Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36252 del 03/07/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 36252 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MOCERINO LUIGI N. IL 02/02/1961
PIZZANO MASSIMILIANO N. IL 11/04/1966
TROCCIOLA RAFFAELE N. IL 03/03/1952
CANDILE SALVATORE N. IL 02/01/1967
MOCERINO GENNARO N. IL 18/03/1989
avverso la sentenza n. 11300/2013 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
26/05/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 03/07/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per ep e\1

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Data Udienza: 03/07/2015

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RITENUTO IN FATTO

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1. Il Tribunale di Napoli, con sentenza del 27/11/2012 statuì, per quel
che qui rileva, la penale responsabilità di Mocerino Luigi, Pizzano
Massimiliano, Candile Salvatore, Trocciola Raffaele e Mocerino Gennaro,
giudicati variamente colpevoli di plurime condotte di traffico di stupefacente
del tipo hashish m nonché m,del reato associativo di cui all’art. 74 del d.P.R. n.
Mocerino Luigi e Mocerino Gennaro, idel delitto di cui all’art.

12quinquies della legge n. 356/1992, condannando ciascuno di loro alla pena
reputata di giustizia.

1.1. La Corte d’appello di Napoli, investita dell’impugnazione proposta
anche dagli odierni ricorrenti, con sentenza del 26/5/2014, in parziale riforma
della sentenza di primo grado, nel resto confermata4 riconosciute le attenuanti
generiche in favore di Mocerino Luigi, Pizzano e Trocciola, con criterio di
equivalenza per il Mocerino e il Trocciola, ridusse le pene a costoro
rispettivamente inflitte in primo grado.
E’ opportuno ricordare che nel corso del giudizio di secondo grado
Mocerino Luigi (il quale ha anche reso spontanee dichiarazioni con le quali si è
assunta la piena responsabilità degli addebiti), Pizzano e Trocciola hanno
espressamente rinunziato ai motivi d’appello, fatta eccezione per quelli
concernenti la pena.

2.

Risulta utile, per quel che qui appare di una qualche utilità,

riprendere i termini essenziali della vicenda siccome narrati nelle sentenze di
merito.
Complesse attività informative ed investigative attivate in quel di
Napoli, che si erano avvalse di dichiarazioni di collaborat0,1″ operazioni di
pedinamento ed osservazione, captazioni telefoniche ed ambientali, verifiche e
riscontri, sequestri e controlli, nonché dell’attiva collaborazione della Polizia
spagnola, avevano permesso di individuare un’articolata organizzazione
delinquenziale, capeggiata da Mocerino Luigi, dedita professionalmente, con
l’approntamento di cospicue risorse di mezzi (imbarcazioni, automezzi, basi
logistiche, ecc.), all’importazione di rilevanti quantitativi di sostanza
stupefacente del tipo hashish, attraverso la triangolazione Tunisia – Spagna Italia.

3. Tutti gli imputati di cui sopra ricorrono per cassazione.

1

2(

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6,[

4. Mocerino Gennaro denunzia vizio motivazionale. Assume il ricorrente
che la Corte partenopea, che aveva del tutto ignorato la memoria depositata
in udienza sul punto, non aveva considerato che l’imputato era nelle
condizioni economiche per potere acquistare l’immobile del padre (Mocerino
Luigi) e, pertanto, lo stesso non avrebbe dovuto essere riconosciuto colpevole
dell’ipotesi delittuosa di cui a( citato art. 12quinquies, sol perché Mocerino
Luigi si era dichiarato colpevole delle attività criminali concernenti gli
stupefacenti. Inoltre, nonostante fossero state evidenziate plurime circostanze
favorevoli (fra le quali l’età del ricorrente, all’epoca diciottenne), la Corte di

affermare che la sola incensuratezza non poteva reputarsi bastevole.

5.

Pizzano Massimiliano, con i due esposti motivi, denunzianti

violazione di legge e vizio motivazionale, si duole del mancato giudizio di
prevalenza delle riconosciute attenuanti generiche, dell’entità della pena
finale, giudicata eccessiva, nonostante avesse ammesso gli addebiti e non si
fosse opposto all’estradizione; nonchè degli aumenti a titolo di continuazione,
eccessivi e difformi rispetto a quelli praticati nei confronti di altri coimputati.

6. Trocciola Raffaele con il primo motivo, denunziante violazione di
legge e vizio motivazionale, contesta l’entità della pena inflittagli, che giudica
eccessiva e discriminatoria, tenuto conto della contestazione della sola
recidiva reiterata e dell’atteggiamento resipiscente (ammissione addebiti).

