Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36239 del 03/04/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 36239 Anno 2013
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
VIRGA RODOLFO N. IL 26/01/1961
avverso la sentenza n. 2102/2012 TRIBUNALE di PALERMO, del
23/05/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 03/04/2013

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza pronunciata in data 23 maggio 2012, ai sensi dell’art. 444
cod. proc. pen., il Tribunale di Palermo ha applicato a Virga Rodolfo, con le
circostanze attenuanti generiche, la pena di mesi dieci di reclusione per i
reati di cui agli artt. 75, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011 e 116, comma 13,
C.d.S., commessi in Palermo, 1’11/04/2012, unificati col vincolo della

Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso a questa Corte di
cassazione il Virga personalmente, il quale deduce la violazione di legge e il
vizio della motivazione in relazione all’art. 129 cod. proc. pen. e agli artt.
75, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011 e 116, comma 13, C.d.S.

CONSIDERATO in DIRITTO

Il ricorso è inammissibile.
Va premesso che l’applicazione della pena su richiesta delle parti è un
meccanismo processuale in virtù del quale l’imputato ed il pubblico
ministero si accordano sulla qualificazione giuridica della condotta
contestata, sulla concorrenza di circostanze, sulla comparazione fra le
stesse e sull’entità della pena. Da parte sua il giudice ha il potere-dovere di
controllare l’esattezza dei menzionati aspetti giuridici e la congruità della
pena richiesta e di applicarla, dopo aver accertato che non emerga in modo
evidente una delle cause di non punibilità previste dall’art. 129 cod. proc.
pen.
Ne consegue che -una volta ottenuta l’applicazione di una determinata
pena ex art. 444 cod. proc. pen.- l’imputato non può rimettere in
discussione profili oggettivi o soggettivi della fattispecie, perché essi sono
coperti dal patteggiamento.
Tanto premesso, la Corte osserva che i motivi di ricorso sono
manifestamente infondati, atteso che il giudice, nell’applicare la pena
concordata, si è, da un lato, adeguato a quanto contenuto nell’accordo
intervenuto fra le parti, apprezzando la congruità della pena pattuita; e,
dall’altro, ha escluso la sussistenza dei presupposti di cui all’art.129 cod.
proc. pen., alla stregua degli atti acquisiti e indicati in sentenza.
Tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento
in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, appare
pienamente adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni,
secondo la costante giurisprudenza di legittimità (si vedano, tra le altre,
l

continuazione.

Sez. U, n. 5777 del 27/03/1992, dep. 15/05/1992, Di Benedetto, Rv.
191134 e 191135; Sez. U, n. 10372 del 27/09/1995, dep. 18/10/1995,
Serafino, Rv. 202270; Sez. U, n. 11493 del 24/06/1998, dep. 03/11/1998,
Verga, Rv. 211468).
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella

2000), anche al versamento a favore della cassa delle ammende di una
sanzione pecuniaria, che si stima equo determinare in euro
mi I lecinquecento.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente e al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di euro 1.500,00 in
favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, in data 3 aprile 2013.

determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del

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