operazione di formazione delle griglie nell’economia generale del delitto di frode sportiva
per poi inferirne l’insussistenza e, di riflesso, l’inconfigurabilità del delitto associativo.
20.1 A ben vedere (come meglio si osserverà in prosieguo), si tratta di una visione
riduttiva del concetto di illiceità penale di una determinata fattispecie, in quanto la condotta
riferibile alla predisposizione delle griglie arbitrali non può considerarsi preliminare rispetto allo
svolgimento della gara – e come tale, inidonea ad alterarne il risultato – innestandosi invece in
un complesso meccanismo operativo che vede quella manovra come non soltanto propedeutica
alla assegnazione delle gare a determinati arbitri e, dunque, ad un possibile loro
condizionamento da parte dei vertici dirigenziali di determinate società (per quanto qui di
interesse la Juventus attraverso i menzionati MOGGI e GIRAUDO) in combutta con i vertici

42

incontri “riservati”; alla partecipazione del MOGGI alla cerimonia della predisposizione delle cd.

arbitrali (PAIRETTO e BERGAMO), ma come dimostrativa della vicinanza dell’arbitro di volta in
volta designato, ai soggetti attivi nell’ipotizzato gruppo associativo.
20.2 Al riguardo va subito precisato che la Corte d’appello ha qualificato il reato in esame
interpretandolo in termini di delitto di

“attentato al bene tutelato della lealtà e correttezza

sportiva” (concetto sul quale si tornerà di qui a breve).
20.3 Quel che è importante rimarcare è, però, la formulazione del capo di imputazione il
quale – in riferimento al delitto associativo (ma anche al delitto di frode sportiva) – evoca un

griglie, benché quest’ultima rappresenti nel contempo elemento sintomatico della frode
sportiva e della stessa associazione a delinquere.
20.4 A ragione la Corte di Appello ha escluso che la partecipazione di dirigenti delle società
calcistiche (per quanto qui di specifico interesse il MOGGI, oltre che il GIRAUDO separatamente
giudicato) al procedimento di formazione delle griglie arbitrali fosse un comportamento
asintonnatico ed innocuo sotto il profilo penale: la tesi del comportamento, eticamente magari
non corretto, ma privo di valenza penalistica, non può essere condivisa in quanto con quel
comportamento si mira proprio a scardinare il concetto di imparzialità che sta alla base del
risultato sportivo e che, dunque, merita di essere rigorosamente tutelato sotto il profilo penale
in tutte le sue articolazioni e possibili sfaccettature. L’alterazione delle partite di campionato, al
di là di quegli esempi ricorrenti in cui si assiste ad una dazione di denaro in cambio
dell’ottenimento di un determinato risultato (integrante una vera e propria ipotesi di
“corruzione in ambito calcistico”), può benissimo essere perseguita ed ottenuta attraverso una
pluralità coordinata di condotte di altro tenore in vista di una manipolazione delle gare, di cui la
predisposizione delle griglie rappresenta l’inizio del sistema illecito.
20.5 Conseguenza inevitabile di tale affermazione è l’insidiosità, penalmente valutabile,
della partecipazione dei dirigenti calcistici alla predisposizione delle griglie arbitrali in modo da
poter inserire, con il beneplacito dei designatori arbitrali giudici di gara considerati “vicini” al
proprio gruppo d’interesse. E ben si spiega in tale ottica, l’intervento a tutela della imparzialità
arbitrale (messa in pericolo dagli interventi dei dirigenti) da parte di organismi della stampa
specializzata, opportunamente e sapientemente manovrati dietro le quinte dall’onnipresente
duopolio juventino MOGGI e GIRAUDO (quale provetta “spalla” del primo), in modo da far
passare davanti all’opinione pubblica l’immagine di arbitri non solo imparziali ma anche
tecnicamente competenti e dunque degni di plauso: ben si comprende allora, attraverso la
lettura del lungo capo di imputazione sub A), la complessità del meccanismo associativo fatto
di manovre spesso subdole e magari a prima vista innocenti, ma in realtà decriptabili e
decriptate come illecite (e dunque pienamente inserite nella fattispecie penale) dal giudice di
merito che non ha di certo lesinato sforzi per accertare con compiutezza di analisi
quell’articolato meccanismo orchestrato dal MOGGI.
43

sistema volto all’alterazione dei risultati sportivi che va ben al di là della predisposizione delle

20.6 Non pare, poi, condivisibile la conseguenza che le difese intendono trarre, per
escludere la sussistenza del delitto associativo (sotto il profilo della mancanza del reatoscopo), dalla constatata assenza di manipolazioni artificiose nella procedura dei sorteggi
arbitrali, in quanto sono proprio i diretti contatti tra gli emissari della società che avevano
concorso a predisporre le griglie arbitrali e l’arbitro definitivamente sorteggiato, a costituire la
prova dell’inquinamento complessivo del sistema iniziato, per l’appunto, con la predisposizione
delle griglie arbitrali e dunque, della piena operatività di un sistema ben organizzato costituito

illecite dirette a influire sul campionato di calcio di serie A 2004-2005.
20.7 Conclusivamente i rilievi difensivi diretti a smentire la ritenuta sussistenza
dell’associazione delinquenziale e il coinvolgimento diretto e consapevole di alcuni componenti
sono infondati ed in parte – quelle contenenti censure in fatto – persino inammissibili.

D) LA FRODE IN COMPETIZIONI SPORTIVE

21. Anche il tema della frode in competizione sportiva è stato al centro dell’attenzione
della Corte di Appello che, partendo dal dato comune di un reato di pericolo, ha inteso il
concetto come relazione di probabilità tra un fatto ed un evento in uno con il concetto di
probabilità come “un rapporto di frequenza dei possibili” accedendo alla distinzione teorica tra
le due diverse categorie di pericolo: concreto e astratto. Nel primo il pericolo rappresenta un
elemento essenziale della fattispecie, la cui esistenza deve essere accertata dal giudice caso
per caso; nel secondo, il pericolo è implicito e presunto nella stessa condotta.
21.1 La Corte distrettuale ha così aderito alla tesi del reato di pericolo astratto,
giustificando così l’esigenza avvertita dal legislatore di tutelare il bene giuridico della lealtà e
correttezza nella attività sportiva agonistica (non condiviso, ad esempio, dalla difesa del
ricorrente MOGGI) attraverso la legge n. 401 del 1989.
21.2 Da qui l’ulteriore corollario dell’attrazione del reato di frode in competizione sportiva
nella categoria dei delitti di attentato a consumazione anticipata, consistente in atti diretti a
ledere il bene protetto.
21.3 La sentenza impugnata, in coerenza con tale impostazione si è attenuta a questa
interpretazione, soffermando la propria attenzione sulla nozione degli “atti fraudolenti” di cui
alla seconda parte dell’art. 1 della L. 401/89: in particolare sulla “idoneità” degli stessi e, solo
dopo, sulla loro direzione (rectius univocità), privilegiando il momento della tutela anticipata
collegato alla direzione degli atti.
21.4 Secondo la Corte di merito la tutela anticipata trova la sua ragion d’essere nella
particolare pericolosità “diffusiva della condotta” individuata dalla norma sottolineando la
44

da soggetti a vario titolo e con vari ruoli, intenzionati a porre in essere condotte penalmente

differente natura della disposizione penale dalla parallela figura di illecito sportivo contenuta
nel Codice di giustizia sportiva della F.I.G.C.
21.5 La conclusione cui perviene la Corte di merito è quella che nella fattispecie in esame
“la punibilità non può essere ottenuta attraverso un generico richiamo ai requisiti del delitto
tentato” occorrendo piuttosto analizzare le varie attività desunte dall’intero compendio
probatorio, al fine di valutare tra le varie condotte quelle non solo dirette a ledere il bene
tutelato dalla norma, ma anche e soprattutto concretamente influenti sul regolare svolgimento

21.6 Quanto alla nozione di “atto fraudolento” contenuta nella seconda parte del comma
10 dell’art. 1 L. 401/89 la Corte ha sottolineato la distinzione ed autonomia tra le condotte
corruttive di cui alla prima parte dell’articolo e quelle indicate nella seconda parte nella quale
rientrerebbero, a giudizio della Corte medesima anche le condotte “atipiche” concretizzantisi in
comportamenti di varia tipologia non predeterminabile volti a modificare la regolarità.
21.7 L’attenzione della Corte di Napoli è stata anche rivolta alla figura dell’arbitro (che
nella vicenda all’esame del Collegio assume un rilievo non comune) procedendo ad una
valutazione del coinvolgimento degli arbitri e/o assistenti nelle singole condotte di frode
sportiva penale, non circoscritta alla mera conduzione della gara oggetto della singola
imputazione estesa agli elementi probatori concreti sia a monte della gara stessa e sia a quelli
emergenti da ulteriori esiti dibattimentali. Fin qui, dunque, le valutazioni espresse dalla Corte
territoriale.
22. Rileva il Collegio che tali valutazioni sono in larga parte condivisibili, anche se non va
disconosciuto che il tema attinente alla configurabilità in astratto ed in concreto del delitto-fine
di frode sportiva appare decisamente più complesso e meritevole di approfondimento rispetto
alle motivazioni, pur significative, della Corte di Appello: si è infatti affermato da parte dei
difensori che, non potendosi strutturalmente concepire nei termini enunciati dalla Pubblica
Accusa ed anche sulla base dei dati probatori raccolti, il delitto di frode sportiva quale (unico)
delitto-scopo dell’associazione, la sua insussistenza sul piano ontologico determinerebbe
inevitabilmente l’inconfigurabilità del delitto associativo e la violazione di legge – sotto il profilo
della sua inosservanza – nonchè la manifesta illogicità sul piano motivazionale del
ragionamento svolto dalla Corte di Appello per giustificare la sussistenza dell’associazione a
delinquere.
22.1 Si ritiene, quindi, necessario esporre, sia pur a larghe linee, gli aspetti generali
riguardanti la figura delittuosa della frode in competizioni sportive (esame peraltro condotto
con estremo scrupolo dalla Corte territoriale), anche perché al centro delle censure mosse
avverso la decisione impugnata: ed, ancora una volta, si tratta di verificare se da parte della
Corte distrettuale sia stata correttamente interpretata la detta fattispecie e ritenuta coerente
rispetto al cospicuo materiale probatorio esaminato.
45

delle varie gare sportive.

22.2 La motivazione della Corte territoriale, pur con le necessarie puntualizzazioni che
seguiranno, si presenta corretta e soprattutto osservante del testo normativo ed in linea con
l’orientamento della giurisprudenza formatosi in subiecta materia.
22.3 Muovendo dalla distinzione tra le due condotte di alterazione delle gare sportive in
termini di corruzione (art. 1 comma 1 prima parte) e di altri comportamenti fraudolenti volti al
medesimo scopo (art. 1 comma 1 seconda parte), la Corte di merito ha classificato la
fattispecie in esame come delitto di attentato a forma libera insuscettibile di tentativo, facendo

SANTIS) non solo nella fattispecie della frode sportiva loro rispettivamente contestata ma
anche nel più grave reato di associazione per delinquere.
22.4 L’argomento adoperato è in sostanza questo: versandosi – almeno con riferimento
alla seconda parte del comma 2 dell’art. 1 della L. 401/89 – in tema di delitto di attentato, a
forma libera, che non ammette il tentativo e che viene costruito come reato di pericolo, la
condotta si intende realizzata con il compimento di atti che devono risultare idonei ed
univocamente diretti all’alterazione della gara; l’inidoneità di questi atti e la non univocità
osterebbero irrimediabilmente ad attribuire rilevanza penale alle condotte. Da qui la
conseguenza della irrilevanza di una effettiva alterazione del risultato della gara perché si
tratta di un evento estraneo alla fattispecie (nel senso che esso non è necessario per la
integrazione del reato), la quale si considera consumata per il fatto di aver posto in essere la
condotta di alterazione. D’altra parte la struttura di reato a forma libera permette
l’interpretazione sopra indicata: va escluso che possano essere astrattamente predeterminati i
limiti ed i requisiti della condotta tipica, mentre è necessario verificare, volta per volta, se i
comportamenti presi in considerazione possano costituire atti fraudolenti volti a raggiungere un
risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento di un competizione
agonistica.
22.5 Tale interpretazione è coerente con il testo normativo dell’art. 1 comma

10 della

Legge 401/89 (intitolato “frode in competizione sportive”) in forza del quale “chiunque offre o
promette denaro o altra utilità o vantaggio a taluno dei partecipanti ad una competizione
sportiva organizzata dalle federazioni riconosciute dal Comitato olimpico nazionale italiano
(CONI), dall’Unione italiana per l’incremento delle razze equine (UNIRE) o da altri enti sportivi
riconosciuti dallo Stato e dalle associazioni ad essi aderenti, al fine di raggiungere un risultato
diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione, ovvero
compie altri atti fraudolenti volti al medesimo scopo, è punito con la reclusione da un mese ad
un anno e con la multa da lire cinquecentomila a lire due milioni. Nei casi di lieve entità si
applica la sola pena della multa. Nei casi di lieve entità si applica la sola pena della multa”. E’
stato così osservato che in relazione alla qualificazione della figura delittuosa in esame come
reato “a forma libera” la cui condotta, quindi, non è tipizzata in termini tassativi, una parte
della giurisprudenza di questa Corte Suprema ha ritenuto di ricomprendere in tale fattispecie
46

rientrare le condotte di alcuni degli associati (MOGGI, MAZZINI, PAIRETTO, RACALBUTO, DE

criminosa anche l’ipotesi di somministrazione di farmaci vietati, prima che venisse emanata la
specifica normativa sul doping di cui alla L. 376/00 (v. Sez. 6^ 25.1.1996 n. 3011, Omini, Rv.
204787; Sez. 2^ 29.3.2007 n. 21324, P.G. in proc. Giraudo, Rv. 237035 in cui, dopo aver
evidenziato la differenza strutturale tra il reato di frode sportiva di cui all’art.

1 della L. 401/89

e quello di doping di cui all’art. 9 della L. 376/2000 e la conseguente insussistenza di una
continuità normativa tra le due figure delittuose, è stato precisato che solo per le condotte
poste in essere prima dell’entrata in vigore della L. 376/00 è prevista la punibilità in termini di

22.6 II significato dell’espressione “atti fraudolenti volti al medesimo scopo” (quello cioè di
conseguire un risultato diverso da quello derivante dal corretto e leale svolgimento della
competizione agonistica come enunciato nella prima parte del comma 1°) ha – secondo le
affermazioni contenute nella sentenza impugnata – un significato omniconnprensivo che
abbraccia tutta una serie di condotte non propedeutiche alla alterazione del risultato di una
gara ma esse stesse indicative dell’alterazione e dunque integrative della fattispecie.
22.7 Una importante distinzione che rafforza il concetto testè espresso è stata operata
dalla Corte territoriale per sottolineare la differenza di comportamento tra i soggetti ricoprenti
posizione di vertice all’interno delle federazione calcistica o di organismi interni ad essa rispetto
ai soggetti officiati della direzione tecnica della gara.
22.8 Solo per i primi può dirsi che la condotta fraudolenta contestata ha per oggetto il
compimento di atti diretti a condizionare la designazione ed il sorteggio per l’individuazione di
arbitri e assistenti deputati al controllo della regolarità competizione sportiva; viceversa gli
arbitri (o i guardalinee designati) incaricati di volta in volta della direzione tecnica, in tanto
potranno rispondere dell’illecito penale sopra indicato in quanto si acquisisca la prova che la
loro conduzione fosse diretta ad alterare l’esito della gara.
22.9 Grazie a tale distinzione è possibile considerare il meccanismo di alterazione delle
regole procedurali della designazione, la formazione delle cd. “griglie” e/o le metodologie del
sorteggio al fine di designare un tal arbitro o assistente disponibile ad alterare l’andamento
della gara, come di per sé integranti la fattispecie delittuosa contemplata dalla seconda parte
del comma 2 dell’art. 1, mentre la contestazione mossa nei riguardi dell’arbitro o del
guardalinee (o assistente) ha quale riferimento la assunzione consapevole di decisioni tecniche
sbagliate in favore o in danno di determinate squadre, sempre secondo i

desiderata del

sodalizio criminoso.
23. Prima di verificare in concreto la correttezza della decisione (che ha riflessi, come si
vedrà in appresso, sulla sorte dell’imputato in relazione alla maturata prescrizione), occorre
svolgere alcune riflessioni generali su tale peculiare figura delittuosa, introdotta – come è noto
– nel nostro ordinamento il 13 dicembre 1989 con la legge n. 401.

47

frode sportiva ai sensi dell’art. 1 della L. 401/89 in quanto legge più favorevole).