6.1. Con il secondo motivo, denunziante violazione di legge, contesta
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la ritenuta sussistenza dell’aggravante transfir~iterm (artt. 3 e 4 della L.
146/06), che avrebbe dovuto ritenersi non integrata, mancando il
presupposto del contributo di un’autonoma organizzazione criminale operante
tra più stati (qui la struttura associativa era una sola, quella facente capo a
Mocerino Luigi).

6.2. Con il terzo motivo il ricorrente afferma essere stata violata la
legge in merito alla ritenuta aggravante dell’ingente quantità. Il solo dato
ponderale, pur cospicuo, in assenza di perizia tossicologica, non poteva
assumere rilievo decisivo.

6.3. Con il quarto motivo il ricorrente denunzia violazione di legge per
non essere stata riconosciuta sussistere la continuazione con i fatti di cui alla
sentenza spagnola emessa in data 3/6/2009. Non poteva condividersi la
spiegazione addotta dalla Corte di Napoli, che aveva escluso che potesse farsi

2

merito, ignorando l’allegazione, aveva negato il beneficio, limitandosi ad

luogo al riconoscimento della sentenza straniera al fine invocato, in quanto
non previsto dall’art. 12, cod. perì. Al contrario, il rispetto dei principi
costituzionali (artt. 3 e 24 Cost.) imponevano opposta soluzione.

6.4. Con l’ultimo motivo, infine, il ricorrente lamenta ulteriore
violazione di legge per non avere la Corte di merito tenuto conto nella
determinazione della pena degli effetti della sentenza della Corte Cost. n.
32/2014, che aveva reintrodotto la distinzione tra droghe leggere e pesanti.

legge e vizio motivazionale, si duole sotto plurimi profili della decisione
impugnata: a) contesta, in primo luogo, l’affermazione di penale
responsabilità per il delitto associativo, stante che la prestazione fornita (il
trasporto dello stupefacente con il natante), da sola non poteva configurare
consapevole affiliazione, partecipazione agli scopi associativi, pronta
disponibilità a venire in soccorso dell’organizzazione, piena messa a
disposizione in favore del gruppo Mocerino e le conversazioni intercettate altro
non dimostravano che meri collegamenti con altri correi finalizzati al
trasporto; b) il trasporto di cui al capo B) doveva reputarsi solo ipotizzato,
non essendovi prova che «l’equipaggio abbia realizzato il trasporto della
sostanza stupefacente né che quella sostanza sia proprio quella rinvenuta a
distanza di tempo presso l’abitazione di Casteldefelft>>; c) l’aggravante della
transnazionalità non sussisteva, applicandosi l’interpretazione fornita dalle
S.U. (sentenza n. 18374 del 31/1/2013), mancando la prova che l’attività
criminale all’estero fosse stata perlomeno agevolata

<>;

d) l’aggravante

dell’ingente quantità non era rimasta provata, essendo rimasto solo ipotizzato
il dato quantitativo.

7.1. Con il secondo motivo, denunziante violazione di legge, il
medesimo ricorrente contesta il trattamento sanzionatorio: eccessiva la pena;
esclusione delle attenuanti generiche attraverso motivazione meramente
apparente, che non aveva tenuto conto del caso concreto, nonostante che
l’imputato avesse ammesso di essere stato in Spagna e di aver fatto parte
dell’equipaggio; infine, anche il Candile lamenta la mancata applicazione della
sentenza n. 32 del 2014 della Corte Costituzionale.

3

7. Candile Salvatore con il primo motivo, denunziante violazione di

8. Macerino Luigi con il primo motivo, denunziante violazione di legge,
nega la sussistenza dell’aggravante della transnazionalità, sviluppando a
fondo gli argomenti già indicati.

8.1. Con il secondo motivo, anch’esso denunziante violazione di legge,
il ricorrente nega la sussistenza dell’aggravante dell’ingente quantità; la
circostanza che nella villa di Castelldefels, costituente la residenza di Macerino
Luigi, erano stati rinvenuti 840 Kg. di sostanza stupefacente non implicava
l’automatico riconoscimento dell’aggravante in parola, in quanto era rimasta

che non poteva trovare applicazione la pronuncia resa a S.U. dalla Cassazione
(n. 36258 del 24/5/2012), con la quale si era individuato un criterio numerico
fisso (2000 volte il valore soglia).

CONSIDERATO IN DIRITTO

9. Tutti i ricorsi vanno in larga parte disattesi in quanto infondati,
dovendosi, per contro, annullare la statuizione impugnata limitatamente agli
effetti della sentenza della Corte Costituzionale n. 32/2014, per come
appresso si dirà.

