Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 36220 del 05/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 36220 Anno 2015
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: LAPALORCIA GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BRAHA GILBERTO N. IL 09/01/1941
avverso la sentenza n. 4101/2009 CORTE APPELLO di ROMA, del
02/12/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GRAZIA LAPALORCIA
lidito il Procuratore Generale in persona del Dott. t.
che ha concluso per _Q., 1

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Data Udienza: 05/05/2015

RITENUTO IN FATTO

1.

Gilberto BRAHA è imputato di reati fallimentari in relazione a tre distinti fallimenti,
dichiarati nel corso del 2000, quale amministratore delle relative società, tutte
dello stesso gruppo, fino al 12-7-1999.

2.

La sentenza impugnata, che ne ha confermato l’affermazione di colpevolezza, ha
evidenziato che la società Coni Sud (capo d), prima del fallimento, aveva stornato
crediti per oltre dieci miliardi di lire alle collegate Fascal spa e Ilio spa (e ad altre)

sede di inventario non era stato rinvenuto un grosso quantitativo di tonno della
Coni Sud (capo d) né le rimanenze e l’impianto della Ilio (capo a).
3.

La tenuta della contabilità delle tre società (capi a, c, d) in modo incompleto,
frammentario e talora assente (mancavano il libro dei beni ammortizzabili della
Ilio, il libro dei verbali delle assemblee e il libro soci della Coni, nonché tutte le
scritture contabili della Fascal) era ritenuta finalizzata a mascherare la gestione
disinvolta dei tre enti a scapito dei rispettivi creditori.

4.

Il ricorso è articolato in quattro motivi.

5.

Primo: vizio di motivazione in ordine al capo a (bancarotta fraudolenta
patrimoniale e documentale della Ilio spa) in quanto, relativamente alla
documentale, l’unico libro mancante era quello dei beni ammortizzabili —del quale
peraltro era stato denunciato il furto- le cui risultanze erano ricavabili dai libri IVA
presenti ma non esaminati, senza contare che il curatore aveva dichiarato di non
aver incontrato difficoltà nella sua attività ricostruttiva, elementi che, se valutati,
avrebbero permesso di ritenere insussistente l’intento di rendere difficoltosa se non
impossibile la ricostruzione delle vicende societarie. In ordine alla patrimoniale
contestata sempre con riguardo al fallimento Ilio, il ricorrente osservava che
l’istruttoria aveva evidenziato che le rimanenze per oltre un miliardo di lire si
identificavano nelle attrezzature della società, erroneamente inventariate presso
un’altra società del gruppo (la Ilio Engineering) pure fallita.

6.

Secondo motivo: vizio di motivazione in ordine al capo c (bancarotta documentale
relativa al fallimento Fascal) in quanto la dispersione delle scritture contabili era
dovuta al fatto che la Fascal, come tutte le società del gruppo, aveva sede presso
la Ilio, fallita prima, con la conseguenza che tutta la contabilità ivi custodita aveva
subito una serie di movimentazioni non imputabili al Braha.

7.

Terzo: vizio di motivazione in ordine al capo d (bancarotta fraudolenta patrimoniale
e documentale fallimento Coni Sud) in quanto solo il libro dei verbali delle
assemblee, oggetto di denuncia di furto, non era stato trovato, e il curatore aveva
dato atto della possibilità di ricostruzione delle vicende societarie, mentre lo
stralcio di crediti infragruppo per oltre dieci miliardi di lire non poteva passare

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alla cui origine e alle ragioni dello storno non era stato possibile risalire, mentre in

inosservato e figurava nel libro giornale, istituito come le altre scritture
obbligatorie. Quanto alla contestata distrazione del tonno, la relativa esistenza era
stata dedotta soltanto dal registro tenuto a fini doganali e comunque nulla
escludeva che fosse stato venduto (come del resto dichiarato dal curatore) e il
corrispettivo immesso nelle casse sociali in quanto il mancato sdoganamento può
essere solo indice di evasione fiscale.
8. Quarto motivo: mancata declaratoria di prescrizione il cui termine massimo è pari

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso merita rigetto.
2.