23.1 Diversamente da quanto previsto nell’ordinamento sportivo, il quale ha sempre
inteso l’illecito sportivo come alterazione di una gara dal punto di vista del suo risultato o del
suo svolgimento, sanzionandolo disciplinarmente in modo assai rigoroso (art. 6 comma 1 cod.
Giust. Sportiva in rel. all’art. 6 par. 5 stesso codice), l’ordinamento statale, in parte in omaggio
al principio dell’autonomia dell’ordinamento sportivo, in parte anche per una sorta di
sottovalutazione del problema dal punto di vista delle sue conseguenze in ambiti diversi da
quelli strettamente sportivi, per un lungo periodo si è sostanzialmente disinteressato di

23.2 Ciò aveva creato seri problemi interpretativi ed applicativi onde poter inquadrare
eventuali condotte ingannevoli in schemi legali propri del diritto penale: ed infatti, prima
dell’emanazione della legge n° 401/1989, l’unica norma che, in qualche modo, si prestava ad
essere utilizzata era sembrata quella sulla truffa (art. 640 cod. pen.).
23.3 Ma evidenti erano le difficoltà applicative in riferimento a tale specifica figura di
reato, occorrendo la sussistenza di una serie di elementi costitutivi tipici della condotta penale
quali: a) gli artifizi o raggiri posti in essere dagli atleti; b) l’induzione in errore; c) il danno
patrimoniale conseguente al risultato artefatto; d) il nesso di causalità tra la condotta del
singolo atleta – soprattutto per tutte quelle ipotesi in cui si trattava di discipline praticate da
squadre di atleti e non da singoli – ed il risultato complessivo della competizione.
23.4 Da qui le giustificate perplessità sia in dottrina che in giurisprudenza in merito alla
applicabilità dell’art. 640 del codice di rito alle condotte tipiche della frode sportiva (vds. sul
punto Trib. Roma 22.12.1980 in Giur. di merito, 1983, II, pag. 460, in cui è stata sottolineata
la contrarietà all’inquadramento della condotta di illecito sportivo inteso quale comportamento
corruttivo fraudolento nello schema legale della truffa).
23.5 Pur non di meno, al termine di un percorso tortuoso e travagliato, sollecitato sia da
iniziative similari in ambito comunitario ed europeo (per effetto di una diffusa consapevolezza
di un fenomeno sempre più ingravescente) sia da avvenimenti interni clamorosi verificatisi a
distanza di pochi anni l’uno dall’altro (scandali calcistici del 1980 e del 1986 che avevano visto
protagonisti molti giocatori e dirigenti di squadre calcistiche di rango militanti nei massimi
campionati professionistici calcare le aule – ed in qualche caso anche gli istituti penitenziari con la duplice imputazione di truffa in ambito penale e di illecito sportivo in ambito sportivo), il
nostro legislatore si è deciso ad emanare la legge 401/89 che, all’art. 1, comma 1°, delinea la
nuova fattispecie di frode in competizione sportiva.
23.6 Richiamato il testo nella sua formulazione originaria (testo rimasto invariato, a
dispetto delle difficoltà interpretative che hanno nel tempo caratterizzato la norma suddetta,
anche se va segnalato il recente mutamento dell’assetto sanzionatorio con la previsione della
pena da due a sei anni di reclusione e da C 1.000,00 ad C 4.000,00 di multa, aumentabili della
metà nelle ipotesi contemplate dal comma 3° dello stesso art. 1, per effetto di quanto previsto
48

legiferare in materia.

dall’art. 1 della L. 119/2014), evidenti appaiono le finalità della norma che, oltre a riqualificare
l’intero settore delle scommesse e dei giuochi autorizzati, mirava (e mira) a prevenire il
fenomeno delle scommesse clandestine ed a tutelare la correttezza delle competizioni sportive
anche nell’interesse della collettività.
23.7 Due, come già accennato, sono le condotte tipiche delineate dalla norma: una di tipo
specifico rappresentata dall’offerta (o promessa) di denaro o altra utilità o vantaggio; l’altra,
più generica, costituita dal compimento di altri atti fraudolenti, cioè la frode generica.

di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della
competizione” presente in entrambe le condotte vietate, consente di affermare la necessità del
dolo specifico.
23.9 Con riferimento al soggetto attivo del reato, premesso che si tratta di una
disposizione a più fattispecie, l’espressione usata “chiunque” lascia intendere quale fosse (e
sia) l’intento del legislatore: quello di attrarre nell’orbita penale condotte poste in essere non
solo dallo sportivo in quanto tale, ma da qualsiasi soggetto anche estraneo al mondo sportivo.
Non sono tuttavia mancate interpretazioni differenti, anche in considerazione del fatto che il
compimento di “altri atti fraudolenti” come indicato nella seconda parte dell’art.

1 può

considerarsi una sorta di formula di chiusura di tipo integrativo ed omnicomprensivo adoperata
dal legislatore per punire una serie di fattispecie concrete non comprese nella prima parte della
norma che si riferisce alla dazione (o promessa) illecita (in quanto volta al raggiungimento di
uno scopo non consentito dall’ordinamento) di denaro o altre utilità o vantaggi.
23.10 In realtà l’interpretazione cd. “riduttiva” non ha ragion d’essere in quanto la
promessa od offerta di utilità o denaro o altri vantaggi è una delle condotte possibili,
specificata dalla norma, rispetto ad una condotta omnicomprensiva che considera sia la prima
che le altre (ipotetiche e non descritte) come atti fraudolenti. Ciò consente di affermare che
qualsiasi soggetto, e dunque anche il non sportivo, possa essere considerato soggetto attivo
del reato. D’altra parte una interpretazione riduttiva avrebbe fatto correre il serio rischio di una
pericolosissima area di impunità che certamente non rientrava nelle intenzioni del legislatore
preoccupato, in quel momento, di combattere il fenomeno della c.d. “corruzione sportiva” e
della liceità e lealtà delle competizioni agonistiche.
23.11 La fattispecie incriminatrice che assume maggiore rilievo (anche in relazione al
presente processo) per le questioni interpretative che ne sono derivate, è quella contemplata
dalla seconda parte del primo comma dell’art. 1, che prevede, come detto, la frode generica in
competizioni sportive. Tale condotta, infatti, per la genericità che la caratterizza, è apparsa
suscettibile di applicazione anche a condotte eterogenee diverse dalla semplice offerta o
promessa di denaro che – secondo l’espressione usata – riecheggia il reato di corruzione.

49

23.8 Quanto all’elemento psicologico del reato, l’indicazione di una finalità specifica “fine

23.12 II delitto previsto dalla prima parte del comma 1 dell’art. 1 appare strutturato sulla
falsariga del delitto di istigazione alla corruzione previsto dall’art. 322 c.p. che si consuma non
appena la condotta descritta dalla norma venga posta in essere, cioè nel momento in cui la
promessa o l’offerta vengano formulate. In particolare per il reato di cui all’art. 1 comma 10
prima parte della L. 401/89 non assume alcun rilievo, ai fini della individuazione del momento
consumativo l’accettazione della promessa o offerta da parte del destinatario, in quanto
quest’ultima, a differenza di quanto previsto per le fattispecie di corruzione, non modifica il

che nell’ordinamento sportivo di settore in vigore all’epoca dei fatti (art. 6 codice di giustizia
sportiva F.I.G.C.) il comma 1, modellato sulla falsariga della seconda parte della norma penale
in commento (compimento di “altri atti fraudolenti volti al medesimo scopo”), sanziona il
compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una
gara, equiparando sotto l’aspetto sanzionatorio, l’illecito consumato a quello tentato.
23.13 Per completezza può solo osservarsi che la corrispondente figura dell’illecito sportivo
in ambito disciplinare è circoscritta alla sola sfera soggettiva nella misura in cui viene
accordata rilevanza giuridica soltanto alla proiezione soggettiva dell’atto finalizzato ad incidere
sul risultato della gara, mentre non assumono alcun rilievo gli elementi della idoneità ed
univocità degli atti, propri dell’art. 56 cod. pen.
24. Ritornando all’analisi della norma penale, l’equiparazione in ambito sportivo del
tentativo al reato consumato deriva proprio dall’accostamento di tale fattispecie alla categoria
dei delitti cd. “di attentato”, ben nota alla dottrina e giurisprudenza penalistica che, di norma,
non prevede l’ipotesi del tentativo come condotta punibile in via autonoma: la soglia della
punibilità viene, così, anticipata al compimento di un’attività finalizzata ad alterare lo
svolgimento della competizione.
24.1 Con specifico riguardo alla fattispecie delittuosa delineata dall’art. 1 della L. 401/89
la giurisprudenza di questa Corte ha, in effetti, ribadito – confermando la pronuncia del giudice
di merito – la ricomprensione della frode sportiva nella categoria dei delitti di attentato a
consumazione anticipata ovvero di pura condotta, in cui il bene tutelato è costituito dalla lealtà
i
i
i

e dalla correttezza nello svolgimento delle competizioni agonistiche (vds. il richiamo alla

i

401/89).

relazione parlamentare al d.d.l. n. 1888 presentato il 14.11.1987, poi sfociato nella legge n.

24.2 La fattispecie criminosa, pertanto, si considera integrata nel momento in cui si
verifica la promessa o offerta di un vantaggio indebito, ovvero la commissione di ogni altra
condotta fraudolenta: il che ha indotto la giurisprudenza di questa Corte Suprema a qualificare
la fattispecie de qua come reato di pericolo per il quale non è ipotizzabile la fase del tentativo,
essendo anticipata la soglia di punibilità al mero compimento di un’attività finalizzata ad
alterare lo svolgimento della competizione.
50

titolo del reato, ma costituisce a sua volta un’autonoma condotta criminosa: e non è un caso

24.3 Da qui l’irrilevanza dell’accertamento del momento in cui le parti, nell’incrociarsi di
offerta e accettazione, anche della sola promessa (condotta alternativamente prevista dalla L.
n. 401 del 1989, art. 1, comma 2) abbiano raggiunto l’accordo fraudolento così come non
assume alcuna incidenza il momento della dazione del danaro o altra utilità…” (vds. sul punto
Sez. 3^, 12562/10 cit.).
24.4 Tuttavia l’orientamento della giurisprudenza di legittimità in tema di delitti di
attentato si è nel tempo indirizzato verso un temperamento nel senso di tenere conto, quanto

soggettivo.
24.5 Ricordato che il delitto di attentato viene solitamente qualificato sotto il nome di
delitto a consumazione anticipata, va detto che secondo l’interpretazione prevalente, tale
fattispecie si considera perfetta già in presenza del fatto diretto a realizzare l’obbiettivo preso
di mira, senza che ne sia necessario l’effettivo conseguimento (vds. Sez. 5^ 12.10.1993 n.
11290, Andolina ed altri, Rv. 194462)
24.6 Uno dei punti critici sui quali si è da sempre appuntata con rinnovato interesse
l’attenzione degli interpreti riguarda proprio il tema della punibilità anticipata che ingloba gli
atti preparatori, solitamente non passibili di sanzione se inseriti nell’ambito del tentativo come
disciplinato dall’art. 56 cod. pen. L’illiberalità di tale costruzione ha indotto ad una rivisitazione
della categoria del delitto di attentato nel senso di esigere ai fini della punibilità il requisito non
scritto della idoneità.
24.7 Può oggi dirsi prevalente l’orientamento (dottrinale e giurisprudenziale) che tende ad
interpretare anche in chiave oggettiva le varie fattispecie di attentato, con la conseguenza che
la tradizionale impostazione collegata alla prevalenza della sfera soggettiva deve oggi essere
rivista alla luce delle nuove tendenze giurisprudenziali.
24.8 Concludendo – con riguardo al delitto di attentato – l’individuazione del contenuto
dell’espressione “fatto diretto a” va riferita anche alla condotta materiale e non soltanto
all’atteggiamento psicologico dell’autore del reato (per una esegesi approfondita dei rapporti
tra delitto di attentato e tentativo v, da ultimo Sez. 6^ 15.5.2014 n. 28009, Alberto e altri, Rv.
260077 in cui si affronta specificamente il tema della indispensabilità, anche nel reato di
attentato, dei requisiti dell’idoneità ed univocità degli atti, in ossequio al generale principio di
offensività, e comunque quale condizione necessaria per la tassatività delle fattispecie; v.
anche Sez. 1^ 10.5.1993 n. 11344, Agramati ed altri, Rv. 195756).
25. Ritornando al tema centrale che interessa il presente processo, nell’analisi del delitto
di frode sportiva considerato nella sua accezione generica di cui alla seconda parte del comma
1 dell’art. 1 I. 401/1989, sul piano oggettivo acquista rilevanza il “fatto fraudolento idoneo
diretto a”, ferma restando però la variegabilità delle condotte finalizzate all’alterazione della
gara.
51

meno, della idoneità della condotta, ritenendo quindi insufficiente il semplice aspetto

25.1 Occorre tuttavia intendersi sul significato di “atto fraudolento” che, in linea generale,
coincide con una qualsivoglia condotta diretta ad alterare il contesto del gioco che si manifesta,
necessariamente, prima della gara per influire in qualche modo su di essa. E’ fraudolento l’atto
quando tenda a influire sui meccanismi stessi attraverso i quali la gara si organizza e si
disciplina, attentando a essa con l’inserimento di fattori che, anche solo potenzialmente,
possono incidere sul suo risultato.
25.2 Ciò significa ampiezza di comportamenti nel senso che, ad esempio, può rientrare in

ed il designatore arbitrale per la formazione delle cd. “griglie” degli arbitri destinati a dirigere le
singole partite; ed ancora, l’atto attraverso il quale un presidente esprima al designatore le
proprie preferenze in modo da inserire nelle cd. “terne” un arbitro piuttosto che un altro. Così
come va qualificato fraudolento l’avvicinamento del presidente di una società all’arbitro
designato per la partita alla quale prenda parte la squadra “segnalata” ed, ancora, il contatto
riservato tra il presidente di una società e i designatori arbitrali e gli arbitri su temi riguardanti
lo svolgimento del campionato e il suo andamento, o sui suggerimenti per favorire l’una o
l’altra squadra in competizione. La variegabilità delle condotte permette di qualificare, come
del resto ha fatto la Corte di Appello, la figura delittuosa in esame come fattispecie penalmente
rilevante a forma libera.
25.3 Sebbene con riferimento al delitto di attentato la tendenza giurisprudenziale sembra
orientata a richiedere l’idoneità causale e l’univocità degli atti (pur non potendosi profilare il
tentativo) in vista del raggiungimento del risultato perseguito, nel caso del reato di frode in
competizione sportiva tale equazione non è sempre indispensabile (e la dimostrazione più
palese la fornisce, ancora una volta, il codice di giustizia sportiva che equipara sul piano
punitivo il tentativo all’illecito consumato), nel senso che non è richiesto che l’azione
fraudolenta posta in essere debba essere necessariamente posta in correlazione con la lesione
del bene giuridico protetto della lealtà sportiva.
25.4 E’ indubbio che un’eventuale intesa tra il presidente e/o il dirigente sportivo di una
determinata società con i designatori arbitrali per la composizione delle griglie debba essere
considerata una anomalia nel sistema non soltanto – come riduttivamente pretenderebbero le
difese del ricorrente – sotto il profilo etico o deontologico, ma anche sotto un aspetto valutabile
in sede penale (per quello che si dirà a breve); così come è fuor di dubbio che ad essere
coinvolti in questo scorretto procedimento di designazione siano in pari misura il dirigente della
società ed il designatore arbitrale, oltretutto istituzionalmente deputato ad assicurare la
massima trasparenza alle operazioni di designazione degli arbitri sin dal momento iniziale della
complessa procedura. Ciò che rileva è, dunque, la violazione della regola realizzata attraverso
l’intromissione di soggetti non legittimati nella formazione di una fase organizzativa
dell’incontro sportivo, in cui la scelta dell’arbitro passa attraverso una serie di attività che ne
debbono assicurare in termini assoluti l’imparzialità e l’impossibilità d’interferenze esterne
52

tale accezione l’intesa tra il presidente di una società militante in un determinato campionato

interessate.
25.5 Ritornando alla valutazione in ambito penale dei segmenti in cui si articola il
meccanismo della designazione, se può convenirsi sul fatto che esse non necessariamente
siano idonee, se autonomamente considerate, ad influire sul leale svolgimento della gara, si
tratta tuttavia di attività potenzialmente prodromiche al conseguimento di tale obbiettivo che si
innestano una vera e propria sequenza obbligata di natura complessa che ingloba altri atti
conseguenziali. La formazione delle griglie, dunque, costituisce il punto di partenza dal quale

punto la sentenza impugnata ha evidenziato una incertezza probatoria e non la sua inesistenza
assoluta), è innegabile che la formazione delle griglie risulta (e la sentenza ha dato diffusa
prova di ciò), quanto meno, funzionale ad agevolare le possibilità di nomina di una arbitro
amico.
25.6 Per comprendere se l’intesa che, al riguardo, venga a formarsi tra l’estraneo
(ancorchè tesserato) e il soggetto legittimato alla formazione delle griglie arbitrali possa
ritenersi fraudolenta, occorre verificare se essa si formi solo per un comune, condiviso e lecito
obbiettivo di tutelare, seppure con modalità scorrette, l’oggettività del risultato sportivo,
evitando, per esempio, che una non adeguata ponderazione selettiva possa portare alla
nomina di arbitri non all’altezza dei compiti; ovvero se si tratti di operazioni volte a perseguire
finalità opposte (stavolta illecite), nel qual caso la formazione delle griglie diventa un tassello
di una più ampia condotta fraudolenta.
25.7 Da qui la necessità, avvertita dalla Corte territoriale, di considerare in via unitaria
una serie di atti diversi non corretti (anzitutto, la formazione delle griglie) che consente in
definitiva l’individuazione di una complessiva attività fraudolenta diretta a incidere sul risultato
sportivo.
25.8 In tale prospettiva l’idoneità causale degli atti compiuti al conseguimento
dell’obiettivo delittuoso deve necessariamente apprezzarsi con valutazione ex ante in rapporto
alle circostanze di fatto e alle modalità della condotta, non rilevando la distinzione tra atti
preparatori e atti esecutivi, gli uni e gli altri dovendo entrare nell’ambito di tale operazione
valutativa.
25.9 La sommatoria di elementi diversi, che, autonomamente considerati, sarebbero indici
talvolta di violazione delle regole e, talaltra, di intese fraudolente, assurge così a fattore
dimostrativo di un articolato comportamento fraudolento idoneo a mettere in pericolo il bene
giuridico della lealtà e dalla correttezza nello svolgimento delle competizioni agonistiche.
25.10 Orbene, la sentenza impugnata, nel lodevole e comprensibile sforzo di interpretare
unitariamente le varie condotte dei singoli protagonisti della vicenda processuale in esame, ha
analizzato con particolare cura il fenomeno, traendo spunto da condotte concrete che hanno

53

trarre spunto per procedere ai sorteggi: ed anche ove questi non risultassero alterati (ma sul

fornito una palese dimostrazione sia degli incontri tra soggetti di estrazione eterogenea
(dirigenti della società e dirigenti arbitrali), sia soprattutto, delle finalità di tali incontri.
30. Non appare, dunque, condivisibile la tesi dei ricorrenti secondo la quale la formazione
della griglie in sé non costituisce prova dell’illecita combìne in ambito penale rappresentando,
al più, un segmento dell’azione sfornito della idoneità al perseguimento di uno scopo illecito
(l’alterazione della gara) ed anzi, smentito dalla piena regolarità dell’operazione dei sorteggi
(rientrante in una fase successiva alla formazione delle griglie) ed ancor più dalla condotta

per i delitti-scopo.
30.1 Così come non può condividersi la tesi della insussistenza della fattispecie associativa
per asserita assenza (in senso giuridico) del reato-scopo, in relazione al fatto che la formazione
delle griglie sarebbe in sé operazione neutra priva di significato penale anche là dove fosse
risultata scorretta: l’accostamento del reato di frode sportiva alla figura del delitto di attentato,
se da un lato esclude, per le ragioni dianzi enunciate, la possibilità del tentativo (pur con le
debite precisazioni prima accennate), dall’altro lato implica una valutazione penale di tale
condotta in quanto innestantesi in quel complesso meccanismo di designazione arbitrale che
conferisce piena autonomia a tale condotta ove effettuata in termini fraudolenti ed irregolari.
30.2 Né il concetto di atto fraudolento deve per forza di cose evocare comportamenti
ingannevoli o caratterizzati da artifici o raggiri, in quanto l’espressione “atti fraudolenti”
intende riferirsi a condotte al di fuori della regolarità e lealtà (principi che la norma penale
speciale intende porre al centro della tutela) e, in quanto tali, pienamente idonee a turbare proprio perché non previste dal sistema – la regolarità della competizione sportiva improntata
a principi di lealtà meritevoli di una tutela generalizzata nei confronti di tutti i consociati e non
soltanto degli appartenenti alla comunità sportiva.
30.3 Così enunciati gli aspetti generali della norma di riferimento, osserva il Collegio che le
censure sollevate in relazione alla qualificazione giuridica della figura delittuosa della frode
sportiva non appaiono fondate, ancorchè non può parlarsi di manifesta infondatezza ove si
tenga conto anche di alcuni profili diversi rispetto a quelli affrontati nel giudizio di appello con
approfondimento particolare di argomenti indubbiamente complessi.
30.4 In particolare, è da escludere la asserita irrilevanza del comportamento
concretizzatosi nella formazione delle griglie arbitrali perché non compresa nella fattispecie
astratta come delineata nell’art. 1 della L. 401/89; così come è da escludere la genericità del
capo di imputazione relativo, essendo sufficiente la descrizione della condotta nei termini
enunciati nel relativo capo di imputazione.
31.

