Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3621 del 12/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 3621 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

Data Udienza: 12/12/2013

SENTENZA
Sul ricorso proposto nell’interesse di PIACENTE Veronica, nata a
Catania il 29.05.1986, rappresentata e assistita dall’avv. Salvatore
Sterlino e dall’avv. Vincenzo Trantino avverso l’ordinanza n. 56/2013
del Tribunale di Catania in funzione di giudice del riesame in data
18.03.2013;
rilevata la regolarità degli avvisi di rito;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
letto il documento prodotto in udienza dalla difesa;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Andrea Pellegrino;
sentita la requisitoria del Procuratore generale dott. Massimo Galli
che ha chiesto il rigetto del ricorso nonché la discussione della difesa
che ha concluso chiedendo l’annullamento del provvedimento
impugnato con le statuizioni di conseguenza.

RITENUTO IN FATTO

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1. Con decreto in data 08.02.2013 il Giudice per le indagini preliminari
presso il Tribunale di Catania disponeva nei confronti di Piacente
Giovanni il sequestro preventivo ex artt. 12-sexies I. 356/1992, 321,
comma 2 cod. proc. pen. di taluni beni in relazione a vari delitti di
usura. Il provvedimento veniva motivato sulla base degli
accertamenti patrimoniali effettuati sull’indagato e il di lui nucleo

familiare che aveva consentito di ritenere come la capacità reddituale
dei predetti fosse all’evidenza insufficiente rispetto alle esigenze
connesse al quotidiano sostentamento e, in ogni caso, rispetto alle
spese effettuate per l’acquisto dei veicoli e di immobili.
2. Avverso detto provvedimento, PIACENTE Veronica, figlia di Piacente
Giovanni e terza interessata, proponeva ricorso per riesame
chiedendo l’annullamento dello stesso con conseguente restituzione
all’avente diritto di quanto soggetto a vincolo reale, deducendo
l’erronea applicazione del combinato disposto degli artt. 12-sexies I.
356/1992 e 321, comma 2 cod. proc. pen. posto che:
-la ricorrente a decorrere dal matrimonio con Valenti Ezio, occorso il
14.06.2007, era fuoriuscita dal nucleo familiare facente capo al
padre;
-la capacità reddituale del nucleo familiare di appartenenza di
PIACENTE Veronica a decorrere dal matrimonio era senz’altro
apprezzabile, per come documentato agli atti;
-la predetta PIACENTE Veronica percepiva ulteriori documentati
introiti dalla locazione dell’immobile sito in Catania via Acicastello 69
(prima rata euro 500,00 mensili da Platania Domenico e poi euro
600,00 mensili da Sotera Salvatore).
3. Con ordinanza in data 18.03.2013 il Tribunale di Catania in funzione
di giudice del riesame, respingeva il ricorso confermando l’impugnato
decreto.
Nel corpo del provvedimento il Tribunale di Catania osservava come,
le acquisizioni operate da PIACENTE Veronica nell’arco temporale
compreso tra il 2002 e la data del suo matrimonio (giugno 2007)
consistite nell’acquisto di un autoveicolo al prezzo di euro 13.100,00,
di due immobili nonché nell’accensione di alcuni rapporti bancari
cointestati con il padre, quand’anche si fossero considerati tra i flussi
finanziari “in entrata” i maggiori redditi indicati dalla difesa,