10.

Conviene per rendere più agile e facilmente comprensibile le

osservazioni di questo Collegio, esaminare le doglianze comunemente
caratterizzate dalla pretesa di porre in contestazione l’apparato motivazionale
della sentenza d’appello posto a sostegno.
In prima battuta devesi osservare che tutti i ricorsi, sovente anche
omettendo di confrontarsi con la motivazione avversata, propongono una
diversa lettura dei fatti di causa o, comunque, una diversa valutazione
discrezionale, in questa sede escluse, non essendo consentito sostituire la
motivazione del giudice di merito, pur anche ove il proposto ragionamento
alternativo apparisse di una qualche plausibilità.
Sull’argomento può richiamarsi, fra le tante, la seguente massima, tratta
dalla sentenza n.15556 del 12/2/2008 di questa Sezione, particolarmente
chiara nel delineare i confini del giudizio di legittimità sulla motivazione: 41
nuovo testo dell’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., come modificato dalla I.
20 febbraio 2006 n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di
apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli “atti del processo”,
non ha alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di
legittimità e non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In
questa prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte di cassazione di
4

ignota la capacità drogante della sostanza sequestrata, con la conseguenza

procedere a una rinnovata valutazione dei fatti ovvero a una rivalutazione del
contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via
esclusiva al giudice del merito. Il “novum” normativo, invece, rappresenta il
riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il
cosiddetto travisamento della prova, finora ammesso in via di interpretazione
giurisprudenziale: cioè, quel vizio in forza del quale la Cassazione, lungi dal
procedere a un’inammissibile rivalutazione del fatto e del contenuto delle
prove, può prendere in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti onde
verificare se il relativo contenuto sia stato o no “veicolato”, senza

10.1. Mocerino Gennaro, Trocciola, Pizzano e Candile si dolgono, come si
è visto, del trattamento penale in genere loro rispettivamente riservato.
La Corte di merito, lungi dall’aver manifestato argomenti illogici o
contraddittori, ha con compiuta motivazione spiegato le proprie decisioni
rilevanti sul punto, a riguardo di ognuno degli imputati (riconoscimento e
bilanciamento delle attenuanti generiche, determinazione della pena base,
aumenti a titolo di continuazione).
Non si registra, pertanto, il grave deficit motivazionale denunziato.
Infatti, la Corte d’appello, intervenendo sul computo della pena operato in
primo grado, al fine di operarne riduzione (anche riconoscendo, se del caso, le
attenuanti generiche), condividendo, per il resto, i criteri adottati dal
Tribunale, non aveva alcuna ragione di dilungarsi ulteriormente in argomento,
giustificando perché non avesse ulteriormente inteso abbassare la pena.

10.2. Non coglie nel segno la contestazione dell’aggravante della cd.
transnazionalità avanzata, con ragionamenti del tutto assimilabili, da
Trocciola, Candile e Mocerino L.
Va in primo luogo osservato che il motivo in parola non avrebbe potuto
essere proposto dal Trocciola e dal Mocerino, in quanto la rinuncia ad ogni
doglianza, salvo ad insistere per una favorevole rideterminazione del
trattamento sanzionatorio, assume effetto preclusivo. Né potrebbe
convincentemente sostenersi che, in ogni caso, l’eventuale esclusione
dell’aggravante in discorso avrebbe importato la riduzione della pena,
trattandosi di evenienza fisiologicamente correlata ad ogni ridefinizione del
titolo di responsabilità, ridefinizione alla quale i predetti ricorrenti avevano
rinunciato.
Peraltro, la pretesa deve qualificarsi comunque inammissibile poiché
proposta da tutti per la prima volta in cassazione.

5

travisamenti, all’interno della decisione.

10.3. Ad analoga conclusione deve pervenirsi a riguardo dell’aggravante
dell’ingente quantità.
Anche in questo caso, i rinunzianti Trocciola e Mocerino L. non avrebbero
potuto dolersi del riconoscimento della stessa.
La contestazione appare, inoltre, pretestuosa. Essa non tiene conto della
decisione a S.U. (n. 36258 del 24/5/2012), con la quale questa Corte ha
reputato potersi, di regola, escludere l’aggravante dell’ingente quantità
quando il quantitativo dello stupefacente sia inferiore a duemila volte il valore
massimo in milligrammi del valore-soglia, determinato per le varie sostanze

