Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36329 del 30/06/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 36329 Anno 2015
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: CASSANO MARGHERITA

Data Udienza: 30/06/2015

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MORGANTE ROBERTO N. IL 10/08/1968
avverso l’ordinanza n. 1650/2014 TRIB. LIBERTA’ di MILANO, del
11/12/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARGHERITA
CASSANO;
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lettetsentite le conclusioni del PG Dott. V

Udit MifensoreAvv.;
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Ritenuto in fatto.

1.Con ordinanza dell’Il dicembre 2014 il Tribunale di Milano, costituito ex art.
309 c.p.p., pronunziandosi in sede di rinvio a seguito della sentenza pronunziata
dalla Quinta Sezione di questa Corte limitatamente al delitto di associazione di
stampo mafioso, confermava l’ordinanza emessa il 29 marzo 2014 con la quale il
giudice per le indagini preliminari del locale Tribunale aveva disposto nei confronti

all’art. 416 bis c.p., oltre che in ordine a plurimi delitti di usura.
2.Ad avviso del Tribunale gravi indizi di colpevolezza in ordine al contestato
delitto di associazione di stampo mafioso erano desumibili dal contenuto delle
intercettazioni telefoniche e ambientali, dai servizi di osservazione e pedinamento,
dagli accertamenti contabili e patrimoniali svolti, elementi tutti comprovanti una
sistematica e stabile attività di finanziamento svolta da Morgante in favore del
sodalizio di stampo mafioso capeggiato da Giuseppe Pensabene che utilizzava le
ingenti somme di denaro per lo svolgimento dell’attività di usura i cui illeciti utili
venivano ripartiti tra gli associati, tra cui appunto Morgante. Quest’ultimo
commentava con gli altri membri del sodalizio l’andamento degli illeciti,
partecipava alle riunioni dell’organizzazione che si svolgevano in Seveso nella base
logistica del gruppo e, infine, prendeva parte ai sopralluoghi per visionare le attività
industriali e imprenditoriali acquisite grazie all’attività di usura in danno di
imprenditori che, non riuscendo a onorare gli impegni assunti, erano costretti a
cedere all’associazione le loro attività.
3.Avverso il citato provvedimento ha proposto ricorso per cassazione, tramite il
difensore di fiducia, Morgante, il quale lamenta inosservanza del disposto dell’art.
627, comma 3, c.p.p. per non avere il giudice del rinvio rispettato l’ambito del
devolutum che interessava i seguenti aspetti; a) mancanza o carenza della

motivazione in ordine al quadro di gravità indiziaria; b) equivocità del dato
economico; c) divieto di utilizzazione del solo dato relativo alla corresponsione
delle somme di denaro per sostanziare un giudizio di partecipazione al sodalizio; d)
mancata analisi del requisito della stabilità del rapporto illecito; e) individuazione
degli elementi probatori su cui basare il giudizio di partecipazione all’associazione.
Con riguardo al primo profilo evidenzia che il rapporto fiduciario intercorreva
con il solo Pensabene.
1

g

di Roberto Morgante la custodia cautelare in carcere in ordine al delitto di cui

Con riguardo agli altri aspetti osserva che il giudice in sede di rinvio ha
valorizzato i medesimi elementi già in precedenza censurati.
Evidenzia che manca qualsiasi elemento obiettivo su cui fondare un volontario e
consapevole apporto causalmente rilevante alla vita del sodalizio, avendo l’indagato
agito per soli fini di arricchimento personale, essendo irrilevanti i contatti intensi e
frequenti con un solo associato quale Pensabene e sussistendo una inconciliabilità

Osserva in diritto.