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risultavano comunque non giustificate alla luce del reddito familiare
disponibile e posto che i rilevamenti Istat in ordine alla “spesa
familiare media”, genericamente censurati dalla difesa, erano da
ritenersi attendibili. Rilevava inoltre il Tribunale di Catania come gli
ulteriori introiti derivanti dalla locazione dell’immobile sito in Catania
via Acicastello 69 non risultavano adeguatamente documentati e che
la circostanza che gli acquisti in parola fossero stati effettuati tramite

l’accensione di mutui ipotecari non variava la precedente valutazione
non emergendo in capo al nucleo familiare di provenienza di
PIACENTE Veronica disponibilità tali da assicurare l’adempimento
degli oneri scaturenti dai predetti rapporti contrattuali (n. 180 rate di
euro 610,06 mensili l’uno, di durata decennale con rate semestrali a
tasso variabile l’altro).
Conseguentemente – rilevava il Tribunale di Catania – non avendo la
ricorrente provato la sussistenza di disponibilità economiche tali da
consentirle gli acquisti dei beni e dei rapporti contrattuali
assoggettati a sequestro, e non avendo l’istante fornito ulteriori
elementi idonei a giustificare la titolarità in capo alla predetta dei
succitati beni e rapporti contrattuali, il decreto impugnato doveva
essere confermato.
4. Avverso detto provvedimento veniva proposto ricorso per cassazione
per violazione di legge in presenza di una motivazione del tutto
apparente.
Lamenta la ricorrente come, nei confronti di PIACENTE Veronica, a
ragione della sua qualità di terza interessata, non poteva operare
alcuna presunzione di illecita sproporzione, gravando sull’accusa
l’onere di dimostrare la sussistenza del predetto requisito, da
valutarsi non solo in relazione ai dati contabili e numerici
strettamente considerati ma attraverso una verifica ad ampio spettro
alla luce dell’ipotetica compromissione del diritto, di rango
costituzionale, di proprietà.
In sostanza, il Tribunale di Catania aveva assunto il dato della
sproporzione sulla scorta di un dato fittizio qual è l’indice Istat,
ritenendo per di più di non considerare i redditi prodotti dalla
PIACENTE Veronica in epoca antecedente l’anno 2002. Ma non solo.
Il Tribunale di Catania non aveva tenuto in alcun conto il fatto che
tutti gli acquisti effettuati dalla PIACENTE Veronica nell’arco di tempo

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considerato risultavano essere stati effettuati unitamente all’attuale
marito (Valenti Maurizio) la cui capacità reddituale, per come
dimostrato, ben consentiva l’accensione dei mutui utilizzati per gli
acquisti.
Concludeva l’istante come la mancanza di prova in ordine
all’intestazione fittizia dei beni facenti capo alla ricorrente e l’assenza
di sproporzione tra redditi percepiti ed acquisti doveva

necessariamente condurre all’annullamento del provvedimento
impugnato con le consequenziali statuizioni.

CONSIDERATO IN DIRITTO

5. Il ricorso risulta fondato ed il suo accoglimento comporta
l’annullamento del provvedimento impugnato.
6. Con riferimento al

thema decidendum

vanno preliminarmente

rammentate le regole in tema di impugnazione del provvedimento di
sequestro preventivo. Innanzitutto va considerato che con il ricorso
per cassazione ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen. può essere
dedotta la violazione di legge e non anche il vizio di motivazione. Ma,
secondo la giurisprudenza di questa Corte, ricorre violazione di legge
laddove la motivazione stessa sia del tutto assente o meramente
apparente, non avendo i pur minimi requisiti per rendere
comprensibile la vicenda contestata e l’iter logico seguito dal giudice
del provvedimento impugnato. In tale caso, difatti, atteso l’obbligo di
motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, viene a mancare un
elemento essenziale dell’atto.
Va anche ricordato che, anche se in materia di sequestro preventivo
il codice di rito non richiede che sia acquisito un quadro probatorio
serio come per le misure cautelari personali, non è però sufficiente
prospettare un fatto costituente reato, limitandosi alla sua mera
enunciazione e descrizione. È invece necessario valutare le concrete
risultanze istruttorie per ricostruire la vicenda anche al semplice
livello di “fumus” al fine di ritenere che la fattispecie concreta vada
ricondotta alla figura di reato configurata; è inoltre necessario che
appaia possibile uno sviluppo del procedimento in senso favorevole
all’accusa nonché valutare gli elementi di fatto e gli argomenti
prospettati dalle parti. A tale valutazione, poi, dovranno aggiungersi