Così esposte le principali questioni di carattere comune alla posizione di alcuni dei

ricorrenti, vanno adesso affrontate altre questioni di minore rilievo ma pur sempre da
esaminare in via preliminare prospettate dalle difese di alcuni imputati
54

regolare dei singoli arbitri incaricati di dirigere le varie gare, comprovata dalla loro assoluzione

31.1 Al riguardo, le difese dei ricorrenti MOGGI e BERTINI hanno lamentato la nullità del
decreto che dispone il giudizio in quanto nella parte dispositiva non figurava il nome del
ricorrente a fronte di un’epigrafe contenente nominativi di diversi imputati non tutti rinviati a
giudizio; nel richiamare le corrette osservazioni della Corte territoriale non mancando di
rilevare che non risulta prodotto alcun atto attestante una concreta violazione del diritto di
difesa, si osserva ulteriormente dalla lettura del decreto ex art. 429 cod. proc. pen. da
effettuare nella sua integralità si poteva senza alcuno equivoco trarre il convincimento che

separatamente.
32.

Altro profilo di nullità prospettato dalle difese dei predetti ricorrenti afferisce alla

asserita indeterminatezza del decreto ex art. 429 cod. proc. pen. per la genericità dei capi
d’imputazione riguardanti i singoli delitti di frode sportiva in quanto non risulterebbero indicati
gli atti fraudolenti necessari per la integrazione delle singole fattispecie. Anche tale censura
non è fondata in quanto nelle diverse imputazioni di frode sportiva viene individuato di volta in
volta lo specifico comportamento contestato agli imputati di riferimento, vale a dire
l’influenza, sia pure potenziale (nei termini che sono stati specificati a proposito della
descrizione della fattispecie astratta del delitto di frode sportiva) sul risultato degli incontri di
calcio di volta in volta indicati attraverso la scelta di arbitri volta al fine di favorire le squadre
ritenute meritevoli di protezione.

E) LE SINGOLE POSIZIONI

El) BERTINI Paolo

33.

Detto ricorrente, che ha espressamente rinunciato alla prescrizione, deduce cinque

articolati motivi. Con il primo lamenta – sotto un primo profilo – carenza assoluta di
motivazione nella parte della sentenza in cui viene omessa qualsiasi considerazione in merito
alle preliminare eccezione (tempestivamente dedotta nel giudizio di primo grado, disattesa dal
Tribunale e reiterata con l’atto di appello) sollevata in ordine alla nullità del decreto ex art. 429
cod. proc. pen. ed atti di seguito per la mancata indicazione delle generalità dell’imputato in
spregio all’art. 429 comma 2 cod. proc. pen. in relazione al comma 1 lett. a) e, in ogni caso,
inosservanza della legge processuale penale per erronea applicazione degli artt. 125 comma 3,
178, 181 comma 3, 185 comma 1, 429 comma 2 in rel. al comma 1 del codice processuale.
Sotto un secondo profilo, analogo, per struttura al precedente, il ricorrente si duole della
mancata motivazione da parte della Corte territoriale in ordine alle censure (già sollevate
tempestivamente nel corso del giudizio di primo grado, disattese dal Tribunale e riproposte con
55

l’imputato era tra i suoi destinatari e non tra i soggetti prosciolti per i quali si era deciso

l’atto di appello) riguardanti l’asserita indeterminatezza e/o genericità del capo di imputazione
sub M) ed in ogni caso la inosservanza dell’art. 429 comma 1 lett. c); sotto un terzo e più
articolato aspetto, la difesa lamenta analogo vizio motivazionale con riferimento alla mancata
esclusione della F.I.G.C. quale parte civile invocata in relazione al difetto di giurisdizione (per
violazione della clausola compromissoria di cui all’art. 4 della L. 91/81 come recepita dal codice
di giustizia della F.I.G.C. all’epoca vigente) e alla carenza di legittimazione attiva in relazione
all’intervenuto giudizio disciplinare definito con sentenza di proscioglimento sui medesimi fatti

33.1 Per ciò che attiene alle eccezioni preliminari contenute nel primo motivo, nel ribadire
la loro infondatezza, si fa richiamo a quanto dianzi osservato dal Collegio sul punto specifico,
non mancando di sottolineare che trattasi di censure sostanzialmente ripropositive di quelle già
sollevate con l’atto di appello ed esaminate congruamente dalla Corte territoriale.
33.2 Proseguendo nell’esame del primo motivo che il Collegio ritiene di effettuare
trattandosi di una questione preliminare attinente ai rapporti tra la giustizia disciplinare
sportiva e quella ordinaria e al difetto di legittimazione attiva della F.I.G.C. a costituirsi parte
civile, si osserva quanto segue.
33.3 Il difetto di giurisdizione viene prospettato in riferimento alla violazione di clausola
compromissoria di cui al III comma dell’art. 30 Statuto FIGC, mentre il difetto di legittimazione
ad agire della FIGC viene prospettato in relazione alla circostanza che in sede disciplinare
l’odierno ricorrente è stato prosciolto dal medesimo addebito contestatogli in sede penale.
33.4 La Corte territoriale, chiamata a pronunciarsi su tali punti, ha ribadito l’autonomia dei
rapporti tra la giustizia cd. “sportiva” e quella statuale precisando anche che è quest’ultima a
prevalere sulla prima potendo sindacare attraverso i propri organi giurisdizionali, l’operato del
giudice sportivo primo. Quanto all’aspetto concernente la clausola compromissoria o” vincolo
di giustizia”, la Corte territoriale ha sottolineato che si tratta di una regola propria
dell’ordinamento sportivo di settore in forza della quale al singolo tesserato è di norma
preclusa (pena l’assoggettabilità a sanzione disciplinare) la facoltà di adire gli organi di
giustizia ordinaria per tutelare interessi derivanti dalla attività sportiva svolta, anche se a
seguito della legge n. 280 del 2003, è stata riservata autonomia all’ordinamento sportivo ma
con il limite che le questioni da trattare non abbiano una particolare rilevanza “esterna” e non
travalichino i limiti delle lesioni di posizioni giuridiche soggettive ovvero di diritti soggettivi e di
interessi legittimi.
33.5 Ma laddove si controverta in materia di sanzioni disciplinari propriamente dette non si
ravvisa alcuna situazione di pregiudizialità o preclusione può esserci fra le decisioni assunte in
sede sportiva e quelle conseguenti ad una azione penale esercitata nell’ambito di un
procedimento giurisdizionale.

56

oggetto di azione disciplinare promossa dall’Organo requirente della F.I.G.C.

34. La soluzione data dalla Corte territoriale che questo Collegio condivide merita
comunque un ulteriore approfondimento.
34.1 Delineati nei termini che precedono i rapporti tra giustizia ordinaria e giustizia
sportiva con prevalenza della prima sulla seconda (tranne che per le cd. decisioni tecniche e
per quelle disciplinari propriamente dette, di competenza esclusiva della giurisdizione sportiva)
va ricordata quanto al problema della

“clausola compromissoria”, la disposizione di cui al

comma 3 dell’art. 30 dello Statuto FIGC, in base alla quale i fatti di rilievo disciplinare sono

soggetto tesserato di adire il competente organo della giurisdizione sportiva prima di adire
l’autorità giudiziaria.
34.2 La decisione della Corte territoriale è in linea con il principio affermato da questa
Corte Suprema secondo il quale “La previsione di cui all’art. 2 della L. n. 280 del 2003

(disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva) – per la quale fatti di rilievo disciplinare
sono devoluti, per disposizione statutaria, alla cognizione degli organi di giustizia sportiva comporta l’obbligo per i tesserati di adire il competente organo della giurisdizione sportiva
prima di adire l’autorità giudiziaria ed ha carattere tassativo di guisa che l’eventuale
trasgressione integra fatto rilevante sul piano disciplinare, specificamente sanzionato. Tuttavia,
tale preclusione – che trova la sua “ratio” giustificativa nel carattere sostanzialmente privato
dell’ordinamento sportivo e nel regime di autonomia negoziale che l’informa, sub specie della
libera accettazione manifestata dagli aderenti al momento del tesseramento – attiene
all’ambito interno di detto sistema e, pertanto, non può comportare alcun impedimento
all’accertamento di fatti penalmente rilevanti che si verifichino nello svolgimento di eventi
sportivi o nella dinamica dei rapporti tra tesserati ed istituzione sportiva o, comunque, di
situazioni maturate in seno al relativo ordinamento” (Sez. 5^ 11.3.2011 n. 21301, Marzio, Rv.
250184).
34.3 Quanto poi al dedotto difetto di legittimazione attiva della F.I.G.C. a costituirsi parte
civile in relazione all’intervenuto proscioglimento in sede disciplinare per gli stessi fatti – a
parte il rilievo che nell’ambito del procedimento disciplinare a suo carico, al BERTINI erano
state addebitate specifiche ipotesi di illecito sportivo ma non l’appartenenza ad una
associazione finalizzata al compimento di illeciti sportivi (tipologia di illecito disciplinare
introdotta nell’art. 9 del Nuovo Codice di giustizia sportiva entrato in vigore 11 luglio 2007,
sull’eco dei fatti oggetto del presente procedimento penale) – non si ravvisa il dedotto difetto
di legittimazione attiva della F.I.G.C. in relazione alla diversità degli strumenti di accertamento
dei fatti compiuti in sede disciplinare sportiva rispetto a quelli commessi in sede penale.
34.4 Richiamato il rapporto di autonomia tra i due ordinamenti e la preminenza
dell’ordinamento statuale, il dato che rileva è l’accertamento di un reato dal quale possa
derivare un qualche pregiudizio al diritto soggettivo perseguito dall’ente fonte di possibili
57

devoluti alla cognizione degli organi di giustizia sportiva: il che comporta l’obbligo, per il

risarcimenti di danni non solo patrimoniali, ma non patrimoniali come avviene nell’ipotesi in cui
ad essere leso è l’interesse perseguito da un’associazione in riferimento ad una situazione
storicamente circostanziata, assunto nello statuto a ragione stessa della propria esistenza e
azione, con la conseguenza che ogni attentato a tale interesse si configura come lesione della
personalità o identità del sodalizio (v. Sez. 3^, n. 3.10.2007 n. 38290 P.C.. in proc. c.
Abdoulaye, Rv. 238103; nello stesso senso S.U. 24.4.2014 N. 38343, P.G..; R.C., Espenhahn e
altri, Rv. 261110 in cui è stata riconosciuta la legittimazione a costituirsi parte civile

istituzionalmente la finalità di tutelare la salute dei lavoratori all’interno dell’ambiente di
lavoro; Sez. 6^ 16.2.1990 n. 13314, Santacaterina Rv. 185500).
34.5 Premesso che la F.I.G.C. statutariamente persegue lo scopo di garantire la corretta
partecipazione di tutti gli appartenenti al mondo sportivo formante il proprio bacino di
interesse al compimento dell’attività sportiva, la Corte aveva il compito di verificare se la
condotta dell’imputato si fosse tradotta nella lesione diretta ed immediata dei fini perseguiti
istituzionalmente dalla FIGC: non entra quindi in gioco il profilo della legittimazione della
F.I.G.C. a costituirsi parte civile assolutamente fuori discussione (tanto che la sentenza di
appello ha confermato le statuizioni risarcitorie in favore della Federazione individuandola
come soggetto portatore di interessi civili tutelabili in sede penale v.

postea) quanto la

sussistenza di elementi dimostrativi della responsabilità in ordine agli episodi di frode sportiva
contestati.
35. Detto questo e passando ad esaminare il secondo motivo (afferente, invece, al merito
delle imputazioni che, per il BERTINI riguardano il delitto associativo sub A) e il delitto di frode
sportiva di cui al capo M), il ricorso, in punto di errata conferma del giudizio di responsabilità, è
fondato.
35.1 L’aspetto principale trattato nel ricorso ed oggetto proprio del secondo motivo
riguarda la prova (che si sostiene essere stata travisata dalla Corte distrettuale) del possesso
da parte del prevenuto della cd. scheda estera riservata indicata con il finale ” 155″, la
quale, secondo quanto affermato dalla Corte di merito era in uso al BERTINI per contatti aventi
a oggetto trattative in frode sportiva.
35.2 Per meglio valutare la fondatezza del denunciato vizio di travisamento della prova
appare utile riepilogare i passaggi essenziali della motivazione della Corte di Appello in ordine
ad entrambi i delitti contestati al BERTINI.
35.3 II punto di partenza, ricavabile, secondo quanto affermato dalla Corte territoriale, è
costituito dal certo possesso da parte del BERTINI di una delle cd. “schede svizzere” (possesso
o attribuibilità riferiti dal teste DI LARONI della P.G.) nonché dalla certezza dei colloqui
intercorsi tra il BERTINI ed il PAPARESTA Gianluca (originario primo destinatario di una delle
schede straniere come da egli dichiarato) sulla base dei risultati emersi dall’analisi dei tabulati
58

all’associazione “Medicina Democratica – Movimento per la salute – ONLUS avente

telefonici: si tratterebbe, secondo le affermazioni della Corte distrettuale, dei contatti intercorsi
fra la scheda recante il n. 41764329155 (asseritamente in uso al Bertini) e la scheda recante il
n. 41764329185 (in uso all’ex arbitro PAPARESTA Gianluca, come dallo stesso dichiarato); ma
va anche sottolineato che la stessa Corte ha parlato di ricordi estremamente sfumati da parte
del PAPARESTA circa rapporti telefonici intercorsi con il BERTINI.
35.4 Altro dato rimarcato dalla Corte territoriale, a riprova della certa attribuibilità al
BERTINI dalla scheda svizzera è quello desunto dai numerosi contatti (giudicati sospetti dalla

campionato dirette dall’odierno ricorrente) tra il BERTINI, il MOGGI ed il FABIANI.
35.5 Ed in ultimo particolare valenza è stata attribuita dal giudice di appello ai contatti tra
altro ex arbitro (BALDAS Fabio) e commentatore televisivo nella nota trasmissione “Il Processo
del Lunedì” diretto da BISCARDI Aldo) e MOGGI Luciano per edulcorare i giudizi negativi già
espressi dalla stampa specializzata sul conto del BERTINI in relazione alla sua direzione di
gara.
35.6 Va, infine, ricordato che – per espressa affermazione della Corte – non sono risultate
conversazioni in chiaro oggetto di intercettazione tra il BERTINI ed altri sodali.
35.7 Le motivazioni della Corte, se non fosse per la riferita certa attribuzione della scheda
riservata al BERTINI (elemento cardine ritenuto dal giudice di Appello per la conferma della
responsabilità per il reato associativo nei riguardi di tutti quei soggetti possessori della
scheda), appaiono frutto di supposizioni, tant’è che è la stessa Corte territoriale a concludere
sul punto affermando testualmente che “Tutto ciò appare del tutto incomprensibile, alla luce di

un prospettato inesistente rapporto di amicizia o quantomeno di approfondita conoscenza fra
il Moggi ed il Bertini e può essere letto unicamente quale valido elemento supportante la
stretta collaborazione fra i due nell’ambito del sodalizio”.
35.8 Le censure sollevate al riguardo dalla difesa del ricorrente fanno leva – come
accennato – sul travisamento della prova tanto in relazione al ritenuto possesso della scheda
incriminata da parte del Bertini, quanto in riferimento ad un’altra telefonata
incomprensibilmente sottovalutata dalla Corte di merito (si tratta della conversazione n. 1446
del 7 marzo 2005 intercorsa tra MOGGI e BISCARDI) dalla quale emergerebbe il contrario
dell’assunto accusatorio, ossia un intento di attacco mediatico all’arbitro Bertini piuttosto che
una sua protezione.
35.9 Vengono anche segnalate dalla difesa gravi incongruenze in cui la Corte territoriale
sarebbe incorsa nel valutare diversamente il quadro indiziario in riferimento a due distinte gare
di campionato (Juventus Milang del 18 dicembre 2004 e Atalanta Milan del marzo 2005), che
correttamente si risolvono nel denunciato vizio processuale di travisamento della prova.

59

Corte anche in relazione alle coincidenze temporali rispetto ad alcune gare del massimo

35.10 Gli argomenti svolti in ricorso, che pure individuano una serie di apparenti
incongruenze motivazionali (come ad esempio, la diversa valutazione del medesimo quadro
indiziario costituito dai contatti tra la scheda con finale “155” e le schede svizzere in uso a
MOGGI e FABIAN’ prima e dopo la partita attenzionata, mentre aveva portato i giudici di
merito ad attribuire al BERTINI la responsabilità per i capi A e M, in relazione all’episodio
dell’incontro di calcio JUVENTUS-MILAN del 18 dicembre 2004, nessuna attribuzione di
responsabilità era stata individuata con riferimento all’incontro di calcio ATALANTA-MILAN

35.11 A differenza del cd. travisamento del fatto, il cui esame è precluso in sede dì
legittimità, esulando dai poteri della Suprema Corte quello di una rilettura degli elementi di
fatto posti a fondamento della decisione anche laddove venga prospettata dal ricorrente una
diversa e più adeguata valutazione delle risultanze processuali, il travisamento della prova si
verifica quando nella motivazione si introduca un’informazione rilevante che non esiste nel
processo ovvero si ometta la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia e dunque
rientra a pieno titolo nel sindacato del giudice di legittimità (Cass. Sez. 5^ 39048/07 cit.;
Cass. Sez. 3^ 18.6.2009 n. 39729, Belluccia e altri, Rv. 244623).
35.12 Alla stregua di tali principi non pare al Collegio che la Corte territoriale abbia fatto
buon governo di tali regole interpretative, tenuto conto dell’omessa considerazione della
telefonata n. 1446 del 7 marzo 2005 intercorsa tra il MOGGI e il BISCARDI in riferimento
all’episodio del dicembre 2004 (partita JUVENTUS-MILAN).
35.13 Ma valenza decisiva favorevole al ricorrente assume la questione della verifica circa
la plausibile ricostruzione del possesso da parte del ricorrente della scheda con finale “..155”,
posto che le dichiarazioni rese dall’ufficiale di PG Di Laroni non appaiono persuasive dal punto
di vista logico, profilandosi, invece, come possibili suggestive supposizioni che non resistono
alle articolate censure sollevate dalla difesa del ricorrente il quale ha con forza ribadito la
propria estraneità alla scheda.
35.14 Né appare risolvibile il dilemma sulla base di un possibile annullamento con rinvio in
quanto dalle informazioni emergenti dalla sentenza impugnata e dalle prospettazioni delle parti
non sussiste un percorso logico diverso da quello censurato suscettibile di portare a un giudizio
di condanna, né è ipotizzabile – come correttamente evidenziato dal Procuratore Generale nel
corso della requisitoria – che sia rimediabile la mancanza di informazioni decisive in un
ipotetico giudizio di rinvio in quanto dal testo della sentenza impugnata non risultano prove
ulteriori potenzialmente recuperabili).
36. Le considerazioni che precedono valgono anche per il reato fine ascritto al BERTINI e
per il quale è stata pronunciata la condanna (la frode sportiva di cui al capo M): si tratta della
partita JUVENTUS-MILAN del 18 dicembre 2004 diretta dall’arbitro aretino ed al centro secondo la prospettazione accusatoria – di quella operazione di maquillage
60

dell’immagine del

disputato nel marzo del 2005), in massima parte dimostrano fatti di travisamento della prova.

