Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36232 del 08/04/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 36232 Anno 2015
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SALEMI CARMELO N. IL 01/01/1969
CATANIA LUIGI N. IL 07/06/1958
PAPASERIO CARMELO N. IL 17/04/1953
CATANIA GIUSEPPA N. IL 31/07/1952
CATANIA GIUSEPPE N. IL 25/11/1954
CATANIA GRAZIA N. IL 12/08/1953
GANGI MARIA N. IL 17/02/1963
CATANIA NUNZIO N. IL 18/04/1965
MAL VUCCIO PIETRA N. IL 20/07/1932
QUATTROLUNI IDA N. IL 08/04/1974
avverso il decreto n. 148/2010 CORTE APPELLO di CATANIA, del
16/01/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALFREDO
GUARDIANO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

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Data Udienza: 08/04/2015

FATTO E DIRITTO

1. Con decreto del 16.1.2014 la corte di appello di Catania, in
parziale riforma del decreto con cui il tribunale di Catania, in data
6.7.2010, aveva applicato la misura di prevenzione patrimoniale

confronti di Salemi Carmelo, sottoposto anche a misura di
prevenzione personale, e di Salemi Marco, Salemi Sebastiano,
Quattroluni Ida, Catania Luigi, Papaserio Carmelo, Catnia
Giuseppa, Catania Giuseppe, Catania Grazia, Gangi Maria, Catania
Nunzio e Maluccio Pietra, terzi interessati, revocava il suddetto
decreto limitatamente al gruppo di case terrane site in via Caduti
del Lavoro 67/73, disponendone la restituzione in favore dei
legittimi proprietari Salemi Marco, Salemi Sebastiano e Lanzafame
Nunziella, confermando nel resto l’impugnato provvedimento.
2. Avverso il decreto della corte territoriale, di cui chiedono
l’annullamento, hanno proposto tempestivo ricorso per
cassazione: 1) Quattroluni Ida, a mezzo del suo difensore di
fiducia, munito di procura speciale, avv. Vincenzo Trantino, del
Foro di Catania; 2) Catania Luigi, Papaserio Carmelo, Catania
Giuseppa, Catania Giuseppe, Catania Grazia, Gangi Maria, Catania
Nunzio e Malvuccio Pietra, a mezzo del difensore di fiducia, avv.
Dario, Giuseppe Polizza Favaloro, del Foro di Catania; 3) Salemi
Carmelo, a mezzo del difensore di fiducia, avv. Francesco Antille,
del Foro di Catania.
3. Con requisitoria scritta il sostituto procuratore generale presso
la Corte di Cassazione ha chiesto che tutti i ricorsi siano dichiarati
inammissibili.
4. I ricorsi vanno dichiarati inammissibili.

della confisca, avente ad oggetto una serie di beni immobili, nei

5. Inammissibili, innanzitutto, devono ritenersi i ricorsi dei terzi
interessati Catania Luigi, Papaserio Carmelo, Catania Giuseppa,
Catania Giuseppe, Catania Grazia, Gangi Maria, Catania Nunzio e
Malvuccio Pietra, in quanto presentati a mezzo di difensore, privo
di procura speciale.

giurisprudenza di legittimità, condiviso dal Collegio, quello
secondo cui in tema di procedimento di prevenzione, il difensore
del terzo interessato, non munito di procura speciale, non è
legittimato a ricorrere per cassazione avverso il decreto che
dispone la misura di prevenzione della confisca, gravando sul
terzo interessato, in quanto portatore di interessi civilistici, un
onere di patrocinio, che é soddisfatto solo attraverso il
conferimento di procura alle liti al difensore (cfr.,

ex plurimis,

Cass., sez. II, 27/03/2012, n. 27037, rv. 253404; Cass., sez. VI,
23/10/2012, n. 7510, rv. 254580).
Nel caso in esame siffatto onere non è stato adempiuto,
emergendo dagli atti, consultabili in quanto si tratta di accertare
la regolare instaurazione del giudizio innanzi a questa Suprema
Corte, che il ricorso presentato è stato presentato dal difensore di
fiducia dei menzionati terzi interessati, avv. Polizza Favaloro,
sfornito di procura speciale.
6. Anche i ricorsi presentati nell’interesse della Quattroluni e del
Salenni Carlo vanno dichiarati inammissibili.
6.1. Quanto al ricorso del Salemi l’inammissibilità deriva dalla
circostanza che egli ha agito non per rivendicare la propria
titolarità dei cespiti oggetto di confisca, ma per farne valere la
titolarità formale in capo alla moglie Quattroluni Ida.

2

Costituisce, infatti, orientamento da tempo consolidato nella

Come affermato, infatti, dall’orientamento dominante nella
giurisprudenza di legittimità, in materia di misure di prevenzione,
il concetto di disponibilità del bene sottoposto a confisca
introdotto dall’art. 2 ter della I. n. 575/65 comprende una gamma
di ipotesi diversificate che possono andare dal diritto di proprietà