Or poiché per l’hashish il valore-soglia è fissato in mg. 500, la quantità
ingente ricorre a partire da gr. 1.000. Ove si tenga conto anche della sola
entità quantitativa dello stupefacente sequestrato (840 chilogrammi) la tesi
proposta è a dir poco paradossale, presupponendo che il principio attivo fosse
praticamente inesistente (meno di 1,2 grammi a chilo), in intollerabile
contrasto con l’intiero quadro probatorio: un così complesso, articolato e
dispendioso commercio, implicante collegamenti con organizzazioni
malavitose straniere, costituzione di associazioni, approvvigionamento di
cospicue somme di denaro, fidelizzazione di mercati di smercio all’ingrosso,
non avrebbe avuto senso alcuno, ed anzi avrebbe senz’altro procurato
risposte ritorsive anche sanguinose, se la merce fosse stata parcamente priva
di principio attivo. Ad ulteriore conferma è utile, sul punto, richiamare la
sentenza d’appello, la quale (pagg. 24 e 25) passa in coerente rassegna gli
elementi probatori dimostranti univocamente la natura merceologica del
cospicuo commercio.
Pur vero che in alcune occasioni questa Corte ha evidenziato la necessità
di procedere ad accertamento chimico (Cass., Sez. III, n. 16154 del
2/2/2011, Rv. 249880 e, solo in presenza, di modestiso4miluantitativi, per
Cass., Sez. III, n. 44420 del 26/9/2013, Rv. 257596)’, tuttavia, in altre ha
escluso che il giudice abbia il dovere di procedere a perizia o accertamento
tecnico, ove abbia modo di attingere, come nel caso in esame, la propria
conoscenza da altre fonti di prova (in tal senso, Sez. VI, n. 47523 del
29/10/2013, Rv. 257836), Un tale ragionamento, oltre che per la verifica della
capacità drogante delal sostanza, non può non valere, e amaggior ragione, al
fine della configurazione dell’ingente quantità.

11. Non merita di essere accolta la censura mossa da Mocerino G. con la
quale il medesimo invoca l’assoluzione dal delitto di cui all’art. 12quinquies
della legge n. 356/1992.

6

stupefacenti nella tabella allegata al d.m. 11/4/2006.

A fronte dell’asserto congetturale del ricorrente deve constatarsi che la
Corte partenopea, con completezza e puntualità, ha chiarito le modalità
attraverso le quali Mocerino Luigi si era apparentemente liberato dei propri
beni intestandoli fittiziamente a parenti, affini e sodali, ovviamente
consenzienti. Condotta, questa, peraltro, ampiamente ammessa dal predetto
Mocerino, il quale aveva reso ampia confessione. Mocerino Gennaro, figlio di
Luigi, con il presente ricorso, lungi dal porre in effettiva e specifica
cointestazione la pronunzia di condanna, si è limitato a invocare l’assoluzione

simulato.

12. La pretesa del Trocciola in ordine al rivendicato riconoscimento di una
sentenza spagnola, al fine di avvalersi dell’istituto della continuazione è
inammissibile per genericità e aspecificità.
La Corte di Napoli (pag. 26) si è espressa in questi termini: <>.
A fronte di un tale argomento il ricorrente si è limitato, senza entrare
nello specifico, a riprendere in estrema sintesi le evenienze ritenute, in
astratto, sintomo dell’unitarietà del disegno criminoso (omogeneità delle
condotte, unitarietà del lasso temporale, consequenzialità). Omettendo di
spiegare perché quei fatti asseritamente addebitati dall’autorità giudiziaria
spagnola potevano intendersi avvinti da continuazione a quelli per i quali il
medesimo era stato condannato in Italia.
Ciò impedisce di vagliare la proposta tesi, al di là dell’ostacolo che
frapporrebbe l’art. 12, cod. pen., in quanto enumerante una serie di tassative
ipotesi non ulteriormente estensibili (in tal senso, da ultimo, cfr. Cass., Sez.
1, n. 30463 del7//2011, dep. 1/8/2011, Rv. 251010).

13.