BERTINI già fatto segno di aspre critiche in ordine alla conduzione di quella gara, per cerare di
metterlo in buona luce.
36.1 Né sotto il profilo della logicità possono trovare ingresso altri dati evidenziati dalla
Corte distrettuale consistenti in conversazioni intercorse tra altri tesserati (si fa cenno alla
conversazione tra il dirigente del MILAN, MEANI e tale BABINI del 21 marzo 2005 e ad altra del
20 settembre 2004 che vede protagonista PAIRETTO Pierluigi laddove conferma al proprio
interlocutore i nominati degli arbitri indicati per la formazione delle griglie, tra i quali il

ruolo del BERTINI.
36.2 Sulla base di tali elementi allora, la sentenza di condanna pronunciata a carico del
BERTINI per i due reati sub A) ed M) va annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste, con
assorbimento dei residui motivi, ivi compreso quello aggiunto afferente alla violazione dell’art.
6 della CEDU (in relazione alla mancata rinnovazione dell’istruzione probatoria in grado di
appello a seguito della

reformatio in pejus

della precedente pronuncia assolutoria) ed

annullamento anche della statuizioni civili.

E2) DATTILO Antonio

37. Conclusioni analoghe valgono per quanto afferisce alla posizione del ricorrente
DATTILO Antonio che, al pari del BERTINI (e del DE SANTIS) ha rinunciato alla prescrizione.
37.1 Si è in precedenza accennato alla infondatezza del motivo afferente alla violazione
della legge processuale penale in punto di ritenuta competenza territoriale del Tribunale di
Napoli, sicchè, al riguardo, non può che farsi integrale richiamo alle argomentazioni di cui
sopra.
37.2 Anche il secondo motivo

(dedotta violazione della regola processuale della

corrispondenza tra accusa e sentenza) non è condivisibile.
37.3 Secondo la prospettazione difensiva detto vizio sarebbe ravvisabile in relazione al
difetto di correlazione tra l’accusa (in cui si contesta la commissione di atti fraudolenti in
occasione della gara UDINESE-BRESCIA disputata il 26.9.2004) e la sentenza (che avrebbe
omesso di motivare su tale specifica contestazione dedotta nell’atto di appello, limitandosi ad
affrontare la dedotta questione processuale solo con riferimento al reato associativo sub A).
37.4 Anche in questo caso, premesso che al DATTILO sono stati contestati due distinte
fattispecie delittuose (la partecipazione all’associazione criminale di cui al capo A) e la frode
sportiva di cui al capo B), appare necessario ripercorrere, sia pure per sintesi, le
argomentazioni della Corte territoriale in ordine alla statuizione di responsabilità per il delitto
61

i)9

BERTINI), trattandosi di elementi comunque non ricollegabili funzionalmente ad un qualche

sub A) (dal quale il DATTILO era stato prosciolto in primo grado salvo poi ad essere
condannato a seguito dell’appello interposto dal Procuratore della Repubblica) ed alla conferma
della colpevolezza per il reato-fine sub B).
37.5 Con riferimento alla fattispecie associativa la Corte territoriale ha seguito un
ragionamento sostanzialmente analogo a quello fatto per il BERTINI: afferma il giudice
distrettuale che l’elemento di indubbia rilevanza è il possesso della scheda straniera, nonché
l’analisi dei tabulati telefonici comprovanti numerosi contatti tra il DATTILO ed il MOGGI a

specifica contestazione come precisato dalla Corte di merito). Ulteriore e più qualificato
elemento la Corte lo desume da una telefonata intercorsa tra il MOGGI e GIRAUDO Antonio in
data 26 settembre 2004 al termine della gara UDINESE – BRESCIA in cui l’A.D. juventino tesse
le lodi dell’esordiente arbitro al direttore generale bianconero, in particolare sottolineando la
bravura del direttore di gara nell’avere espulso un giocatore dell’Udinese (JANKULOWSKI) e
manifestando il proprio rammarico per la mancanza di coraggio da parte del DATTILO nel non
sanzionare altri giocatori della squadra friulana attraverso il metodo delle cd. “ammonizioni
pilotate” (vale a dire ammonizioni da comminare a giocatori diffidati che avrebbero di fatto
escluso la possibilità per costoro di prendere parte alla gara successiva che vedeva in campo la
squadra della JUVENTUS, di fatto indebolendo l’avversaria di turno).
37.6 Anche per il DATTILO valgono poi le medesime considerazioni svolte dalla Corte
distrettuale in riferimento alla linea “morbida” da seguire nel corso della trasmissione “Il
processo del Lunedì” del giornalista Biscardi in modo da far emergere giudizi positivi sul conto
del giovane direttore di gara già al centro di critiche formulate in riferimento alla sua
conduzione della partita.
37.7 Ciò detto, appare di difficile lettura il motivo di ricorso basato su una presunta
difformità tra l’accusa e la sentenza: secondo la difesa vi sarebbe un contrasto tra la certezza
della prova positiva in ordine all’insussistenza degli atti fraudolenti contestati per il capo B) e la
condanna del DATTILO solo per via di un contatto telefonico – ritenuto atto fraudolento nel
senso indicato dall’art. 1 comma 1° della L. 401/89 – del tutto presunto tra l’arbitro e MOGGI
Luciano avvenuto nei giorni precedenti la partita ma non figurante nel capo di imputazione.
37.8 Più che di violazione del principio di correlazione ex art. 521 cod. proc. pen., si tratta
di una censura che investe la manifesta illogicità della decisione in punto di responsabilità sia
per il reato associativo che per il delitto-scopo.
37.9 Manifesta illogicità evincibile da più di un elemento di oggettiva valenza: è
palesemente illogica la ricostruzione operata dalla Corte sulla base degli elementi acquisiti al
processo in ordine al possesso della scheda riservata da parte del DATTILO, soprattutto se si
pone mente alla data in cui si sostiene da parte dell’accusa che il DATTILO abbia acquisito la
scheda (non prima del novembre 2004), del tutto contrastante con la circostanza che già il
62

ridosso della gara MESSINA-PARMA del 23 gennaio 2005 (gara, però, che non forma oggetto di

DATTILO era stato “attenzionato” dai designatori e dai due massimi dirigenti juventini nella
operazione di formazione delle griglie in vista della gara UDINESE-BRESCIA (al fine di poter
favorire con il ricordato metodo delle ammonizioni pilotate la squadra juventina impegnata il
prossimo incontro con l’UDINESE), disputatasi, però, il 26 settembre 2004, vale a dire almeno
due mesi prima della data in cui il DATTILO sarebbe entrato in possesso della scheda.
37.10 A tale manifesta incongruità logica che emerge ictu oculi dal testo della sentenza
impugnata fa da pendant il tema dei commenti, pur essi “pilotati”, in favore del DATTILO onde

l’operato in occasione di quella gara del 26 settembre 2004 e la circostanza, sottolineata dalla
difesa, di una lunga sospensione “tecnica” causata proprio dalla sua criticatissima direzione di
gara.
37.11 Si tratta di elementi che, valutati nel loro insieme, non solo escludono in radice la
possibilità di appartenenza del DATTILO all’associazione, ma rendono altrettanto
inconfigurabile la conferma della responsabilità del DATTILO anche per quel reato fine.
37.12 A tale proposito la Corte territoriale enfatizza, ancora una volta i numerosi contatti
telefonici tra il MOGGI ed il DATTILO (si parla di comunicazioni “silenti”) senza tuttavia
specificare né dove né quando e le conversazioni intercorse tra il MOGGI ed il GIRAUDO con la
coda dei commenti tra lo stupito e l’entusiasta del GIRAUDO in merito al comportamento
arbitrale, in totale dissonanza con l’elemento temporale del possesso della scheda riservata
avvenuto, a detta della Corte, non prima del mese di novembre 2004. Ne deriva che le
argomentazioni della Corte costituiscono il frutto di una serie di supposizioni sulla base di
circostanze tra loro completamente scollegate e dunque prive di logica.
37.13 Ne consegue la manifesta illogicità per travisamento di una prova ritenuta decisiva,
dell’argomento secondo il quale vi sarebbero stati intensi contatti tra il MOGGI e il DATTILO in
prossimità della partita in esame.
37.14 In tale contesto non possono assumere valore dirimente in favore della tesi
colpevolista né la direzione di gara del DATTILO nè i commenti post partita del GIRAUDO
(interessato alle sorti della Juventus per la gara successiva con l’Udinese) nè le richieste del
MOGGI al giornalista BISCARDI di non infierire sull’arbitraggio nelle polemiche tv.
37.15 In aggiunta a tali considerazioni e con esclusivo riferimento al reato associativo per
il quale in primo grado il DATTILO era stato assolto, valgono altre considerazioni legate alla
modifica peggiorativa in grado di appello della sentenza di proscioglimento.
37.16 E’ stato infatti affermato da questa Corte il principio che laddove il giudice di appello
riformi la sentenza assolutoria del primo giudice “Il secondo giudice ha l’obbligo di dimostrare
specificamente l’insostenibilità sul piano logico e giuridico degli argomenti più rilevanti della
sentenza di primo grado, con rigorosa e penetrante analisi critica seguita da completa e
63

proteggerlo dall’assalto mediatico della stampa specializzata che ne aveva criticato aspramente

convincente motivazione che, sovrapponendosi a tutto campo a quella del primo giudice, dia
ragione delle scelte operate e della maggiore considerazione accordata ad elementi di prova
diversi o diversamente valutati, trova applicazione anche in caso di radicale rovesciamento di
una valutazione essenziale nell’economia della motivazione, in un processo nel quale siano
determinanti i contributi dichiarativi di alcuni soggetti chiamanti in reità o in correità, non
essendo sufficiente la manifestazione generica di una differente valutazione ed essendo, per
contro, necessario il riferimento a dati fattuali che conducano univocamente al convincimento

35762, P.G. in proc. Aleski e altri, Rv. 241169). Principio che è stato riaffermato all’indomani
della sentenza EDU Dan c. Moldavia del 5.7.2011, esigendosi non solo la cd. “motivazione
rafforzata” in contrapposizione alla sentenza di primo grado, ma persino la necessità di una
rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, là dove necessaria (in particolare per le prove
dichiarative) (v. Sez. 2^ 10.10.2014 n. 677, Di Vincenzo, Rv. 261556).
37.17 Nel caso in esame la Corte di merito, in adesione al gravame del Pubblico Ministero,
si è limitata ad una rivisitazione delle prove esaminate dal primo giudice, esprimendo poi un
giudizio opposto ma senza alcun particolare approfondimento come pure sarebbe stato
indispensabile.
37.18 Anche nei confronti di DATTILO, perciò, per le ragioni tecniche sull’esito del giudizio
di cassazione già esposte con riferimento all’imputato Bertini, deve pronunciarsi annullamento
senza rinvio perché i fatti ascritti nei capi A) e B) non sussistono con assorbimento dei restanti
motivi e conseguente annullamento delle relative statuizioni civili.

E3) DE SANTIS Massimo

38.

L’odierno ricorrente (che al pari del BERTINI e del DATTILO) ha rinunciato alla

prescrizione nel corso del giudizio di appello, all’esito del giudizio di secondo grado, è stato
ritenuto colpevole del delitto associativo sub A) e di due episodi di frode sportiva indicati nei
capi G) e A10).
39.

Con riferimento al delitto associativo le linee guida della decisione del giudice di

appello sono le seguenti.
39.1 La Corte in via preliminare esclude che il DE SANTIS (indicato come arbitro “di prima
fascia” per evidenziarne la particolare esperienza e professionalità ed il credito che riscuoteva
presso i vertici arbitrali concretizzato nell’affidamento degli incontri di cartello all’arbitro di
Tivoli) avesse un ruolo di vertice nell’organizzazione criminale facente capo al MOGGI, così
come esclude la esistenza di una ipotizzata – ma del tutto indinnostrata – “combriccola

64

opposto rispetto a quello del giudice la cui decisione non si condivida” (Sez. 5^ 5.5.2008 n.

romana” guidata dall’arbitro suddetto, pur riconoscendogli una posizione non secondaria in
seno all’organizzazione criminale.
39.2 Al centro di tale decisione alcuni dati probatori ritenuti fondamentali e dirimenti come
il possesso della scheda riservata (negato dalla difesa, ma a giudizio della Corte di merito
risultante da plurimi elementi inconfutabili) e le numerose conversazioni intercettate in cui
l’imputato avrebbe – a giudizio della Corte territoriale ammesso di fatto il proprio
coinvolgimento nel sodalizio in parola.

straniera che gli sarebbe stata consegnata dal MOGGI nel corso di una sua “visita” negli
spogliatoi al termine della gara PARMA-JUVENTUS e la cui attribuibilità risulta provata, secondo
la Corte di Appello, dalla deposizione del teste di P.G. DI LARONI.
39.4 Importanza decisiva è stata data dalla Corte territoriale ai numerosi contatti desunti
dai tabulati tra il MOGGI ed il DE SANTIS in coincidenza con le partite per le quali questi era
stato designato (si fa l’esempio della gara PALERMO-LECCE in cui sono stati monitorati
numerosi contatti a strettissimo ridosso della gara e subito dopo, a riprova degli strettissimi
rapporti tra la sudditanza e la complicità intercorrenti tra i due personaggi suddetti); ancora
alle deposizioni de relato del teste MONTI, poi confermate giudizialmente dal teste FACCHETTI
Gianfelice, figlio del defunto Vice Presidente dell’INTER FACCHETTI Giacinto, circa l’esistenza di
un cd. “sistema MOGGI” all’interno del mondo del calcio del quale il DE SANTIS costituiva uno
dei terminali più fidati ed autorevoli anche per il prestigio goduto all’interno del settore
arbitrale.
39.5 Così come il Giudice di appello ha riconosciuto importanza decisiva ad alcune
telefonate in chiaro tra il designatore BERGAMO e la segretaria dell’AIA, FAZI Maria Grazia
(originariamente imputata nel presente processo e successivamente assolta) relativamente alla
esistenza di una “combriccola romana” all’interno della quale avrebbe operato proprio il DE
SANTIS, e tra il MOGGI ed il giornalista DAMASCELLI, riguardanti il DE SANTIS e la sua
“capacità” di attuare i “desiderata” del MOGGI per indebolire attraverso ammonizioni mirate
nei confronti di giocatori del BOLOGNA diffidati, i prossimi avversari della JUVENTUS.
39.6 Anche alcune conversazioni in chiaro intercorse tra l’arbitro romano ed il collega
PALANCA Luca, ovvero tra il DE SANTIS e MARTINO Manfredi o ancora tra il designatore
BERGAMO ed il DE SANTIS che si complimenta con il primo per la designazione vengono
ritenute dalla CORTE sinonimo della piena consapevolezza da parte del SANTIS del sistema di
formazione delle griglie arbitrali.
39.7 Persino il censurabile atteggiamento ondivago assunto dal DE SANTIS in relazione
alle visite negli spogliatoi da parte di dirigenti delle società al termine della gara viene
giudicato dalla Corte dimostrativo della severità assunta verso alcuni dirigenti (episodio,
ricordato dalla Corte di merito, di una visita del Presidente del CAGLIARI, CELLINO al termine
65

39.3 Valore centrale è stato conferito al possesso da parte del DE SANTIS della scheda

della gara con minacce da parte del DE SANTIS di far squalificare il dirigente, come poi si
verificava) e dal tono di sussiego ed acquiescenza verso altri (come l’episodio della visita del
MOGGI al termine della gara PARMA-JUVENTUS del quale nessuna menzione viene fatta
dall’arbitro).
39.8 La decisione della Corte, per la logicità che la caratterizza e per l’elevata valenza
dimostrativa di alcuni dati-base quali il possesso della scheda riservata e gli indebiti ed anomali
contatti diretti, peraltro ripetuti, tra il DE SANTIS ed il MOGGI, sintomatici della appartenenza

progressiva attrazione nell’orbita del gruppo di arbitri e dirigenti amici onde assicurare al
MOGGI e al DE SANTIS – per quanto può valere in questa sede – vantaggi reciproci (favori per
la JUVENTUS per il primo e prospettive sempre più luminose di carriera per il secondo), si
sottrae alle denunciate censure di manifesta illogicità e carenza di motivazione.
39.9 D’altro lato le doglianze contenute nel primo motivo di ricorso che riguarda appunto
la nullità della sentenza per vizio di motivazione e travisamento della prova con riferimento alla
partecipazione dell’imputato alla associazione criminosa costituiscono, come già rilevato dalla
Corte di Appello in occasione delle esame di analoga doglianza rispetto alla decisione del
Tribunale, una sostanziale e sterile riproposizione – ai limiti dell’inammissibilità – di argomenti
già adeguatamente valutati dalla Corte di merito. Ciò vale sia con riguardo alla ritenuta
adesione all’organizzazione; al contributo causale apportato dal DE SANTIS all’associazione; al
ritenuto possesso da parte di costui della scheda estera; alla cd. “protezione mediatica” di cui
si è avvalso anche il DE SANTIS in occasione delle più volte ricordate trasmissioni sportive; ai
commenti espressi sul conto del DE SANTIS dal Presidente del CAGLIARI CELLINO all’allora
Segretario della F.I.G.C. GHIRELLI Francesco circa l’inserimento del SANTIS nell’associazione
facente capo al MOGGI.
40. Il secondo motivo del ricorso, attinente, sotto un primo aspetto, all’inosservanza della
legge penale (art. 1 comma 1 della L. 401/89) per l’erronea qualificazione da parte della Corte
territoriale del reato di frode sportiva come delitto di attentato con anticipazione della soglia di
punibilità e non come reato di pericolo presunto e, sotto un secondo aspetto, al vizio di
motivazione in relazione ai due episodi di frode sportiva sub G) e A10) con specifico riguardo
alla omessa indicazione degli atti fraudolenti asseritamente posti in essere dal DE SANTIS,
idonei ad integrare la fattispecie, è infondato per un duplice ordine di ragioni.
40.1 Le diffuse osservazioni svolte dal Collegio in merito alla qualificazione della fattispecie
del reato di frode in competizione sportiva esimono dal soffermarsi ulteriormente sullo specifico
tema dedotto, dovendosi ancora una volta ribadire la correttezza della decisione della Corte di
merito in punto di inquadramento della fattispecie.
40.2 Per quanto, invece, riguarda le due specifiche ipotesi delittuose indicate nei capi G) e
A10), escluso che possa parlarsi di difetto di motivazione e illogicità manifesta o travisamento
66