soggetto, in virtù ad esempio di un contratto simulato o fiduciario,
fino a situazioni di mero fatto basate su una posizione di mera
soggezione in cui si trovi il terzo titolare del bene nei confronti del
sottoposto alla misura di prevenzione personale. Di qui la
necessità che quest’ultimo, qualora intenda impugnare il
provvedimento di confisca di un bene intestato ad un terzo, ai fini
di dimostrare la propria legittimazione affermi innanzitutto il
proprio diritto sulla cosa ed, inoltre, provveda a qualificarlo
poiché, ad esempio, una situazione di mera disponibilità di fatto
non supportata dalla esistenza di un titolo giuridico non potrebbe
comunque costituire fonte di legittimazione alla impugnazione.
Se,invece, il soggetto sottoposto alla misura di prevenzione
personale non contesta la titolarità del bene intestato al terzo e
non accampa, quindi, un proprio configgente diritto sullo stesso
ed, anzi, insiste, come il Salemi, per il riconoscimento della piena
disponibilità del bene in capo al medesimo terzo, deve escludersi
che il soggetto sottoposto alla misura sia legittimato
all’impugnazione, non avendo alcun interesse in proposito, dal
momento che in tal caso la titolarità del bene risulta incontroversa
in favore dell’altro soggetto, il quale è, quindi, l’unico legittimato
alla tutela del proprio diritto (cfr., ex plurimis, Cass., sez.
17.3.2000, n. 1520, rv. 215834).

3

vero e proprio a situazioni di intestazione fittizia ad un terzo

6.2 In relazione al ricorso della Quattroluni, va preliminarmente
rilevato come in materia di misure di prevenzione il ricorso per
cassazione sia circoscritto entro confini rigorosi, che sono stati
definiti dalla elaborazione della giurisprudenza di legittimità
sviluppatasi in sede di interpretazione dell’art. 4, co. 11, I. 27

3, d. Ivo. 6 settembre 2011, n. 159) che, in virtù del richiamo ad
esso operato dall’art. 3 ter, co. 2, I. 31 maggio 1965, n. 575,
(attualmente sostituito dall’art. 27, co. 2, d. Ivo. 6 settembre
2011, n. 159) disciplina le impugnazioni avverso le misure di
prevenzione personali e patrimoniali, prevedendo che contro il
provvedimento con cui la corte di appello decide
sull’impugnazione proposta, è ammesso ricorso in Cassazione solo
“per violazione di legge”, previsione la cui conformità a
Costituzione, messa in dubbio dal Supremo Collegio in un recente
arresto, è stata confermata dal Giudice della leggi, con la
sentenza 15 aprile 2015, n. 106.
Proprio alla luce del chiaro dettato normativo, secondo quello che
appare come un orientamento ormai consolidato nella
giurisprudenza del Supremo Collegio, si è affermato che in
materia di misure di prevenzione il ricorso per cassazione può
essere proposto soltanto per violazione di legge, in cui sono
compresi i vizi di mancanza della motivazione e di motivazione
apparente, sicché è inammissibile il ricorso con cui vengano
denunciati i vizi di contraddittorietà o di illogicità manifesta della
motivazione ovvero diretto a far valere vizi che non rendano la
motivazione del tutto carente e priva dei requisiti minimi di
coerenza e di logicità tale da risultare meramente apparente (cfr.,4

4

(

dicembre 1956, n. 1423, (attualmente sostituito dall’art. 10, co.

Cass., sez. I, 17.1/2011, n. 5838, P.; Cass., sez. I, 12.1.2011, n.
5117, M.; Cass., sez. I, 10.12.2010, n. 580, V.).
Ne consegue che le censure prospettate dal ricorrente nei motivi
di impugnazione, risolvendosi, da un lato in una mera
prospettazione alternativa delle risultanze processuali rispetto a

grado, dall’altro in una generica doglianza sulla mancanza di
motivazione effettiva del provvedimento della corte territoriale,
non possono essere accolte.
La corte territoriale, lungi dall’adottare una motivazione
inesistente o apparente, ha puntualmente disatteso le singole
doglianze difensive riportate nei motivi di ricorso, sottolineando,
con approfondita ed articolata motivazione, corredata da ampi e
pertinenti richiami giurisprudenziali, la sussistenza, nel caso in
esame, di tutti i presupposti di legge per l’applicazione della
misura di sicurezza patrimoniale della confisca, con particolare
riferimento sia alla sproporzione del reddito della ricorrente
rispetto al bene immobile

ad essa riconducibile, oggetto di

confisca, sia alla mancanza di giustificazione (cfr. pp. 9-10)
Né va taciuto, ad ulteriore conferma della decisione assunta dalla
corte territoriale, che, come è stato affermato, in materia di
misure di prevenzione patrimoniali, il sequestro e la confisca
possono avere ad oggetto i beni del coniuge, dei figli e degli altri
conviventi, dovendosi ritenere che il prevenuto ne abbia la
disponibilità facendoli apparire formalmente come beni nella
titolarità delle persone di maggior fiducia, sui quali pertanto grava
l’onere di dimostrare l’esclusiva disponibilità del bene per sottrarlo
alla confisca, che nel caso in esame, la corte territoriale
ha/
(/yv
correttamente ritenuto non essere stato adempiuto dalla

5

quanto già valutato nel merito dai giudici di primo e di secondo

ricorrente (cfr., Cass., sez. I, 20/10/2010, n. 39799, F. e altro, rv
248845).
Sulla base delle svolte considerazioni i ricorsi di cui in premessa
vanno dichiarati inammissibili, ai sensi dell’art. 606, co. 3, c.p.p.,
con condanna di ciascuno dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 616,

favore della cassa delle ammende di una somma a titolo di
sanzione pecuniaria, che appare equo fissare in euro 1000,00,
tenuto conto dei profili di colpa desumibili dalla evidente
inammissibilità dei ricorsi (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del
13.6.2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro
1000,00 a favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma 1’8.4.2015.

c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento, nonché in

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