Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36292 del 08/05/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 36292 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: NOVIK ADET TONI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ATTANASIO ALESSIO N. IL 16/07/1970
avverso l’ordinanza n. 151/2013 CORTE APPELLO di CATANIA, del
10/09/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ADET TONI NOVIK;
lette/s8utite le conclusioni del PG Dott.
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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 08/05/2015

RILEVATO IN FATTO
1. Con ordinanza del 10 settembre 2014, la Corte di appello di Catania, in
funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza presentata da Alessio
Attanasio concernente la richiesta di rettifica del provvedimento di cumulo di
pene emesso dalla Procura generale di Catania in data 10 settembre 2013, nel
senso di inserire nel primo cumulo delle pene le condanne inflitte con le sentenze
della Corte di appello di Catania del 7 giugno 2007 e del 27 luglio 2011, al fine
dell’applicazione del criterio moderatore di cui all’art. 78 cod. pen. Dette

quella della Corte di appello di Catania del 18 maggio 2004, inserita in diverso
cumulo parziale. Il condannato aveva anche chiesto la rettifica dell’errore nella
somma delle pene di cui al primo cumulo parziale, indicato in anni 24 anziché 22
e mesi due.

2. A ragione della decisione, l’organo procedente rilevava che il criterio
moderatore dell’art. 78 cod. pen. non opera nel caso disciplinato dal successivo
art. 80 di concorso di pene inflitte con sentenze o decreti diversi, se diversi sono
anche i tempi di commissione dei reati e delle custodie cautelari, e, imponendosi
in tal caso la formazione di cumuli differenti, il predetto criterio è applicabile,
nell’ambito di ciascuna operazione di cumulo parziale, solo nel caso in cui la pena
derivante dal cumulo parziale sia superiore ai limiti di pena fissati dalla norma
predetta. Correttamente la procura generale aveva operato due cumuli parziali
ed uno definitivo, tenuto conto dei diversi tempi di commissione dei reati e delle
custodie cautelari subite, non rilevando al riguardo il riconoscimento della
continuazione tra i reati. Corretta era anche la pena indicata nel cumulo.

3. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per Cassazione Attanasio
Alessio personalmente, e ne chiede l’annullamento per violazione di legge e vizio
di motivazione. Il giudice dell’esecuzione aveva erroneamente escluso rilevanza
al vincolo della continuazione, istituto posto a vantaggio del reo e che non
poteva essere interpretato a suo danno. Nel caso di specie, per effetto della
riconosciuta continuazione tra i reati era necessaria l’individuazione di un’unica
pena da cui detrarre, dopo l’applicazione del criterio moderatore posto dall’art.
78 cod. pen., tutto il presofferto. Sotto l’aspetto motivazionale, il giudice
dell’esecuzione non aveva dato risposta completa alle richieste ed aveva
apoditticamente affermato che la pena finale di 24 anni era corretta, laddove egli
aveva provato documentalmente che gli anni di reclusione erano inferiori.

1

sentenze erano state riconosciute in continuazione tra loro e la prima anche con

4. Il Procuratore generale presso questa Corte ha chiesto di annullare
l’ordinanza per un nuovo esame sulla continuazione tra reati.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Nessuna di queste doglianze ha fondamento, e il ricorso deve quindi
essere rigettato con le conseguenze previste dall’art. 616 cod. proc. pen.
Correttamente invero sono stati formati due cumuli parziali (confluiti in quello
definitivo), uno riguardante le pene inflitte con le sentenze dal n. 1 al n. 11 e 14

