Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36227 del 16/07/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 36227 Anno 2015
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
ROMA
nei confronti di:
MIRANTE ANGELO N. IL 26/11/1947
avverso la sentenza n. 17/2010 GIUDICE DI PACE di CASSINO, del
07/04/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/07/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FERDINANDO LIGNOLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 16/07/2015

Il Sostituto Procuratore generale della Corte di cassazione, dott. Alberto
Cardino, ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del giudice di pace di Cassino, in data 7 aprile 2014,
Mirante Angelo era prosciolto dalle accuse di ingiuria e percosse ai sensi
dell’articolo 599, comma 2, cod. pen., in considerazione della reciprocità degli
insulti e delle lesioni, atteso che rispetto alla reciproca denuncia di Cavaliere

2. Contro la sentenza propone ricorso per Cassazione il Procuratore generale
di Roma, deducendo violazione di legge, per l’inapplicabilità delle cause di non
punibilità previste dall’articolo 599 cod. pen. a delitti diversi da quello di ingiuria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.
1.1 Secondo l’opinione tradizionale della dottrina, recepita anche dalla
giurisprudenza di questa sezione, deve ravvisarsi nell’esimente della reciprocità
delle offese un caso eccezionale di rinunzia da parte dello Stato alla potestà
punitiva, in quanto ciascuna offesa è considerata pena dell’altra e, quindi, non è
più necessaria l’applicazione di una pena per ristabilire l’ordine violato (Sez. 5, n.
3761 del 11/12/1987 – dep. 22/03/1988, Dell’Acqua, Rv. 177955); di
conseguenza l’esimente è applicabile sia al primo offensore sia a chi ritorca
l’offesa, posto che, in un contesto di reciprocità, ciascuna offesa viene
considerata pena dell’altra e che, in siffatto rapporto, si giustifica la rinuncia dello
Stato alla pretesa punitiva (Sez. 5, n. 34616 del 10/07/2002, Santo, Rv.
223408).
1.2 L’ambito di applicazione dell’esimente della ritorsione non può allora
estendersi oltre quello espressamente previsto dalla norma dei “casi preveduti
dall’articolo 594” e, dunque, al delitto di percosse.
1.3 Peraltro va dato atto del duplice errore del giudice di pace, che richiama
il comma 2 dell’art. 594 cod. pen. (riguardante la diversa esimente della
provocazione, comunque applicabile solamente ai delitti di ingiuria e
diffamazione) ed in motivazione parla di reciprocità “delle lesioni”, a fronte di
una contestazione del delitto di percosse.
1.4 Va sul punto ricordato che ai fini della configurabilità del reato di cui
all’art. 581 cod. pen., la nozione di “percosse” implica l’uso di energia fisica
esercitata con violenza e direttamente sulla persona (Sez. 5, n. 51085 del

2

Marcello era intervenuto decreto di archiviazione.

13/06/2014, Battistessa, Rv. 261451), purché non sia produttiva di malattia ricadendosi in tal caso nel reato di lesioni – o non manifesti una violenza di entità
inavvertibile e simbolica, indice dell’esclusivo proposito di arrecare sofferenza
morale o disprezzo, in tale ipotesi configurandosi il reato di ingiuria cd. reale
(Sez. 5, n. 460 del 25/06/2014 – dep. 08/01/2015, Sartori, Rv. 263220).
2. La sentenza impugnata, che ha fatto applicazione dell’esimente al di fuori
dei casi espressamente previsti dalla legge, deve pertanto essere annullata, con
rinvio per nuovo giudizio al giudice di pace di Cassino.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al delitto di percosse con
rinvio al giudice di pace di Cassino per nuovo giudizio.
Così deciso in Roma, il 16 luglio 2015
Il consigliere estensore

P.Q.M.

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