Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3623 del 17/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 3623 Anno 2014
Presidente: CASUCCI GIULIANO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
CICCIA SALVATORE nato il 25/04/1967, avverso l’ordinanza del
18/03/2013 della Corte di Appello di Messina;
Visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
letta la requisitoria del Procuratore Generale in persona del dott. Pietro
Gaeta che ha concluso per l’inammissibilità;
FATTO e DIRITTO
1. Con ordinanza del 18/03/2013, la Corte di Appello di Messina
dichiarava inammissibile l’istanza – proposta da CICCIA Salvatore – di
revisione della sentenza emessa dalla Corte di Appello di Catania
divenuta irrevocabile il 30/04/2010 con la quale il suddetto istante era
stato condannato alla pena di mesi otto di reclusione ed € 450,00 di
multa per il reato di truffa aggravata per avere omesso di denunciare
all’INPS il decesso del proprio padre Ciccia Antonino, avvenuto il
13/05/2000 e per avere così continuato a percepire somme a titolo di

Data Udienza: 17/12/2013

pensione che venivano accreditate sul conto corrente bancario intestato
al deceduto e sul quale il condannato aveva la delega ad operare.
Rilevava, infatti, la Corte che «la prova nuova sulla quale si fonda
la richiesta di revisione è costituita dalla copia conforme all’originale
della richiesta di canalizzazione degli emolumenti pensionistici di Ciccia

DienstZentrum”. Dal documento si evince la domanda sottoscritta in
data 29 – 06-2000 da Ciccia Antonino — si tratta di una firma falsa, per
essere avvenuto il decesso in data 13-05-2000 — e recante il timbro del
Banco Ambrosiano Veneto con la firma di un dipendent’é’della banca in
cui si chiedeva avvenisse la canalizzazione. Ora, a norma dell’art. 631
c.p.p.. gli elementi in base ai quali si chiede la revisione devono essere
tali da dimostrare, se accertati, che il condannato deve essere prosciolto
ex artt 529. 530 o 531 c.p.p. Tuttavia nel caso di specie il dato nuovo
emerso può essere idoneo, tutt’al più, a sollevare dei dubbi,
eventualmente suscettibili di un approfondimento delle indagini, ma
certamente non provare l’innocenza del condannato. Nulla esclude,
infatti — ed anzi in prima battuta costituisce l’interpretazione più
plausibile — che l’ignoto funzionario del Banco Ambrosiano Veneto abbia
agito, in buona fede o su istigazione, nell’interesse dell’odierno istante,
poiché non si afferma (né tanto meno è provato) che il conto corrente
su cui le somme dovevano essere accreditate non era nella disponibilità
di Ciccia Salvatore».

2. Avverso la suddetta ordinanza, il Ciccia, in proprio, ha proposto
ricorso per cassazione deducendo la
MOTIVAZIONE

MANIFESTA ILLOGICITÀ DELLA

nella parte in cui la Corte aveva affermato che «il dato

nuovo emerso può essere idoneo, tutt’al più, a sollevare dei dubbi,
eventualmente suscettibili di un approfondimento delle indagini, ma
certamente non provare l’innocenza del condannato».

Osserva il

ricorrente che egli «aveva sostenuto, contrariamente alle supposizioni
formulate dalla Corte di Appello di Messina, di non avere alcun potere di
fare canalizzare la pensione del padre sul conto corrente su cui aveva
solo la delega ad agire, di avere disconosciuto la firma apposta sulle

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Antonino, ottenuta dall’ente tedesco “Deutsche Post Ag. Post Rentner

distinte di tutti i prelievi effettuati, dopo la morte del padre, in contanti
e per cifre non proprio modeste […]».

3. Il Procuratore Generale, nella persona del dott. Piero Gaeta, ha
concluso chiedendo che venisse dichiarata l’inammissibilità del ricorso

provenienza o a istigazione) produrre negativa incidenza sul dato
probatorio già acquisito e valutato in senso sfavorevole all’imputato».

4. Il ricorso è inammissibile.
La Corte territoriale, dopo aver dato atto della tesi difensiva
sostenuta dal ricorrente nel processo che si concluse con la sua
condanna – tesi consistente nel negare di avere mai agito sul conto
corrente su cui veniva accreditata la pensione del padre defunto – ha
ritenuto che la nuova prova prodotta non fosse tale da poter portare ad
una sentenza di proscioglimento.
Il ricorrente, ha confutato la suddetta motivazione ripercorrendo il
giudizio conclusosi con la sua condanna e sostenendo che la nuova
prova, se assunta, avrebbe un esito decisivo.
Al che deve replicarsi che la Corte territoriale ha chiaramente
scritto che la Corte di Appello di Catania, nella sentenza passata in
giudicato, aveva ampiamente disatteso la tesi difensiva: il problema
che, quindi, pone il presente procedimento consiste solo nel verificare se
la motivazione addotta dalla Corte sulla inidoneità della nuova prova a
dimostrare l’innocenza del ricorrente, sia o no logica e, quindi,
adeguatamente motivata.
Al suddetto quesito deve darsi risposta positiva perché la
motivazione addotta sul punto dalla Corte, contrariamente a quanto
sostenuto dal ricorrente, è logica, coerente ed adeguata per la semplice
ragione che, come ha anche osservato il Procuratore Generale nella sua
requisitoria scritta, il suddetto documento non è idoneo a provare che il
ricorrente non si sia appropriato della pensione che veniva accreditata
sul conto corrente del padre defunto. Ciò è tanto vero che lo stesso
ricorrente, nel presente ricorso, non ha fatto altro che ritornare sulla

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«non potendo il dato fattuale nuovo (ed a, sua volta, incerto quanto a

propria tesi difensiva – smentita e disattesa nel processo che si concluse
con la sua condanna – ma senza indicare per quali motivi quel nuovo
documento sarebbe idoneo a provare che egli non si era appropriato
della pensione del padre defunto e cioè per quali ragioni tutta la

5. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a
norma dell’art. 606/3 c.p.p, per manifesta infondatezza: alla relativa
declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al
versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che,
ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina
equitativamente in € 1.000,00.
P.Q.M.
DICHIARA
inammissibile il ricorso e
CONDANNA
il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di €
1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Roma 17/12/2013

motivazione della sentenza di condanna dovrebbe essere smentita.

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