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le valutazioni in tema di periculum in mora che, necessariamente,
devono essere riferite ad un concreto pericolo di prosecuzione
dell’attività delittuosa ovvero ad una concreta possibilità di condanna
e, quindi, di confisca (cfr., Cass., Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013dep. 11/02/2013, Gabriele, rv. 254893).
7. La ricorrente agisce nella sua qualità di terza proprietaria dei
sottoindicati beni gravati da sequestro:

– un’autovettura (Opel Astra 1.7);
-un’appartamento (sito in Ad i Castello via Acicastello n. 61);
-un’appartamento (sito in Catania via Caduti del Lavoro n. 100);
– n. due conti correnti;
– n. un conto deposito a risparmio.
8. In punto di diritto, in ordine al sequestro preventivo disposto a carico
di un terzo estraneo al reato per cui si procede, vanno rammentati i
seguenti principi di diritto:
– incombe alla pubblica accusa l’onere di dimostrare l’esistenza di
situazioni che avallino concretamente l’ipotesi di una discrasia tra
intestazione formale e disponibilità effettiva del bene, sicché possa
affermarsi con certezza che il terzo intestatario si sia prestato alla
titolarità apparente al solo fine di favorire la permanenza
dell’acquisizione del bene in capo al soggetto indagato e di
salvaguardarlo dal pericolo della confisca, così come spetta al giudice
della cautela esplicare poi le ragioni della ritenuta interposizione
fittizia, utilizzando allo scopo non solo circostanze sintomatiche di
mero spessore indiziario, ma elementi fattuali, dotati dei crismi della
gravità, precisione e concordanza, idonei a sostenere, anche in
chiave indiretta, l’assunto accusatorio;
– dal momento che, come ricordato in premessa, il ricorso per
cassazione può essere proposto solo ed esclusivamente per violazioni
di legge ex art. 325 cod. proc. pen., il vizio di motivazione – secondo
il pacifico l’indirizzo giurisprudenziale (cfr., Cass., Sez. un., n.
25080/2003, rv. 224611; Id., n. 5876/2004, rv. 226710; Id., n.
25932/2008, rv. 239692; Cass. n. 19598/2010, rv. 247514) – può
essere dedotto in soli due casi:
a) quando la motivazione manchi del tutto (cd. mancanza grafica
della motivazione);
b) quando la motivazione, pur presente graficamente, sia apparente.

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Con tale ultimo – e più frequente – sintagma (“motivazione
apparente”), la giurisprudenza di questa Corte intende quella
motivazione priva dei requisiti minimi di coerenza e completezza, al
punto da risultare inidonea a rendere comprensibile

l’iter logico

seguito dal giudice di merito, ovvero quando le linee argomentative
del provvedimento siano talmente scoordinate da rendere oscure le
ragioni che hanno giustificato il provvedimento.

9. Tema centrale è rappresentato dalla rilevanza del requisito della
valutazione della sproporzione dei valori.
Come è noto, il suddetto principio è stato enunciato dalla Suprema
Corte nei casi in cui i beni sequestrati siano intestati formalmente
all’indagato (cfr., Cass., Sez. 6, n. 42717 del 05/11/2010-dep.
01712/2010, Noviello, rv. 248929). In tale ipotesi, è chiaro che
costui, può ben difendersi eccependo, appunto, che, nel momento in
cui aveva acquistato i beni sequestrati, egli aveva una lecita
disponibilità economica tale da consentire l’acquisito di quel singolo
bene. La questione, però, si pone, con tutta evidenza, in termini del
tutto diversi ove ad essere colpito dal sequestro è un terzo. In tal
caso, l’onere probatorio dell’accusa consiste unicamente nel
dimostrare, anche e soprattutto attraverso presunzioni gravi, precise
e concordanti, che quei beni, in realtà, non sono del terzo, ma sono
nella disponibilità dell’indagato “a qualsiasi titolo” (cfr., Cass., Sez. 1,
n. 44534 del 24/10/2012-dep. 15/11/2012, Ascone e altro, rv.
254699, secondo cui ai fini dell’operatività del sequestro preventivo
previsto dall’art.