Il ricorso non è fondato.
1. in presenza di un annullamento con rinvio disposto dalla Corte di Cassazione

per vizio di motivazione, il giudice è vincolato dal divieto di fondare la nuova
decisione sugli stessi argomenti ritenuti illogici o carenti dalla Suprema Corte, ma
resta libero di pervenire allo stesso risultato decisorio della pronuncia annullata
sulla base di argomentazioni diverse da quelle censurate in sede di legittimità
ovvero dell’integrazione e dell’ulteriore approfondimento di quelle già svolte.
Spetta, infatti, esclusivamente al giudice di merito il compito di ricostruire i dati di
fatto risultanti dalle emergenze processuali e di valutare il significato e il valore
delle relative fonti di prova. Egli non può essere condizionato da apprezzamenti di
merito eventualmente presenti nelle argomentazioni del giudice di legittimità, non
essendo compito di quest’ultimo sovrapporre il proprio convincimento a quello dei
giudici di merito in ordine a tali aspetti (Sez. 1, n. del 10 febbraio 1998, Scuotto;
Sez. 5, n. del 6 maggio 1999, Lezzi).
Qualora la Corte di Cassazione soffermi la sua attenzione su alcuni particolari
aspetti denotanti la carenza o la contraddittorietà della motivazione, ciò non
significa che il giudice di rinvio sia investito del nuovo giudizio sui soli punti
specificati ed eventuali profili valutativi contenuti nella sentenza di annullamento
possono, semmai, valere come meri punti di riferimento al fine della individuazione
del vizio motivazionale, ma non come statuizioni che perimetrano l’ambito del
devolutum (Sez. 5, n. del 20 gennaio 1992, Florio). In altri termini, il fatto che la
Corte di Cassazione, nell’annullare il provvedimento, sottolinei alcuni aspetti
particolari, che denotano la carenza o la contraddittorietà della motivazione, non
comporta che il giudice di rinvio sia investito del nuovo giudizio sui soli punti
specificati, quasi che questi potessero essere considerati isolatamente rispetto al
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logica circa la contemporanea adesione a due diversi sodalizi.

restante materiale probatorio. L’Autorità giudiziaria incaricata del nuovo giudizio
ha, infatti, <> (art. 627 comma 2 c.p.p.) che le competevano
originariamente relativamente alla individuazione e alla valutazione dei dati
processuali nell’ambito del capo della sentenza interessato dall’annullamento (Sez.
5, n. 6004 dell’ 11 novembre 1998; Sez. 6, n. 8162 del 4 maggio 1992; Sez. 5, n.
5539 del 20 gennaio 1992), spettando esclusivamente al giudice di merito il
compito di ricostruire i dati di fatto risultanti dal compendio probatorio e di

A seguito di annullamento per vizio di motivazione, perciò, il giudice di rinvio
può liberamente procedere ad una nuova e completa valutazione delle acquisizioni
probatorie e resta libero di pervenire, sulla scorta di argomentazioni diverse da
quelle censurate in sede di legittimità ovvero integrando e completando quelle già
svolte, allo stesso risultato decisorio della pronuncia annullata, essendo vincolato
soltanto dal divieto di fondare la nuova decisione sugli stessi argomenti ritenuti
illogici o carenti dalla Corte di Cassazione (Sez. 6, n. 16659 del 21 gennaio 2009;
Sez. 4, n. 30422 del 21 giugno 2005; Sez. 6, n. 5552 del 29 marzo 2000).
2. Così delineato l’ambito dei poteri spettanti al Tribunale di Milano in sede di
rinvio a seguito dell’annullamento per vizio della motivazione della precedente
ordinanza, il Collegio ritiene non fondata la censura difensiva circa l’omesso
rispetto dell’ambito del devolutum.
Il Tribunale, nel rispetto dei poteri a lui spettanti alla luce dei principi in
precedenza enunciati, ha attentamente analizzato, con motivazione esauriente ed
immune da vizi logici e giuridici, le risultanze probatorie disponibili e ha desunto la
gravità degli indizi di colpevolezza in ordine al delitto di cui all’art. 416 bis c.p. dal
contenuto delle intercettazioni telefoniche e ambientali, oggetto di approfondita
disamina critica anche alla luce dei rilievi formulati dalla difesa, nonché dai servizi
di osservazione e pedinamento svolti e dagli accertamenti contabili e patrimoniali
effettuati.
Sulla base di tali risultanze ha ricostruito l’operatività del sodalizio mafioso
capeggiato da Giuseppe Pensabene dedito alla sistematica perpetrazione dei delitti
di riciclaggio, usura, estorsione, esercizio abusivo del credito, contrabbando,
esercitata con l’impiego di svariate società di copertura intestate fittiziamente a
prestanome, e al conseguente occultamento dei rilevantissimi capitali illeciti
acquisiti attraverso la “schermatura” operata attraverso altre società di copertura.
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considerare il significato e il valore delle relative fonti di prova.