Infine, non merita accoglimento il motivo con il quale Candile

Salvatore contesta la di lui affermazione di responsabilità penale per il delitto
associativo.
La Corte territoriale alle pagg. 21 e 22 descrive la struttura, le risorse
umane e materiali (anche particolarmente ingenti: lussuosa villa, munita di
vano segreto, disponibilità di autoveicoli e di ben due natanti, intestati,
7

sul presupposto, labiale e congetturale, che l’acquisto non fosse stato

quest’ultimf al Candile), il modus operandi dei singoli, i sintomi della piena
consapevolezza del vincolo in capo ai sodali, la struttura gerarchica e la
stabilità della società sceleris.
Assai diffusamente, facendo continuo riferimento agli atti processuali, la
sentenza impugnata, spiega le ragioni, invero solide, per le quali il Candile
doveva considerarsi a pieno titolo intraneo alla struttura malavitosa. Da lungo
tempo gli investigatori avevano raccolto significativi dati sui suoi movimenti
ed in particolare sul suo specifico apporto, consistente nell’armare e condurre
imbarcazioni d’alto mare da utilizzarsi per l’illecito trasporto di cospicui

all’Italia. Inequivoci i numerosi colloqui intercettati, dai quali è dato cogliere,
oltre alle circostanze concernenti i singoli viaggi per mare, lo scambio
d’informazioni riservate, che si giustificano solo con la consapevole
appartenenza al sodalizio. Appartenenza che trova pieno suggello
nell’intestazione apparente di una delle due imbarcazioni, in realtà di proprietà

di Mocerino Luigi.
A fronte di un tale quadro, le argomentazioni del ricorrente, lungi
dall’evidenziare i vizi censurati, sono inammissibilmente dirette, per qui che
prima si è detto, a contestare la ricostruzione operata dal giudice del merito,
sorretta da congrua motivazione.

14. La sentenza, tuttavia, deve essere annullata in ordine al trattamento
sanzionatorio per quanto appresso.
La Corte costituzionale con la sentenza n. 32/014 dell’11/2/2014 ha
dichiarato costituzionalmente illegittima l’equiparazione trattamentale, a
prescindere dalla qualità delle sostanze stupefacenti, operata con la novella
apportata all’art. 73 del d.P.R. n. 309/1990 dall’art. 4bis, comma 1, lett. b,
D.L. 30/12/2005, convertito nella L. 21/2/2006, n. 49, con la consequenziale
riviviscenza della pregressa disciplina regolante la materia, la quale prevede
trattamento sanzionatorio differenziato a seconda che l’illecito concerna le cd.
droghe leggere o pesanti, cioè quelle rientranti, rispettivamente, nelle tabelle
II e IV (comma 4) e I e III (comma 1), prevedendo per l’ipotesi reputata più
grave una pena detentiva (per comodità si trascura l’indicazione di quella
pecuniaria) da otto a venti anni e per quella minore, da due a sei anni.
La Corte d’appello, la cui statuizione è successiva alla predetta sentenza
di costituzionalità, intervenendo sulla quantificazione di pena operata dal
Tribunale sotto il vigore del precedente e ben più severo regime, non ha dato
segno nell’apparato motivazionale di aver tenuto conto dei nuovi parametri
edittali, assai più favorevoli, pur, se del caso, al solo fine di affermare che la
stima aveva preso in considerazione il nuovo range sanzionatorio.
8

quantitativi di stupefacente dal Nord Africa alla Spagna e da quest’ultima

Si pone, quindi, l’esigenza di sottoporre, ai sensi dell’art. 2, comma 4,
cod. pen., al giudice del merito il più favorevole assetto normativo
sopravvenuto, pur non essendo al medesimo vietato (salvo, ovviamente, il
divieto di riforma peggiorativa) di motivatamente mantenere il trattamento
penale così come disposto (compatibile con il nuovo range sanzionatorio), a
condizione che dimostri di tenere debitamente conto nella determinazione
della pena dei nuovi parametri sanzionatori introdotti dal legislatore.
In sede di legittimità, si è più volte chiarito (Cass., Sez. V, n. 345 del

siffatti casi che il rispetto del principio di legalità della pena (comb. disp. art.
2, comma 4, cod. pen. e 129, comma 2, cod. proc. pen.) impone
annullamento anche d’ufficio della statuizione di merito. Salvo a registrasi
contrasto sull’idoneità del ricorso inammissibile a dar vita ad un tale esercizio
officioso (in senso contrario: Sez. II, n. 44667 dell’8/7/2013, Rv. 257612;
Sez. V, n. 36293 del 977/2004, Rv. 230636; nel senso dell’ininfluenza: Sez.
VI, n. 21982 del 16/5/2013).
Siccome condivisamente illustrato in profondità nella sentenza di questa
stessa Sezione n. 13903/14 del 28/2/2014, il principio di retroattività della
norma più favorevole si fonda sulla legge ordinaria (art. 2, comma 4, cod.
pen.) e, giudicata non pertinente l’evocazione degli artt. 13 e 25, Cost.,
sull’art. 3 Cost. Con la conseguenza che <

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