Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36259 del 07/05/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 36259 Anno 2015
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: MOGINI STEFANO

SENTENZA
sul ricorso proposto dal
PRIVITERA ALFIO, nato a Catania il 19.12.1969
avverso la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Milano il 14 maggio 2013;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere Dott. Stefano Mogini;
udito il sostituto procuratore generale Vito D’Ambrosio, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

PREMESSO che la sentenza in epigrafe ha confermato la decisione del GIP del Tribunale di
Milano con la quale, ad esito di giudizio abbreviato, Privitera Alfio è stato condannato alla pena,
condizionalmente sospesa, di anni uno e mesi quattro di reclusione per il reato di falsa
testimonianza;

RILEVATO che Alfio Privitera ricorre per mezzo del suo difensore avverso la sentenza in
epigrafe deducendo: 1) erronea applicazione dell’art. 384 c.p. e vizi di motivazione per non
avere la Corte territoriale ritenuto la sussistenza dell’esimente pur sussistendone i presupposti
in relazione ai delitti di truffa, appropriazione indebita e concorso in simulazione di reato

Data Udienza: 07/05/2015

ipotizzabili a suo carico sulla base della deposizione da lui resa nel processo in cui Mauro
Corato era accusato di tale ultimo reato; 2) erronea applicazione dell’art. 59, comma 4, c.p. e
conseguenti vizi di motivazione, per avere la Corte territoriale escluso l’errore dell’imputato
circa la sussistenza della causa di giustificazione di cui all’art. 384 c.p. nonostante emergesse
agli atti quantomeno il dubbio circa l’esistenza di tale causa di giustificazione in forma
putativa; 3) erronea applicazione degli artt. 62 bis e 175 c.p. anche in relazione agli artt. 132 e
133 c.p. e conseguenti vizi di motivazione per non avere la Corte territoriale concesso al
ricorrente le attenuanti generiche e il beneficio della non menzione della condanna nel

RITENUTO che tutti i motivi di ricorso vanno considerati inammissibili, poiché rappresentano la
mera riproposizione di censure di merito adeguatamente affrontate dalla sentenza impugnata
con motivazione esauriente e immune da vizi logici e giuridici (p. 5 e ss., ove, anche con
preciso riferimento alla sentenza di primo grado, la Corte territoriale, lungi dall’omettere ogni
considerazione al riguardo: a) evidenzia che nessun concreto indizio a carico del ricorrente era
emerso dalla sua deposizione nel processo Corato, così da imporre il ricorso alle cautele di cui
all’art. 63 c.p.p.; b) giustifica in modo inattaccabile che con la falsa testimonianza il ricorrente
intendeva coprire proprio la simulazione di reato commessa dal Corato, non emergendo in
alcun modo una sua partecipazione alla commissione di quel reato – né ad altri relativi alla
vicenda relativa alla vendita dell’autovettura allo Zayane – sicché devono ritenersi inesistenti
non solo i presupposti dell’esimente di cui all’art. 384 c.p., ma anche le condizioni per poter
ipotizzare l’erronea supposizione del ricorrente circa la sussistenza della stessa esimente,
invero predicata dall’interessato in modo del tutto apodittico; c) giustifica in modo del tutto
adeguato le proprie decisioni in punto di trattamento sanzionatorio, rifiuto della concessione
delle invocate attenuanti generiche e del beneficio della non menzione facendo corretta
applicazione della giurisprudenza di questa Corte, puntualmente richiamata, in relazione alla
ritenuta gravità dei fatti, pure posta in comparazione con l’incensuratezza dell’imputato);
che all’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 c.p.p.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro 1.000 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma il 7 maggio 2015.

certificato del casellario giudiziale pur ricorrendone i presupposti previsti dalla legge penale;

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