La censura, di cui al primo motivo, di vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del
dolo della bancarotta documentale del fallimento Ilio spa, fa perno su assunti assertivi
ed indimostrati -dove non smentiti da epiloghi decisori di segno contrario- quali la
circostanza che alla mancanza del libro dei beni ammortizzabili si sarebbe potuto
ovviare attraverso l’esame dei libri IVA da cui erano ricavabili le risultanze del primo, e
la dichiarazione del curatore di non aver incontrato difficoltà nella sua attività
ricostruttiva.

3.

Risulta infatti dalla sentenza di primo grado la cui motivazione, in caso di doppia
conforme, integra quella di appello, che la mancanza del registro beni ammortizzabili
aveva reso particolarmente difficoltosa, il che per consolidato indirizzo giurisprudenziale
di questa corte è sufficiente ad integrare il reato (Cass. 21588/2010), la ricostruzione
del patrimonio e del movimento degli affari in quanto il curatore ed il consulente non
erano stati in grado di identificare la coincidenza tra i beni indicati nelle scritture e quelli
materialmente presenti. Inoltre anche il libro degli inventari non era stato tenuto
secondo legge, il che aveva contribuito a non rendere possibile la verificazione
dell’attivo societario.

4.

Quanto poi alla bancarotta fraudolenta patrimoniale relativa sempre al fallimento Ilio, la
doglianza di cui allo stesso motivo si limita a reiterare la tesi che le rimanenze per oltre
un miliardo di lire, che si identificavano nelle attrezzature della società, esistevano ma
erano state erroneamente inventariate presso un’altra società del gruppo (la Ilio
Engineering) pure fallita. Tesi di cui già la pronuncia di primo grado aveva fatto giustizia
non essendo risultato che i beni inventariati presso Engineering fossero riferibili alla Ilio.
Senza contare che l’immotivato e non documentato spostamento di beni da una all’altra
società del gruppo integra di per sé condotta distrattiva.

5.

Non è maggiormente fondato il secondo motivo di ricorso che pretende di addebitare la
dispersione delle scritture contabili della fallita Fascal all’asserito disordine che si

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ad anni 12 e mezzo.

sarebbe creato presso la sede della Ilio, fallita in precedenza, dove era custodita la
contabilità anche delle altre società del gruppo le quali ne condividevano la sede.
6.

L’assunto è non solo assertivo e in sé poco verosimile, ma pure contrastato dalla
sentenza di primo grado da cui risulta che l’indicazione da parte dell’imputato della sede
della Ilio come luogo di deposito delle scritture della Fascal aveva portato al
ritrovamento di documenti di questa, ma non utili.

7.

In contrasto con gli accertamenti dei giudici di merito è pure la prospettazione alla base

della Coni Sud non aveva impedito, come attestato anche dal curatore, la ricostruzione
delle vicende societarie, e in particolare dello stralcio di crediti infragruppo per oltre
dieci miliardi di lire, risultante dal libro giornale.
8.

Infatti dalla sentenza di primo grado emerge, invece, che la mancanza dei libri sociali
aveva reso impossibile ricostruire la giustificazione e l’origine dei crediti verso le società
del gruppo, così confermando la sussistenza della bancarotta fraudolenta tanto
documentale quanto, per tale profilo, patrimoniale.

9.

Invano, poi, il ricorrente cerca di contestare la distrazione del tonno dalla Coni Sud in
quanto la sua esistenza risultante dal registro tenuto a fini doganali, non ne
escluderebbe la vendita e l’immissione del corrispettivo nelle casse sociali potendo il
mancato sdoganamento essere indice solo di evasione fiscale.

10. Tesi del tutto ipotetica, se non addirittura fantasiosa, in assenza di qualunque elemento
a sostegno, a fronte del mancato ritrovamento da parte del curatore fallimentare, nel
deposito doganale, di merce, risultante documentalmente, del valore di oltre tre miliardi
e 600 milioni di lire, ancora da sdoganare.
11. La questione, sollevata con il quarto motivo, della mancata declaratoria della
prescrizione nonostante il decorso di dodici anni e mezzo, trascura di considerare da un
lato la sospensione del relativo termine per anni due, mesi tre e giorni dieci, dall’altro la
contestazione della recidiva reiterata.
12. Al rigetto dell’impugnazione segue il carico delle spese del procedimento.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 5-5-2015

del terzo motivo secondo la quale la mancanza del libro dei verbali delle assemblee

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