consapevole del DE SANTIS al sistema MOGGI e del su asservimento a quelle logiche di

della prova, valgano le seguenti ulteriori osservazioni ad integrazione di quanto già
condivisibilmente affermato dalla Corte distrettuale.
40.3 L’episodio di frode sportiva di cui al capo G) riguarda la gara FIORENTINA-BOLOGNA
terminata con il punteggio di 1-0 per la squadra toscana e, più in particolare, la condotta
tenuta dall’arbitro DE SANTIS designato per quella gara, costituente inequivoco elemento
dimostrativo degli accordi pregressi tra i designatori (nella specie il PAIRETTO) e il MOGGI
(Dirigente della JUVENTUS) per inserire nella griglia un arbitro filo-juventino come poi

delle quali vengono espresse riserve sulla imparzialità del DE SANTIS e sulla sua netta
propensione a tutelare gli interessi della JUVENTUS ovvero, con esplicito riferimento alla partita
in questione; sul comportamento in danno del BOLOGNA per via delle cd. “ammonizioni”
pilotate (l’ex arbitro e commentatore televisivo BALDAS Fabio, parlando con il MOGGI parla del
DE SANTIS come l’autore del “delitto perfetto”) in danno di tre giocatori del BOLOGNA già
diffidati e dunque messi fuori giuoco con la quarta ammonizione per la gara successiva tra la
JUVENTUS ed il BOLOGNA.
40.4 L’altro episodio di frode sportiva (capo A10) riguarda l’ultima partita di campionato
LECCE-PARMA terminata con il punteggio di 3-3 che la Corte di merito colloca – come
prospettato dall’Accusa nel contesto della complessa operazione di salvataggio della
FIROENTINA
40.5 L’esito di tale gara, condizionato, secondo il giudizio della Corte distrettuale, dal
comportamento ritenuto scorretto del DE SANTIS per via delle numerose ammonizioni ed
espulsioni comminate ai giocatori in campo, costringerà il PARMA, in formazione decimata per
via di quei provvedimenti disciplinari, a disputare lo spareggio con il BOLOGNA. Lo scopo del
salvataggio della FORENTINA viene raggiunto ad avviso dei giudici di appello, grazie alla
designazione da parte del BERGAMO, previo inserimento nella griglia, di un arbitro vicino al cd.
“gruppo MOGGI” (il DE SANTIS e grazie alla cooperazione fattiva fra il BERGAMO ed il
MAZZINI, portavoce delle istanze del MENCUCCI e conseguentemente dei fratelli DELLA VALLE.
40.6 In questo senso la Corte ritiene strettamente collegata tale gara a quella indicata nel
capo A5) (si tratta della partita CHIEVO – FIORENTINA del 22 maggio 2005 considerata
decisiva per le sorti della squadra viola che si aggiudicherà l’incontro con il punteggio di 1-0,
salvandosi poi da una probabile retrocessione nella giornata successiva) ed evidenzia una serie
di intercettazioni che vedono il MAZZINI direttamente coinvolto in questa complessa e
laboriosa operazione di salvataggio: vengono così menzionate alcune significative telefonate
come quella del 29.05.2005 in cui il MAZZINI contatta il MENCUCCI magnificando, con l’avallo
di quest’ultimo, le buone scelte effettuate (il riferimento è all’arbitro DE SANTIS grazie
all’interessamento del BERGAMO; o ancora, quella tra tale NASSI e il MAZZINI, nella quale
questi presta assenso alle valutazioni espresse dal suo interlocutore sulla necessità che la
67

emergerà da altre conversazioni, puntualmente menzionate dalla Corte di Napoli, nel corso

FIORENTINA andasse salvata ad ogni costo giungendo a parlare di una “operazione chirurgica
perfetta”.
40.7 Ed ancora, viene sottolineata altra telefonata intercorsa, sempre il 29 maggio 2005,
tra il MAZZINI e l’arbitro DE SANTIS in cui il primo esterna al secondo i suoi complimenti sul
modo non solo di arbitrare la partita ma di “pilotarla” (così si è espressa la Corte di merito)
finendo con l’assecondare i desiderata della società viola.
40.8 In linea generale, poi, osserva il Collegio che gli argomenti addotti a sostegno del

motivazione resa dalla Corte territoriale: ne costituisce esempio la riproposizione
dell’argomento costituito dalla circolare di Lega n. 7 che consentiva all’epoca l’accesso dei
dirigenti agli spogliatori dell’arbitro per inferirne il significato neutro della visita del MOGGI
negli spogliatoi: ora, a prescindere dalle osservazioni svolte in precedenza circa l’evidente
contraddizione tra l’atteggiamento severo assunto verso il Presidente del CAGLIARI e
l’atteggiamento sussiegoso – nemmeno riferito ai vertici arbitrali – assunto verso il MOGGI,
protagonista di un episodio analogo, è agevole osservare che una tale possibilità poteva
rispondere solo a regole di pura cortesia che nulla potevano avere a che fare con colloqui
riservati aventi oggetto diverso – tra il dirigente juventino e l’arbitro.
40.9 In conclusione il secondo motivo è infondato non ravvisandosi alcuno dei vizi
denunciati in riferimento alla motivazione che si presenta esente da censure logiche e
incompletezze.
41. Il terzo motivo, con il quale viene censurata l’ordinanza pronunciata dalla Corte
distrettuale il 15 ottobre 2013 con cui è stata negata l’acquisizione agli atti del processo del
dispositivo della sentenza emessa in data 16 ottobre 2012 dalla Sezione Giurisdizionale della
Corte dei Conti Regione Lazio con la quale il DE SANTIS era stato condannato al risarcimento
dei danni morali (da lesione dell’immagine) nei confronti della F.I.G.C. per un ammontare di C
500.000,00 perchè ritenuto dalla Corte di Napoli documento interlocutorio, non ha alcun
fondamento, dovendosi condividere la correttezza della decisione della Corte di merito che, a
ragione, non poteva attribuire alcuna importanza decisiva a quel documento in quanto si
trattava soltanto di un dispositivo senza che potessero comprendersi appieno le ragioni di tale
decisione.
41.1 Peraltro il rischio paventato dal ricorrente di una duplicazione della statuizione
risarcitoria nei confronti della F.I.G.0 derivante dal mantenimento delle statuizioni civili da
parte della Corte territoriale e dalla contemporanea ed analoga decisione resa dalla Corte dei
Conti, non ha ragion d’essere in quanto è onere della F.I.G.0 dimostrare dinnanzi al giudice
civile il proprio diritto al risarcimento per il danno all’immagine ed eventualmente le differenze
rispetto alla identica voce liquidata dalla magistratura contabile.

68

secondo motivo non contengono elementi di specificità tali da incrinare la logicità della

42.

Infine, il quarto motivo con il quale viene dedotta la nullità della sentenza per

inosservanza delle disposizioni processuali penali (artt. 538 e 549 cod. proc. pen.) nella parte
in cui la Corte territoriale ha confermato la condanna del DE SANTIS al risarcimento del danno
nei confronti della F.I.G.C. avendo ritenuto il danno in re ipsa e non sulla base di prove
dimostrative della esistenza di un nesso eziologico tra la condotta del DE SANTIS e il danno
asseritamente subito dalla Federazione calcistica è infondato
42.1 Si rinvia, in proposito, alle considerazioni che verranno svolte più approfonditamente

DELLA VALLE Andrea, DELLA VALLE Diego, MENCUCCI Sandro e del responsabile civile A.C.
FIORENTINA s.p.a.) relativamente alla non necessità da parte del soggetto costituito parte
civile che assume di avere subito un danno, di fornirne la prova ivi compreso il nesso eziologico
rispetto alla condotta dell’agente nella ipotesi – ricorrente nel caso di specie – di una condanna
generica al risarcimento del danno la cui prova dovrà essere fornita nella sede propria civile,
impregiudicato rimanendo il potere del giudice civile di accertare l’an ed il quantum debeautur
e se del caso escludere il diritto al risarcimento in caso di mancata prova di esso secondo le
regole proprie del diritto civile (vds. giurisprudenza precedentemente citata).
42.2 In conclusione il ricorso del DE SANTIS va rigettato in riferimento a tutti i capi di
imputazione contestatigli. Segue la condanna al pagamento delle spese processuali.

E4) FOTI Pasquale

43.

Per quanto riguarda il ricorrente FOTI Pasquale va anzitutto rilevato che l’odierno

ricorrente è stato assolto dalla Corte territoriale limitatamente al delitto di frode sportiva di cui
al capo L) (reato commesso in concorso con DE SANTIS Massimo, pur egli prosciolto con ampia
formula), mentre è stata confermata la sua penale responsabilità per i residui reati sub H) ed
S) con declaratoria di prescrizione in ordine a dette condotte e conferma delle statuizioni civili
risarcitorie nei riguardi delle parti civili Ministero dell’Economia e delle FinanzeAmministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e del Ministero per le Politiche Giovanili e
Sportive e FIGC.
43.1 Tanto precisato, in via preliminare è già stata esaminata in altra parte della presente
decisione la questione prospettata dalla difesa del ricorrente della violazione della legge
processuale penale in punto di ritenuta competenza territoriale del Tribunale di Napoli: si fa
dunque richiamo, in parte qua, a quanto già osservato dal Collegio.
43.2 Conclusioni identiche vanno indicate con riferimento ad altra questione – pur essa
preliminare – relativa alla asserita indebita utilizzazione da parte della Corte di merito delle
intercettazioni non autorizzabili in relazione al titolo del reato ed ai limiti di pena, stante la
69

in altra parte della presente sentenza (a proposito dell’esame delle posizioni dei ricorrenti

mancata contestazione del reato associativo: anche in questo caso, infatti, si fa espresso
richiamo a quanto osservato dal Collegio nelle pagine precedenti.
44. Residua l’ultimo motivo concernente l’inosservanza ed erronea applicazione della legge
penale (art. 1 della L. 401/89), per avere la Corte distrettuale inquadrato la fattispecie della
frode sportiva sotto il paradigma del delitto di attentato con anticipazione della soglia di
punibilità a fatti o condotte inidonee, di per sé, a giustificare il tentativo, se correttamente
inquadrata la fattispecie nel reato di pericolo concreto.

aveva sostenuto la tesi dell’insussistenza del fatto in riferimento alle tre condotte di frode
sportiva contestategli ai capi L), H) ed S). Si tratta delle condotte fraudolente inerenti,
rispettivamente, alle gare REGGINA-CAGLIARI (capo L); REGGINA-BRESCIA (capo H); e
SAMPDORIA-REGGINA (capo S).
44.2 La Corte territoriale nel ribadire la responsabilità del FOTI in riferimento alle due gare
indicate nei capi H) ed S), ha in particolare evidenziato alcuni elementi di significato inequivoco
comprovanti il coinvolgimento del FOTI nella condotta fraudolenta contestatagli. Nel primo
caso (gara REGGINA-BRESCIA vinta dalla squadra lombarda con il punteggio di 2-1), la Corte
di merito ha fatto richiamo a colloqui intercorsi tra il FOTI e il designatore BERGAMO Paolo alla
vigilia della gara nel corso dei quali è il FOTI a richiedere garanzie sulla terna arbitrale già
confezionata e il BERGAMO a rassicurarlo che “tutto è a posto”.
44.3 In aggiunta a ciò va anche evidenziato che, a prescindere dal risultato sportivo sfavorevole alla Reggina – il contenuto delle conversazioni intercettate, che peraltro si
inseriscono nelle trattative interne alla F.I.G.C. in ordine alle imminenti elezioni e su vicende di
acquisto di calciatori in apparente concorrenza con il MOGGI, è stato inserito nel contesto di
una turbativa fraudolenta della competizione sportiva.
44.4 Nel secondo caso relativo alla gara SAMPDORIA-REGGINA vinta dalla squadra ligure
con il punteggio di 3-2 ed affidata all’arbitro DONDARINI (giudicato separatamente e prosciolto
dal giudice di merito) la Corte territoriale, ancora una volta, valorizza, del tutto correttamente
e congruamente, i reiterati colloqui (ritenuti anomali e sintomatici della reale finalità del
contatto) intercorsi sia prima del sorteggio che prima della gara, tra il dirigente della società
calabrese e il designatore BERGAMO in cui è proprio il BERGAMO, su sollecitazione del FOTI, a
rassicurarlo non solo sull’invio di un assistente di gara fidato (NICCOLAI) ma anche sugli
avvertimenti fatti al direttore di gara designato (per il quale il FOTI mostra di nutrire qualche
preoccupazione e sul cui conto il BERGAMO si esprime dicendo che “è avvertito”) e addirittura
sulla bontà della griglia formata per la domenica successiva. Del tutto correttamente la Corte
distrettuale ha escluso che l’espressione “equidistante” adoperata dal BERGAMO potesse
assumere un significato favorevole per il FOTI posto che si tratta di un termine che sta ad
indicare una forma di apparente neutralità.
70

44.1 Nel proprio atto di appello l’odierno ricorrente – sotto l’aspetto della responsabilità –

44.5 Tanto premesso, vanno ribadite le riflessioni generali svolte dal Collegio in
riferimento alla natura della frode in competizioni sportive e all’inquadramento della fattispecie
nel cd. “delitto di attentato” come correttamente argomentato dalla Corte territoriale.
44.6 Di conseguenza il ricorso del FOTI va rigettato con le conseguenziali statuizioni
dovendosi peraltro escludere nella specie l’applicabilità dell’art. 129 cod. proc. pen. alla luce

E5) LOTITO CLAUDIO

45.

La posizione dell’odierno ricorrente è, per certi versi, assimilabile a quella del

ricorrente FOTI Pasquale, anche se la formulazione dei due capi di imputazione riguardanti il
Presidente della SS. LAZIO s.p.a. (si tratta dei capi U e V) è strutturalmente diversa.
45.1 Sono però sostanzialmente analoghe le prime due censure di natura processuale
formulate in via preliminare.
45.2 Si tratta, in particolare, del motivo afferente alla asserita inosservanza della legge
processuale penale in punto di ritenuta competenza territoriale del Tribunale di Napoli e del
motivo afferente alla indebita utilizzazione da parte della Corte distrettuale delle telefonate
riguardanti il LOTITO, non assoggettabili secondo la difesa a captazioni ostandovi il titolo del
reato e non essendo il LOTITO imputato del delitto associativo allo stesso mai contestato.
45.3 In altra parte della presente sentenza sono stati affrontati funditus i detti profili,
sicchè, in questa sede, non può che farsi richiamo in parte qua a quanto già osservato dal
Collegio.
46.

Vanno, invece, affrontati gli altri tre motivi di ricorso in ordine ai quali si osserva

quanto segue.
46.1 Al LOTITO sono state contestate due distinte condotte di frode in competizione
sportiva meglio enunciate nei capi U) e V).
46.2 Per quanto riguarda il primo episodio, la Corte territoriale ha disatteso la tesi
difensiva incentrata sull’insussistenza ed ínconfigurabilità del delitto di frode in competizione
sportiva stante l’irrilevanza contenutistica delle intercettazioni e soprattutto l’assenza di una
seria indagine da parte della Corte distrettuale sugli atti fraudolenti, sul fine illecito perseguito,
sull’efficienza dell’atto rispetto al fine e sulla sua adeguatezza ad originare il pericolo vietato.
Sempre secondo la difesa, la Corte territoriale ha avallato, ripetendolo l’errore in cui è incorso
il Tribunale nell’inosservanza dell’art. 521 cod. proc. pen. in quanto il LOTITO sarebbe stato
condannato per fatti in realtà non contestatigli ma la cui illiceità sarebbe emersa nel corso del
dibattimento.
71

delle considerazioni testè svolte

46.3 A tali censure la Corte territoriale ha dato una risposta adeguata e logicamente
sostenibile, senza incorrere né in vizi di travisamento della prova né in manifesta illogicità,
muovendo dalla generale considerazione che le condotte poste in essere dall’odierno ricorrente
costituissero ex sé atti fraudolenti diretti allo scopo di alterare il risultato della gara.
46.4 Ferme restando le osservazioni già svolte in linea generale sul significato da
attribuire dal punto di vista penale all’espressione “altri atti fraudolenti volti al medesimo
scopo” (alterazione del risultato), si ritiene di dover approfondire alcuni aspetti specifici trattati

46.5 Come premessa fattuale va rilevato che le contestazioni mosse al LOTITO fanno
riferimento ad una serie di interferenze volte a condizionare l’esito di due gare del campionato
di serie A disputatesi il 20 e 27 febbraio 2005 che vedevano coinvolte la LAZIO contro il
CHIEVO VERONA in casa della società veneta (partita terminata con il punteggio di 1-0 per la
squadra capitolina) e la LAZIO contro il PARMA (partita terminata con il punteggio di 2-0 per la
LAZIO).
46.6 Non sembra necessario in questa sede ripercorrere la congerie di telefonate
“compromettenti” puntualmente enumerate dalla Corte di Appello in cui emergono, come
ricordato dal giudice di merito, prove inequivocabili sia di pressioni esercitate dal LOTITO sul
mondo arbitrale in un contesto di lotte intestine per la nomina a Presidente della Federazione
Giuoco Calcio tra l’uscente CARRARO Franco e l’aspirante emergente ABETE Giancarlo (la Corte
distrettuale, a proposito del LOTITO, ha usato l’espressione “schieratissimo” per sottolineare
l’impegno che il LOTITO esercitava per la rielezione del Presidente CARRARO alla guida della
F.I.G.C. per il quadriennio 2005-2008), sia di pressioni esercitate dal coimputato (in uno con il
LOTITO) MAZZINI Innocenzo, Vice Presidente in carica della F.I.G.C. e descritto come
particolarmente “vicino” agli interessi del LOTITO.
46.7 I frequenti, spasmodici, contatti intercorsi tra il LOTITO e il MAZZINI e tra costoro o
uno di essi e rappresentanti del mondo arbitrale, mediati persino da personaggi estranei al
mondo calcistico che avrebbero poi espresso ai vertici federali i propri rallegramenti per le
vittorie della LAZIO, sono stati ritenuti chiaramente indicativi dell’interesse convergente del
LOTITO e del MAZZINI verso la salvaguardia degli interessi di classifica della società laziale,
peraltro invischiata, per come è dato desumere dal testo della sentenza, nella lotta per non
retrocedere in serie B.
46.8 Non si rinvengono nelle affermazioni della Corte distrettuale aporie logiche né
insufficienze motivazionali, né, soprattutto, travisamenti delle prove, tanto più che la Corte non
si è limitata ad indicare le telefonate più significative, ma si è spinta ad indicare alcuni brani
delle varie conversazioni estrapolate dalle singole telefonate.
46.9 Particolarmente eloquenti alcuni contatti captati tra il MAZZINI ed il LOTITO dei quali
la Corte fa ampio cenno correttamente interpretando l’esistenza di manovre pressorie volte a
72

dalla difesa del LOTITO.