Ha, inoltre, delineato il consapevole e volontario contributo, causalmente
rilevante, fornito all’organizzazione da Morgante che ne condivideva la
metodologia di stampo mafioso e le finalità perseguite, il cui conseguimento era
reso possibile grazie al suo decisivo apporto, consistente nel sistematico
finanziamento dell’associazione mafiosa con il denaro di cui aveva la disponibilità
grazie agli stretti vincoli da lui mantenuti con esponenti di spicco della `ndrangheta
reggina quale Santo Le Pere, denaro che veniva affidato, tramite anche Maurizio

operazioni di riciclaggio e usura, i cui utili illeciti erano oggetto di successiva
spartizione tra Morgante e gli altri associati con i quali l’indagato manteneva
rapporti continuativi e si incontrava periodicamente nell’ambito di riunioni
operative funzionali alla programmazione e gestione delle attività illecite trattate
dall’organizzazione.
Il Tribunale ha, infine, puntualmente risposto ai rilievi difensivi, riprodotti in
sede di ricorso per cassazione, sviluppando un coerente iter argomentativo in ordine
alla sussistenza dell’affectio societatis, alla reale natura dei rapporti intercorrenti tra
Morgante, Giuseppe Pensabene e gli altri associati, alla sistematica attività di
finanziamento dell’organizzazione di stampo mafioso, alla provenienza degli
ingenti capitali illeciti investiti, alla congruenza della prospettazione accusatoria,
all’elemento soggettivo sotteso alle condotte illecite, alla condivisione da parte
dell’indagato dei metodi e delle finalità illecite perseguite dall’associazione
mafiosa.
Orbene, lo sviluppo argomentativo della motivazione è fondato su una coerente
analisi critica degli elementi indizianti e sulla loro coordinazione in un organico
quadro interpretativo, alla luce del quale appare dotata di adeguata plausibilità
logica e giuridica l’attribuzione a detti elementi del requisito della gravità, nel senso
che questi sono stati reputati conducenti, con un elevato grado di probabilità,
rispetto al tema di indagine concernente la responsabilità di Morgante in ordine al
delitti di partecipazione ad associazione per delinquere di stampo mafioso a lui
contestato.
Di talché, considerato che la valutazione compiuta dal Tribunale verte sul grado
di inferenza degli indizi e, quindi, sull’attitudine più o meno dimostrativa degli
stessi in termini di qualificata probabilità di colpevolezza anche se non di certezza,
deve porsi in risalto che la motivazione dell’ordinanza impugnata supera il vaglio di
4

Morabito, a Giuseppe Pensabene, affinché lo facesse fruttare attraverso le

Trasmessa copia ex art 23
n i ter L. 8-e-95 n. 332

figroal 11

legittimità demandato a questa Corte, il cui sindacato non può non arrestarsi alla
verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità ai canoni legali che
presiedono all’apprezzamento dei gravi indizi di colpevolezza, prescritti dall’art.
273 c.p.p. per l’emissione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, senza
poter attingere l’intrinseca consistenza delle valutazioni riservate al giudice di
merito.
3.In conclusione, risultando infondato in tutte le sue articolazioni, il ricorso

processuali.

Al rigetto del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
La cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94, comma
1 ter, disp. att. c.p.p.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al
Direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94, comma 1 ter, disp. att. c.p.p.
Così deciso, in Roma, il 30 giugno 2015.

deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese

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