Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36345 del 23/05/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 36345 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GULLI FRANCESCO N. IL 15/05/1970
avverso la sentenza n. 2969/2011 CORTE APPELLO di CATANIA, del
14/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SALVATORE DOVERE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. \r/mew r
che ha concluso per
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Data Udienza: 23/05/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Gulli Francesco è stato giudicato dal Tribunale di Catania, sezione
distaccata di Mascalucia, responsabile del reato di esercizio arbitrario delle
proprie ragioni (art. 392 cod. pen.), così modificata l’originaria qualificazione di
tentato furto, e condannato alla pena ritenuta equa nonché al risarcimento dei
danni in favore della parte civile.
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Catania ha
parzialmente riformato la menzionata decisione, intervenendo sulla pena (ridotta

La Corte distrettuale ha rimarcato come anche dalle dichiarazioni rese dal
Gulli medesimo fosse emerso che questi aveva disposto la rimozione dall’area
ove si trovavano dei materiali di risulta e delle attrezzature edili in disuso, ivi
abbandonati da tempo dal proprietario; tale condotta era stata assistita dalla
coscienza e volontà di realizzare una pretesa giuridica senza il preventivo ricorso
all’autorità giurisdizionale.

2.1. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l’imputato con atto
sottoscritto personalmente deducendo violazione di legge, per aver la Corte di
Appello ritenuto ammissibile la costituzione di parte civile della persona fisica
dichiaratasi titolare dei beni, nonostante al tempo del commesso reato la società
Iced s.r.I., della quale tale persona era stata amministratore unico, fosse già
stata dichiarata fallita; sicchè la legittimazione ad esercitare l’azione civile
spettava al curatore fallimentare, in ossequio a quanto previsto dall’art. 43 r.d.
n. 267/42.
2.2. Con un secondo motivo deduce violazione di legge e vizio motivazionale
per aver la Corte di Appello posto a fondamento del proprio convincimento le
dichiarazioni rese dal ricorrente quale imputato, omettendo di compiere un
rigoroso esame delle risultanze dell’istruttoria dibattimentale in relazione
all’elemento soggettivo del reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. In via preliminare va rilevato come sia interamente decorso il termine di
prescrizione previsto per il reato di cui trattasi. Infatti, commesso questo non
oltre il 24.3.2005, data nel quale si accertò il trasporto dei materiali rimossi
dall’area ove erano stati depositati, il termine di prescrizione risulta consumato,
tenuto conto della ricorrenza di una sospensione di detto termine per un periodo
di cinque mesi e sedici giorni, con il trascorrere del 10.3.2013.

4.1. Non emergendo in atti elementi evidenti e palmari di irresponsabilità
del condannato, conducenti ad una pronuncia nel merito più favorevole ai sensi

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ad euro duecento di multa), mantenendo ferme le restanti statuizioni.

dell’art. 129 co. 2 cod. proc. pen., deve pronunciarsi l’annullamento della
sentenza, senza rinvio.
Le diffuse argomentazioni svolte dalla Corte territoriale nella pronuncia
impugnata, escludono qualsiasi possibilità di proscioglimento nel merito, ma
anche valgono ad escludere la fondatezza delle censure svolte dal Gulli, che sono
comunque da esaminare attesa la pronuncia di condanna dello stesso al
risarcimento dei danni in favore della parte civile.
In tema di declaratoria di estinzione del reato, infatti, l’art. 578 cod. proc.

estinto per amnistia o prescrizione il reato per il quale sia intervenuta
“condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni
cagionati”, sono tenuti a decidere sull’impugnazione agli effetti dei capi della
sentenza che concernano gli interessi civili; al fine di tale decisione i motivi di
impugnazione proposti dall’imputato devono essere esaminati compiutamente,
non potendosi trovare conferma della condanna al risarcimento del danno (anche
solo generica) nella mancanza di prova della innocenza degli imputati, secondo
quanto previsto dall’art. 129, co. 2 cod. proc. pen. (Cass. Sez. 6, sent. n. 3284
del 25/11/2009, Mosca, Rv. 245876).
Anche sotto lo specifico profilo ora menzionato le doglianze proposte dal
Gulli non sono fondate.
4.2. È da osservare, quanto al primo motivo di ricorso, che il capo di
imputazione indica le cose oggetto materiale del reato come in proprietà della
costituita parte civile; la sentenza di primo grado, dal canto suo, non ha
accertato che esse fossero in proprietà della Iced, citata come la società che
aveva lasciato i beni sull’area dopo l’esecuzione dei lavori. Pertanto, la censura
mossa dal ricorrente prende le mosse da un dato fattuale diverso da quello
emergente dagli atti, senza che il ricorrente abbia documentato un eventuale
travisamento della prova.
4.3. Quanto alla valutazione delle dichiarazioni del Gulli, che non sarebbe
stata accompagnata dall’esame delle ulteriori risultanze processuali (ovvero la
deposizione del teste Longo Giuseppe), la censura appare aspecifica, non
essendo esplicitato quali contenuti delle dichiarazioni del Longo avrebbero tale
rilievo da determinare la carenza e la manifesta illogicità della motivazione.
Mette conto rammentare, al riguardo, che sussiste la ipotesi di manifesta
illogicità della motivazione quando il giudice di merito, nel compiere l’esame
degli elementi probatori sottoposti alla sua analisi e nell’esplicitare, in sentenza,
l’iter logico seguito, si esprima attraverso una motivazione incoerente,
incompiuta, monca e parziale. La carenza di logica nella motivazione va desunta,
più che dalla mancanza di parti espositive del discorso motivazionale, dalla

pen. prevede che il giudice d’appello o la Corte di Cassazione, nel dichiarare

assenza di singoli elementi esplicativi, i quali siano tali da costituire tappe
indispensabili di un percorso logico-argomentativo, che deve necessariamente
snodarsi tra i temi sui quali il giudice è tenuto a formulare la sua valutazione
(Sez. 5, n. 4893 del 16/03/2000 – dep. 20/04/2000, Pg in proc. Frasca, Rv.
215966).
Ciò importa l’onere del ricorrente di indicare in cosa consistano quegli
elementi esplicativi che pur rappresentando capisaldi del percorso logicoargomentativo tracciato dal decisore risulta assenti nella motivazione.

5. In conclusione, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio, perché
estinto per intervenuta prescrizione il reato addebitato; vanno altresì confermate
le statuizioni civili adottate in primo grado.
P.Q.M.
annulla la impugnata sentenza senza rinvio perché estinto per intervenuta
prescrizione il reato addebitato. Conferma le statuizioni civili adottate in primo
grado.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 23/5/2014.

Tale onere, come già espresso, nel caso di specie non risulta adempiuto.

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