garantire la posizione della LAZIO: importanza particolare è stata conferita, ad esempio, alla
telefonata intercorsa 1’8 febbraio 2005 tra il LOTITO ed il MAZZINI in cui il primo chiedeva al
secondo informazioni sull’interessamento “a lungo termine” (vale a dire per l’intera parte
residua del campionato) per la Lazio nei confronti dei designatori BERGAMO e PAIRETTO,
ricevendone ampia assicurazione, come dimostrato da altra telefonata intercorsa il 18 febbraio
successivo in cui è proprio il Vice Presidente della F.I.G.C. ad assicurare al LOTITO che la
propria “mediazione” era riuscita, così come avevano avuto esiti positivi interventi di persone

territoriale.
46.10 In un contesto più ampio la Corte territoriale colloca altra telefonata “strategica” in
cui emergono i contatti febbrili tra i vertici della F.I.G.C. (MAZZINI) e i vertici A.I.A.
(PAIRETTO) nel quadro delle contese per la Presidenza federale e soprattutto le richieste del
LOTITO verso il Presidente CARRARO per una “attenzione verso il suo caso” (le sorti della
LAZIO) e le raccomandazioni del MAZZINI al PAIRETTO perché la posizione della LAZIO venisse
tenuta in considerazione.
46.11 Identiche considerazioni svolge la Corte territoriale con riferimento alla gara LAZIOPARMA del 27 febbraio 2005, gara giudicata di vitale importanza per le sorti della LAZIO ed in
cui, ancora una volta, vengono sottolineati i frequenti contatti tra il MAZZINI ed il LOTITO a
ridosso della gara e le richieste di interessamento verso l’ambiente arbitrale del LOTITO per le
sorti della squadra dallo stesso presieduta.
46.12 In conclusione, il ragionamento della Corte di merito muove dalla duplice
considerazione che, pur non esistendo elementi indicativi della effettiva alterazione dei risultati
sportivi riguardanti le due gare sopra descritte, vi sono ampie prove di un generale e fattivo
interessamento del LOTITO (e del MAZZINI) per la ricerca di soluzioni agevolatrici delle ragioni
della Lazio e dell’ampio contesto in cui tali manovre si collocano, costituito

dalla ricerca di

alleanze ed appoggi per la candidatura CARRARO alla rielezione ai vertici della con
l’apporto dichiarato del LOTITO. Tali manovre valgono a qualificare le condotte in esame come
manifestazione esteriore dell’atto fraudolento volto allo scopo di alterare i risultati agonistici
non attraverso la tradizionale offerta di vantaggi economici ai soggetti di volta in volta da
interessare per il buon esito delle operazioni, ma attraverso un meccanismo ben più sofisticato
e perverso che, spacciando gli interessi del LOTITO per mere manovre elettorali, in realtà
mirava ad alterare gli equilibri del campionato grazie alle protezioni in alto loco in favore di
determinate squadre.
46.13 Si tratta di un fenomeno degenerativo che ben si inquadra nella fattispecie delineata
dall’art. 1 della L. 401/89 come già osservato in altra parte della sentenza, non mancando di
rilevare che la variegabilità delle condotte idonee all’alterazione di una gara conferma la tesi
della fattispecie qualificata come reato a condotta libera la cui caratteristica essenziale è quella
73

estranee all’ambiente calcistico quali il Dott. FERRI e l’On. FINI come ricordato dalla Corte

di porre in essere azioni in grado di alterare i risultati agonistici: non è chi non veda, infatti, ai
fini della rilevanza penale l’assenza di sostanziali differenze tra la condotta di chi offre o dà
denaro (o promette altri vantaggi) a soggetti appartenenti ad un’altra squadra per assicurarsi
la vittoria o il vantaggio in classifica e la condotta di chi persegua tali obiettivi attraverso
manovre più subdole ma ugualmente destinate al raggiungimento di quello scopo.
46.14 Tali caratteristiche impediscono che possa parlarsi di tentativo, rimasto – secondo la
difesa del ricorrente – allo stadio degli atti preparatori non punibili, perché quello che secondo

all’alterazione della gara, non rilevando affatto che il risultato sia poi stato alterato attraverso
direzioni di gara di favore (e, per quanto riguarda le vicende legate alle due partite, in almeno
una di esse – CHIEVO-LAZIO – la Corte distrettuale ha evidenziato elementi sospetti
rappresentati da una serie di sviste arbitrali in favore della società romana), in quanto il
momento consumativo del reato si è perfezionato proprio attraverso quelle sollecitazioni,
raccomandazioni e pressioni ripetutamente attivate dal LOTITO, con l’avallo di autorevoli
dirigenti federali, per assicurare il salvataggio della squadra laziale.
46.17 Sostiene la difesa del ricorrente che il vizio di contraddittorietà e manifesta illogicità
deriverebbe dall’assoluzione sia del CARRARO che del PAIRETTO per non avere commesso il
fatto; dalle assoluzioni degli arbitri ROCCHI e MESSINA, incaricati della direzione delle due
gare sopra menzionate, per insussistenza del fatto; dall’assenza di contatti diretti tra il LOTITO
ed i vertici arbitrali ovvero gli appartenenti alla classe arbitrale (nell’ordine, BERGAMO,
PAIRETTO, ROCCHI e MESSINA), con la conseguenza che, mancando quel contatto diretto tra il
LOTITO ed i designatori, nessuna accusa di condotta fraudolenta sarebbe sostenibile in
coerenza con quanto affermato dalla Corte di Appello in ordine alla valenza penale di contatti
del genere.
46.18 Sebbene dotato di suggestività, l’argomento non appare persuasivo in quanto
secondo la Corte di merito è stata acquisita in termini di certezza la prova che il LOTITO, sia
personalmente, attraverso contatti diretti con il CARRARO, sia in via mediata, attraverso
contatti con il MAZZINI, ha cercato insistentemente di garantire le sorti della propria squadra
facendo intervenire le persone da lui interessate sui designatori arbitrali: tanto è stato ritenuto
sufficiente dalla Corte per ribadire la sussistenza della condotta fraudolenta con riferimento al
LOTITO, indipendentemente dall’effettiva alterazione delle due gare da parte degli arbitri
designati. E tale affermazione è in linea con il presupposto giuridico dal quale è partita la
Corte, costituito dalla idoneità sia oggettiva che soggettiva di tali condotte sollecitatorie ad
alterare le due gare in modo fraudolento.
46.19 In questo senso allora il terzo motivo del ricorso (cui può accomunarsi il quarto
afferente alla manifesta illogicità della decisione in punto di procedura per il sorteggio degli
arbitri) non può ritenersi fondato.
74

la difesa viene ritenuto atto preparatorio è, in realtà, il primo atto manifesto finalizzato

46.20 Nel ribadire, infatti, la correttezza della decisione del giudice di appello in punto di
inquadramento della fattispecie nello schema del reato di attentato a consumazione anticipata,
va anche escluso il parallellismo tra la fattispecie di illecito sportivo disciplinata dall’art. 7 del
C.G.S. e l’omologa figura delittuosa enunciata dalla seconda parte del comma 1 dell’art. 1 L.
401/89. A parte il fatto che la norma citata dalla difesa in riferimento all’illecito sportivo è
errata (si tratta dell’art. 6 e non dell’art. 7), va rilevato, come correttamente evidenziato dalla
Corte territoriale, che si discute di fattispecie differenti che tutelano interessi, diffusi ma distinti

competizione sportiva la tutela indifferenziata dei consumatori e fruitori dello spettacolo
sportivo) e ascrivibili a soggetti diversi (qualificati quelli riguardanti l’illecito sportivo
propriamente detto; comuni, quelli riguardanti la frode sportiva).
46.21 Infatti l’art. 6 (e non 7 come erroneamente indicato dalla difesa) del C.G.S punisce

“il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare Io svolgimento o il risultato di
una gara ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica” e può essere posto in
essere solo dalle società, dai dirigenti, dagli atleti, dai tecnici, dagli ufficiali di gara e da ogni
altro soggetto che svolga attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, nonché dai
soci e non soci cui è riconducibile, direttamente o indirettamente, il controllo delle società
stesse, e da coloro che svolgono qualsiasi attività all’interno o nell’interesse di una società o
comunque rilevante per l’ordinamento federale.
46.22 Di contro l’art. 1 comma 1 della L. 401/89 punisce quale autore del reato qualunque
soggetto, in qualsivoglia ruolo, provi o riesca a turbare lo svolgimento della competizione, al
fine di conseguire un vantaggio e ciò a prescindere dall’esito della stessa competizione che non
riveste appunto profili di rilevanza penale, nel senso che, ai fini della integrazione della
fattispecie, non rileva che la gara sia stata alterata ma rileva il genere di comportamento
fraudolento posto in essere.
46.23 Quanto al motivo relativo alla formazione delle griglie ed alla manifesta illogicità in
riferimento ai criteri scelti per la designazione degli arbitri nel campionato 2003-2004 ed in
quello 2005-2006 (metodo del sorteggio), nessun vizio è dato riscontrare alla luce delle
conversazioni intercettate che denotato le evidenti manovre nel corso dell’annata sportiva
2004-2005, attuate dal LOTITO per cercare di favorire la sua squadra.
47. Anche il quinto motivo è infondato alla luce sempre dei contenuti delle intercettazioni
che vedono protagonista il LOTITO: se è vero che nessun contatto diretto egli ha intrattenuto
con i singoli dirigenti arbitrali o con gli arbitri e se è vero che il CARRARO è stato prosciolto da
ogni addebito (a stretto rigore nei confronti del CARRARO era stata pronunciata sentenza da
parte del GUP ai sensi dell’art. 425 cod. proc. pen. non essendovi certezza di ulteriori sviluppi
nella fase dibattimentale), ciò non esclude che da parte del LOTITO – per come emerso dalle
intercettazioni menzionate dalla Corte distrettuale – siano state effettuate manovre in un
75

(nel caso dell’illecito sportivo il principio decoubertiniano della lealtà sportiva; nella frode in

contesto più ampio della semplice disputa di una gara atte ad assicurare, con ogni mezzo,
protezione e salvezza alla LAZIO per il campionato 2004-2005.
47.1 In ultimo, non può non rilevarsi che le censure rivolte dalla difesa ai contenuti delle
intercettazioni mirano a fornire una interpretazione alternativa rispetto a quella seguita dalla
sentenza impugnata, operazione, questa, non consentita in sede di legittimità.
47.2 Sulla base di tali considerazioni va pertanto ribadita la responsabilità del LOTITO in
ordine alle due ipotesi di reato ascrittegli, condividendosi, sul punto, il giudizio espresso dalla

intervenuta prescrizione confermando le statuizioni civili ma solo nei confronti del Ministero
dell’Economia e Finanze AA.MM .SS.; del Ministero per le Politiche Giovanili e Sportive e della
F.I.G.C, con estromissione delle altre parti civili costituite nel primo grado di giudizio.

E6) MAZZEI Gennaro

48. I primi cinque motivi del ricorso MAZZEI (soggetto già assolto in primo grado dalla
imputazione di cui al capo A) e dalla imputazione di frode sportiva compendiata nel capo A7),
ritenuto poi responsabile per quest’ultimo delitto in accoglimento dell’appello del P.M. e
tuttavia prosciolto dalla Corte territoriale per intervenuta prescrizione), afferiscono a questioni
processuali inerenti all’ammissibilità delle parti civili ed alle conseguenti erronee statuizioni
civili.
48.1 Invero la Corte territoriale, all’esito del processo di appello, in accoglimento del
gravame del Pubblico Ministero avverso la sola assoluzione del MAZZEI per il delitto di frode
sportiva sub A7 (per il quale era stato invece condannato il coimputato TITOMANLIO Stefano)
ha ritenuto la responsabilità del MAZZEI, dichiarando tuttavia non doversi procedere a suo
carico per estinzione del reato a seguito di prescrizione.
48.2 La Corte territoriale, inoltre, nel provvedere sulle statuizioni civili, ha condannato lo
stesso MAZZEI ex novo in solido con il già condannato TITOMANLIO Stefano al risarcimento del
danno in favore della parte civile FALLIMENTO SALERNITANA SPORT s.p.a., da liquidarsi in
separata sede, relativamente al reato di cui al capo A7), ed inoltre ha condannato il MAZZEI al
risarcimento del danno in favore delle Parti civili Ministero dell’Economia e delle Finanze AAMS; Ministero per le Politiche Giovanili e Sportive e FIGC. In riferimento al reato di cui al
capo A), per il quale era invece intervenuta una pronuncia assolutoria non impugnata né dal
Pubblico Ministero né dalle parti civili suddette.
48.3 Ciò precisato in punto di fatto, le censure sollevate in proposito dalla difesa del
MAZZEI sono fondate.

76

Corte di merito che ha comunque dichiarato estinti i reati contestati all’odierno ricorrente per

48.4 Infatti, con riferimento alle statuizioni risarcitorie a carico del MAZZEI disposte nei
confronti delle parti civili Ministero dell’Economia e delle Finanze-AAMS; Ministero per le
Politiche Giovanili e Sportive e FIGC, né il Pubblico Ministero né alcuna delle dette parti civili
aveva proposto appello avverso la sentenza di assoluzione del MAZZEI dal reato associativo
pronunciata dal Tribunale.
48.5 Con riferimento, poi, alle statuizioni risarcitorie a favore del FALLIMENTO
SALERNITANA SPORT s.p.a., la Corte di Appello non ha evidenziato che la pronuncia

curatela della fallita SALERNITANA SPORT s.p.a., di guisa che, la Corte distrettuale non
avrebbe potuto condannare il ricorrente MAZZEI al risarcimento del danno e alle spese della
parte civile in relazione a quel capo, tanto più che la declaratoria di prescrizione è intervenuta
in riferimento a detto capo, in riforma di una sentenza di assoluzione e non a seguito di una
sentenza di condanna, con conseguente inapplicabilità dell’art. 578 cod. proc. pen.
48.6 Pertanto le statuizioni civili pronunciate nei riguardi del MAZZEI vanno eliminate in
quanto disposte in violazione della legge processuale penale.
49. In riferimento, invece, ai residui motivi di ricorso proposti dal MAZZEI con riguardo
alla declaratoria di prescrizione per il reato di cui al capo A7), gli stessi sono infondati.
49.1 La Corte territoriale, nel rivisitare la pronuncia assolutoria del Tribunale, ha
analizzato meticolosamente i passaggi fondamentali di tale decisione, rivalutando anche, alla
luce della condanna del coimputato TITOMANLIO Stefano (assistente di gara incaricato di
formare la terna arbitrare per la partita del campionato di Serie B AREZZO-SALERNITANA,
nonostante lo stesso dovesse prendere parte a gare del campionato maggiore) gli elementi
emersi a carico di quest’ultimo.
49.2 II MAZZEI, all’epoca dei fatti, era Vice Commissario della C.A.N. di serie AeBe dalle
varie conversazioni intercettate, ma soprattutto dalle dichiarazioni del TITOMANLIO, la Corte
territoriale ha tratto il convincimento che anche il MAZZEI avesse manifestato una chiara
volontà di adoperarsi per il salvataggio della squadra dell’Arezzo, programmata ben prima della
partita in contestazione.
49.3 I dati passati in rassegna dalla Corte territoriale sono convergenti ed univoci oltre che
estremamente sintomatici di un interessamento del MAZZEI per le sorti dell’AREZZO: nella
sentenza impugnata si fa ampio riferimento alle ammissioni fatte per telefono dal TITOMANLIO
in merito ad un suo “avvicinamento” ad opera del MAZZEI e persino in ordine ai
comportamenti posti in essere dallo stesso TITOMANLIO in favore dell’AREZZO nel corso della
gara. Ancora, si fa ampio riferimento ad un episodio avvenuto prima della partita in cui il
MAZZEI in occasione di un raduno arbitrale presso il Centro Tecnico Federale di Coverciano,
aveva chiamato in disparte il TITOMANLIO il quale ha poi ammesso che, pur essendo stato
designato quale assistente di gara in serie A, sarebbe andato ad arbitrare nella categoria
77

assolutoria era stata impugnata soltanto dal Procuratore della Repubblica, ma non dalla

inferiore per un gara “particolare” in cui era necessaria la sua esperienza. Correttamente e
congruamente sotto il profilo logico la Corte ha ritenuto irrilevanti le giustificazioni offerte dal
MAZZEI in sede di dichiarazioni spontanee, mettendo in risalto, quale elemento dissonante a
suo carico il fatto che il passaggio di un assistente o arbitro già assegnato ad una partita della
massima divisione ad una inferiore avrebbe dovuto quantomeno sollecitare nel TITOMANLIO
una qualche reazione negativa, in realtà non avvenuta perché l’invito a scendere di categoria
proveniva da un soggetto autorevole della C.A.N. dal quale sarebbero dipesi ulteriori più

49.4 Non si rinvengono, pertanto, i denunciati vizi di motivazione e di travisamento della
prova, aggiungendosi che nessun ulteriore elemento rispetto a quelli già valutati dalla Corte di
merito, è stato offerto dal ricorrente per dimostrare l’evidenza della insussistenza del fatto o
della estraneità ad esso dell’imputato, condizioni necessarie per un accoglimento del ricorso.
49.5 Sul punto, quindi, il ricorso del MAZZEI va rigettato. Segue la condanna del detto
ricorrente alla rifusione delle spese del grado sostenute dalla parte civile CURATELA
FALLIMENTO SALERNITANA SPORT s.p.a. liquidate in € 3.000,00 (tremila/00) oltre spese
generali ed accessori di legge.