7/6/2007 della Corte di appello di Catania (n. 12 del cumulo, reato commesso
nel 6/2001 e tuttora permanente) e con la sentenza 27/7/2011 della Corte di
appello di Catania (n. 13 del cumulo, reato commesso dal 1/3/2004 al
1/3/2010). In materia di cumulo di pene vigono due principi fondamentali: il
primo è quello secondo cui ciascun periodo di detenzione, per custodia cautelare
o espiazione di pena, sofferto prima del cumulo, pur essendo stato determinato
da uno o più titoli, allorché si proceda all’unificazione delle pene concorrenti non
può essere riferito specificamente al titolo da cui ha tratto origine, ma va
imputato unitariamente al cumulo delle pene inflitte per tutti i reati commessi
precedentemente alla carcerazione di cui trattasi; il secondo è che qualora si
tratti di reati commessi e di periodi di carcerazione sofferti in tempi diversi,
vanno cronologicamente ordinati da una parte i reati e dall’altra i periodi di
carcerazione per poi procedere ad operazioni successive, detraendo ogni periodo
dal cumulo (parziale) delle pene relative a reati commessi in precedenza, fino a
determinare, con l’ultima di dette operazioni, la pena residua decorrente dalla
data dell’ultimo arresto o dell’ultimo reato, se commesso nel corso della
carcerazione in atto (Cass., 24 settembre 1990, Papalia, in Cass. pen. mass.
ann., 1992, 981; Id., 25 novembre 1992, Som, in CED Cass., n. 193212; Id., 18
maggio 1993, Galdo, ivi, n. 194618). La giurisprudenza consolidata di questa
Corte è nel senso che non è possibile includere tutte le pene in un cumulo
indiscriminato e globale, soggetto all’unitaria detrazione del presofferto,
altrimenti periodi di carcerazione anteriore verrebbero ad essere imputati anche
alla pena per reati commessi successivamente, in violazione del principio di cui
all’art. 657 c.p.p., comma 4, che consente la fungibilità solo a condizione che il
reato giudicato separatamente sia stato commesso anteriormente alla
detenzione eventualmente sofferta ingiustamente (cfr. per tutte Cass. 19.4.1998
Marinkovic ). Principio questo che non subisce deroga nemmeno in caso di
riconoscimento della continuazione tra reati perché per giurisprudenza di
legittimità costante “Il riconoscimento della continuazione tra più reati in sede
esecutiva, con la conseguente determinazione di una pena complessiva inferiore
2

del provvedimento di cumulo e l’altro riguardante le pene inflitte con la sentenza

a quella risultante dal cumulo materiale, non comporta che la differenza così
formatasi sia automaticamente imputata alla detenzione da eseguire, operando
anche in detta eventualità il disposto dell’art. 657, comma quarto, cod. proc.
pen., secondo cui a tal fine vanno computate solo custodia cautelare sofferta e
pene espiate “sine titulo” dopo la commissione del reato, e dovendosi
conseguentemente scindere il reato continuato nelle singole violazioni che lo
compongono. (Sez. 1, n. 25186 del 17/02/2009 – dep. 17/06/2009, Bernardo,

2. Di questi principi ha fatto corretta applicazione la decisione impugnata.
Nel caso in esame, il primo cumulo è relativo a pene irrogate per reati commessi
anteriormente ai periodi di detenzione (assumono rilievo quelle del 7/12/1995 15/12/2000; 13/4/2001 – 19/10/2001), mentre il secondo cumulo comprende i
reati commessi successivamente e si è quindi verificata la situazione che impone
appunto la formazione di cumuli parziali con computo separato, per ciascuno di
essi, delle detrazioni di pena che devono essere a vario titolo operate e con
applicazione quindi prima sui cumuli parziali e poi su quello totale, come nel caso
di specie è stato fatto, del criterio moderatore di cui all’art. 78 cod. pen.

3. La doglianza con cui si assume che il calcolo della pena è errato è
inammissibile per genericità, essendo onere dell’interessato indicare quale dei
termini analiticamente indicati nel provvedimento di unificazione di pene
concorrenti emesso dalla Procura generale di Catania sia viziato da errore o
inesatto.

4.

Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al

pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 8 maggio 2015
Il Consigliere estensore

Il Presidente

Rv. 243809).

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