12-sexies della legge n. 356 del 1992 e della

successiva confisca nei confronti del terzo estraneo alla commissione
del reato, grava sull’accusa l’onere di provare l’esistenza di
circostanze che avallino in modo concreto la divergenza tra
intestazione formale e disponibilità effettiva del bene non essendo
sufficiente la sola presunzione fondata sulla sproporzione tra valore
dei beni e reddito percepito; nello stesso senso, Cass., Sez. 6, n.
49876 del 28/11/2012-dep. 21/12/2012, Scognamiglio, rv. 253957).
A sua volta il terzo, pur non essendo gravato da alcun onere
probatorio ha tuttavia, ove lo ritenga opportuno, un onere di
allegazione che consiste, appunto, nel confutare la tesi accusatoria
ed indicare elementi fattuali che dimostrino che quel bene è di sua
esclusiva proprietà.

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Invero, poiché l’interposizione fittizia poggia generalmente su un
rapporto fiduciario riservato che ne rende particolarmente difficile il
disvelamento, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che la
prova in tale materia può essere data anche per indizi, purché però
abbiano i requisiti stabiliti dall’art. 192, comma 2 cod. proc. pen.
(cfr., Cass., Sez. 2, 10/01/2008 n. 3990, Catania, rv. 239269).
È chiaro, quindi, che il procedimento ruota solo ed esclusivamente

intorno al suddetto onere probatorio, sicché sarebbe del tutto
incongruo che il terzo facesse valere un’eccezione che riguarda
l’indagato e che solo costui potrebbe far valere.
In altri termini, proprio perché il terzo sostiene di essere lui il vero
ed esclusivo proprietario del bene sequestrato (che, quindi, ha
acquistato lecitamente), sarebbe una contraddizione in termini se
facesse valere un’eccezione che presuppone:
a) la contestazione di uno dei reati indicati nell’art. 12-sexies, I. cit.;
b) la prova – a carico dell’indagato – della legittima provenienza del
suddetto bene.
Pertanto, nel caso in cui il sequestro colpisca un bene di un terzo:

se l’accusa non riesce a dare la prova che il bene è nella
disponibilità dell’indagato, il bene va restituito al terzo;

se l’accusa riesce a dare la prova che il bene è intestato
fittiziamente al terzo essendo in realtà nella disponibilità
dell’indagato, il bene è sequestrato (cfr., Cass., Sez. 2, n. 17287
del 23/03/2011-dep. 04/05/2011, Tondi, rv. 250488).

A sua volta, il giudice ha l’obbligo di spiegare le ragioni della ritenuta
interposizione fittizia, adducendo non solo circostanze sintomatiche
di spessore indiziario, ma elementi fattuali che si connotino della
gravità, precisione e concordanza, sì da costituire prova indiretta
dell’assunto che si tende a dimostrare, cioè del superamento della
coincidenza fra titolarità apparente e disponibilità effettiva del bene
(Cass., sez. 1, n. 11049 del 05/02/2001-dep. 21/03/2001, Di Bella,
rv. 226053).