E7) MAZZINI Innocenzo

50. La posizione di tale ricorrente assume contorni particolari anche in riferimento ad una
peculiare questione sollevata con il primo motivo di ricorso che merita – per i profili che
vengono prospettati e per refluenze che ne conseguono – una specifica attenzione.
50.1 Si tratta di questione nuova (in quanto non formulata per ragioni squisitamente
temporali nei motivi di appello), ma ammissibile in relazione al disposto di cui all’art. 609
comma 2 u.p. cod. proc. pen., della violazione del principio ne bis in idem in relazione alla
nota pronuncia della CEDU nella causa Grande Stevens ed altri c. Italia.
50.2 Infatti il motivo dedotto ha riferimento a tale sentenza, depositata il 4 marzo 2014,
successivamente, quindi, alla proposizione dell’atto di appello, deciso dalla Corte di merito il 18
dicembre 2013.
50.3 Con tale motivo la difesa del ricorrente denuncia, alla luce della predetta decisione la
violazione dell’art. 649 cod. proc. pen. in relazione agli artt. 2, 18,11 e 117 Cost. e 4 n. 7
CEDU, rilevando l’illegittimità del sistema detto del “doppio binario” secondo il quale, quando la
stessa condotta è sanzionata contemporaneamente in via amministrativa (ma di natura
analoga per afflittività a quella penale) e penale propriamente detta, può essere applicata
soltanto una sanzione, con la conseguenza che, una volta irrogata una di esse, non è possibile
risanzionare la stessa persona per lo stesso fatto con altra sanzione avente la stessa natura. La
78

rilevanti incarichi per l’assistente in parola.

difesa rileva – con riferimento al caso di specie – che la Corte territoriale ha omesso di
riconoscere la natura penale alla sanzione inflitta al MAZZINI dall’Alta Corte di Giustizia del
CONI della preclusione definitiva a ricoprire qualsiasi ruolo in seno alla F.I.G.C. Nell’ambito del
detto motivo viene sollevata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 649 cod. proc.
pen. per contrasto con gli artt. 24 comma 2° e 117 comma 1° Cost. nella parte in cui la norma
codicistica non prevede l’applicazione del principio del

ne bis in idem qualora ad un

procedimento amministrativo sostanzialmente di natura penale faccia seguito l’attivazione di

50.4 La sentenza della Corte di Strasburgo ha ritenuto sussistente la violazione del
principio di ne bis in idem di cui all’art. 4, Protocollo n. 7 CEDU, in quanto ai ricorrenti, resisi
responsabili di abusi di mercato, erano state irrogate le sanzioni penali di cui all’art. 185 del
D. Igs. 58 del 24 febbraio 1998, nonostante che gli stessi, con decisione definitiva, fossero stati
destinatari delle sanzioni amministrative di cui all’art. 187 ter del medesimo D. Lgs.
50.5 Come è noto, le sentenze della Corte EDU non assumono alcuna efficacia immediata
e diretta nell’ordinamento giuridico dello Stato interessato; tuttavia, come chiarito nella
giurisprudenza della Corte Costituzionale (vds. la sentenza n. 236/2011, che si riporta ai
principi affermati nelle sentenze c.d gemelle n. 348 e 349 del 2007) le norme della CEDU,
come interpretate dalla Corte europea dei diritti dell’uomo integrano, quali norme “interposte”,
il parametro costituzionale enunciato dall’art. 117 comma 1 Cost., nella parte in cui impone la
conformazione della legislazione interna ai vincoli derivanti dagli obblighi internazionali.
50.6 Tanto premesso, il Collegio non ritiene che il richiamo alla sentenza CEDU sia
pertinente al caso in esame in cui si verte in una materia del tutto speciale, non avente natura
amministrativa: si tratta, infatti, di rapporto tra

illecito disciplinare (di competenza della

giustizia sportiva) e illecito penale proprio della giustizia statale: rapporto che, almeno a oggi,
non risulta essere mai stato esaminato dalla Corte EDU.
50.7 L’inapplicabilità della sentenza CEDU alla fattispecie oggi all’esame del Collegio
esclude che possa fondatamente prospettarsi la sollevata questione d’illegittimità costituzionale

altro procedimento di natura penale in senso stretto.

dell’art. 649 c.p.p., I co., e 117, I co., Cost. nella parte in cui non prevede l’applicazione del
principio del ne bis in idem nel caso in cui a un procedimento riconosciuto dal diritto interno
come amministrativo ma sostanzialmente di natura penale, ai sensi dell’art. 4 allegato n. 7
CEDU, faccia seguito l’attivazione di un altro di natura penale in senso stretto.
50.8 Oltretutto per la formulazione della questione di costituzionalità sarebbe occorso il
presupposto di una sentenza della CEDU che avesse preso posizione sul genere di illecito di cui
agli artt. 1 e 6 del codice di giustizia sportiva e sulla natura giuridica della eventuale sanzione
inflitta.
50.9 L’art. 1 del CGS richiamato dal ricorrente così recita: “Le società, i dirigenti, gli atleti,

/

i tecnici, gli ufficiali di gara ed ogni altro soggetto che svolge attività di carattere agonistico, 5
79

tecnico, organizzativo, decisionale o comunque rilevante per l’ordinamento federale, sono
tenuti all’osservanza delle norme e degli atti federali e devono comportarsi secondo i principi di
lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva”.
50.10 Dal testo della norma emerge già una circostanza pacifica, vale a dire l’impossibilità
di una sovrapposizione della norma sportiva rispetto alle fattispecie incriminatrici
dell’associazione a delinquere e del delitto di frode sportiva.
50.11 Non solo, ma è davvero arduo ipotizzare che la punizione disciplinare e quella

violazione di regole deontologiche proprie dell’organo di appartenenza del destinatario della
sanzione: non vi è alcuna equivalenza tra illecito disciplinare sportivo ed illecito amministrativo
così come è giuridicamente insostenibile la natura sostanziale di sanzione penale per una
sanzione irrogata per l’illecito disciplinare che non può nemmeno qualificarsi come sanzione
amministrativa.
50.12 Seppure possa cogliersi una estremizzazione del principio del ne bis in idem nel
nostro ordinamento, occorre pure tenere conto dei diversi ordinamenti che convivono
all’interno delle nostre istituzioni, tra i quali vanno inclusi ordinamenti particolari (come quello
cd. “sportivo” dotato di autonomia “controllata”) ispirati a regole deontologiche che governano
specifiche attività. E’ però indiscutibile che la regola deontologica ha una portata limitata
all’ordinamento nell’ambito del quale essa è inserita, né la natura disciplinare può mutare
caratteri assumendo quello di natura amministrativa attraverso il riconoscimento della
possibilità di adire la giustizia amministrativa o quella ordinaria per far valere un vizio del
procedimento o un eccesso di potere prodottosi nella fase della sua formazione.
50.13 Non suggerisce conclusioni diverse la sentenza della Corte Costituzionale n. 49 del 7
febbraio 2011 intervenuta per dirimere la annosa questione (pur dopo l’emanazione della L.
280/03 sull’autonomia del diritto sportivo) dei limiti di intervento della giustizia amministrativa
nei confronti della pronunce emesse dagli organi di giustizia sportiva. Il caso trattato dalla
Corte Costituzionale riguardava la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 1°,
lett. b), e 2°, del D.L. 220/03 (intitolato “Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva”)
convertito con modificazioni nella L. 17 ottobre 2003, n. 280, sollevata dal TAR Lazio, in
riferimento agli artt. 24, 103 e 113 della Costituzione, nel corso del giudizio avente ad oggetto
l’impugnazione presentata da un dirigente di una società di basket militante nel campionato
professionistico di Lega A avverso una lunga squalifica irrogatagli per illecito sportivo.
50.14 Con tale decisione la Corte Costituzionale ha pronunciato una sentenza
interpretativa di rigetto che ha confermato la legittimità costituzionale dell’articolo 2 lett. b)
della Legge 280/2003, il quale attribuisce alla sola giustizia sportiva le questioni in materia
disciplinare, delineando gli esatti confini tra la sfera d stretta competenza della giustizia
sportiva ed il potere di impugnazione dei provvedimenti disciplinari davanti ai tribunali
80

penale concernano lo stesso fatto, inquadrandosi la sanzione sportiva nell’ambito di una

amministrativi e chiarendo che l’esclusione della giurisdizione del giudice amministrativo
riguarda soltanto le azioni “demolitorie”, vale a dire quelle volte all’annullamento dei
provvedimenti disciplinari impugnati, e non quelle aventi natura meramente risarcitoria,
azionabili dinnanzi al giudice statale.
50.15 Non essendo questa la sede propria per commentare più dettagliatamente i
contenuti della sentenza della Corte Costituzionale, va ricordato però che, fungi dal negare
autonomia al sistema della giustizia sportiva come delineato dall’art. 2 della L. 280/03,

Costituzionale ha affermato che “..qualora la situazione soggettiva abbia consistenza tale da

assumere nell’ordinamento statale la configurazione di diritto soggettivo o di interesse
legittimo, in base al ritenuto “diritto vivente” del giudice che, secondo la suddetta legge, ha la
giurisdizione esclusiva in materia, è riconosciuta la tutela risarcitoria. In tali fattispecie deve,
quindi, ritenersi che la esplicita esclusione della diretta giurisdizione sugli atti attraverso i quali
sono state irrogate le sanzioni disciplinari – posta a tutela dell’autonomia dell’ordinamento
sportivo – non consente che sia altresì esclusa la possibilità, per chi lamenti la lesione di una
situazione soggettiva giuridicamente rilevante, di agire in giudizio per ottenere il conseguente
risarcimento del danno..”.
50.16 La sanzione disciplinare (per quanto severa possa essere) non ha una portata
generale e non esercita alcuna efficacia al di fuori dell’ordinamento particolare (ossia
dell’ordine al quale il trasgressore appartiene); la sanzione amministrativa, al pari di quella
penale è invece caratterizzata dal suo riverberarsi nell’ordinamento in ogni suo aspetto,
giacché evidenzia e punisce un momento di violazione di regole poste a presidio di beni
comuni.
50.17 Sicchè se di sovrapponiblità tra norme, formalmente diverse ma aventi uguale
natura, si deve parlare, ciò vale solo per la sanzione amministrativa rispetto a quella penale,
ma non di certo per quella disciplinare sportiva.
51. Risolta in questi termini la questione prospettata dalla difesa del ricorrente, tutti gli
altri motivi del ricorso incentrati sui vizi di motivazione per contraddittorietà e manifesta
illogicità sono destituiti di fondamento.
51.1 Nell’ambito della vicenda in esame il MAZZINI si trova coinvolto sia nel delitto
associativo di cui al capo A) che in distinti episodi di frode sportiva meglio indicati nei capi V),
U), A3) A5) e A10).
51.2 II MAZZINI all’epoca dei fatti ricopriva il ruolo di Vice Presidente della Federazione
Italiana Giuoco Calcio: ritenuto colpevole dei reati sopra indicati (ad eccezione del reato di cui
al capo A3) e condannato alla pena ritenuta di giustizia, a seguito dell’appello interposto dal
Pubblico Ministero in riferimento alla esclusione del ruolo di organizzatore (con riferimento al
reato associativo) e all’assoluzione dal delitto di frode sportiva di cui al capo A3), l’odierno
81

l’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2 della legge suddetta fornita dal Giudice

ricorrente è stato ritenuto dalla Corte di merito colpevole del delitto di associazione per
delinquere di cui al capo A) con il ruolo di organizzatore, mentre è stato prosciolto dalle
rimanenti imputazioni (compresa quella di cui al capo A3) per la quale era stato proposto
appello da parte del P.M.) per intervenuta prescrizione, con rideterminazione della pena per il
solo reato associativo nel limite di anni due di reclusione, con il beneficio della sospensione
condizionale e con la conferma delle statuizioni civili nei confronti del Ministero dell’Economia e
delle Finanze – AAMS; del Ministero per le Politiche Giovanili e Sportive e della FIGC.

Corte di merito ha riqualificato la condotta ed il ruolo del MAZZINI all’interno del sodalizio
associativo in termini sensibilmente più gravi rispetto alle valutazioni del Tribunale.
51.4 La Corte territoriale nell’accogliere, sul punto, il gravame del Pubblico Ministero ha
evidenziato la posizione di organizzatore dell’imputato, qualificandolo come “colui che, più di

altri imputati, ha reso in numerose conversazioni 11 senso del suo contributo al sodalizio”:

in

questo senso viene sottolineato il ruolo di intermediario tra MOGGI Luciano e dirigenti di
società interessati a fruire dei possibili favori del(l’ormai ex) dirigente juventino; la congerie di
intercettazioni che lo vedono indiscusso protagonista in operazioni di varia natura; la
partecipazione alle riunioni cd. “conviviali” (una delle quali organizzata dallo stesso MAZZINI a
casa propria) tra i vertici dell’associazione (MOGGI, PAIRETTO, BERGAMO); il suo non comune
attivismo nel fornire e/o ricevere informazioni in tempi rapidissimi; il suo fattivo e incessante
interessamento nell’operazione di rielezione dei vertici federali, in favore di una fazione;
l’organizzatore del cd. “salvataggio della Fiorentina” implicitamente confermato dalle
dichiarazioni spontanee di DELLA VALLE Diego, il quale, nel sottolineare l’esistenza di un cd.
“sistema Moggi” all’interno del mondo del calcio (non circoscritto soltanto al campionato di
calcio di quegli anni), ha inteso rimarcare il ruolo “attivo” del MAZZINI nel far sì che la
dirigenza della FORENTINA emarginata perché considerata “snob”, si piegasse ai voleri del
sodalizio pur di salvarsi dalla retrocessione.
52. Anche con riferimento ai quattro episodi di frode sportiva di cui ai capi U),V), A5) ed
A10) la Corte territoriale ha messo in luce i punti più salienti che evidenziavano la
responsabilità del MAZZINI.
52.1 Nel richiamare – per quanto concerne gli episodi contestati ai capi U) e V) – le
argomentazioni sviluppate dalla Corte di merito, già esposte a proposito del ricorrente LOTITO,
con specifico riguardo agli strettissimi rapporti intercorrenti tra i due dirigenti, va fatto in
questa sede un cenno anche alle considerazioni fatte dal giudice di appello per i residui episodi
sub A5 e A10.
52.2 Al riguardo, con riferimento ai capi di imputazione U) e V) il Collegio fa espresso
richiamo alle considerazioni espresse a proposito dell’esame della posizione del coimputato
LOTITO ed agli strettissimi rapporti di interessi non solo per le sorti della LAZIO ma anche per
82

51.3 Nel richiamare le linee essenziali che caratterizzano il reato associativo (v. supra), la

le sorti dei vertici federali da rieleggere: si tratta di valutazioni che sottolineano condotte
integranti la fattispecie di frode sportiva nei termini già esplicitati in altra parte della presente
decisione.
52.3 Anche con riferimento ai rimanenti capi di imputazione la Corte territoriale si è
soffermata analiticamente sulle numerose conversazioni intercorse tra il MAZZINI, DELLA
VALLE Andrea, BERGAMO, MENCUCCI (dirigente della FORENTINA).
53. La frode sportiva indicata nel capo A5) riguarda la gara CHIEVO – FIORENTINA del 22

l’incontro con il punteggio di 1-0): vengono segnalate alcune telefonate particolarmente
sintomatiche come quella del 21 aprile 2005 svoltasi tra DELLA VALLE Andrea e il MAZZINI
dalla quale emerge, come ricordato dalla Corte territoriale, la vivissima preoccupazione del
dirigente della FIORENTINA per il prossimo risultato anche a causa dell’esito della gara
precedente disputata con il MESSINA (squadra nel giro di MOGGI Luciano) terminata con il
punteggio di 1-1 per una rete segnata in pienissimo recupero (al 96′) dalla quadra peloritana;
o, ancora, altra coeva telefonata intercorsa tra il MENCUCCI (altro dirigente della squadra
viola) e il MAZZINI. Si tratta di telefonate che per la Corte territoriale assumono una valore
probante circa i frenetici tentativi di condizionare il risultato della gara in quanto inserite in un
contesto che inizialmente (gennaio 2005) vedeva il MAZZINI, d’intesa con il MOGGI, agire per
favorire la rielezione del Presidente CARRARO in contrapposizione con l’emergente ABETE
appoggiato tra gli altri, dalla società toscana.
53.1 L’ammorbidimento dell’atteggiamento di ostracismo fino a poco tempo prima
manifestato dal MAZZINI (e dello stesso MOGGI) verso la FIORENTINA (sfociato in una attività
di “dossieraggio” come la denomina la Corte di Appello, per screditare la figura di DELLA VALLE
Andrea), viene letto dal giudice di appello come prova di una inversione di tendenza favorita
dall’andata “a Canossa” del DELLA VALLE (sostanzialmente da questi riconosciuta in sede di
dichiarazioni spontanee come ricordato dalla Corte distrettuale) che mostra di avere fatto una
sorta di atto di sottomissione al predominio del MOGGI: da qui la conferma del reato di frode
sportiva che trova, secondo la Corte, ulteriore riscontro in una intermediazione del MAZZINI
attraverso contatti con il designatore BERGAMO per la individuazione di un arbitro vicino al
“gruppo MOGGI” (“…bisogna che Paolo BERGAMO abbia un minimo di attenzione verso il caso
Fiorentina, il che vuol dire non fare niente di strano se non quello di essere tutelati per la
realtà che è la Fiorentina…. Tutto qui”).

53.2 Così come viene riconosciuta decisiva portata ad altra telefonata del MAZZINI al
MENCUCCI per sollecitare un incontro direttamente fra il designatore BERGAMO ed il
Presidente della squadra viola DELLA VALLE Diego a riprova di una accurata preparazione
orientata al salvataggio della FIORENTINA.

83

maggio 2005 (partita considerata decisiva per le sorti della squadra viola che si aggiudicherà

53.4 Viene attribuita importanza fondamentale all’incontro avvenuto fra i fratelli DELLA
VALLE ed il BERGAMO presso l’Hotel Villa Massa documentalmente accertato dalla P.G. al
quale viene data una spiegazione coerente con le premesse di cui sopra nel senso di una sorta
di riunione finale “conciliativa” e “rassicurativa” per le sorti della FORENTINA grazie
all’impegno del designatore BERGAMO con la complicità del MOGGI e del MAZZINI.
53.5 Per quanto riguarda l’imputazione di cui al capo A10) concernente la frode sportiva in
riferimento alla partita LECCE-PARMA (ultima gara del campionato disputatasi il 29 maggio

le espulsioni e ammonizioni comminate dall’arbitro DE SANTIS, a disputare lo spareggio con il
BOLOGNA), la Corte inquadra tale partita nella operazione di salvataggio della squadra della
FIORENTINA: in questo caso il fine viene raggiunto grazie alla designazione da parte del
BERGAMO, previo inserimento nella griglia, di un arbitro vicino al cd. “gruppo MOGGI” (DE
SANTIS Massimo) e grazie alla cooperazione fattiva fra il BERGAMO ed il MAZZINI, portavoce
delle istanze del MENCUCCI e conseguentemente dei fratelli DELLA VALLE.
53.6 In questo senso la Corte ritiene strettamente collegate le due gare ed evidenzia una
serie di intercettazioni che – per quanto riguarda il MAZZINI – vedono detto soggetto
direttamente coinvolto in questa complessa e laboriosa operazione di salvataggio: vengono
così menzionate alcune significative telefonate come quella del 29.05.2005 in cui il MAZZINI
contatta il MENCUCCI magnificando, con l’avallo di quest’ultimo, le buone scelte effettuate (il
riferimento è all’arbitro DE SANTIS grazie all’interessamento del BERGAMO; o ancora, quella
tra tale NASSI e il MAZZINI, nella quale questi assentisce alle valutazioni espresse dal suo
interlocutore sulla necessità che la FIORENTINA andasse salvata ad ogni costo giungendo a
parlare di una “operazione chirurgica perfetta”.
53.7 Ed ancora, viene sottolineata altra telefonata intercorsa, sempre il 29 maggio 2005,
tra il MAZZINI e l’arbitro DE SANTIS in cui il primo esterna al secondo i suoi complimento sul
modo non solo di arbitrare la partita ma di “pilotarla” (così si è espressa la Corte di merito)
finendo con l’assecondare i desiderata della società viola.
53.8 Dall’esposizione delle argomentazioni svolte dalla Corte sia per confermare
l’appartenenza del MAZZINI all’associazione criminale, sia per affermarne il ruolo di
organizzatore, sia per ribadirne la responsabilità per i reati-fine di frode sportiva, è da
escludere che ci si trovi in presenza di vizi logici eclatanti ovvero di contraddittorietà.
53.9 Anzi la Corte territoriale nel ridisegnare il reale ruolo del MAZZINI in seno al sodalizio
criminale, ha indicato il ricorrente come organizzatore (al pari del coimputato PAIRETTO) in
relazione al suo inserimento ai massimi vertici della FIGC, distinguendolo dal MOGGI indicato
invece, ben a ragione (v. postea) come “promotore” dell’associazione.
53.10 Tale diversificazione dei ruoli è assolutamente corretta ed in linea con
l’interpretazione giurisprudenziale secondo la quale nel variegato assortimento dei componenti
84

2005 e terminata con il punteggio di 3-3 che costringerà il PARMA in formazione decimata per

di una struttura associativa criminale, l’organizzatore è colui il quale coordina l’attività degli
associati ed assicura la funzionalità delle strutture o comunque che svolga compiti aventi le
caratteristiche della essenzialità e della infungibilità, intesa come non facile intercambiabilità
rispetto ad altri sodali (v. Sez. 6^ 16.1.1991 n. 403, Marin e altri, Rv. 186226; Sez. 1^
10.5.1993 n. 11344, Algranati ed altri, Rv. 195764), mentre il promotore è colui che da solo o
con altri si faccia iniziatore della societas sceleris e che svolga compiti di alimentazione
costante ed implementazione del programma attraverso l’eventuale ricerca di nuovi sbocchi

53.11 II ruolo di organizzatore rivestito dal MAZZINI è stato correttamente posto in
evidenza attraverso la verifica di quel suo costante impegno nel gestire in prima persona,
favorito anche dalla sua posizione verticistica in senno alla F.I.G.C., i rapporti tra i sodali e
costituire un insostituibile punto di riferimento per una corretta gestione dei vari programmi
del sodalizio.
54. Analoghe considerazioni in riferimento all’assenza dei denunciati vizi di motivazione
vanno fatte con riferimento alle varie fattispecie di frodi sportive sub U) V), A5) e A10),
richiamandosi, per quanto concerne le prime due, anche le argomentazioni in precedenza
sviluppate con riferimento ai rapporti intercorrenti tra il MAZZINI ed il LOTITO.
55.

Quel che occorre conclusivamente rilevare è il riconoscimento della responsabilità

effettuato dalla Corte di merito in coerenza con il concetto di frode sportiva qualificato come
reato di attentato che annovera tra le condotte punibili quelle che nei reati non di attentato
verrebbero qualificati come atti preparatori e che nelle ipotesi in esame costituiscono tipici atti
integrativi della fattispecie di cui all’art. 1 della L. 401/89
55.1 Più in particolare sono stati a ragione valorizzati – a riprova sia del reato associativo
che dei reati fine – i numerosi incontri con altri vertici federali o dirigenti di società finalizzati
alla commissione di illeciti penalmente rilevanti. Il mancato possesso della scheda estera non è
stato ritenuto dalla Corte di merito elemento decisivo ai fini di eventuale proscioglimento nel
merito, a differenza di quanto avvenuto per altri sodali, tenuto anche conto che la quasi
titolarità degli incontri è stata gestita dal MAZZINI con altri vertici della federazione o del
mondo arbitrale, ma non con il MOGGI.
55.2 Nessuna aporia si rileva anche in riferimento al complesso episodio “a tappe forzate”
(visti i tempi contingentati) dell’operazione di salvataggio della Fiorentina in cui è stato posto
in risalto il fattivo interessamento del MAZZINI (nell’ambito di una situazione di
contrapposizione tra due opposti gruppi in vista della elezione del Presidente della FIGC e degli
equilibri strategici del campionato in corso) come prova ulteriore della sua appartenenza
all’associazione.
55.3 Quanto, poi, al profilo della inconfigurabilità della frode sportiva in relazione al
decreto di archiviazione del G.I.P. del Tribunale di Torino su conforme richiesta del P.M.
85

criminali (v. sez. 6^ 403/91 cit.).

nell’ambito di altro procedimento (proc. n. 14347 a carico di MOGGI, GIRAUDO e PAIRETTO)
per il delitto di cui all’art. 1 della L. 401/89 per avere quelle autorità giudiziarie ritenuto
penalmente irrilevanti i meri contatti tra dirigenti arbitrali e dirigenti di società in vista della
designazione dell’arbitro di gara e giudicati gli stessi inidonei ad integrare la fattispecie penale,
osserva il Collegio che quella decisione è maturata in contesto diverso ed in assenza di quegli
ulteriori elementi acquisiti nell’ambito del presente procedimento.
56. In conclusione le censure sollevate dalla difesa del ricorrente, poi ulteriormente riprese

56.1 Ne deriva l’annullamento della sentenza impugnata senza rinvio per essere il reato di
cui all’art. 416 comma 1 cod. pen. (che prevede la pena edittale massima di anni sette con
proroga del termine massimo prescrizionale pari ad anni otto e mesi nove decorrente dal mese
di giugno 2005) estinto per prescrizione maturata, inclusa la sospensione di giorni 11 in fase di
appello, 1’11 marzo 2014.
56.2 Trattasi, peraltro, con riferimento al reato associativo, di prescrizione maturata dopo
la pronuncia della sentenza di appello, senza che abbia incidenza il brevissimo periodo di
sospensione del corso della prescrizione nella fase del giudizio di secondo grado, pari a giorni
dieci, compreso tra l’udienza del 20 settembre 2013 e la successiva dell’i ottobre 2013, sicchè
trova applicazione nella specie il principio costantemente affermato da questa Corte Suprema
secondo il quale, in caso di maturazione del termine prescrizionale dopo la sentenza di appello,
in tanto è possibile provvedere alla declaratoria di estinzione del reato in quanto il ricorso non
risulti manifestamente infondato: è, infatti, solo l’inammissibilità del ricorso dovuta alla
manifesta infondatezza dei motivi, a precludere la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di
non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen., non potendosi considerare formato un
valido rapporto di impugnazione (Sez. 2^ 8.5.2013 n. 28848, Ciaffoni, Rv. 256463; Sez. 4^
20.1.2004 n. 18641, Tricomi, Rv. 228349; S.U. 22.11.2000 n. 32, De Luca, Rv. 217266).

E8) PAIRETTO Pierluigi

57.

In riferimento alla posizione del ricorrente PAIRETTO Pierluigi, posto che il primo

motivo è già stato esaminato in altra parte della presente sentenza, residua l’esame riferito
agli altri due motivi che, concernendo sempre la medesima imputazione di associazione per
delinquere sia pure sotto aspetti diversi, possono essere trattati congiuntamente.
57.1 Al PAIRETTO era stata contestata l’imputazione di partecipazione all’associazione
criminosa in veste di organizzatore, ruolo escluso dal Tribunale all’esito del giudizio di primo
grado e riaffermato invece dalla Corte di Appello a seguito dell’impugnazione, sul punto, del
pubblico ministero.
86

in altra memoria difensiva sono infondate, anche se in modo non manifesto.

58.2 La Corte territoriale, riprendendo in parte la motivazione del Tribunale che aveva
ritenuto il PAIRETTO colpevole del delitto di cui al capo A) nella veste di mero partecipe, ha
non solo ribadito l’appartenenza consapevole del PAIRETTO all’organizzazione criminale, ma
valorizzato una serie di dati per pervenire alla conclusione che egli svolgesse un ruolo di
vertice all’interno di essa.
58.3 A parte il documentato possesso della scheda estera (circostanza che la Corte ha
ritenuto confermata sulla scorta della dichiarazione del coimputato BERGAMO Paolo e sulla

sono state ritenute prova della partecipazione “qualificata” del PAIRETTO all’associazione
alcune riunioni “operative” (che la difesa del PAIRETTO, al pari delle difese di alcuni dei
coimputati di questo processo quali MOGGI e MAZZINI, insiste nel definire “conviviali”) tenute
dal predetto dirigente arbitrale anche presso la propria abitazione: riunioni che, nel contesto in
cui venivano programmate e tenute, avevano quale obiettivo – secondo il condivisibile giudizio
espresso dalla Corte territoriale – una serie di accordi “programmatici” attinenti non solo alle
sorti di alcune partite più importanti del campionato di serie A 2004-2005 ma anche decisive
per gli assetti interni alla FICG ( ed alla Lega professionisti, organo interno anch’esso alla
Federazione).
58.4 La Corte territoriale nel ribadire il concetto della specifica veste del PAIRETTO in seno
all’organizzazione, da un canto non ritiene che costui operasse secondo i voleri del MOGGI (il
che, invece, era stato uno degli argomenti di fondo del Tribunale per escludere il ruolo di
organizzatore); dall’altro, pone in risalto l’autonomia operativa del designatore torinese
soprattutto con riferimento alla predisposizione delle griglie arbitrali in parallelo con l’attività
del BERGAMO (essendo entrambi i designatori degli arbitri per il campionato 2004-2005) ed
agli interventi (comprovati anche da alcune intercettazioni puntualmente menzionate dalla
Corte di Napoli con richiamo in parte qua alla decisione del Tribunale) volti ad “aggiustare” la
predisposizione delle griglie sulla base di indicazioni o suggerimenti provenienti da terzi a ciò
interessati.
58.5 Ma il ruolo di organizzatore attribuito al PAIRETTO viene desunto anche dalla
circostanza che egli rappresentava una larga fascia di elettori per le cariche federali in
contrapposizione a quella del BERGAMO.
58.6 La tesi difensiva faceva (e fa) leva su elementi disattesi dalla Corte territoriale che,
pur riconoscendo un numero minore di contatti telefonici riguardanti il PAIRETTO, menziona
alcune intercettazioni che vedono coinvolto il designatore torinese con un dirigente della
società BRESCIA CALCIO s.p.a. denotanti la sua influenza sulla designazione degli arbitri in
sede di predisposizione delle griglie ed, ancora, rimprovera al PAIRETTO il fatto, ritenuto
anomalo, di avere consentito (insieme al Bergamo) la intromissione del MOGGI, soggetto forse
autorevole in seno alla sua società di appartenenza per il ruolo dirigenziale ricoperto, ma
87

scorta, anche, di un conversazione intercorsa con il coimputato MOGGI il 20 settembre 2004),

certamente estraneo alla F.I.G.C. in un settore (quello della designazione arbitrale) di esclusiva
competenza di soggetti istituzionalmente appartenenti alla F.I.G.C. (o ad organismi operanti in
seno ad essa) proprio per rendere impermeabile e non manovrabile da parte di soggetti
estranei quel sistema che era deputato a garantire la corretta gestione delle gare.
58.7 La difesa del ricorrente ravvisa nelle argomentazioni sviluppate dalla Corte territoriale
sia il vizio di inosservanza della legge penale (sotto il profilo della non configurabilità del delitto
associativo e della non appartenenza del PAIRETTO al sodalizio), sia il vizio di manifesta

59. Quanto alla dedotta inosservanza della legge penale il Collegio non può che fare
richiamo alle precedenti considerazioni svolte a proposito del reato associativo e delle condotte
che valgono a caratterizzarlo.
59.1 Nel capo d’imputazione sono certamente presenti gli elementi sintomatici della
stabilità del gruppo di persone e del numero non inferiore a tre, delle persone inserite nella
compagine associativa; delle finalità (illecite) perseguite e dell’esistenza di una ben strutturata
ed articolata organizzazione idonea al perseguimento degli obbiettivi prefissati.
59.2 Con riferimento al numero delle persone, i plurimi dati processuali esaminati dalla
Corte distrettuale hanno confermato la compresenza di soggetti con funzioni e qualifiche
diverse, portatori di interessi individuali diversi, per la cui realizzazione, tuttavia, è
imprescindibile la commissione di un certo tipo di reato (il reato di frode sportiva come si vedrà
meglio in prosieguo).
59.3 Quanto alle finalità perseguite, queste sono state esteriorizzate attraverso la
realizzazione indeterminata del delitto di frode sportiva rientrante in apposito programma
delittuoso: tale reato-scopo si atteggia anche come strumento per il perseguimento di
obbiettivi ulteriori, non necessariamente destinati ad incidere sui risultati di singole
competizioni partite, ma più in generale indirizzati alla predeterminazione degli esiti del
campionato di serie A 2004-2005: il che semmai accentua l’illiceità dell’associazione che ha
orizzonti assai più ampi di quelli che avrebbe avuto se unicamente indirizzata all’alterazione di
alcune gare di campionato ben determinate.
59.4 Quel che la Corte territoriale ha inteso evidenziare è non solo la vastità
dell’associazione ma la sua stessa variegata composizione ed il perseguimento di obiettivi
strategici in vista della salvaguardia degli interessi di determinati gruppi di potere e del
mantenimento di determinati equilibri: è quindi il sistema generale del settore calcistico nelle
sue articolazioni di vertice che conduce i giochi e stabilisce attraverso riunioni oligarchiche le
sorti sia delle partite che del campionato nella sua interezza. Il raggiungimento di determinati
risultati sportivi vale sia per le sorti dirette della squadra interessata, sia per stabilire gerarchie
generali nel campionato come proiezione dei dirigenti delle squadre a loro volta impegnati in
una serrata campagna di accaparramento del potere per meglio poter governare il campionato.
88

illogicità e travisamento della prova.

59.5 Correttamente, quindi, la Corte sottolinea la estrema gravità della condotta del
PAIRETTO che, anziché garantire, come avrebbe dovuto, la regolarità del campionato e del
sistema (anche in riferimento al delicato settore arbitrale a lui affidato), si pone al servizio di
interessi di soggetti non qualificati nel mondo federale (il MOGGI) finendo con il tradire la
propria funzione istituzionale ed, in ultima analisi, il sistema stesso.
59.6 Come è dato leggere nella sentenza impugnata, l’associazione in parola sorge per
iniziativa del suo ideatore e promotore MOGGI Luciano e la prima manifestazione di operatività

telefoniche estere comprate in Svizzera e in grado di neutralizzare tentativi di intrusione da
parte di estranei. Con tale sistema il MOGGI distribuirà le schede suddette a quei soggetti con i
quali avrebbe dovuto di volta in volta relazionarsi per il perseguimento di determinate esigenze
(tutte rientranti in quel programma criminoso cd. “globale”) e tale inusuale e per certi versi
ingegnoso sistema relazionale costituisce la base fondante del funzionamento dell’associazione.
59.7 Ma non è questo soltanto il dato probatorio esaminato e valutato da parte della Corte
distrettuale per confermare l’esistenza dell’associazione e l’intraneità del PAIRETTO nel sistema
illecito facente capo a tale struttura.
59.8 Sono infatti, le conversazioni telefoniche menzionate in precedenza che vedono tra i
protagonisti il PAIRETTO, seppur indirettamente; i risultati dei tabulati telefonici dimostrativi
della pluralità e costanza dei contatti tra i vari consociati; ancora, gli incontri definiti
eufemisticamente “conviviali”, ma che di conviviale nel senso con il quale tale espressione
viene comunemente intesa, non hanno nulla. Si tratta di incontri di volta in volta organizzati
nelle abitazioni private (e non di certo in sedi istituzionali) di ciascuno di quei partecipanti e di
riunioni definite, a ragione, dalla Corte, di carattere programmatico e destinate ad una cerchia
davvero ristretta di persone (GIRAUDO, MOGGI, PAIRETTO e BERGAMO), spesso tenute a
ridosso di determinati incontri calcistici (circostanza che è stata tenuta presente dal giudice di
merito per affermare la illiceità penalmente rilevante di tali incontri “riservati”).
59.9 Sotto altro profilo si osserva che da parte del giudice distrettuale è stata confermata
la sussistenza del reato-fine di frode sportiva latu senso intesa (cioè non strettamente legata
alla manipolazione di una determinata gara del campionato, ma comunque volta ad alterare
attraverso determinati interventi dall’alto, risultati calcistici diretti ad assicurare la permanenza
di determinate compagini sportive nel massimo campionato come i casi della Lazio e della
Fiorentina).
59.10 Il Collegio non può che ribadire – sulla scorta delle considerazioni generali sulla
figura delittuosa della frode sportiva precedentemente svolte – la valenza, penalmente illecita,
delle operazioni di predisposizione delle griglie arbitrali che la difesa del ricorrente ha invece
ritenuto di valenza neutra ai fini della integrazione della fattispecie se non proprio inidonea ad
influire sul risultato sportivo, posto che altre condotte ben più sintomatiche quali, in ipotesi,
89

dell’associazione è costituita dall’acquisizione, sempre ad opera del MOGGI, di schede

l’alterazione dei sorteggi arbitrali ovvero l’anomalia nelle conduzioni arbitrali di determinate
partite sono rimaste del tutto indimostrate.
59.11 Si tratta, come è agevole rilevare, di una visione riduttiva del concetto di illiceità
penale di una determinata fattispecie in quanto la condotta riferibile alla predisposizione delle
griglie arbitrali non può considerarsi preliminare rispetto allo svolgimento della gara – e come
tale, inidonea ad alterarne il risultato – innestandosi invece in un complesso meccanismo
operativo che vede quella manovra come non soltanto propedeutica alla assegnazione delle

dirigenziali di determinate società (per quanto qui di interesse la Juventus attraverso MOGGI
Luciano) in combutta con i vertici arbitrali (PAIRETTO e BERGAMO), ma come dimostrativa
della vicinanza dell’arbitro di volta in volta designato, ai soggetti attivi nell’ipotizzato gruppo
associativo.
59.12 Tale conclusione esclude che possa parlarsi di motivazione palesemente illogica o di
travisamento della prova, in quanto vizi siffatti sono caratterizzati da elementi assenti nella
sentenza impugnata.
59.13 Il travisamento delle prove – che, per inciso – costituisce un tipico esempio di
contraddittorietà processuale, a differenza del cd. “travisamento del fatto”, il cui esame è
precluso in sede di legittimità, si verifica quando nella motivazione si introduca un’informazione
rilevante che non esiste nel processo ovvero si ometta la valutazione di una prova decisiva ai
fini della pronuncia e dunque rientra a pieno titolo nel sindacato del giudice di legittimità (Cass.
Sez. 5^ 39048/07 cit.; Cass. Sez. 3^ 18.6.2009 n. 39729, Belluccia e altri, Rv. 244623). Il
travisamento in questione deve essere decisivo, nel senso che esso assume rilevanza specifica
solo se “l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo

illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/probatorio,
fermi restando il limite del “devolutum” in caso di cosiddetta <

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