10. Tanto precisato in via di diritto, il

thema decidendum si riduce,

quindi, nello stabilire se il Tribunale di Catania abbia fatto corretta
applicazione dei suddetti principi.
La ricorrente ha dedotto come tutti gli acquisti effettuati nell’arco
temporale considerato fossero stati effettuati unitamente all’attuale

7

marito la cui capacità reddituale (in un nucleo familiare composto da
sole due persone), per come documentalmente dimostrato, ben
consentiva l’accensione dei mutui utilizzati per gli acquisti.
Più in particolare in relazione ai redditi del consorte, la ricorrente ha
dedotto:
-che lo stesso, continuativamente, aveva percepito redditi a
decorrere dall’anno 2001, come dimostrato con l’allegazione dei

modelli cud;
-che dal 30.07.2006 l’immobile sito in Catania via Acicastello 69 era
stato sempre locato;
– che erano stati accesi mutui bancari.
Si è visto come nel provvedimento impugnato si assuma che le
acquisizioni operate da PIACENTE Veronica nell’arco temporale
compreso tra il 2002 e la data del suo matrimonio (giugno 2007)
consistite nell’acquisto di un autoveicolo al prezzo di euro 13.100,00,
di due immobili nonché nell’accensione di alcuni rapporti bancari
cointestati con il padre, quand’anche si fossero considerati tra i flussi
finanziari “in entrata” i maggiori redditi indicati dalla difesa,
risultassero comunque non giustificate alla luce del reddito familiare
disponibile e posto che i rilevamenti Istat in ordine alla “spesa
familiare media”, genericamente censurati dalla difesa, erano da
ritenersi attendibili. Rilevava inoltre il Tribunale di Catania come gli
ulteriori introiti derivanti dalla locazione dell’immobile sito in Catania
via Acicastello 69 non risultavano adeguatamente documentati e che
la circostanza che gli acquisti in parola fossero stati effettuati tramite
l’accensione di mutui ipotecari non variava la precedente valutazione
non emergendo in capo al nucleo familiare di provenienza di
PIACENTE Veronica disponibilità tali da assicurare l’adempimento
degli oneri scaturenti dai predetti rapporti contrattuali.
11.11 provvedimento impugnato contiene una motivazione non
condivisibile.
Invero, l’errore di cui lo stesso risulta affetto si radica nell’aver
meccanicamente applicato all’accertamento dell’intermediazione
fittizia lo stesso metro di giudizio previsto per l’accertamento
dell’accumulazione illecita dell’imputato/condannato, valorizzando il
rapporto parentale.
Invero, l’intestazione fittizia, da parte del terzo, di un bene in realtà

8

appartenente al condannato per uno dei reati indicati dall’art. 12sexies I. cit., deve essere invece accertata per fatti concludenti
concreti,
A tal fine, se può assumere valenza probatoria anche la sproporzione
di valore tra il bene formalmente intestato e il reddito effettivamente
percepito, è altrettanto vero come occorra sempre che la
sproporzione, confrontata con le altre circostanze che caratterizzano

simulata dell’intestazione.
Venendo al caso in esame, appare evidente come i redditi e i
proventi (documentati) del coniuge della ricorrente nonché i redditi
conseguiti dalla stessa personalmente non possono ritenersi estranei
alla capacità reddituale della ricorrente, laddove si consideri come
quest’ultima, risulta titolare anche di un’autovettura, di due conti
correnti e di un conto deposito a risparmio: rapporti bancari complessivamente considerati – sui quali il Tribunale omette,
ingiustificatamente, ogni valutazione.
Il Tribunale di Catania, quindi, non ha tenuto nel debito conto il
volume degli affari e la redditualità complessiva della ricorrente nel
valutare l’effettività o fittizietà degli acquisti e delle titolarità bancarie
in discorso, facendo operare la presunzione di legge (intestazione
fittizia e conseguente titolarità reale dei beni da parte
dell’interponente) sulla base della mera ritenuta sproporzione tra il
valore dei beni ed il reddito complessivamente percepito dalla
ricorrente.
L’ordinanza impugnata deve dunque essere annullata con rinvio per
nuovo esame da compiersi nel rispetto delle regole di valutazione
sopra esposte

PQM

Annulla il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Catania
per nuovo esame.
Così deliberato in Roma il 12.12.2013

il fatto concreto, appaia sicuramente dimostrativa della natura

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